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GNOSIS 1/2011
Dai Servizi 'segreti' ai Servizi di Informazione per la Sicurezza

1861 - 2011: Un secolo e mezzo di Intelligence in Italia


Maria Gabriella PASQUALINI

 
Con la proclamazione del Regno d'Italia il Governo procede a una serie di riforme, compreso l'esercito. Già nel Regno di Sardegna esisteva un Servizio segreto per acquisire informazioni dall'estero e influenzare favorevolmente gli stati non ostili. Il saggio che segue analizza il percorso del Servizio Informazioni Militare, dalla nascita fino agli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
E a tracciare questa storia, che è comunque storia d'Italia, nel bene e nel male, è una studiosa fra i massimi esperti di intelligence: la professoressa Maria Gabriella Pasqualini, la prima ad avere avuto accesso agli archivi. Uno studio sintetizzato in due volumi, Carte Segrete dell'Intelligence italiana, vol. I, 1861-1919 e vol. II, 1919-1949, promosso per la prima volta in Italia dall'Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE).
Al di là degli episodi, che non lasciano spazio all'aneddotica, documentati come sono, è interessante l'analisi delle leggi istitutive, fino all'ultima riforma, indicative della considerazione in cui classe politica ha tenuto e tiene i Servizi e soprattutto del percorso attraverso un secolo e mezzo, fino ad approdare al controllo democratico.





Il 3 agosto 2007 con Legge n. 124 (1) il Parlamento ha riorganizzato il ‘Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto”. Questa riforma, peraltro molto attesa, dopo un trentennio, sostituiva la struttura precedente regolata dalla Legge n. 801, ‘Istituzione e ordinamento del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza dello Stato’ del 24 ottobre 1977, pubblicata il 7 novembre dello stesso anno (2), che veniva contestualmente abrogata.
Non è questa la sede ovviamente per trattare della disciplina del segreto di Stato (3) quale definita con la nuova legge che ha comportato anche la ristrutturazione generale dell’attività informativa riguardante i Servizi per la sicurezza interna e esterna; ristrutturazione che aveva già avuto due importanti novità nella precedente Legge del 1977, quando a) fu introdotto il controllo parlamentare attraverso un Comitato ad hoc, il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (CIIS) che ha in più, rispetto al precedente con funzioni di consulenza e proposta e, b) fu decisa l’istituzione di un Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE) affiancato al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI). Fu creato quindi un nuovo organo, che si doveva occupare “della difesa dello Stato democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione al suo fondamento…”(4), distinto da quello militare, ufficializzando e regolamentando armonicamente le due categorie fondamentali alle quali fanno capo tutte le esigenze informative, quella civile e quella militare, che in modo sinergico, pur nelle rispettive competenze, concorrono alla difesa e stabilità dello Stato, fondendosi in questo unico finale obbiettivo.
Anche nella Legge 124/2007, è previsto un Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) che ha in più rispetto al precedente CIIS delle funzioni deliberative non solo sugli indirizzi generali, ma soprattutto sulle finalità fondamentali dell’attività informativa, il cui scopo principale non è altro che quello del mantenimento della sicurezza dello Stato e, quindi, della sua stabilità. I confini dello Stato non sono messi più in discussione né in Europa, né altrove, ma può essere in pericolo la sua stabilità.
è una constatazione di carattere storico: per lungo tempo l’attività informativa è stata ritenuta appannaggio quasi esclusivo delle Autorità militari, con ampi margini di discrezionalità e segretezza e il dibattito per arrivare alle riforme del 1977 e del 2007 è stato ampio e approfondito.
è questo, almeno fino ai giorni nostri, l’approdo finale di una lunga e interessante storia che riguarda soprattutto il Servizio di informazioni militare, ma non solo quello – prendendo, come punto di inizio, pochi anni antecedenti alla formazione del Regno d’Italia (1861) – e che, almeno fino al 1949, dovette sciogliere alcuni nodi importanti, fra i quali uno in particolare: il coordinamento delle informazioni ricevute, militari e non solo, da realizzarsi accentrando in un unico organo interforze e interministeriale questo particolare tipo di servizio operativo, con la possibilità quindi di analizzare le informazioni pervenute in un quadro completo e globale; però è stato ritenuto quasi fino ai giorni nostri, che l’unico organo in grado di fare tale raccolta, per la difesa a tutto tondo dello Stato, fosse quello militare, appunto fino al 1977.
Sarà proprio l’esperienza fatta durante la Seconda Guerra Mondiale, il contatto operativo in fase bellica con altri servizi informativi militari (in particolare quelli anglo-americani) e il nuovo ruolo dell’Italia democratica e repubblicana a far maturare nel periodo immediatamente successivo alla fine del conflitto, l’istituzione, nel 1949, di un Servizio interforze, il Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR), poi divenuto Servizio Informazioni Difesa (SID), che avrà come erede il SISMI, sopra ricordato.
Si cercherà in questo scritto di ricordare molto sinteticamente la dinamica della storia di questi Servizi ma, prima di iniziare, occorre notare che due parole sono la chiave di volta che sostiene il lungo percorso storico dell’evoluzione istituzionale tecnica e amministrativa del settore: la prima è intelligence e la seconda è democrazia. La prima, sebbene usata correntemente nella dizione inglese, in realtà deriva dal latino ‘intellegere’ nel senso di ‘accorgersi’, ‘comprendere’ e… ’sospettare’(quasi nessuno ricorda questo significato latino); la seconda, di origine greca, indica il potere del popolo e questo potere si esprime, nelle costituzioni contemporanee, nel Parlamento che, sovrano, ha dal 2007 accentrato la responsabilità politica di tutto il settore informativo nella persona del Presidente del Consiglio; con la Legge precedente egli, invece, ne condivideva la responsabilità con i Ministri della Difesa e dell’Interno: un cambiamento epocale dal punto di vista storico, perché per la prima volta la responsabilità della sicurezza e della stabilità dello Stato, tramite i Servizi a questo deputati è accentrata nella massima espressione ‘esecutiva’ del Governo democratico dello Stato.
Ad una analisi attenta si evidenziano alcuni problemi fondamentali che riguardano, innanzi tutto, quella che illustri studiosi dell’argomento (5), indicano appunto con la parola usata in lingua inglese, intelligence, e, in lingua spagnola, inteligencia (6) per indicare un punto di grande importanza, perché questo è il nocciolo del problema teorico con le ovvie ricadute pratiche nella sua implementazione: inutile avere informazione se non se ne ha ‘l’intelligenza’, cioè la comprensione. Non è facile definire in questo veloce quadro quel che si intenda per ‘intelligenza’.
Anche in lingua francese vi è una differenza concettuale importante, una distinzione fra le parole renseignement e information(7).
La definizione, o meglio, un accordo su quel che si intenda per informazione o intelligence è indubbiamente un processo ‘chimico’ sempre in itinere, per quel che riguarda la parte dottrinale teorica, che deve continuamente adeguarsi alle mutate condizioni umane e tecnologiche.
La sostanza è una e ancora semplice: sapere per poter agire… prima del nemico, prevenire o contrastare. L’informazione è indubbiamente necessaria, ma è altresì necessario che questa informazione sia opportunamente collocata nel quadro istituzionale amministrativo adatto e che di questa informazione se ne abbia, come sopra ricordato, l’“intelligenza”, cioè la comprensione organica relativamente al coacervo di nozioni presenti. Cioè se ne faccia l’analisi per comprenderla, contestualizzarla e ricavarne ciò che dovrebbe servire da guida, per attuare gli scopi precipui per i quali l’informazione è stata ricercata e posta all’attenzione.
Le ulteriori fasi di questo processo riguardano una analisi e una valutazione comparata che viene fatta da uffici appositi, ad essa preposti e preparati (8). In un contesto internazionale dove le ‘informazioni’ sono moltissime, si rivela sempre più difficile il lavoro di coloro che debbono mettere in relazione fra di loro la congerie di notizie, palesi, riservate, segrete, e comprendere da quale parte possono arrivare minacce alla stabilità anche economica dello Stato che è di grande rilievo per la sicurezza dello Stato.
La storia dello ‘spionaggio’, sia quello militare sia quello volto al mantenimento della stabilità delle Istituzioni – spionaggio: parola assolutamente riduttiva e fuorviante – non è fatta solo di operazioni particolarmente brillanti, attuate sotto copertura, che solleticano l’interesse e la fantasia del pubblico per tutto ciò che si vuole ‘segreto’; è anche questo, ma è soprattutto un lavoro giornaliero, direi quasi ad horas, di raccolta, coordinamento e analisi; un impegno continuo, costante, che non può avere interruzioni domenicali o festive, che deve essere sempre tempestivo e aggiornato e che usa qualsiasi fonte possibile, palese o riservata: anche una semplice notizia data in un quotidiano o da altri mezzi di comunicazione può essere un tassello, o anche il tassello mancante, rivelatore in un quadro ben conosciuto. Non per niente nei conflitti più sensibili fu spesso pianificata la presenza di giornalisti, riconoscendo il diritto all’informazione, ma anche una necessaria attenzione a quanto poteva essere pubblicato, che avrebbe indicato al nemico intenzioni e posizioni. Negli archivi è frequentissimo trovare intere cartelle piene di ritagli di giornale che, specialmente se relativi ad esempio alla Prima Guerra Mondiale, o anche antecedenti, rivelano agli studiosi contemporanei interessanti informazioni, ma che all’epoca fornirono piccoli tasselli preziosi di notizie da collazionare nel fare ad esempio il Bollettino relativo ad un singolo Stato: i nostri Servizi militari redassero specialmente tra le due guerre, vere monografie su Stati di interesse in quel momento, amici o nemici.
Non è questa ovviamente la sede per disquisire su quella che è la dottrina e la filosofia dell’intelligence, in quanto si richiederebbero pagine e pagine per arrivare ad una definizione complessiva di tutti i variegati aspetti di questa disciplina.
In questa sintesi storica due sono i momenti fondamentali per comprendere l’evoluzione del settore: a) uno tecnico, che fu quello del coordinamento delle informazioni raccolte, della relativa analisi (9), dell’unità delle attività, della collaborazione interforze: problemi che hanno a lungo tormentato la vita dei Servizi di Informazioni militare fin dalla costituzione del Regno d’Italia e che sono stati strettamente legati, nel tempo, anche alla creazione di un Servizio di Informazioni militare interforze, al quale si arrivò solo pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; b) uno, squisitamente politico, di un controllo istituzionale di origine parlamentare sull’attività informativa in genere: controllo al quale si devono sottoporre tutte le Istituzioni in uno Stato democratico.
Nel nostro percorso storico, dobbiamo doverosamente ricordare che, ben prima della costituzione del Regno d’Italia, erano numerosi i ‘servizi segreti’ negli Stati preunitari, ma la presente sintesi inizierà da un lustro precedente la Dichiarazione del Regno d’Italia , quando ancora non era entrata in uso la parola intelligence (10).
Può essere una curiosità sapere da dove vengono le due parole comunemente usate, ancora ai giorni nostri, per questo tipo di attività: ‘servizio segreto o quantomeno quando questa dizione iniziò ad avere uso ufficiale nei nostri ordinamenti unitari e pre-unitari. Ed è a questo punto che facciamo iniziare la nostra breve storia.
Nell’aprile del 1855 il Corpo di Stato Maggiore dell’Armata Sarda, l’esercito del re piemontese, diramava, pubblicandola sul Giornale Militare (11), una Breve istruzione sul Servizio degli Uffiziali del Corpo Reale di Stato Maggiore in tempo di guerra redatta per cura del Corpo Reale di Stato Maggiore ed approvata dal Ministero della Guerra, meglio conosciuta come ‘Istruzione La Marmora’, dal nome dell’allora Ministro della Guerra: una istruzione che produrrà i suoi effetti molto a lungo, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale.
La Circolare divideva il Servizio in guerra in cinque parti: al Capo Quinto si trattava il servizio di missioni speciali; al Sesto, il servizio segreto: probabilmente da qui è venuto l’uso di chiamare le informazioni militari… ’servizio segreto’. Forse l’aura di ‘segretezza’ in fondo piaceva molto e dava importanza sia nel dirlo sia nel sottintenderlo a bassa voce.
Il servizio di missioni speciali e il servizio segreto, ai sensi della Circolare sopra citata, erano quei servizi che diedero inizio in modo più organizzato, che nel passato, alla raccolta delle informazioni militari nell’Armata Sarda, peraltro proprio nel corso della preparazione di quella che veniva chiamata la Spedizione ad Oriente, cioè la guerra di Crimea, prima uscita ufficiale dell’esercito piemontese in campo internazionale.
Da questo evento bellico in poi, fu sempre presente nel Corpo di Stato Maggiore un Ufficio che si occupò delle informazioni militari, anche se non fu mai inserito ufficialmente negli organigrammi o negli ordini di servizio che ci sono giunti in forma documentale, per un certo periodo di tempo, e cioè fino al 23 agosto 1906, quando l’Ufficio uscì definitivamente dalla clandestinità (12). Tanto clandestino fu che in occasione del giudizio in tribunale a Nizza del maggior generale Giletta di San Giuseppe per preteso spionaggio, perché gironzolava, con fare sospetto, intorno a fortificazioni francesi sulla frontiera liguro-piemontese, asserendo di dover organizzare una gara ciclistica, la Francia rimase sorpresa del fatto che non sarebbe esistito nessun servizio segreto militare in Italia! (13). In effetti, bisogna ricordare che tra le potenze europee, Gran Bretagna e Francia, in quel periodo, avevano già una notevole organizzazione informativa militare e civile, molto più avanzata rispetto a quella del recentissimo Regno d’Italia che iniziava a strutturarsi, sia pur con lentezza e difficoltà.
Sempre nella stessa Circolare vi è anche la definizione e l’organizzazione del Servizio Missioni Speciali. Così recita al proposito l’Istruzione: il Servizio delle Missioni Speciali comprende tutti quegli incarichi particolari che possono essere affidati dal Generale o dal Capo di Stato Maggiore ad ufficiali del Corpo Reale di Stato Maggiore, infuori degli altri Servizi accennati…
Veniva anche chiaramente indicato come questo importante servizio delle missioni doveva essere regolato: secondo i casi dai precetti dell’arte militare, da quelli di topografia, dal regolamento di servizio per le truppe in campagna, ed infine da speciali istruzioni scritte o dei verbali del Capo di Stato Maggiore. Gli ufficiali erano designati da questa stessa Autorità, quando non riteneva opportuno fare il servizio di persona. Il Capo Sesto sul Servizio Segreto della circolare ‘La Marmora’, forse il più interessante per il nostro percorso storico, prevedeva al § 71:
a) le missioni segrete.
b) Le girate [cioè le ispezioni].
c) Il servizio delle spie per esplorare i mezzi e la forza del nemico e la condizione politica di provincie estere.
d) Le norme per trattative preliminari, armistizi, convenzioni da tenersi col nemico.
e) L’esame dei prigionieri e disertori nemici e il cambio dei prigionieri.
f) Il carteggio confidenziale del generale.
Al §73: l’ufficiale incaricato di tale servizio avrà un protocollo per le lettere confidenziali, una relativa rubrica, ed una cartella per la conservazione delle lettere, il tutto con il titolo Servizio segreto, osservando nel resto le norme dell’art. 1, Capo 3 circa il carteggio.
Le lettere confidenziali porteranno nella soprascritta il motto ‘riservato’…
L’art. 1 del Capo sesto della Istruzione riguardava in particolare il servizio delle spie, che doveva dunque essere canalizzato e dotato di una serie di ‘regole’ per l’efficacia dei risultati:
§77 - Nella scelta delle spie vuolsi attentamente utilizzare gran discernimento somma prudenza e scrupolosa preveggenza per non lasciarsi ingannare.
§78 - Vuolsi usare pur molta cura nel prescrivere un costante e severissimo rigore verso quelle spie che destano sospetti o sono traditrici, e per lo contrario ricompensare largamente quelle altre che con pericolo, zelo attendono al disimpegno di sì pericoloso incarico, e recano importanti e sicure notizie.
I rapporti delle spie volgonsi credere con molta circospezione accadendo talvolta che tali persone prive d’ogni mezzo di sussistenza, allettate da lusinga di una doppia mercede, servano le due parti nell’istesso tempo.
§79 - Vuolsi interdire alle spie di soggiornare presso il Quartier generale dopo eseguita la loro missione, e specialmente vigilare a che esse non incontrano relazioni di sorta colla truppa.
§80 - Le spie devono essere interrogate in disparte. Le principali domande a loro sono le seguenti:
a)Il collocamento dei Quartieri Generali del nemico, delle zone di battaglia, delle riserve, dei magazzini, degli spedali.
b)La forza dei corpi e il nome dei comandanti principali.
c)Se si attendono soccorsi e da quale parte debbano giungere.
d)Le mosse che il nemico intende di effettuare.
e)Le notizie che circolano nel campo dell’avversario.
f)I siti da cui egli si procaccia i viveri e se sono abbondanti.
g)Le malattie che regnano nell’armata nemica e le loro cause.
h)Se la posizione che occupa è trincerata o non.
i)Se attende a ristaurar strade, ponti, canali, ecc..
j)Le perdite sofferte dal nemico ne’ combattimenti, o per altre cause.
k)Quali sono le tendenze degli alleati, e quali le risorse economiche del paese occupato dal nemico.
Si è ritenuto opportuno riportare testualmente quanto era stato previsto in questo settore dalla Circolare, perché di sicuro interesse nel quadro dell’evoluzione dell’attività informativa militare: in realtà queste idee di base, sia pur riviste e aggiornate secondo esigenze contestuali nel tempo, sono state in gran parte attuate fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale: pensiamo agli interrogatori dei prigionieri di guerra, dei disertori oltre che delle spie; da queste parole discendono i criteri che, opportunamente adattati ai tempi, saranno seguiti nel reclutamento degli agenti segreti e dei fiduciari (normalmente dei civili che non si occupavano solo di notizie a carattere militare), e le prime indicazioni su quanto richiesto a quegli ufficiali che fossero incaricati di tale servizio, e cioè di delineare con cura la condizione politica ed economica del paese sotto osservazione: in sintesi, con parola attuale, di fare una ‘analisi’ del quadro complessivo del territorio di interesse con ogni informazione da essi posseduta.
Proprio nella Campagna di Crimea (1855-1856) l’esercito piemontese aveva organizzato, sulla base della ‘Circolare La Marmora’, un suo Servizio per le informazioni che faceva capo all’Ufficiale Addetto al Quartier Generale Piemontese.
Il Regno sardo poté poi correttamente prevedere una guerra con l’Austria: secondo l’ordine di servizio dato a Torino il 24 aprile 1859, nell’Armata Sarda, all’interno dello Stato Maggiore fu prevista una Divisione degli Uffici del Quartier Generale principale, organizzata in tre sezioni. Una era appunto la Sezione d’Informazioni, che prevedeva tra l’altro il servizio delle spie. Tra i compiti previsti vi era inoltre, l’esame dei prigionieri e disertori nemici, in altre parole, gli interrogatori che, come noto, se condotti con la richiesta professionalità, sono stati sempre fonte importante di notizie sul nemico.
Fu addetto a quella sezione il maggiore, poi generale, Govone (14) coadiuvato dai capitani Bariola e Driquet (15), che lo sostituirà, quando questi andrà successivamente a comandare le truppe d’occupazione in Sicilia. Govone raccolse un gran numero di notizie importanti, ben coordinate, concrete, ma l’allora alto Comando non seppe avvalersene come avrebbe dovuto, il che fu indicato chiaramente in una testimonianza posteriore (16). Uno dei numerosi episodi in cui non fu dato il giusto rilievo a informazioni frutto di… spionaggio!
Se però nel nuovo ordinamento dell’Esercito Italiano (ancora non denominato Regio Esercito)(17) nessun Ufficio per le informazioni, sembrò essere stato ufficialmente inserito come tale in un organigramma, eppure esso esisteva e si rifaceva proprio alla ‘Circolare La Marmora’, anche perché il Generale in quel momento era tra l’altro alla guida del Governo e Ministro degli Esteri e aveva sempre un occhio più che attento alle questioni militari. Che quanto affermato sia vero lo provano proprio i numerosi documenti del 1866 riguardo alle operazioni militari di quel periodo che si conclusero con la pagina negativa di Custoza.
Da notare che anche in quel tempo le informazioni non erano raccolte solo da militari in servizio: costoro utilizzarono anche dei civili, tra agenti e fiduciari o semplici informatori, peraltro non sempre di provata fede, onestà e attendibilità. Ancora però, a parte la citata Circolare, non erano state tracciate linee guida per il reclutamento dei collaboratori, linee che furono definitivamente date solo dopo il 1925, con la creazione del Servizio Informazioni Militare (SIM), soprattutto sotto la direzione del colonnello Donato Tripiccione, dal 1937 al 1939.
L’Esercito Italiano uscì sconfitto dallo scontro con gli Austriaci per moltissime ragioni, ma anche perché, nonostante le informazioni raccolte, dettagliatissime, numerose, esatte, non era riuscito a farne una analisi complessiva: servizio ben organizzato, ma non sufficientemente sviluppata la capacità analitica della situazione quale si presentava dalle informazioni ricevute (18). Ancora una volta le informazioni erano state correttamente raccolte ma non furono comprese e utilizzate o ad esse non era stato dato sufficiente credito. Questo non sarà l’ultimo caso.
Attivo fu lo ‘spionaggio’ civile fra il 1861 e il 1870 ai danni ad esempio dello Stato Pontificio, e quello militare soprattutto con regolari missioni di ricognizione topografica ai confini di quello Stato, in Toscana e in Umbria, spesso sotto copertura: ma non solo quello perché il Regio Governo e Cavour avevano molti assi nella manica, fra i quali, oltre alla ormai troppo ben nota Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione, un certo agente Omero Bozino di Vercelli, ancorché ritenuto di pessima fama (19). Cavour fu sapientemente coadiuvato, nelle sue attività sull’estero, da Costantino Nigra il quale si avvaleva anche dell’intelligente collaborazione di Isacco Artom, colto diplomatico astigiano.
Cavour, il cui padre era stato a capo della polizia piemontese, ben conosceva l’arte ‘informativa’, nel duplice senso di assumere notizie o convincere, tramite palesi e meno palesi inviati speciali, personalità politiche a schierarsi a favore del Regno di Piemonte poi del Regno d’Italia: fece parte, insieme all’allora colonnello Alfonso La Marmora (autore dell’Istruzione sopra citata), di una Commissione Superiore di Statistica (parola che più volte ricorre nella struttura informativa militare prima e fra le due guerre, per mascherare centri occulti di controspionaggio, le note Sezioni o Centri di Statistica), istituita all’interno del Ministero degli Esteri a Torino il 28 marzo 1836 (20). Come però risulta ben chiaro da alcuni documenti, in realtà i militari, all’epoca, non avevano molta stima per istituzioni di carattere civile o di agenti civili che consideravano comunque dei dilettanti, salvo rare eccezioni. Questo atteggiamento continuò anche dopo la Prima Guerra Mondiale.
Con l’avvento del Regno d’Italia il Ministero dell’Interno ebbe al suo attivo una Divisione I nella quale vi era una Sezione ‘Affari riservati’: accanto alla dizione ‘segreto’ si affaccia quella di ‘riservato’, che contraddistinguerà per lunghissimo tempo Uffici del Ministero degli Interni e di altri Dicasteri dediti alla raccolta di ‘informazioni’, anche durante il periodo fascista (21).
Sempre nel solco militare, già a pochi anni dalla loro istituzione (1814) era stato dato ai Carabinieri Reali il compito del controspionaggio con un regolamento generale del 1822. Continuando in una secolare tradizione, saranno sempre loro ad occuparsi di controspionaggio, in via esclusiva, insieme ai servizi anglo-americani, dal 1943, ricostituendo, dopo l’8 settembre, a Brindisi e in altre sedi, con grande professionalità, la Seconda Sezione ‘Bonsignore’ del SIM, meglio conosciuta tra gli Alleati,come Battaglione 808° Contro Spionaggio (CS), che fu integrato nell’organico di guerra inglese nel settembre 1944, con ben 69 ufficiali e 931 unità tra sottufficiali e truppa, dipendendone quindi per l’impiego (22). Rientrò alle dirette dipendenze dell’’Ufficio I’ dello Stato Maggiore Esercito il 15 agosto 1946, dopo trentatré mesi di attività, peraltro molto apprezzata, a fianco degli Alleati.
Tornando a tempi più lontani, nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, il Regno d’Italia acquistava solidità e infrastrutture istituzionali: così anche i servizi ‘segreti’ iniziarono una evoluzione che in senso più ‘moderno’, per quelli militari ci sarà solo nel 1925, come sopra ricordato; per quelli civili, si può solo parlare di una ‘involuzione’ dovuta al regime fascista.
Dal 1882 al 1897 si ebbe una diversa organizzazione del servizio per le informazioni militari, sempre legata ai numerosi mutamenti della struttura di vertice del Comando del Corpo di Stato Maggiore, con una diversa filosofia di raccolta delle notizie. Cambiato completamente il panorama europeo di equilibri e poteri, soprattutto dopo il Congresso del 1878 (equilibri internazionali) e la Conferenza del 1884 (zone d’influenza o d’interesse in Africa, leggasi spartizione dell’Africa), ambedue tenuti a Berlino, anche le strutture militari si adeguano alla ‘modernità’ e con esse la raccolta delle notizie e la dipendenza organica degli organi informativi sempre circondati da un alone di ‘mistero’. Per le nuove fonti informative, che si rendevano necessarie, molte missioni scientifiche andarono ad esplorare zone dell’Africa del Nord e a sud del Sahara. Ogni missione aveva con sé, dichiaratamente o non, un ufficiale topografo e osservatore: molte sono le relazioni di viaggio e mappe di gran valore, anche artistico, che quegli ufficiali disegnarono e redassero con rara maestria, come le Carte itineranti del Marocco, ad esempio (23): altra fonte importante per raccogliere notizie non solo militari, sulla presenza delle potenze europee in aree non metropolitane; siamo nel periodo dello scramble for Africa, con forti appetiti di espansione coloniale (24).
Da notare in dettaglio che nell’ordinamento approvato nel 1882 (25), era scritto che L’Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito riassume e coordina i lavori dei due Reparti del Comando del Corpo e tratta le pratiche riservatissime (26), nonché quelle di interesse o indirizzo generale del Corpo del Comando… Vi era poi un §15 Riservato delle Norme di Servizio, nella parte che non compariva nei testi a stampa, perché era circolata solo fra gli addetti ai lavori: esso prevedeva che i Comandi d’Armata corrispondessero direttamente con il Comando del Corpo di Stato Maggiore per quanto riguardava le informazioni su Stati limitrofi, accentrando tutta la collazione delle notizie in quell’organo di vertice. Lo Stato Maggiore a sua volta avrebbe trasmesso tutte le informazioni ricevute da altre fonti, in quella che sembra essere l’inizio di una sinergia ben organizzata di raccolta delle informazioni militari, anche se fu necessario comunque provvedere, come si vedrà, alla formazione di una rete di agenti informatori, a un più elaborato e organico sistema di raccolta. Non si era ancora arrivati alla costituzione di un organo di direzione delle informazioni militari (27), in quanto quel servizio veniva sempre considerato o una sezione o un ufficio, parte di una struttura superiore.
Ulteriore testimonianza della presenza di un servizio informativo organizzato che si andava strutturando meglio al volgere del secolo: anche gli addetti militari avevano un loro ruolo importante nella raccolta delle notizie, sebbene ufficialmente fosse loro interdetto di fare ‘spionaggio’, ma sono molto numerose le relazione di quegli ufficiali, che venivano inviate e conservate all’archivio dell’Ufficio. Nel Regolamento sul servizio di guerra (28), in vigore in quel periodo, 1882 e che trattava al Libro V – Servizio di avanscoperta, ricognizioni e informazioni segrete, alla fine, trattando degli addetti militari, regola anche il Fondo Informazioni: con dispaccio n. 3721 – 5 giugno 1894 fu stabilito in lire 61.000 per ogni esercizio finanziario. Con detto fondo, oltreché al servizio informazioni e ricognizioni, devesi pure far fronte alle spese dei viaggi di Stato Maggiore… il Fondo informazioni viene amministrato dalla segreteria del Riparto Operazioni, sotto la direzione del Capo del riparto… Dunque era previsto un esborso anche per questo tipo di servizio e la contabilità veniva tenuta dall’Ufficio che fungeva da collettore di notizie e informazioni e che presentava al vertice le proposte per le ‘missioni speciali’, le cui spese rientravano comunque nelle spese dei viaggi di Stato Maggiore. Anche il SIM (v. sotto) destinava una parte, peraltro cospicua, delle sue risorse finanziarie agli addetti militari, i quali, sebbene non avessero quasi mai diretti contatti con agenti e informatori per ovvi motivi di opportunità, erano però i veri responsabili locali dell’informazione: sempre che sul loro territorio non fosse attivo un Centro Controspionaggio che, salvo rivalità personali sempre esistenti, collaborava con l’Ufficio dell’addetto militare e inviava le sue relazioni a Roma tramite la valigia diplomatica, ma nella ‘bolgetta’ sigillata dell’addetto militare.
Il continuo riferirsi a Norme e Regolamenti militari ben fa comprendere che il sistema di intelligence militare fin dal suo inizio, è stato sempre incardinato negli Stati Maggiori delle Forze armate e ne ha seguito di volta in volta le differenti strutturazioni: solo nel 1977 è stato profondamente cambiato l’approccio, togliendo una parte della dimensione militare informativa alla competenza degli organi militari. Peraltro, anche con la riforma successiva del 2007, un servizio informativo di carattere tecnico, soprattutto, di supporto importante per le missioni all’estero è rimasto in quel quadro normativo che ha caratterizzato tutto il periodo precedente (29). Attiva e logica fu la corrispondenza per lo scambio di informazioni tra il Ministero degli Esteri e i vertici militari: i diplomatici fornivano anche notizie di interesse militare ove non era presente un Addetto militare. Su questo intervento diplomatico ove era assente un militare, sarà anche basata l’idea successiva alla Prima Guerra Mondiale, di affidare agli Esteri il coordinamento delle informazioni fuori territorio metropolitano (v. sotto). La documentazione militare esistente presso l’Archivio Storico dello Stato Maggiore Esercito ci conferma senza ombra di dubbio, la presenza, peraltro ancora non ufficializzata, dell’Ufficio Informazioni, incardinato stabilmente nel Riparto Operazioni, diviso in scacchieri geografici, dopo il 1882: insomma operante fattivamente ma ‘segretamente’, come nelle migliori tradizioni. Era, tra l’altro, invalsa la tendenza che fosse più produttivo agli effetti del Servizio stesso decentrare la costituzione della rete e la collazione delle informazioni dove geograficamente, dal punto di vista operativo, il Servizio poteva risultare più efficiente. C’è una spiegazione storica di questa mancanza di presenza ufficiale negli organigrammi, ricavata da un documento successivo al periodo considerato: la tendenza era che le Norme di Servizio dovevano essere pubbliche e che comunque andavano comunicate in qualche modo anche a Stati amici che ne avessero fatto richiesta e quindi si venivano ‘fatalmente’ a conoscere le reali attribuzioni dei vari ufficiali addetti al Comando del Corpo: questo in particolare poteva risultare dannoso per quegli ufficiali che si fossero recati in missione all’estero… incaricati di particolari missioni o più semplicemente solo per presenziare a cerimonie o manovre alle quale il Corpo era stato invitato: ci si illudeva che non menzionando il loro particolare compito, sfuggissero ad un controllo serrato di organizzazioni militari straniere… Una grande voglia di segretezza, o quantomeno di estrema riservatezza su chi si occupava istituzionalmente di attività informativa iniziava a consolidarsi: ed ecco la ragione della scomparsa dal 1870 circa fino al 1906 dell’’Ufficio I’ che invece esisteva, lavorava e si strutturava variamente, anche se con pochi addetti e con altrettanto ristretto stanziamento finanziario. La maggior parte degli studi attualmente pubblicati fanno iniziare l’intelligence militare italiana nel 1900 (30), ma questo è assolutamente errato. Decisamente l’Ufficio Informazioni, in quanto tale come Ufficio formalmente dichiarato, esisteva già nel 1897, quando fu chiamato a dirigerlo il conte Felice Eusebio de Chaurand de Saint Eustache, coadiuvato dal capitano Arturo Cittadini, ma non si può affermare che l’intelligence militare non esisteva prima di quella data, come chi scrive ha esaustivamente documentato nei suoi studi (31) e in modo assai sintetico ha cercato di illustrare in questo saggio: la Sezione o Ufficio Informazioni esisteva, riceveva relazioni direttamente o in copia e dopo aver preso visione, apponeva il proprio timbro tondo, uguale a quello in uso ma inchiostrato in verde. Per dimostrare che l’Ufficio di de Chaurand esisteva nel 1897, solamente una breve indicazione: in un Riservatissimo dell’8 maggio 1902 (32), che offre tra l’altro la possibilità di comprendere anche quali fossero le attività di controspionaggio a livello di Stato Maggiore Esercito, a parte le funzioni particolari già ricordate affidate ai Carabinieri Reali, oltre che ai Comandi d’Armata, si legge: UFFICIO INFORMAZIONI; Elenco delle pratiche trattate dall’Ufficio dal 1897 a tutt’oggi, relative a proposte fatte su questioni di notevole importanza con la indicazione della soluzione che ebbero dal Ministero. Il Colonnello Capo Ufficio Garioni. Per quanto riguardava il territorio metropolitano, è interessante ricordare che comunque il controspionaggio non veniva fatto solo dai Carabinieri Reali, ma anche dalla Guardia di Finanza, che faceva affluire le notizie allo Stato Maggiore dell’Esercito, e dai Commissari di Pubblica Sicurezza, soprattutto quelli in servizio ai passaggi di confine o nei pressi. Nel 1906, l’Ufficio esce finalmente dalla clandestinità con l’ordine del giorno n. 37 del 23 agosto: si prevede una Segreteria ‘I’ che poi diventerà un ‘Ufficio I’, con un organico di un solo ufficiale superiore, il tenente colonnello Silvio Negri che ebbe un lungo periodo di comando in quella posizione (dal luglio 1905 al settembre 1912) e, applicato, il capitano Iazzarelli (33). Pochi addetti e limitate risorse finanziarie. E' però un momento interessante: anche se il denaro è poco e le risorse umane addette ancora meno, si iniziava però a sentire l’esigenza di avere notizie fresche, di indole riservata, che fossero rapidamente portate a conoscenza di tutti gli Uffici interessati (34) e si manifestava sempre più la necessità di un organo strutturato che coordinasse in qualche modo non solo la raccolta delle informazioni, ma anche la loro diffusione. Una decisione concreta su questo punto però era ancora lontana. Stessi problemi, peraltro, fronteggiava in quel periodo anche l’Evidenz Bureau (il Servizio informazioni austriaco) che nell’efficientissimo esercito austro-ungarico iniziava allora ad aver un certo rilievo nell’organigramma, pur sempre con asfittiche risorse finanziarie e di personale (35). Contemporaneamente nel periodo 1900-1906 anche la Marina iniziò a dare maggiore rilievo alla propria attività informativa (36), costituendo un Ufficio Informazioni che nel 1906 (37)divenne un Reparto, il Primo dell’Ufficio dello Stato Maggiore, diretto da un Capitano di Vascello. La Regia Marina aveva iniziato ad essere molto attiva soprattutto nei Dardanelli e forniva, in un clima collaborativo, interessanti carte all’Ufficio Informazioni del Comando di Stato Maggiore. Nel 1907 l’Ufficio di Stato Maggiore Marina fu ampliato e modificato (38): anche al Reparto Informazioni fu data una maggiore importanza, si ingrandì e divenne il 4° Reparto dello Stato Maggiore Marina, con una struttura molto articolata, in cinque Sezioni e una Segreteria: le Sezioni raccoglievano le competenze che nello Stato Maggiore dell’Esercito erano suddivise fra gli Uffici del Riparto Operazioni. Di particolare interesse era la Quinta Sezione, che oltre a coordinare la Polizia militare nelle varie piazze marittime, raccoglieva e segnalava le informazioni militari provenienti dalle aree interessate; corrispondeva e amministrava gli informatori e teneva l’Archivio delle Informazioni Segrete. E', dunque, in questo periodo che si concretizza l’esigenza di dare maggior spazio e organizzazione a questa attività delle Forze armate, riconoscendone operativamente la sua valenza: infatti tra il 1906 e il 1910 l’Ufficio Informazioni dell’Esercito, che rimarrà l’Ufficio più attivo e in qualche modo coordinatore, seppure informalmente assunse la struttura e l’importanza che conserverà sostanzialmente fino alla Prima Guerra Mondiale. L’Ufficio dette grande impulso soprattutto alla sua azione di coordinamento della raccolta delle informazioni, oltre che alla progressiva creazione di una buona rete di informatori. In questo periodo come fa notare Odoardo Marchetti (39), l’interesse dell’’Ufficio I’ si concentrò sul mondo arabo e sui Balcani e dal 1908, sulla Somalia, territorio già oggetto dal 1880 di numerosi viaggi ‘conoscitivi’ (40). Un approccio naturale in un periodo storico in cui l’espansione coloniale era attiva e di ‘tendenza’ storica. I Servizi ‘civili’ continuavano la loro attività: la sezione ‘Affari riservati’ del Ministero degli Interni lavorava e il Ministero degli Esteri continuava ad avere un suo servizio informativo interno che collaborava, come si è visto, con quello Militare. Idem per la Guardia di Finanza. Quel che è certo è che di fronte a organizzazioni già strutturate magnificamente come l’inglese Military Operations -MO3, precursore dell’MI6- (41), del già citato Evidenz Bureau, del tedesco Nachrichtendienst Abteilung III B, e del Deuxième Bureau francese, per limitarsi all’Europa, il sistema informativo militare italiano era quasi agli inizi... nonostante gli sforzi, pochi addetti, poche risorse; soprattutto sembrava mancare di una buona capacità analitica, fondamentale, come si è visto, per una vera ‘intelligenza’ delle notizie raccolte. Alla vigilia del primo conflitto mondiale, la situazione migliorò soprattutto con la direzione del colonnello Rosolino Poggi che chiese ai vertici un cospicuo aumento dello stanziamento finanziario, per dare un maggior sviluppo ai Centri in periferia e agli Uffici ‘I’ delle Grandi Unità: aumento che venne concesso solo in parte. Nell’aprile 1915 fu cercata una più razionale suddivisione del lavoro nell’ambito del Comando Supremo (42) e quindi Poggi attuò, proprio su ordini di Cadorna, una integrale riorganizzazione dell’’Ufficio I’, che diventerà il 24 maggio 1915, Ufficio Informazioni del Comando Supremo, alle dirette dipendenze del Sottocapo di Stato Maggiore Generale Carlo Porro. Durante la guerra furono istituiti necessari servizi di censura, a vario spettro, altra fonte notevole per il controspionaggio. L’organizzazione generale della raccolta informativa si ramificava in tutto l’esercito (43), ma non riuscì a evitare Caporetto, nonostante una serie di rimodulamenti interni del Servizio. Numerosi furono gli inconvenienti lamentati, soprattutto per quanto riguardava il coordinamento dei Servizi di Informazione d’Armata, sicuramente frutto di un assestamento dell’intero Servizio. Durante il corso della guerra furono sempre più difficili i rapporti tra l’Ufficio Informazioni e l’Ufficio Situazione del Comando Supremo (44). Dunque a causa della mancanza di coordinamento, vi era stata una sovrapposizione di attribuzioni perché l’Ufficio Situazione del Comando Supremo accentrava le notizie a) fornite dall’Ufficio Informazioni sul nemico, b) ricevute direttamente dagli Addetti militari e c) dai vari organi dei Comandi d’Armata; tutte notizie delle quali si avvaleva per fornire al Capo di Stato Maggiore un riassunto della situazione con analisi d’ufficio ma di esclusivo carattere operativo. Anche l’Ufficio Informazioni formulava relazioni per il Comando Supremo, ma non poteva avere la visione globale necessaria di quanto accadeva giacché solamente l’Ufficio Situazione in realtà aveva tutte le notizie necessarie per simile analisi che, però, non faceva a livello generale, tralasciando così l’aspetto politico. I vertici militari erano ben consci di questi problemi e durante tutto il conflitto intervennero per migliorare l’organizzazione e il rendimento del Servizio Informazioni in genere. Intanto nel 1917 avanzava l’uso anche di strumenti come le intercettazioni, la censura postale e la propaganda presso le truppe nemiche e amiche… moderne armi di intelligence e controspionaggio. Caporetto e Vittorio Veneto: una sconfitta cocente e una vittoria finale. Armistizio di Villa Giusti, il 3 novembre 1918: con la responsabilità della sicurezza dell’evento affidata proprio al Servizio Informazioni, si chiuse per l’Italia il primo conflitto mondiale su quel fronte. Tra i rappresentanti del Comando Supremo alla firma, c’era anche il colonnello Tullio Marchetti, che in quel momento dirigeva il Servizio Informazioni della 1^ Armata, ufficiale scelto personalmente dal generale Diaz per questo incarico: una saggia inclusione, considerato che si dovevano anche discutere tratti di confine del Trentino, di cui il Marchetti era profondamente esperto. La Commissione d’inchiesta sul ripiegamento dall’Isonzo al Piave (45) nella sua Relazione finale, scrisse un interessante passo per comprendere la progressiva evoluzione dell’attività informativa militare, pur nella retorica del tempo decisa ad assolvere per quanto possibile i vertici militari di allora: … il funzionamento del Servizio Informazioni non sembra che palesi alla Commissione deficienze degne di rilievo… molte incertezze invece si sarebbero potute eliminare nell’alta valutazione dei referti raccolti dal generale Porro – che in proposito doveva ragguagliare il Capo di Stato Maggiore – ove meglio fosse stato curato l’esame della situazione politico-militare, la quale nell’autunno del 1917 era tale che l’eventualità di un’offensiva nemica in forze avrebbe dovuto essere considerata molto probabile… cioè mancanza di coordinamento e soprattutto di analisi politica, che avrebbe dovuto andare di pari passo con quella militare, della situazione esistente. Vi era però stato un altro motivo importante ovviamente non considerato dalla Commissione, né avrebbe potuto. Era comunque indubbio che durante la guerra, il Servizio Informazioni, forse carente in alcuni aspetti, aveva soprattutto sofferto della mancanza concreta di fiducia dei vertici, non tanto forse nei riguardi dei singoli, quanto delle varie fonti alle quali attingevano, oltre alla ormai accertata sovrapposizione di situazioni informative. In quegli anni, però, sembra che vi sia stata anche una buona collaborazione con il IV Reparto della Marina, ma senza particolari risultati a livello di considerazione da parte dello stesso Comando Supremo. La ricerca storica su documenti ci rivela che è solo tra il novembre 1918 e l’ottobre 1925 che si affaccia e si consolida l’idea di un Servizio Informazioni Militare centrale, che riesca a coordinare la raccolta delle informazioni, l’analisi e il controspionaggio. Terminato lo stato di belligeranza, si presentava il grave problema della smobilitazione, cioè il passaggio dal ‘piede di guerra’ al ‘piede di pace’ che, come è ormai storicamente noto, pone dei gravi problemi sociali ed economici a tutti gli Stati, vincitori e vinti (46). I problemi economici avevano pesanti riflessi anche sull’organizzazione militare e in quadro generale di tagli, anche il Servizio Informazioni fu coinvolto, mentre rimasero pienamente funzionanti i vari Centri all’estero che erano stati istituiti, su base regolare, dal 1906 in poi e che avevano costituito per la prima volta ‘una rete informativa’ fuori dal territorio metropolitano: una rete efficiente, per i parametri dell’epoca. Nel periodo della ricostruzione post bellica, due furono i problemi che si manifestarono: le discussioni sulla raccolta delle informazioni all’estero e i progetti di riorganizzazione dell’attività informativa, che portavano inevitabilmente anche alla rivisitazione di quell’attività in patria, considerando che nel frattempo, oltre al Ministero dell’Interno, al Ministero degli Esteri, anche la Presidenza del Consiglio aveva organizzato un suo servizio informativo di una certa efficienza. Varie possibilità furono avanzate, soprattutto per quello che riguardava l’attività in territorio estero, tra le quali alcune cercarono, senza successo, di sottrarre anche la raccolta di notizie militare ai quadri delle Forze armate. Nelle more della riorganizzazione delle strutture dello stato, nel luglio del 1919, il ministro degli Esteri Tittoni scriveva al generale Diaz, tramite la Delegazione Italiana per la Pace, Sezione militare, a Parigi, una lettera riguardante un suo progetto circa l’organizzazione del servizio informazioni e propaganda all’estero: la missiva veniva inviata in copia al Comando Supremo – Ufficio Operazioni per le risposte e le disposizioni di competenza (47). Di quale problema si trattava dunque? Tittoni notava che, finito il conflitto, sarebbe stato necessario armonizzare tutti i servizi di propaganda e di informazione all’estero, con lo scopo ben preciso di unificare l’azione politica internazionale che il governo doveva fare, avendo come tramite istituzionale il Ministero ad essa deputato. Era evidente che, per motivi inerenti al conflitto, l’attività informativa all’estero, precipuamente quella militare, e i servizi di propaganda avevano dovuto e potuto lavorare in modo indipendente dal controllo delle rappresentanze diplomatiche. In un difficile periodo di transizione, quale quello che aveva caratterizzato la parte finale del conflitto e l’inizio delle trattative di pace, era logico che quei servizi fossero svolti saltuariamente e qualche volta anche in contrasto con le direttive del governo, ma si imponeva ormai che il loro funzionamento venisse armonizzato sotto un’unica direzione. Tittoni aggiunse che se motivi di guerra avevano reso necessaria la creazione di vari distinti Servizi, al momento presente invece, il forte bisogno di economia da una parte e l’evidente sovrapposizione di competenze nella fase operativa, ne consigliavano la riunione in organi speciali che dovevano dipendere dalle rappresentanze diplomatiche, le quali a loro volta avrebbero operato al riguardo sotto la direzione di un Ufficio centrale direttivo del Ministero degli Esteri. Certamente propaganda e informazione precedevano di pari passo, alimentandosi a vicenda; ma occorreva cercare, secondo il Ministro degli Esteri, di risolvere il problema dell’unificazione dei Servizi di informazione, anche tenendo specialmente in conto i bisogni ‘tecnici’ del Comando Supremo, per quanto riguardava in particolare il settore militare.
Tittoni terminava la sua lettera augurandosi che il generale Diaz trovasse giuste le idee che egli aveva esposto e riteneva che il mezzo più adatto per metterle rapidamente in pratica fosse quello di inviare da parte del Comando Supremo un alto ufficiale presso il Ministero degli Esteri che potesse discutere la problematica inerente al progetto e prendere gli accordi di base.
Riunioni furono tenute e fu prodotto anche un progetto sulla riorganizzazione dei Servizi di informazione, propaganda e stampa all’estero, documento che, ulteriormente limato e aggiustato, fu sottoposto all’esame dei vertici militari. Questi non avrebbero mai potuto discutere la proposta redatta e non lo fecero probabilmente, almeno nessun documento è stato al momento reperito che indichi una qualche discussione in merito.
Era evidente, però, che ritenevano interessante e suscettibile di pratica adozione il concetto informatore di un Ufficio/Servizio unificato, cioè ‘centrale’ che potesse adempiere a questo tipo di servizi: informazioni, propaganda, stampa, legislazione relativa al controspionaggio, controspionaggio, contro propaganda, crittografia e cifrari, economia, commercio, industria, investigazioni. Iniziava dunque a imporsi, sia pur in modo ancora non operativo, l’esigenza di un Servizio centralizzato, anche interforze (Marina e Esercito).
Iniziava altresì a prevalere l’idea negli organi politici, che occorresse in qualche modo unificare l’intera attività informativa: il 25 agosto 1919 il Presidente del Consiglio Nitti firmava una Circolare (48) con oggetto Uffici speciali di informazioni, documento che giudicava piuttosto duramente quegli uffici informativi che avevano operato all’estero, sia della stessa Presidenza del Consiglio sia del Ministero della Guerra. Quegli Uffici avevano comportato una spesa rilevante e il risultato non era stato del tutto soddisfacente…
Con la conclusione della pace, dunque, le spese originate dallo stato di guerra dovevano cessare e… si disponeva affinché l’Ufficio Informazioni al servizio dello Stato Maggiore Marina con i Centri che ne dipendevano, doveva venire soppresso sollecitamente, bastando alle attuali condizioni il servizio informazioni del quale dispone la Direzione generale di Pubblica Sicurezza.
Probabilmente un primo passo che avrebbe portato in seguito allo scioglimento anche degli Uffici dell’Esercito che si occupavano del settore. Nulla accadde: il IV Reparto della Regia Marina continuò nel suo lavoro e il Servizio Informazioni della Pubblica Sicurezza ebbe altri compiti istituzionali, più aderenti alla sua origine e dipendenza amministrativa.
Gli altri Uffici informativi civili continuarono a vivere e a lavorare, anche se con minori risorse umane e finanziarie, come per i loro omologhi militari.
Nel periodo 1919-1925 si susseguirono vari ordinamenti militari (49). Intanto avveniva una svolta politica di non poco conto: il 1922 consegnava al fascismo l’Italia e fu subito chiaro, dopo i primissimi anni di assestamento, che il nuovo regime aveva deciso di affidare integralmente alle autorità di polizia la cura dell’eventuale opposizione al regime e comunque tutto il settore dell’ordine pubblico (50).
Ancora nel 1923 con l’ordinamento Diaz (51), si rividero alcune attribuzioni dell’Ufficio Informazioni e la sua dipendenza, ma il 15 ottobre 1925, con il Regio Decreto n. 1909, composto di soli quattro articoli, veniva istituito il SIM, Servizio Informazioni Militare, un provvedimento legislativo che avrebbe segnato un primo timido passo verso una moderna concezione dell’intelligence militare. Quel che più era importante è che nell’art. 1° si indicava esplicitamente un servizio informazioni militari nel quale saranno unificati e coordinati gli attuali servizi informazione dell’esercito, della marina e dell’aeronautica.
Dunque il concetto della necessità di un coordinamento era stato recepito e integrato nell’ordinamento del nuovo Servizio, ma tutto questo non accadde per una serie di ragioni storico-politiche. Insieme al decreto del 1925 occorre ricordare il Regio Decreto Legge n. 68 del 6.2.1927 (52), che regolava le attribuzioni del Capo di Stato Maggiore Generale: il vertice militare doveva ovviamente essere tenuto al corrente della situazione militare generale proprio per cura del Servizio Informazioni Militare il quale rimane alla dipendenza del Ministero della Guerra, pur rimanendo sempre devoluto a ciascun capo di Stato Maggiore delle Forze armate il coordinamento e la raccolta delle informazioni di carattere tecnico… tra il decreto del 1925 e quello del 1927 non vi era molta chiarezza…
All’estero, in effetti, il SIM fu interpretato quale ente di coordinamento di tutti i servizi di informazione militare, come sembrava fosse stato stabilito dal Decreto istitutivo, ma questo non avvenne e il SIM rimase in realtà fino allo scoppio della guerra, solo l’organo informativo dell’Esercito. Molte furono le ragioni storiche del fallimento del nuovo Servizio come coordinatore delle informazioni militari.
La sintesi richiesta in questo studio non permette ovviamente di analizzare tutto il lungo percorso ordinativo del SIM dalla sua costituzione al suo scioglimento ufficioso (8 settembre 1943) e alla sua ricostituzione pochi giorni dopo la firma dell’armistizio, a Brindisi da parte del Governo legittimo di Badoglio (53); percorso che permette di comprenderne meglio l’evoluzione progressiva. Ci limiteremo dunque ad una sintetica analisi storica basata esclusivamente sui documenti letti e analizzati.
Il periodo in cui il SIM vide la luce ed ebbe vita (1925-1943) fu un lungo periodo politico molto particolare e difficile per l’Italia, in realtà ancora giovane di unità statale.
Il SIM si espanse moltissimo all’estero con un gran numero di Centri di controspionaggio che assorbivano molte risorse finanziarie: del resto, l’aumento dei Centri seguiva la politica espansionistica di quel periodo, che voleva far entrare l’Italia nel novero delle ‘grandi’ potenze, anche coloniali. Gli addetti aumentarono. Il SIM, nella persona del suo direttore, Mario Roatta, organizzò l’intervento in Spagna per aiutare Francisco Franco e ebbe altre attività non sempre riconducibili nell’alveo dell’attività informativa pura o del controspionaggio.
Allo storico, una domanda si pone: come mai però rimase dunque solo un servizio informativo dell’Esercito quando invece sembrava istituito per coordinare gli sforzi dell’intelligence militare? Può essere interessante leggere a tal proposito la Relazione Messe - SIM 1940-1943 (54), scritta nel dopoguerra, quando individua alcuni degli elementi che certamente hanno impedito al SIM di divenire un vero organo interforze di coordinamento. Un elemento che Messe mise in opportuno rilievo, a livello puramente tecnico, può essere stato il difficile passaggio da un sistema esistente ad un altro: cioè il previsto accentramento di attività e conseguenti risultati poteva aver dato l’idea agli operatori del settore di un eccessivo appesantimento a scapito della necessità di rapida conoscenza delle notizie raccolte. Inutile dire che vi fu anche una resistenza passiva da parte del Servizio Informazioni della Marina (SIS) e di quello dell’Aeronautica (SIA) a farsi coordinare da un organo che di fatto era rimasto il Servizio informativo dell’Esercito, almeno fino alla creazione del SIE, Servizio Informazioni dell’Esercito, nel novembre 1941, a guerra iniziata, conseguenza del passaggio del SIM alle dirette dipendenze del Comando Supremo, con un nuovo ordinamento in vigore dal dicembre 1941. Allora il SIM con difficoltà iniziò la sua prevista opera di coordinamento e proprio nei tempi più difficili, quelli di un conflitto in atto e nel momento in cui in realtà la guerra si faceva davvero pesante per l’entrata in gioco attivo delle due reali grandi potenze: l’URSS e gli USA. Con la loro presenza nel conflitto, era solo questione di tempo, perché Italia, Germania e Giappone non avevano scampo alcuno.
I giochi erano ormai fatti: si trattava solo di attendere.
Vi furono dunque degli elementi tecnici, che impedirono il coordinamento; delle umane resistenze, ma non può essere dimenticato il particolare momento storico in cui il SIM ebbe vita, come sopra anticipato. Il fascismo potenziò in quel periodo altri servizi segreti: l’OVRA è il più noto, ma non era il solo (55): pochi conoscono il Servizio ‘6x’(56), che fu messo su da Vittorio Foschini, giornalista, millantatore, di poco spessore professionale, poi capo del Servizio Informazioni Difesa (SID) (57) della Repubblica Sociale Fascista (RSI). Questo anomalo servizio informativo ebbe vita dal 1° novembre 1942 fino al 30 settembre 1943, perché fu poi integrato nel SID, costituito il 1° ottobre 1943 (con una pausa dal 15 luglio fin verso la metà di settembre): sotto la diretta dipendenza del Duce e in seconda battuta di Buffarini Guidi (58). Il Foschini ne era l’anima e girava per tutta Italia reclutando alcuni agenti e inviando miseri ‘rapportini’ (così li intitolava lui stesso) al Duce, almeno a giudicare da quelli che ci sono giunti negli archivi. Pietiva denaro e lo riceveva direttamente dalla Segreteria del Duce: fu di scarsa, se non nulla, utilità.
Altri Servizi erano in attività: l’Ufficio Politico investigativo; un Servizio politico informazioni per la repressione; senza contare i servizi informativi del Ministero dell’Interno e degli Esteri e il Servizio della Guardia di Finanza. Polizie segrete e meno segrete, ma tutte coinvolte in un unico scopo (59), la salvaguardia a tutti i costi del regime fascista, contro il quale nel corso degli anni si era concretata una fortissima ostilità, che andava aumentando durante il conflitto.
Tra SIM e OVRA c’era un rapporto istituzionale con un ufficiale di collegamento e spazi di attività ben definiti. Rapporti più serrati tra i due organismi sono stati sempre ufficialmente negati o sminuiti, nel senso che si trattava di un raccordo inevitabile, essendo organismi di Stato, ma è impossibile pensare che un regime dittatoriale non pensasse di usare uno strumento così importante e espanso all’estero per fini non militari. Il SIM era l’unico, in fondo, a parte l’OVRA, ad avere una ramificazione tanto estesa di Centri efficienti all’estero o al confine con stati amici o nemici del regime e del suo Capo.
Dunque il controllore ultimo dei Servizi era colui che deteneva tutti i poteri, politico e militare (60) e quindi una commistione ci doveva essere e ci fu, anche grazie all’opera della Corte che girava attorno al Duce, e che era in cerca di onori e prebende, andando spesso ben oltre gli ordini del Duce, come è stato alcune volte dimostrato.
L’Italia era governata da un regime diventato progressivamente una dittatura: la politica, accentrata in poche mani, spesso troppo ambiziose, che dipendevano comunque dalla decisione di una sola persona. E spesso lo zelo ipocrita della Corte va oltre i desideri del re; scriveva Talleyrand: “et sortout jamais trop de zèle”. Dunque uno strumento così ‘interessante’ politicamente, oltre che militarmente, insieme agli altri costruiti per garantire la sicurezza e la stabilità del regime e di chi intendeva se stesso come l’incarnazione totale dello Stato, costituiva sicuramente un utile mezzo per accrescere le possibilità di successo nello scopo perseguito.
Alcuni autori contemporanei scrivono di parentesi ideologica del SIM (61) e altri di devianze politiche: sono corretti se facciamo una analisi di quel periodo storico con parametri attuali, ma se reinseriamo il SIM nel contesto storico del momento, come sarebbe in realtà scientificamente corretto, il tutto rientra in una normalità quasi banale… va detto con un pizzico di cinismo storico.
Quale è dunque la differenza tra quel periodo storico e quello che viviamo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: la libertà e la democrazia della quale l’Italia gode dal 25 aprile 1945.
Non si può negare che soprattutto negli anni Trenta, il SIM e l’OVRA, ma soprattutto il SIM, abbia avuto momenti bui, che tali però non furono ritenuti all’epoca. L’uccisione dei fratelli Rosselli, un episodio simbolo, accanto ad altri meno eclatanti: l’eliminazione dell’opposizione con l’eliminazione fisica della stessa. Un assassinio perpetrato tramite strutture di informazione militare, la cui responsabilità morale e politica ricadde e ricade sulla testa di chi ebbe in quei tempi una piena autorità, un potere dittatoriale e su chi portò a termine ordini ai quali non doveva obbedire… ma il coraggio di opporsi a ordini chiaramente non corretti eticamente, umanamente e professionalmente, non è dato a tutti.
E’ poi opportuno ricordare, per meglio comprendere tempi e dinamiche storiche, che la Legge n. 806 dell’8 giugno 1925 prevedeva una diretta subordinazione del Capo di Stato Maggiore Generale al potere politico, cioè al Ministro e al Capo del Governo, cioè a Mussolini che le ricopriva ambedue. In più il già ricordato decreto, del 1927, il n. 68 del 6 febbraio (62) ripristinava la carica di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, ridimensionando anche la carica di Capo di Stato Maggiore Generale, che diveniva quasi solamente un consulente tecnico del Capo del Governo: commistione e dipendenza con l’organo politico massimo. In realtà il problema delle attribuzioni del Capo di Stato Maggiore Generale fu molto complesso insieme a quello della dipendenza del SIM nel tempo: dal 1925 allo scoppio della guerra il Servizio ebbe infatti varie organizzazioni e ristrutturazioni, ma tutte nell’ambito della Forza terrestre, con accorpamenti o smembramenti dell’attività difensiva e offensiva. Solo nel 1941, quando passò alle dirette dipendenze del Comando Supremo, il SIM assunse la funzione di organo superiore, proprio per il coordinamento dei servizi di informazione, intendendo quelli militari, mantenendone la direzione tecnica, in zona d’operazioni, nella territoriale e all’estero. è però dimostrato storicamente che per una serie di ragioni, tecniche e contingenti, il coordinamento almeno con la Regia Marina mancò.
Anche gli omologhi Servizi della Regia Marina e della Regia Aeronautica ebbero riorganizzazioni interne, ma non tante quante ne ebbe il SIM.
L’8 settembre 1943 vide anche l’ultimo giorno del Diario Storico tenuto dal SIM, che si riorganizzò, come sopra ricordato, a Brindisi, dove era il Governo legittimo del Regno, dopo pochissimi giorni, per l’opera di ufficiali e membri del Servizio che avevano deciso di combattere contro i tedeschi e i fascisti: il 1° ottobre 1943 ufficialmente il SIM si era ricostituito. Fu un Servizio diverso, anche se con molti degli stessi uomini della precedente organizzazione e con una minima struttura iniziale, pochi uomini e poche risorse.
Nel resto del territorio italiano, sotto i fascisti e i tedeschi, nacque nella Repubblica Sociale un Servizio Informazioni, che ricalcò l’organizzazione precedente del regime fascista, ma è il SID, Servizio informazioni Difesa che nulla ebbe a che fare con il SIM, se non perché alcuni appartenenti del vecchio Servizio accettarono di lavorare nel nuovo; per la verità occorre dire che alcuni elementi, fuori Roma e lontani da quanto era accaduto, non compresero bene e ubbidirono agli ordini di ricostituire i Centri: un esempio fu quello di Firenze che era stato sciolto subito dopo l’8 settembre e che fu riaperto ai primi di ottobre 1943, ma per il governo della RSI. Alcuni addetti di quel Centro quando compresero lo svolgimento degli eventi e quale era la reale situazione, si diedero alla latitanza, riuscendo a passare le linee o unendosi alla lotta partigiana (63). Altri restarono nel SID ma alcuni di loro fecero il ‘doppio gioco’ aiutando i colleghi del SIM ‘legittimo’ dal Nord, dove si stabilì il SID (La Direzione era a Volta Mantovana), quando lasciarono la capitale.
Il 1° gennaio 1945 il SIM dovette cambiare la sua denominazione ufficiale in Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore Generale e tra le ragioni ve ne fu una particolarmente interessante: verso la fine del 1944 il SIM controspionaggio aveva subito vari attacchi sulla stampa italiana (l’“Unità” del 21 settembre e l’“Italia Libera” del 6 e 7 novembre). Si avvicinava il processo al generale Mario Roatta e altri, per quanto commesso nel precedente regime. Roatta era coinvolto nel delitto Rosselli, insieme ad altri ex membri del SIM. Alla fine fu necessario cambiare il nome del tanto odiato Servizio reo, secondo la stampa, di numerose nefandezze, oltre quelle per le quali aveva concrete responsabilità.
Il processo a Roatta e ai suoi coimputati (64) si stava risolvendo in realtà in un processo popolare e, ante litteram, mediatico, a un regime e a un sistema corrotto di attività informativa.
Gli altri Servizi ‘civili’ erano scomparsi con la caduta del regime. Furono poi riorganizzati all’interno dei Dicasteri interessati, non appena le strutture burocratico-amministrative tornarono a funzionare.
L’opinione pubblica di quegli anni, ancora esasperata dalle rovine economiche e morali portate dal ventennio fascista e dal conflitto, non comprese che il SIM dell’Italia liberata non era, nonostante lo stesso nome, quello del regime; non comprese che il ricostituito SIM aveva invece contribuito moltissimo, nell’ultimo difficile periodo della guerra, con gli anglo-americani, per la soluzione del conflitto e il ripristino delle libertà individuali e democratiche.
La ricostruzione dello Stato andava avanti; l’Italia faceva la ‘scelta atlantica’ e nel 1949, finalmente, riusciva a varare l’istituzione di un vero Servizio interforze, SIFAR. Vari mutamenti, vari ordinamenti, da quel primo passo, fino ad arrivare, appunto con un percorso molto interessante, nel panorama politico italiano, alla attuale situazione alla quale è stato fatto un accenno agli inizi di questa sintesi, resa possibile dalla stabilità dello Stato e delle sue Istituzioni, governate da quella democrazia che mancò nel ventennio fascista.


(1) V. Gazzetta Ufficiale (G.U.) 13.8.2007, n. 187). Sul sito www.sicurezzanazionale.gov.it, il testo completo della Legge e relative modifiche.
(2) G.U. n. 303/1977.
(3) Per il segreto di Stato, v. l’interessante volume di Carlo Mosca - Giuseppe Scandone - Stefano Gambacurta - Marco Valentini, I Servizi di Informazione e il segreto di Stato, con prefazione di Giovanni Conso, Milano, Giuffé Editore, 2008, pp. 481-728 (di Giuseppe Scandone).
(4) Art. 5, L. 801/1977. Per completamento di informazione: questa Legge istituì anche un Comitato esecutivo per i Servizi di informazione e sicurezza (CESIS), con vari compiti, tra i quali quello del coordinamento dei rapporti con i Servizi di informazione e sicurezza di altri Stati.
(5) Cfr. Robert Steele, Intelligence, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002; Francesco Cossiga, Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune, con introduzione di Mario Caligiuri, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002; John Keegan, Intelligence in war, New York, Vintage Books, 2002, tradotto in italiano Intelligence, Milano, Le Scie Mondadori 2003; Domenico Libertini, L’intelligence militare dopo la riforma del 2007, Roma, Gruppo Sky Studio, 2010, p. 23 e ss..
(6) V. Antonio M. Diaz Fernandez, Los servicios de inteligencia espanoles, Madrid, 2005.
(7) Cfr. Frédéric Guelton, Pourquoi le renseignement? De l’espionnage à l’information globale, Parigi, 2004. Cfr. anche Claude Faure, Aux services de la République, du BCRA à la DGSE, Parigi, 2004.
(8) Francesco Cossiga, cit. p. 21 e ss..
(9) Sull’analisi, molto interessante e dettagliato il recente volume di Wayne Michael Hall-Gary Citrenbaum, Intelligence analysis, ABC-Clio, California, 2010.
(10) Cfr. Ambrogio Viviani, Servizi Segreti Italiani 1815-1985, volume primo, Adnkronos, Roma 1985, p. 45-97. V. anche il recente volume di Andrea Vento, In silenzio gioite e soffrite. Storia dei servizi segreti italiani dal Risorgimento alla Guerra fredda, Milano, il Saggiatore, 2010. A parere di chi scrive, il più documentato studio sui servizi segreti è quello di Giuseppe De Lutiis, I Servizi segreti in Italia. Dal fascismo all’intelligence del XXI secolo, nuova edizione aggiornata, Milano, Sperling&Kupfer, 2010.
(11) Circolare n. 21 dell’aprile 1855, in Giornale Militare, ossia Raccolta Uffiziale delle Leggi, Regolamenti e Disposizioni di terra e di mare, [GM] pubblicato per cura del Ministero della Guerra, anno 1855, Volume Primo, Torino, Officina Tipografica e Litografica di Giuseppe Fodratti, pp. 775-793.
(12) AUSSME, L3, b.301, Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Ordine del giorno 23 agosto 1906.
(13) Cfr. Roger Faligot-Rémi Kauffer, Histoire mondiale du renseignement, vol. I, 1870-1939, Parigi, Laffont, 1993, pp. 51-53.
(14) Per l’opera di Giuseppe Govone; Umberto Govone, Il Generale Giuseppe Govone. Frammenti di memorie, Torino, 1929, 3^ edizione; Piero Crociani, Govone Giuseppe, in ‘Dizionario Biografico degli Italiani’, Roma, 2002, vol. LVIII, p. 117 e ss.. I documenti relativi alla questione Informazioni nella Spedizione d’Oriente (come veniva ufficialmente indicata la guerra in Crimea) si trovano nell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito [AUSSME], inventario G1, vol.1 e vol. 8, assai ricchi di interessante documentazione probatoria.
(15) Come poi accadrà molto spesso, anche nel secolo XX, nei fogli matricolari dei citati ufficiali non compare mai la loro effettiva utilizzazione nell’Ufficio Informazioni. Per comprendere però quale fosse il loro vero ruolo basta trovare alcune indicazioni, quali ad esempio, ’a disposizione del Comando del Corpo di Stato Maggiore’ o ‘a disposizione dello Stato Maggiore’, spesso inequivocabile frase per sapere quale fosse la loro vera funzione… e ricostruire le date di appartenenza all’Ufficio Informazioni e più tardi al SIM: date ‘segrete’ come l’appartenenza a quegli organi!
(16) V. Umberto Govone, cit. nota a p. 96, una relazione postuma di un ufficiale di quel periodo.
(17) Con la Nota n. 76 del 4 maggio 1861, Manfredo Fanti, Ministro della Guerra, aveva ufficializzato il nuovo nome dell’Armata Sarda in Esercito Italiano.
(18) Cfr. Alberto Pollio, Custoza (1866), Stato Maggiore Regio Esercito, Ufficio Storico, IV ed., Roma, 1935 e AUSSME, G8 – Campagna 1866 – b.1 e b.10.
(19) Per i dettagli v. Alain Charbonnier alla Rubrica Fatti, Aneddoti e Leggende di questo volume.
(20) Cfr. Ambrogio Viviani, Servizi Segreti Italiani.1815-1985, Roma, Adnkronos, 1985, vol. I, pp. 89-93. La dizione ‘Commissione di Statistica’ fu ripresa poi anche nel Regno delle Due Sicilie, nel 1851, che si mise al pari degli altri stati italiani. Servizi efficienti e ‘occhiuti’ quelli dei Borbone, ma che non furono di grande utilità ai re, perché soprattutto interessati a polizia interna, a salvaguardia della Corona.
(21) Per un rapido e sintetico sguardo su questa parte, cfr. l’interessante volume di Carlo Mosca - Giuseppe Scandone - Stefano Gambacurta - Marco Valentini, I Servizi di Informazione e il segreto di Stato, cit., pp. 5-21.
(22) Cfr. M.G. Pasqualini, cit., vol. II, p. 254 e ss.. I Servizi anglo-americani ebbero bisogno della esperienza dei Carabinieri e dopo un primo periodo di diffidenza verso l’organizzazione di controspionaggio italiana, compresero che era necessaria una collaborazione aperta che fu ‘quasi’ paritetica fino alla fine del conflitto, nel senso della completa disseminazione di notizie sensibili.
(23) Sono conservate nell’Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma.
(24) Ricordiamo fra i tanti, Luchino Dal Verme (Una rapida escursione nel Levante, notevole travel-log di un viaggio ‘informativo’), Camillo Crema, Giulio De Boccard (AUSSME G33, b.52). Su queste e altre relazioni di quel periodo cfr. Maria Gabriella Pasqualini, Il Levante, il Vicino e il Medio Oriente.1890-1939. Le fonti archivistiche dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, SME-Ufficio Storico, 1999, con dettagliate indicazioni delle fonti.
(25) V. Giornale Militare [GM] 1882, Parte I, Regio Decreto 29 giugno 1882, p. 425 e ss. e Regio Decreto 29 luglio 1882, p. 581-582. La data esatta della costituzione di questo organo di vertice è l’11 novembre 1882. Cfr. anche Ministero della Guerra, Norme di servizio per il Comando del Corpo di Stato Maggiore, 25 ottobre 1882, Carlo Voghera Tipografo, Editore del Giornale Militare, Roma, 1882. Per la parte documentale, AUSSME, L3, b.300, Registro degli ordini del giorno del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, vol. I.
(26) Evidenziato in corsivo nel testo a stampa sul Giornale Militare.
(27) Cfr. Odoardo Marchetti, Il Servizio Informazioni dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, Roma, 1932, p.12 e ss.
(28) G.M. 1882, Parte I, pp. 704-705.
(29) Cfr. Domenico Libertini, cit., pp. 67-84.
(30) Probabilmente l’errore discende dal volume del pur attento Odoardo Marchetti, cit., e da quello di Cesare Amé, (Guerra segreta in Italia. 1940-1943, Napoli, Casini editore, 1954) in quanto ambedue indicano il 1900 come l’anno in cui fu costituito un Servizio Informazioni, che invece sotto il nome di Sezione o Ufficio incardinato in una Segreteria del Corpo di Stato Maggiore era sempre esistito e aveva operato.
(31) M.G. Pasqualini, cit. vol. I.
(32) AUSSME, G24, b.54.
(33) AUSSME, L3, b.301, Registro degli ordini del giorno, vol. 1 e F4, b.95.
(34) Ibid., o.d.g. n.32 del 2 luglio 1906, circa le notizie di carattere riservato che gli uffici dipendenti raccolgono sulla preparazione militare…
(35) Cfr. il volume di Max Ronge, Spionaggio (con prefazione di Aldo Valori), Tullio Pironti Editore, Napoli, 1930.
(36) R.D. 4.3.1900, n. 76.
(37) R.D. 15.7.1906, n. 402.
(38) D.M. 10.2.1907 e D.M. 5.4.1907.
(39) O. Marchetti, Il Servizio Informazioni dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, Roma, 1937, p. 27.
(40) Cfr. AUSSME, D3, b.2-3-11-13.
(41) V. Stephen Twigge - Edward Hampshire - Graham Maclin, British Intelligence- secrets, spies and sources, The National Archives, Londra, 2008. Per la storia dei servizi militari britannici, Christopher Andrew, The Defence of the Realm. An authorized History of MI5, Londra, Penguin Books, 2009.
(42) AUSSME, L3 b.48.
(43) Per i dettagli dell’attività informativa nei vari reparti, v. Filippo Cappellano, L’imperial regio Esercito sul fronte italiano 1915-1918, Rovereto, 2002 e M.G. Pasqualini. Cit. vol. I, p. 257 e ss..
(44) AUSSME, F1 b.107. V. M.G. Pasqualini, cit. vol. I, p. 308 e ss..
(45) Istituita con Regio Decreto il 12 gennaio 1918, n. 35 e pubblicata in Roma, dall’Istituto Poligrafico per l’Amministrazione della Guerra, nel 1919, p. 5.
(46) Per questo periodo in particolare cfr. Oreste Bovio, Storia dell’Esercito Italiano (1861-1990). La difesa nazionale. I rapporti tra potere politico e militare nello sviluppo della Forza Armata, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, Roma, 1996; per l’intera storia del servizio militare in Italia, v. l’opera esaustiva di Virgilio Ilari, Storia del Servizio Militare in Italia, Centro Militare di Studi Strategici (CeMISS) e Rivista militare, in cinque tomi. Per questo periodo v. il terzo tomo, Nazione Militare e “fronte del lavoro” (1919-1945), Roma, 1991.
(47) AUSSME, E8, b.272.
(48) AUSSME, M7, b.408.
(49) Per questo convulso periodo di ordinamenti che si susseguivano, in dettaglio cfr. V. Ilari, cit, vol. II, Roma, 1990, p. 504 e ss..
(50) Romano Canosa, I servizi segreti del Duce. I persecutori e le vittime, Oscar Storia Mondadori, Milano, 2000, p. 282 e ss..
(51) Regio Decreto n.12, 7 gennaio 1923.
(52) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 7 febbraio 1927.
(53) Per i dettagli ordinativi, cfr. M.G.Pasqualini, op. cit. vol. II; per una analisi v. G. De Lutiis, op. cit., p. 9 e ss.; A. Vento, op. cit., 179 e ss., solo per indicare gli ultimi studi pubblicati in merito; v. anche Ambrogio Viviani, op. cit. vol. II., p. 189 e ss., quando fa notare che il decreto del 1925 e i successivi non erano un esempio di chiarezza ordinativa e giuridica.
(54) AUSSME, Fondo Messe, L13, G (10). Giovanni Messe fu Capo di Stato Maggiore Generale, in sostituzione del generale Ambrosio dal 18 novembre 1943 al maggio 1945.
(55) Per dettagli sulla creazione dell’OVRA, cfr. R. Canosa, op. cit., Mimmo Franzinelli, Delatori. Spie e confidenti anonimi: l’arma segreta del regime fascista, Oscar Storia Mondadori, Milano, 2001; I tentacoli dell’OVRA, Torino, Bollati e Boringhieri, 1999.
(56) Per ulteriori notizie, v. Maria Gabriella Pasqualini, Il SID nella RSI: l’organizzazione ufficiale dell’intelligence militare nella Repubblica Sociale Italiana, in Annali della Fondazione La Malfa, XXIII, 2008, pp. 245-257.
(57) Da non confondere con il Servizio Informazioni Difesa (SID) della Repubblica Italiana, 1966-1977.
(58) Alcuni autori confondono la ricostituzione del SIM, che avvenne a Brindisi, con la prima riorganizzazione del Servizio informazioni della RSI, che mai ebbe come sigla SIM.
(59) V, anche Franco Fucci, Le polizie di Mussolini, la repressione dell’antifascismo nel “ventennio”, Mursia 1985, p. 373 e ss. Per la parte documentale vedi AUSSME, Carteggio SIM, 1^ divisione; Inventario I-1, Fondo RSI.
(60) Salvo che per un breve periodo che va dal 1929 al 1933, Mussolini ha retto e non solo nominalmente i tre Ministeri militari. I compiti del Servizio dunque divennero più complessi non solo dal punto di vista dell’attività informativa puramente militare. Ricordiamo poi che Mussolini era anche Ministro dell’Interno e Comandante della Milizia.
(61) V. A. Vento, op. cit., pp.179-199.
(62) G.U. n. 30 del 7 febbraio 1927.
(63) National Archives and Records of the United States (NARA) ,RG 226, E.174, buste varie.
(64) Filippo Anfuso, ambasciatore; Alberto Pariani, generale del Regio Esercito, che aveva ricoperto le massime cariche istituzionali militari; Paolo Anjoy, già vice di Roatta al SIM; Santo Emanuele, colonnello dei Carabinieri, capo dei Servizi speciali e poi del CSMMS; Roberto Navale, maggiore dei Carabinieri; Vincenzo Bertolini, dell’Esercito; Manlio Petragnani, capitano dei Carabinieri; Eugenio Piccardo (costui in realtà aveva fatto, in tempi posteriori, il doppio gioco a favore del SIM, dopo l’armistizio).

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