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GNOSIS 3/2011
ATTUALITA'

OSSERVATORIO MEDITERRANEO

Marocco atto primo: la nuova Costituzione


Matteo PIZZIGALLO


Il vento popolare della primavera araba, alimentato dalle speranze e dalle passioni dei giovani, ha fatto crollare palazzi del potere e regimi dispotici. E il vento soffia ancora. Un giorno si placherà e si dovrà pur incominciare a ricostruire. E, con spirito di cooperazione, la comunità internazionale dovrà favorire la transizione dei Paesi arabo-mediterranei verso nuove forme di governo rispettose dei diritti politici e sociali, delle libertà fondamentali e, soprattutto, sorrette da un autentico consenso popolare.
Sarà questo il banco di prova effettivo per l'Unione europea che, con l'originario spirito dei padri fondatori, finalmente potrà confermare i vincoli di solidarietà che la legano ai Paesi arabo-mediterranei.
Ora, in questo nuovo spazio, che non ha alcuna pretesa di completezza, si vuole soltanto richiamare, di volta in volta, l'attenzione sul ruolo e sulle iniziative che l'Unione europea e in particolare l'Italia, Ponte sul Mediterraneo, potrebbero mettere in campo, nei prossimi mesi, per riannodare i fili del dialogo e della cooperazione.
( Foto da http://it.paperblog.com)




In attesa di fare tappa in Libia (non appena si sarà diradato il fumo nero degli incendi e sarà possibile, oltre alle distruzioni provocate dalla guerra, intravedere anche i primi segni di una sia pur minima stabilità ritrovata) il nostro "viaggio" attraverso i Paesi mediterranei, alla ricerca dei primi buoni frutti della "primavera araba", prosegue, in quest'articolo, con il Marocco. Un Paese di straordinaria e suggestiva bellezza, purtroppo negli ultimi anni afflitto da una permanente crisi economico-sociale, recentemente aggravata dalla più generale recessione finanziaria globale. Protettorato dal 1912, dopo non facili trattative con Francia e Spagna, il Marocco diventava finalmente indipendente nel 1956. È uno Stato monarchico retto da una nobilissima dinastia, le cui antiche origini si fanno risalire alla discendenza del Profeta. Da luglio 1999, re del Marocco è il quarantasettenne Mohammed VI che, a norma della "vecchia" Costituzione, concentrava su di sé numerosi poteri religiosi e politici: primo fra tutti quello di scegliere e designare autonomamente il premier e i ministri dei Dicasteri sensibili. Però, a differenza dei deposti regimi di Tunisia ed Egitto, il sistema politico del Marocco si articolava su un ampio e variegato ventaglio (dalla destra ultraconservatrice alla estrema sinistra) di partiti di diverso peso elettorale, molti dei quali di limitate dimensioni, con inevitabili conseguenze sotto il profilo della governabilità, anche a causa dell'eccessiva frammentazione.
A tal proposito, mi limito solamente a notare che alle ultime elezioni alla Camera dei Rappresentanti (325 componenti eletti a suffragio diretto) del 7 novembre 2007, con riferimento al numero dei seggi conquistati, i primi partiti risultavano: lo "storico" partito Istiqlal, di area moderata, con 52 deputati e il PJD, di matrice islamista, con 46 deputati. Ma, al di là dei problemi di governabilità connessi alla frammentazione politica, i nodi più stringenti del Marocco sono oggi connessi alle sempre più gravi difficoltà economiche, acuite dalla crisi globale che ha provocato la caduta, nell'ultimo biennio, sia delle esportazioni di prodotti agricoli verso l'Unione Europea, sia delle rimesse dei molti emigrati prevalentemente in Francia, Spagna e Italia.
La crisi economica e i suoi devastanti effetti occupazionali, soprattutto sulla popolazione giovanile, in larga parte istruita, (popolazione giovanile che costituisce la stragrande maggioranza dell'intera popolazione del Regno) hanno di gran lunga contribuito ad accrescere il diffuso malessere generazionale nei confronti delle classi dirigenti marocchine, accusate di essere autoreferenziali e chiuse ad ogni ipotesi di ricambio e della pubblica amministrazione, ritenuta inefficiente. E, infine, nei confronti dei partiti tradizionali, non solo troppo imbrigliati dalla prassi e dai vincoli costituzionali, ma anche poco attenti ai nuovi fermenti da tempo in atto nel vivace e inquieto mondo giovanile arabo, assetato di democrazia e di libertà.
Un mondo, oggi, innervato dalla “rete” e sensibile ad ogni soffio di vento. Infatti, non appena si è all'improvviso levato dalla Tunisia, il vento della rivolta, sono subito incominciate le prime manifestazioni popolari anche in Marocco, culminante in quella di domenica "20 febbraio 2011", data da cui ha preso nome il Movimento di protesta giovanile promosso e organizzato dal popolo della “rete” automobilitatosi. Per fare fronte alle manifestazioni popolari di protesta, che si andavano diffondendo nel Paese, re Mohammed VI è riuscito a resistere sia alle spinte degli ambienti più reazionari di Corte, che invocavano l'adozione di misure repressive e l'immediato ricorso alla forza (peraltro inutile e pericolosa come dimostravano i gravi incidenti di Casablanca), sia alle provocazioni dei terroristi culminante nel sanguinoso attentato a Marrakech. E così, confermando il suo particolare tratto di sovrano riformatore, Mohammed VI ha raccolto la sfida del vento propizio della primavera araba, per imprimere una forte spinta aggiuntiva al suo programma di modernizzazione del Paese da tempo avviato (con tutta una serie di riforme profonde in vari campi), ma di fatto spesso rallentato, se non addirittura fermato, da ostacoli di diversa natura e portata. Ostacoli più recenti, come quelli prodotti dalla crisi economica globale, e ostacoli più antichi, derivanti non solo dalle resistenze dei settori più retrivi della società marocchina (ancorati a consolidate abitudini e privilegi) ma anche, per così dire, dalla stessa rigida impalcatura concettuale della Costituzione. Appunto per questo si doveva intervenire sulla radice stessa del problema.
Il 9 marzo 2011, il re si rivolgeva direttamente al suo popolo, annunciando una grande riforma della Costituzione. Il giorno seguente era nominata "dall'alto" (e questo veniva subito criticato con fermezza dai giovani attivisti del Movimento 20 Febbraio, che avrebbero preferito una assemblea elettiva) una Commissione tecnica di revisione della Costituzione vigente, che si metteva subito al lavoro. Appena tre mesi dopo, la nuova Costituzione era ufficialmente presentata dal re nell'atteso discorso alla nazione di venerdì 17 giugno, in cui si annunciava, altresì, che sarebbe stata sottoposta a referendum popolare, fissato per il primo luglio.
Limitando la nostra analisi soltanto agli aspetti più significativi della nuova Costituzione del Marocco, va subito detto che essa, nel complesso, segna un passo avanti (ancora troppo corto secondo diversi analisti) in direzione di una maggiore parlamentarizzazione del sistema politico-istituzionale del Paese mantenendo, però, in capo al sovrano ancora alcuni poteri militari e prerogative religiose.
La persona del re perde la sua "sacralità", ma rimane "inviolabile" e conserva la funzione di "Capo dei credenti". Il potere legislativo del sovrano, esercitato attraverso i decreti reali, viene circoscritto ad alcune ben definite materie. Una delle novità più importanti riguarda il Primo ministro: assume il titolo di Capo del Governo; non è più discrezionalmente designato dal re, ma da questi "scelto" esclusivamente all'interno del partito di maggioranza; inoltre, sono di gran lunga accresciuti i suoi poteri, ivi compreso quello di sciogliere il Parlamento e di nominare dirigenti e funzionari pubblici. Nella nuova Costituzione sono, altresì, espressamente sancite: l'indipendenza e l'autonomia della magistratura; la libertà di pensiero e di opinione; la perfetta parità di genere in ambito politico, civile e sociale. Infine, ma non per ultimo, insieme all'arabo, viene riconosciuta come lingua ufficiale anche il tamazight, la lingua dei Berberi.
Venerdì primo luglio oltre il 72% degli aventi diritto (13 milioni di elettori) si recava alle urne (una affluenza molto elevata, se si tiene conto che alle elezioni del 2007 era stata del 37%). Sorprendente il risultato del referendum: infatti più del 98% degli elettori votava a favore dell'approvazione della nuova Costituzione presentata dal sovrano. Non sono però mancate, da parte dei giovani militanti del "Movimento 20 Febbraio", severe critiche di metodo (con riferimento sia ai tempi ristrettissimi, tra l'annuncio e la celebrazione del referendum, sia alla dispendiosa propaganda a favore dell'approvazione in cui erano stati massicciamente coinvolti anche gli apparati statali) e di merito, con riferimento proprio alle stesse modifiche, ritenute insufficienti e di facciata, introdotte nella nuova Costituzione. I giovani attivisti del Movimento, primi appassionati e tenaci animatori della "primavera" marocchina, donde tutto era incominciato, avrebbero infatti voluto una grande svolta, una vera democratizzazione dell'intero sistema politico-istituzionale dello Stato, che marcasse una forte discontinuità rispetto ad ogni forma di autoritarismo, comunque declinato, e aprisse nuovi spazi di libertà e partecipazione.
Vari intellettuali, giornalisti, blogger e attivisti marocchini hanno apertamente manifestato in “rete”, esprimendo altresì critiche talvolta eccessivamente severe. Ma, al di là delle Costituzioni "sperate", va detto che questa nuova Costituzione "possibile" del Marocco, nell'attuale delicato momento politico internazionale, rappresenta senza dubbio un fatto positivo, anzi, penso si possa affermare che sia stata il "primo fiore" della primavera araba sbocciato in modo spontaneo e naturale. Forse non così bello come avrebbero voluto i giovani radicali del "Movimento 20 Febbraio". Comunque, l'atto primo della primavera marocchina (per fortuna senza alcun intervento di interessati "suggeritori" stranieri) si è appena concluso. Ma la grande mobilitazione dell'opinione pubblica, degli ambienti politici e sindacali e, soprattutto, dei giovani della “rete” prosegue in vista delle fondamentali nuove elezioni programmate per il prossimo novembre.
"La democrazia - ha recentemente scritto uno dei più famosi scrittori marocchini Tahar Ben Jelloun - non è una pillola che si scioglie nel caffè del mattino. È una cultura: educarsi ad essa richiede tempo. I marocchini stanno imparando a vivere insieme. Se saranno democratici o meno dipende solo da loro. Il re non vuole stare in secondo piano. Ha ragione. È un uomo che ama il suo Paese con passione e che vuole vederlo evolvere verso una modernità reale".
In questo percorso sulla via dello sviluppo democratico delle riforme e della tutela dei diritti umani, Mohammed VI sa di poter sempre contare, e non solo da ora, sull'aperta collaborazione dell'Unione Europea e, in particolare, dell'Italia ove, peraltro, vive e opera una consistente comunità marocchina in larga parte ben integrata. Le relazioni politiche bilaterali fra Italia e Marocco sono da tempo eccellenti e molto attiva è la cooperazione economica in vari importanti settori. A tal proposito segnalo un piccolo, ma significativo episodio risalente a undici anni fa, in occasione della visita ufficiale in Italia del nuovo re del Marocco. Il giovane re, all'epoca trentaseienne, giunse a Roma l'11 aprile 2000. Ebbe colloqui con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e con le massime autorità politiche. Nell'incontro romano con Ciampi, come poi lo stesso presidente avrebbe ricordato, il re "sollecitò l'Italia ad essere avvocato del Marocco in Europa". Ecco, è particolarmente importante che l'Italia continui a patrocinare lealmente il Marocco, sostenendo con amicizia e con rispetto il suo rinnovato cammino riformatore non solo per il presente ma anche e, soprattutto, per il futuro.


Per approfondimenti l'autore suggerisce...

La Rivoluzione dei Gelsomini
Autore:Tahar Ben Jelloun
Editore: Bompiani, 2011
Le rivoluzioni a metà. Morte e vita dei regimi arabi
Autore: AA.VV.
Editore: Aspenia, n. 52, 2011
Il ponte sul Mediterraneo
Autore: Matteo Pizzigallo
Edizioni Apes, Roma, 2011



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