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GNOSIS 1/2010
LA CULTURA

RECENSIONI

La genialità della truffa e la perversione del terrore


di Alain Charbonnier

 



Due volumi che vale la pena leggere. Due aiuti interessanti per comprendere almeno una parte dell'animo umano: l'aspetto meno nobile, sia nel caso dei truffatori sia in quello dei terroristi. Nel primo prevale l'avidità, nel secondo il cinico disprezzo della vita altrui. Domenico Vecchioni ha lavorato sui grandi truffatori, Antonella Colonna Vilasi sulle trame che hanno avvolto e insanguinato l'Italia. E se nella storia delle truffe non sono mancate conseguenze rivoluzionarie, nella storia dell'eversione non sono mancati gli episodi truffaldini. Leggere per credere.





Due libri non ponderosi, due summae agili e facili da leggere, se non altro come guide per approfondire la storia della truffa nel mondo e del terrorismo in Italia. Sono usciti nella seconda metà del 2009, per i tipi rispettivamente dell’Editoriale Olimpia e dell’editrice Mursia.
Dopo essersi dedicato alle storie di spie, il prolifico ambasciatore Domenico Vecchioni rivolge la sua attenzione a un’altra categoria: i truffatori.
“I signori della truffa”, pagine 190, Editoriale Olimpia, Sesto Fiorentino 2009, è una galleria di geni, capaci di grandi nefandezze, ma anche di gesti generosi, rovina di tanti poveri disgraziati ma anche castigamatti di avidi speculatori.
Ce n’è di tutti i colori. Un clown diventa re d’Albania; uno spiantato nobile bretone si proclama “Carlo I Re della nuova Francia”, s’inventa un regno agli antipodi del mondo e manda a morire emigranti in cerca di fortuna; geniali “artigiani” inventano stili d’arredamento, “fabbricano” autentici francobolli rari, dipingono tele e affreschi che ingannano i maggiori esperti e critici d’arte. Quando poi vengono scoperti, ecco che i falsi diventano “oggetti cult”, capolavori ricercati dai collezionisti.
L’arte dell’inganno non conosce limiti né frontiere: in Germania la voglia di scoop fa cadere in trappola un settimanale prestigioso come “Stern” che acquista per una cifra astronomica apocrifi diari di Hitler; in Francia un probo professore di matematica, Michel Chasles, sordo e cieco dinanzi a scritti in un improponibile idioma franco-gallico del I Secolo Avanti Cristo, perde la testa e ingenti somme di denaro per un improbabile carteggio fra Giulio Cesare e Vercingetorige.
Avidità, paura, autogratificazione, arroganza, certezza di potere osare di tutto, desiderio di riscatto e di facili guadagni, ingenuità e voglia di credere anche all’incredibile, generosità mal riposta, sono i sentimenti che arricchiscono grandi e piccoli truffatori. C’è chi riesce a vendere la Torre Eiffel per ripianare le finanze del Comune di Parigi e chi offre la salvezza da un imminente olocausto nucleare, ma anche chi inventa eredità sulla base delle quali banche e istituti finanziari elargiscono laute anticipazioni.
Le grandi truffe hanno fatto la fortuna di attori, registi e produttori che hanno portato sullo schermo storie come la “Stangata”, con Paul Newman e Robert Redford, e “Prova a prendermi”, con Leonardo Di Caprio nel ruolo di Frank Abagnale, vero “artista” del raggiro, redento e finito a fare da consulente proprio di chi i truffatori combatte. Fra questi criminali in guanti bianchi finiscono personaggi che riscuotono fama e ammirazione e perciò carpiscono meglio la fiducia delle loro vittime. È la storia di Ivan Kreuger, il “re dei fiammiferi svedesi”, che negli anni ‘20-‘30 aveva inventato i debiti a garanzia dei nuovi debiti, finché accese un debito di troppo, e di Bernard Madoff, il “mago di Wall Street”, arrivato fino alla presidenza del Nasdaq, la Borsa dei valori tecnologici, che aveva messo in piedi una gigantesca e lucrosa “catena di Sant’Antonio” interrotta dalla crisi finanziaria di due anni fa.
I castelli di carta costruiti da questi due autentici ingegneri della finanza ingoiarono ingenti fortune di grandi e occhiuti miliardari ( in dollari beninteso), addirittura di un premio Nobel come Eli Wiesel, e sfuggirono alle attenzioni degli organismi di controllo, in altre e del tutto legali occasioni ben più attenti e occhiuti. Quando i castelli crollarono, Kreuger pensò bene di spararsi un colpo in testa, Madoff confessò tutto, restituì poco e accettò la condanna a 150 anni di carcere che, data l’età, non finirà mai di scontare, per quanto la vita media si sia allungata.
E se negli anni Trenta a Roma i fratelli Riccardi fabbricavano “autentiche” e gigantesche statue etrusche, esposte con grazia nel prestigioso Metropolitan Museum of Art di New York, il padre prima di loro aveva fabbricato un carro da battaglia, sempre etrusco, in bronzo, poi rifilato al British Museum di Londra. Naturalmente non mancava la complicità di almeno un “esperto”.
Non fece un gran male la “truffa delle fate”, un inganno protrattosi per anni, creato da due ragazzine inglesi che coinvolse perfino Sir Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes, ma altre contribuirono ad accendere fuochi che si trasformarono ben presto in immani incendi.
È la storia della collana che Maria Antonietta, l’“austriaca” regina di Francia, non vide mai, perché due abili truffatori avevano raggirato il cardinale Louis De Rohan. Ma fu messa nel conto degli sperperi di Sua Maestà, contribuì al vento della rivoluzione Francese e aiutò la sovrana ad andare incontro alla ghigliottina.
La genialità di Nanny Loy nel 1993 ci ha raccontato l’imbroglio napoletano del “Pacco, doppio pacco e contropaccotto”, la furbizia della truffa di strada per sopravvivere. Ma anche l’impossibilità del truffato di denunciare il truffatore, perché coinvolto in un possibile reato collaterale, oppure per la vergogna di essere stato platealmente raggirato. E nel libro di Domenico Vecchioni sono riportati alcuni clamorosi esempi che valgono come preziose “istruzioni per l’uso”.
Dalla truffa ai misteri degli anni di piombo italiani, delineati da Antonella Colonna Villasi in “Il terrorismo”, pagine 216, Mursia editore, Milano 2009.
Il volume, con la prestigiosa prefazione del giudice Piero Luigi Vigna, che di mafia e terrorismo se ne intende, è un excursus nelle stragi e nei delitti del terrorismo rosso e nero che hanno sconvolto per anni l’Italia.
È un tentativo di analisi che tuttavia in molti casi non va oltre il già noto, senza tentare un approfondimento forte di nuovi elementi, oppure di comprendere dall’analisi dei documenti il come e il perché di certi passaggi, che pure ex terroristi hanno tentato di spiegare e addirittura di accreditare a loro uso e consumo.
Ma il lavoro di Antonella Colonna Villasi è comunque un valido contributo per il tentativo di spiegare in modo semplice e lineare, comprensibile a tutti (grande pregio delle opere intelligenti) i passi che condussero dalla bomba di Piazza Fontana fino alla strage del 2 Agosto, la cosiddetta “strategia della tensione”, come nacquero, in quale humus crebbero le frange armate della sinistra, Brigate Rosse, Prima Linea e via di seguito, e quelle legate all’eversione di destra di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, ma anche figlie dello “spontaneismo armato”.
Sono stati anni difficili, anni in cui il rischio per la democrazia è stato altissimo, durante i quali sono state giocate partite doppie e triple, talvolta con intenti inconfessabili, altre volte nel tentativo di arrivare a chiudere una partita sempre più pericolosa.
La dura realtà della Guerra Fredda e del mondo diviso in blocchi, il mito della “Resistenza tradita” sono il contesto nel quale si snodano gli episodi più cruenti, si consumano delitti odiosi, fino alla strage di via Fani, il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro. Una tragedia che ancora oggi si porta dietro polemiche, analisi più o meno pilotate, risentimenti insanabili, leggende trasformate in realtà, aloni di mistero che si prestano anche strumentalizzazioni politiche postume. Eppure basterebbe rileggersi con attenzione i documenti dei brigatisti rossi, veri e propri grafomani, e le stesse lettere di Moro.
Molti varchi si sono aperti, ma molto poco è venuto fuori.
Per ora rimane valido quello che scrive, e con ragione, Pier Luigi Vigna nella prefazione: “ Benché il contesto in cui ora viviamo sia diverso da quello nel quale si collocano gli avvenimenti trattati, il volume presenta una forte attualità: non solo perché è testimonianza del fatto che la repressione del terrorismo avvenne, pur tra le notevoli difficoltà incontrate dall’azione investigativa, specie quella diretta a contrastare l’eversione di destra, nel rispetto dei fondamentali principi costituzionali, senza ricorrere alle “scorciatoie” propugnate dai sostenitori del cosiddetto “diritto penale del nemico”, ma anche perché dà conto, a chi non visse quei periodi, dei percorsi che si sono dovuti compiere per la stabilizzazione del nostro assetto democratico”.



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