GNOSIS 3/2011
LA STORIA FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE Spie tedesche e agenti inglesi merletti e cruciverba |
Alain CHARBONNIER |
“Pesanti rinforzi del nemico sono attesi di ora in ora”. “Quattordici fortezze volanti arrivate ieri a Londra, ci si aspetta che i piloti bombardino Kiel”. Messaggi precisi, diretti, fatti di punti e linee, l’alfabeto Morse. Ma non erano portati dalle onde radio. Erano tratteggiati lungo i contorni di modellini di abiti femminili, figurine di tailleur, gonne e stivali, da ritagliare. Dei due messaggi in particolare, uno era simulato nel disegno di una gonna, l’altro in quello di un abito. Era uno dei sistemi ideati dalle spie tedesche in Gran Bretagna per comunicare in codice con la sede dell’Abwher, a Berlino, oltretutto utilizzando la posta ordinaria che tanto in Inghilterra quanto in Germania funzionava egregiamente. I messaggi dissimulati nei modellini venivano impostati e spediti a indirizzi di paesi neutrali e da qui reindirizzati nel Terzo Reich. Il controspionaggio inglese scoprì il sistema soltanto nel 1942, dopo l’arresto di due spie tedesche. I documenti desecretati dai National Archives parlano di una massiccia presenza di inviati dell’Abwher nel Regno Unito che ricorrevano ai più fantasiosi stratagemmi per comunicare con Berlino: l’inchiostro simpatico o invisibile; gli spartiti musicali; le descrizioni di partite a scacchi; particolari cartoline per innamorati, che nscondevano fra i due strati del cartoncino minuscoli rotolini di carta con il messaggio cifrato. Dai documenti desecretati, oltre ai tricks, cioè i trucchi o meglio gli stratagemmi per trasmettere messaggi, si capisce anche che di spie naziste, a Londra, tra il 1939 e il 1945, ce ne dovevano essere molte di più di quanto riferito nella storiografia ufficiale. Dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, soprattutto la Kriegsmarine aveva il dente avvelenato con gli inglesi. Agenti tedeschi, non ancora nazisti, prima dell’ascesa al potere di Adolf Hitler, erano già penetrati alla spicciolata nel Regno Unito e in Irlanda, dedicandosi alla raccolta metodica di informazioni buone per il futuro. Con i primi Anni Trenta e la costituzione dell’Abwher, altri agenti erano sbarcati anche in Scozia e sulle coste dell’Inghilterra, dove si aprivano i porti più importanti, le maggiori industrie, i sistemi di difesa esterni. In gran parte arrivarono dalla Spagna o dal Portogallo, come uomini d’affari, ma anche dall’Europa, come transfughi dai territori dove si andavano instaurando regimi autoritari. Alla vigilia della guerra, l’Abwehr aveva inviato oltremanica non meno di 250 agenti segreti, il cui compito era quello di trascrivere su cartine geografiche le posizioni degli aeroporti, delle fabbriche e depositi di munizioni, di impianti e depositi di carburante. Quando la guerra scoppiò, però, polizia e servizi segreti britannici arrestarono quasi tutti gli stranieri presenti nel Paese: 600 vennero imprigionati, più di seimila tenuti sotto controllo. L’operazione smantellò in pratica la rete spionistica organizzata negli anni precedenti. Il controspionaggio inglese però, nei limiti del possibile, preferiva servirsi degli agenti catturati in Inghilterra trasformandoli in doppiogiochisti ai danni della Germania. L’impresa non si presentava complicata. L’idea era stata di Thomas Robertson, ufficiale dell’MI-5: dare agli agenti nazisti scoperti ad operare sul territorio inglese la possibilità di evitare la condanna a morte, se avessero accettato di fornire informazioni false ai loro superiori. Gli uomini dell’ammiraglio Canaris avevano reclutato nei territori europei occupati dalla Germania numerosi individui che potevano passare per rifugiati in fuga dai nazisti. Addestrati all’uso della crittografia e di apparecchi radio, furono inviati in Gran Bretagna. Fu un disastro. Non erano all’altezza del compito, non erano neppure sufficientemente motivati, ignoravano la vita quotidiana degli inglesi, erano impacciati, commettevano errori grossolani che li perdevano. Alcuni finirono impiccati o fucilati, “condannati per perfidia”, un reato speciale che copriva ogni aiuto dato al nemico. Altri, e furono i più, preferirono collaborare. Alcuni esempi sono clamorosi. Quattro agenti furono traghettati con un peschereccio, nel cuore della notte, da Boulogne alla costa del Kent. Uno dei due capisquadra, francese di origine tedesca, José Rublo Waldberg, appena raggiunta la costa inglese trasmise via radio in Germania un messaggio facilmente intercettabile, mettendo in pericolo tutta la missione. Ma al suo definitivo fallimento provvide Karl Meier, che entrò in un pub alle nove del mattino, chiedendo un bicchiere sidro. La proprietaria del pub comprese immediatamente che non poteva essere un connazionale, gli chiese di tornare alle 10 e Meier si ritrovò nelle mani della polizia. Furono giustiziati il 10 dicembre 1940. Ancora due agenti, una coppia, raggiunsero la costa scozzese con un idrovolante. Si presentarono completamente bagnati a una stazione ferroviaria, furono notati da un bigliettaio, che avvisò la polizia che subito scoprì i loro documenti falsi. L’Abwehr decise allora di migliorare l’addestramento e puntò con cinismo sulla strategia dei grandi numeri: più agenti venivano inviati su suolo britannico, più possibilità avevano una parte di essi di passare il filtro del controllo nemico. È il caso di Wolf Schmidt, danese, e Goesta Caroli, finlandese, paracadutati nella zona del Cambridgeshire. Erano riusciti a entrare in Inghilterra e subito avevano preso contatto con una spia residente a Londra, nome in codice “Johnny”, scampato alle retate di Scotland Yard. Ma l’agente “Johnny”, Arthur George Owens, gallese, donnaiolo impenitente, feroce nazionalista anti-inglese, era stato catturato dal controspionaggio e convinto a collaborare. Caroli e Schmidt – soprattutto il secondo, con il nome in codice “Hansen” – saltarono il fosso. Inviarono oltre mille messaggi radio nell’arco di tre anni in Germania. Dispacci “drogati”, con informazioni solo relativamente importanti, poiché il servizio segreto britannico, l’MI-5, faceva in modo che i tedeschi avessero solo determinate notizie, comunque credibili. Wolf Schmidt (TATE nel codice dei Servizi inglesi) risultò così convincente ed abile nel fornire le informazioni “precotte” che i tedeschi presero ad avvisarlo ogni volta che inserivano un nuovo agente, affinché lo assistesse. Una dopo l’altra le nuove spie vennero paracadutate direttamente tra le braccia dell’MI-5. In breve tempo gli inglesi ebbero in mano una squadra di spie tedesche che trasmettevano a Berlino ciò che Londra voleva venisse trasmesso. L’attività dell’MI-5 si intensificò in occasione dello sbarco in Normandia, il D-Day, quando scattò l’Operazione Fortitude, cioè il gioco degli inganni per convincere il Comando Supremo Tedesco che lo sbarco sarebbe avvenuto nei pressi di Calais. A Londra ignoravano che un oscuro cameriere turco, Elyesa Bazna, nome in codice Cicero, al servizio dell’ambasciatore inglese ad Ankara, sir Hughe Knatchbull-Hugessen, aveva rivelato a Berlino il nome in codice dell’invasione: “Overlord”. Ma i tedeschi non ne avevano saputo approfittare e, anzi, lo avevano ripagato con soldi falsi. I capi del controspionaggio di Sua Maestà nella primavera del 1944 furono colti dal panico e pensarono che il segreto fosse stato compromesso, quando cinque parole-chiave dello sbarco in Normandia comparvero nei cruciverba del quotidiano inglese “Daily Telegraph”. Quello del 27 maggio 1944 conteneva questa definizione all’undici orizzontale: “Ma qualche pezzo grosso come questo ne ha rubato qualcuno a suo tempo”. La soluzione pubblicata il 2 giugno, sullo stesso quotidiano, era proprio la parola “Overlord”, il nome convenzionale dell’invasione. Il 2 maggio la spiegazione alla definizione “uno degli US” nel 17 orizzontale era “Utah”, una delle spiagge dello sbarco; il 22 maggio la spiegazione alla definizione “pellirosse del Missouri” nel 3 verticale era “Omaha”, un’altra spiaggia dove sarebbero sbarcati gli Americani; il 30 maggio la spiegazione alla definizione “questo cespuglio suscita rivoluzioni infantili” nell’11 orizzontale era “Mulberry”, nome in codice dei due porti artificiali che dovevano essere piazzati davanti alle spiagge di sbarco; il 1 giugno la spiegazione alla definizione “divide il suo regno con Britannia” al 15 verticale era “Neptune”, il termine che indicava le operazioni navali nel quadro dell’invasione. Autore del cruciverba era un professore di fisica di 54 anni, Leonard Sidney Dawe. Da più di vent’anni, ogni giorno ne faceva pubblicare sul quotidiano londinese uno nuovo, ideato assieme a un altro insegnante suo amico, Melville Jones. Sideny Dawe si vantava che nei suoi cruciverba non era mai stata ripetuta due volte la stessa definizione. Dopo indagini e riscontri, gli uomini del controspionaggio si convinsero che si trattava di una straordinaria coincidenza. Soltanto alla fine della guerra Sidney Dawe raccontò che una notte, dopo una lunga giornata di lavoro, aveva sognato sua zia Elizabeth che gli aveva suggerito 5 nomi da scrivere e da far pubblicare sui cruciverba del Daily Telegraph. Erano proprio le 5 parole dello sbarco in Normandia. Vero? Falso? Rimane il fatto che agli inglesi venne quasi un coccolone e i tedeschi non si resero conto di niente, continuando a pensare che l’invasione sarebbe avvenuta a Calais. L’unico a guadagnarci fu Mr. Dawe che divenne ancora più popolare. Nonostante le offerte di altre testate, rimase però sempre fedele al Daily Telegraph. Per approfondimenti l'autore suggerisce...
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