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GNOSIS 4/2008
La sicurezza in economia all'epoca della globalizzazione

INTERVISTA al Comandante Generale della Guardia di Finanza Cosimo D'ARRIGO
a cura di Pio MARCONI


Nato a Catania il 14 giugno 1945, ha frequentato l’Accademia Militare di Modena e la Scuola di Applicazione di Torino.
Ha ricoperto numerosi e prestigiosi incarichi tra cui:
1989/1990: Capo Ufficio Coordinamento del- la Direzione Generale Ufficiali dell’Esercito;
1994/1996: Capo del I° Reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito;
1997: Vice Comandante del I° Comando delle Forze di Difesa;
2000: Comandante del Comando C4 IEW;
2002/2003Direttore Generale del Personale Militare;
2003/2005 Comandante delle Forze Operative Terrestri e del Joint Command South;
2005/2007 Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa;
Dal 1° giugno 2007 è il Comandante Generale della Guardia di Finanza. Nel corso della carriera è stato insignito di medaglie d’oro, onorificenze e decorazioni.



La Guardia di Finanza è nata come Istituzione destinata a difendere gli interessi del Fisco e a tutelare la produzione nazionale. Il Corpo avrebbe dovuto, secondo le norme ordinatrici del 1881, garantire il rispetto dell'obbligo fiscale ed impedire che l'importazione illegale di merci sottraesse risorse al Tesoro o potesse compromettere l'economia interna con l'immissione sul mercato di beni prodotti all'estero. Compiti prevalentemente statali alle origini, nel quadro di una concezione dell'economia legata a principi protezionistici. La vocazione statale della Guardia di Finanza è proseguita per decenni e si è conservata a lungo nel secondo dopoguerra.
Negli ultimi trenta anni si è assistito ad una trasformazione repentina; imputabile all'irrompere di un nuovo tipo di attività delittuose in Italia e nei paesi sviluppati nonché ad una metamorfosi del tessuto economico. La Guardia di Finanza nel giro di pochi decenni si è trovata in prima fila nelle azioni di contrasto del crimine organizzato. La repressione delle grandi reti criminali è stata (ed è), in maniera sempre efficace, resa possibile da una approfondita investigazione delle attività economiche che le supportano, della destinazione e della produttività dei proventi illeciti.
Alla Guardia di Finanza sono stati attribuiti compiti inaspettati, imposti dalla moltiplicazione degli scambi, da una rapida apertura dei confini e dei mercati, da nuove esigenze di tutela sia del consumo, sia del lavoro, sia della concorrenza. La Guardia di Finanza nata come Istituzione legata strettamente agli interessi dello Stato e ad una economia perimetrata dai confini nazionali, si configura sempre di più come strumento della Società civile.
Come vengono affrontati i nuovi compiti? Quali risorse materiali e progettuali vengono investite per affrontare inattese esigenze? Quali i bilanci? Quali i rapporti con il cittadino? Come conciliare doverose indagini con la tutela della privacy e della concorrenza? E ancora. Quale ruolo svolge e può svolgere una Istituzione specializzata nella investigazione economica e finanziaria di fronte alla crisi economica che si sta manifestando a livello globale? A questi interrogativi, tradotti in 12 domande, ha risposto il Generale Cosimo D'Arrigo il quale, dal 1° giugno 2007, è Comandante Generale della Guardia di Finanza.




Le funzioni e i compiti della Guardia di Finanza sono oggi cambiati. Il Corpo non è più soltanto uno strumento destinato a garantire la raccolta delle Entrate statali, ma è un nuovo e complesso apparato posto a difesa della società civile, del lavoro e del mercato. Protezione delle persone contro la minaccia di organizzazioni che trovano la propria forza nella moltiplicazione degli utili prodotti dal crimine. Protezione dell’impresa, dei mercati internazionali, delle comunicazioni. è una conseguenza della diffusione di nuovi tipi di criminalità. Questa trasformazione della Guardia di Finanza ha portato a risultati sicuramente positivi per la collettività. L’esempio più chiaro è rappresentato dal ruolo che negli anni novanta le indagini finanziarie hanno svolto nella lotta alla mafia. è possibile portare oggi quel carico di esperienze nelle regioni e nelle aree colpite da una criminalità di diverso nome ma sempre ancora di tipo mafioso?
Certamente è possibile, è auspicabile e, anzi, deve essere e viene fatto.
Come Lei accennava, sul finire degli anni ’90 la Guardia di Finanza ha avviato un processo di riforma e di adeguamento interno per rispondere, in maniera sempre più efficiente ed efficace, ai cambiamenti del contesto sociale ed economico di riferimento.
Non più, quindi, soltanto o essenzialmente Forza di polizia destinata al controllo del regolare assolvimento degli obblighi tributari, ma presidio di legalità volto a garantire un più ampio e fondamentale bisogno sociale: la sicurezza economica. E, pertanto, tutela della libertà negoziale, dell’impresa, del mercato in tutte le sue forme e in tutte le sue accezioni, dei diritti dei consumatori e degli utenti.
Tra le riflessioni che hanno influenzato e determinato questo processo di trasformazione parte fondamentale hanno avuto le analisi condotte e le esperienze maturate nel settore del contrasto al fenomeno mafioso, con l’accresciuta consapevolezza che, oltre alle necessarie, indispensabili sinergie tra tutti gli organi chiamati a tale compito, le organizzazioni criminali del genere vanno combattute non solo colpendone gli assetti “militari” ma anche, e soprattutto, aggredendone le ricchezze accumulate, le fonti di finanziamento e i profitti illecitamente realizzati e reimpiegati nell’economia legale.
Proprio questo è l’obiettivo della moderna Guardia di Finanza che, nell’ambito delle attività volte a dare concretezza al concetto di sicurezza economica e finanziaria, impiega gran parte delle proprie risorse ed energie nel contrastare le infiltrazioni di tutte le forme di criminalità organizzata nell’economia “sana” del Paese. Lo facciamo avvalendoci degli strumenti investigativi a tal fine apprestati dall’ordinamento giuridico, quali gli accertamenti patrimoniali nei confronti dei soggetti indiziati di appartenere ad associazioni criminali di tipo mafioso, le verifiche della posizione fiscale nei confronti di coloro che sono stati condannati, anche non definitivamente, per il reato associativo di cui all’art. 416 bis del Codice penale, o che sono stati destinatari di specifica misura di prevenzione, nonché con un ampio ricorso alle indagini finanziarie, cioè agli accertamenti delle disponibilità presso le banche e tutti gli intermediari creditizi.
Operiamo in tal senso con sistematicità sia attraverso il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata ed i G.I.C.O. (Gruppi di Investigazione sulla Criminalità Organizzata), sia attraverso i reparti territoriali.
Siamo fortemente convinti che sia necessario arginare e ostacolare la realizzazione degli interessi economici e finanziari delle organizzazioni criminali agendo su tre livelli:
- impedire che possano essere fatti nuovi affari profittando degli ingenti finanziamenti destinati al meridione;
- concentrare risorse umane e tecnologiche nell’individuazione dei patrimoni di cui dispongono i criminali e procedere al sequestro e alla confisca delle ricchezze e degli immobili;
- assicurare che questi patrimoni possano essere gestiti dalla società civile o comunque essere impiegati per servizi sociali, scuole o presidi delle Forze dell’ordine.
Una strategia integrata, quindi, che sappia saldare le diverse fasi della lotta alle mafie: la dimensione repressivo-giudiziaria, con una costante azione diretta a colpire il piano militare e organizzativo; la dimensione economico-finanziaria, con l’intercettazione dei flussi di ricchezza derivanti dal riciclaggio dei proventi del racket, dell’usura, della droga, dell’illecita captazione di finanziamenti pubblici, della tratta degli esseri umani, per giungere alla confisca dei beni per la loro destinazione a fini sociali; la promozione della cultura della legalità. Tale modello di intervento non viene applicato soltanto al fenomeno mafioso in senso stretto, ma opera in tutti i contesti geografici e con riferimento a tutte le forme di delinquenza organizzata.
Così, ad esempio, abbiamo conseguito risultati concreti nel casertano: le sinergie con le altre Forze di polizia e l’effettuazione di complesse indagini patrimoniali e finanziarie a 360° hanno condotto al recente sequestro di beni, attività e valori per un valore di oltre 125 milioni di Euro nei confronti del clan dei “Casalesi”. E, complessivamente, nel triennio 2006-2008, i sequestri e le confische della specie su tutto il territorio nazionale hanno raggiunto quasi i 4 miliardi di euro, in un trend crescente rispetto ai consuntivi dei periodi precedenti.


La globalizzazione ha fatto crescere la circolazione di merci, di lavoro, di saperi e ha favorito, per molti versi, lo sviluppo economico. Si tratta di un processo nel quale si nascondono anche delle insidie. Una o forse la prima di queste è rappresentata dalla maggiore facilità con la quale possono circolare i frutti dell’illecito e le attività criminali. Un’azione di prevenzione in questo campo richiede una trasformazione degli strumenti, delle competenze, della formazione professionale, forse anche della struttura organizzativa dei Corpi di polizia. Come si è attrezzata la Guardia di Finanza al contrasto dell’illecito nel mercato globale?
In effetti, il processo di globalizzazione ha contribuito ad aumentare in maniera esponenziale non soltanto le opportunità di crescita economica e di sviluppo dei cittadini e delle imprese legali, ma anche quelle dei gruppi criminali, sempre più sofisticati e operanti su mercati ormai sovranazionali.
è una constatazione già fatta propria dal Vertice G8 di Birmingham nel 1998, allorquando fu sottolineato che l’incremento del crimine transnazionale costituisce una minaccia non solo per i cittadini e le loro comunità, ma un pericolo globale che può minare le fondamenta democratiche ed economiche delle società, attraverso gli investimenti di denaro illecito da parte di cartelli internazionali, la corruzione, l’indebolimento delle Istituzioni e la perdita di fiducia nello Stato di diritto.
Per fronteggiare efficacemente le nuove forme di criminalità economica e finanziaria, l’intera organizzazione dei Reparti del Corpo negli ultimi anni è stata, come ho già ricordato, rivisitata ed ammodernata.
L’elemento caratterizzante del nuovo modello ordinativo è costituito dalla sinergia fra i Reparti speciali, incaricati di mantenere un saldo presidio del segmento di competenza (tutela delle “entrate”, delle “uscite”, del “mercato dei capitali” e del “mercato dei beni e servizi”), e quelli territoriali, capaci di intervenire trasversalmente su tutte le aree della nostra mission.
In particolare, con riferimento all’attività svolta a contrasto della criminalità economica e, specificamente, della criminalità organizzata, del riciclaggio, dell’usura, del finanziamento del terrorismo e delle varie tipologie di reati societari, bancari e fallimentari, la Guardia di Finanza impegna quotidianamente:
- a livello centrale, il Nucleo Speciale Polizia Valutaria, con un organico di oltre 400 militari in possesso di consolidata esperienza in materia di investigazioni finanziarie e patrimoniali, nonché il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, con compiti di analisi e di direzione operativa delle unità dislocate sul territorio. Sempre a livello centrale opera il Nucleo Speciale Frodi Telematiche, che dispone delle professionalità adeguate a fronteggiare i crimini attuati attraverso la rete “Internet”;
- a livello periferico, 710 Reparti territoriali, costituiti da Nuclei di Polizia Tributaria, Gruppi, Compagnie, Tenenze e Brigate, che rappresentano la struttura portante dell’attività operativa della Guardia di Finanza e sono capillarmente distribuiti in tutte le Province.
Si tratta naturalmente di strutture operative costituite da personale qualificato e costantemente aggiornato, anche attraverso l’erogazione di corsi con modalità e-learning, che riescono a raggiungere un’ampia platea di discenti: basti pensare che, solo nel 2008, sono stati ideati e sviluppati corsi di tale tipologia in materia di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo rivolti a quasi 4.000 militari. Nel contempo, come peraltro ritenuto ampiamente necessario da tutte le Organizzazioni, le Istituzioni e gli Enti sovranazionali e nell’ambito degli studi compiuti da esperti e analisti dello specifico settore, si è reso indispensabile rafforzare la cooperazione tra gli organi di “law enfocerment” dei vari Paesi e, quindi, intensificare – quantitativamente e qualitativamente – la presenza e l’operatività della Guardia di Finanza anche nello scenario internazionale, attraverso:
- il distacco di numerosi Ufficiali di collegamento presso vari Organismi comunitari e internazionali, come ad esempio l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine di Vienna, l’Ufficio Europeo Lotta alla Frode, l’Ufficio Europeo di Polizia (Europol), l’Organizzazione Mondiale delle Dogane, l’Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (FRONTEX);
- il distacco di 12 esperti in qualità di Addetti presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari italiani all’estero;
- la partecipazione a missioni internazionali volte alla ricostruzione delle strutture amministrative, giudiziarie, di polizia e doganali di Paesi usciti dai conflitti e all’addestramento del relativo personale, ovviamente nelle materie di competenza.
è poi divenuta una costante del nostro modello di pianificazione strategica l’analisi continua dei contesti di riferimento, delle minacce da affrontare e delle opportunità da cogliere, dei nostri punti di forza e di debolezza, onde adeguare con immediatezza – se del caso – le nostre strutture, gli ambiti di intervento e le procedure operative.


Il progresso tecnico ha radicalmente innovato i sistemi di comunicazione. Si è affermata una civiltà della rete che ha favorito non solo la produzione e la distribuzione delle merci ma anche la diffusione di cultura e di conquiste sociali. La rete non porta con sé soltanto istruzione, diritti, innovazione, risorse, ma anche occasioni di illecito e minacce. La rete è frequentata e temuta. Tra le nuove paure vi è quella della truffa e dell’illecito informatico, delle lesioni alla persona conseguenti alla violazione della privacy. In questo campo le competenze della Guardia di Finanza sono fondamentali. Come funziona l’opera di prevenzione? Che cosa fare per reprimere il delitto, educare i consumatori alla vigilanza e rendere vivibile, senza troppe ansie, la rete?
La rete Internet costituisce la nuova frontiera dei traffici illeciti, assicurando massima velocità alle transazioni e garantendo la sensazione di sostanziale anonimato.
Il cyberspazio si caratterizza per un’asimmetria di fondo che vede, da un lato, i “pirati” della rete ricorrere a tecnologie sempre più avanzate per evitare qualsiasi rischio di rintracciabilità; dall’altro, il normale utente che, mediamente, non possiede le capacità e gli strumenti necessari per proteggersi da questo tipo di attacchi. Tutti abbiamo certamente avuto modo di sentir parlare di spamming, phishing e di altre forme di abusi e di frodi compiute attraverso e per mezzo della rete.
Si tratta, in effetti, di crimini che possono interessare una vasta platea di ignari utenti e arrecare danni anche piuttosto gravi.
L’utilizzo di internet per finalità illegali è ormai realtà quotidiana e i fatti dimostrano come attraverso la rete sia possibile attuare veri e propri reati contro il patrimonio e delitti che attentano alle libertà individuali.
Ma oggi si affacciano sul web anche altri tipi di minacce quali, ad esempio, quelle poste da spacciatori di stupefacenti e da terroristi che utilizzano la rete per comunicare tra loro e per la propria offensiva propagandistica.
Non bisogna poi dimenticare che vi sono fenomeni, non meno pericolosi, connessi alla protezione dei sistemi informatici e delle infrastrutture sensibili, con la possibilità di intrusioni in grado di compromettere servizi essenziali per il Paese. Per fronteggiare in maniera adeguata tali minacce, oltre all’azione di polizia giudiziaria ordinariamente svolta dai Nuclei di Polizia Tributaria e dai Reparti territoriali, la Guardia di Finanza si è dotata, come ho già avuto modo di accennare, di un Nucleo Speciale Frodi Telematiche, espressamente deputato al monitoraggio della rete Internet per prevenire, ricercare e perseguire gli illeciti perpetrati attraverso tale strumento, soprattutto di tipo economico-finanziario.
Si tratta di un’unità composta da persone altamente specializzate, in possesso, oltre che delle abilità investigative tradizionali, di elevate competenze tecnologiche.
Attraverso il proprio sito internet www.gat.gdf.it, il Nucleo Speciale Frodi Telematiche svolge anche un’importante azione educativa offrendo, al di là di ogni tecnicismo e anche con pagine appositamente dedicate ai più piccoli, informazioni e consigli per un utilizzo sicuro della rete e delle sue sconfinate potenzialità.
Nella consapevolezza che la difesa della legalità passa necessariamente attraverso una capillare opera di prevenzione e di informazione della cittadinanza, la Guardia di Finanza attribuisce particolare attenzione alle campagne di comunicazione, specialmente nei confronti dei giovani. In tal senso, il Comando Generale ha, di recente, distribuito un vademecum dal titolo “Possiamo darti un consiglio?”, una guida di facile lettura per prevenire gli illeciti che possono presentarsi quotidianamente, realizzata tenendo conto delle esperienze operative maturate “sul campo” nonché delle richieste di informazioni che i cittadini pongono costantemente al nostro Ufficio Centrale per le Relazioni con il pubblico.


I paesi sviluppati, e anche l’Italia, si sono dotati di autorità indipendenti destinate a garantire il funzionamento del mercato e di segmenti dell’attività produttiva o finanziaria. Si tratta di Istituzioni dotate di compiti di indirizzo, di indagine e del potere di irrogare sanzioni. Si tratta di Istituzioni fondamentali per il mercato e la competizione nell’economia globale. Anche qui un nuovo spazio per l’azione della Guardia di Finanza. Come è stato affrontato?
Sia la Guardia di Finanza sia le diverse Autorità deputate a regolamentare e a controllare gli specifici segmenti di mercato loro affidati hanno, sin da subito, avvertito la forte necessità di implementare ogni possibile forma di sinergia, peraltro spesso prevista dalle norme di riferimento.
A tale scopo si è provveduto a formalizzare le concrete modalità di attuazione della cooperazione tra Corpo e Autorità indipendenti in appositi protocolli d’intesa, che in genere prevedono l’intervento dei Reparti Speciali per le attività di analisi e di coordinamento operativo e quello dei Reparti territoriali per l’effettuazione di controlli specifici.
In questo senso sono stati siglati protocolli con la Banca d’Italia, per la vigilanza sul sistema bancario e creditizio, con la Consob, per la vigilanza sul mercato mobiliare regolamentato, con l’ISVAP, per i controlli in tema di imprese di assicurazione, con la COVIP, per il settore della previdenza complementare.
Nell’ambito del mercato dei beni e dei servizi, ricordo ancora i protocolli stipulati con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, l’Autorità garante nelle comunicazioni.
Normalmente, i controlli vengono eseguiti sulla base di specifiche richieste di collaborazione che le Autorità indirizzano ai Reparti competenti. Talvolta, l’attività istruttoria consiste nello sviluppo di investigazioni avviate autonomamente dai Comandi del Corpo, sulla base di dati, informazioni e notizie acquisiti “sul territorio”.
Il Corpo, infine, collabora con il Garante per la protezione dei dati personali, anche in questo caso sulla base di un protocollo d’intesa finalizzato, in via principale, a fornire ausilio a tale Autorità nell’esercizio delle sue funzioni ispettive e nei controlli sullo stato d’attuazione della normativa di settore.


Una fonte di veloce moltiplicazione dei proventi del crimine è rappresentata dal traffico degli stupefacenti. Esso forma un mercato che continua ad alimentare il circuito del crimine che porta a conseguenze devastanti nella società. Le indagini sui flussi finanziari sono fondamentali per la repressione del commercio, della circolazione, dello spaccio della droga. Come opera la Guardia di Finanza in questo campo?
Per verificare come il traffico di sostanze stupefacenti costituisca una delle maggiori fonti di profitto delle organizzazioni criminali è sufficiente sfogliare i dati forniti dalle Nazioni Unite nel World Drug Report 2008: nel 2006, a fronte di prezzi oscillanti nell’ordine di pochi dollari per grammo nei paesi di produzione, in Italia il costo all’ingrosso della cocaina era stimato in 52,9 USD/gr, per arrivare ai 104 USD/gr in caso di vendita al dettaglio.
Considerati i rilevantissimi margini di profitto che si producono al realizzarsi di ogni passaggio, risulta evidente come il fattore legato al reimpiego dei capitali accumulati ed ai relativi flussi finanziari assuma una rilevanza criminogena centrale e rappresenti l’aspetto fondante dell’impegno della Guardia di Finanza anche in questo settore.
L’attività dei reparti del Corpo finalizzata a contrastare tale piaga criminale si sviluppa su tre direttrici convergenti, che fanno leva:
- sui controlli dei movimenti di merci e passeggeri ai confini terrestri ed aeroportuali, nell’esercizio dei compiti storici di polizia doganale;
- sulla vigilanza aeronavale dei confini marittimi, nel contesto della più ampia azione di controllo del territorio esercitata sul mare per prevenire, ricercare e reprimere i traffici illeciti di contrabbando, di stupefacenti ed armi, l’immigrazione clandestina ed altri reati gravi;
- sulle indagini di polizia giudiziaria sviluppate soprattutto dalle unità specializzate antidroga dei Nuclei di polizia tributaria, spesso in collaborazione con gli organi collaterali, tese a disarticolare le compagini criminali, aggredendole tanto mirando a fornire elementi che consentano all’Autorità giudiziaria di emettere provvedimenti restrittivi di carattere personale, quanto eseguendo parallele investigazioni di carattere patrimoniale, finalizzate ad interrompere l’alimentazione dei canali di approvvigionamento finanziario e quelli del conseguente riciclaggio dei proventi illecitamente conseguiti.
Per dare una dimensione dell’impegno della Guardia di Finanza nello specifico settore basti pensare che, dal 2006 ad oggi, essa ha deferito all’Autorità giudiziaria quasi 29 mila soggetti, di cui oltre 9 mila tratti in arresto, ed ha sottoposto a sequestro 60 tonnellate di droga.
Sono cifre molto consistenti, che corrispondono al 70% della cocaina, al 73% dell’eroina ed al 64% di hashish e marijuana complessivamente sequestrate nel nostro Paese.



La globalizzazione ha portato al moltiplicarsi della contraffazione delle merci. La minaccia non riguarda solo le imprese ma anche i consumatori per l’offerta di merci insicure/nocive. La contraffazione produce grandi utili servendosi di una rete distributiva composta da soggetti debolissimi. Come è possibile contrastarla non colpendo soltanto i terminali ma le centrali della distribuzione? In materia di contraffazione c’è molto allarme per il flusso di prodotti provenienti dai paesi entrati di recente nella WTO. Anche alcune zone dell’Italia erano, però, tradizionale sede di una industria del “falso”. Qual è la situazione attuale? C’è qualche intreccio tra la contraffazione nazionale e quella estera?
In Italia i traffici di merci contraffatte rappresentano una fetta cospicua di un fenomeno che interessa tutta l’Unione Europea: secondo l’ultimo rapporto della Commissione di Bruxelles, i prodotti sequestrati nel 2007 dalle Dogane dei 27 Partner comunitari sono stati 79 milioni di pezzi, di cui il 60% provenienti dalla Cina.
In tale contesto, il 22% del totale dei sequestri europei è stato effettuato ai confini del nostro Paese dall’Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di Finanza.
È questa una quota parte degli oltre 270 milioni di prodotti contraffatti o insicuri intercettati dai Reparti del Corpo negli ultimi tre anni, con la denuncia all’Autorità Giudiziaria di 53.000 persone, tra cui 1.640 indagati per associazione per delinquere.
Il nostro obiettivo, in effetti, è quello di esercitare il controllo del territorio mirando alla ricostruzione della filiera del falso, al fine di colpire le organizzazioni a monte che gestiscono i centri di produzione, i canali d’importazione e di stoccaggio nonché quelli di distribuzione delle merci fino alla fase finale della vendita al pubblico, che viene effettuata non solo dagli ambulanti (abusivi e non) sulle vie cittadine, ma anche attraverso l’e-commerce illegale e la rete dei negozi regolari, ove la merce contraffatta viene offerta in modo fraudolento alla clientela accanto a quella originale.
L’approccio operativo alla problematica, poi, non riguarda soltanto la repressione del reato di contraffazione in senso stretto, ma anche il contrasto a tutti quegli illeciti correlati a questo fenomeno: mi riferisco all’evasione fiscale e contributiva, al riciclaggio degli ingenti proventi che se ne ricavano, allo sfruttamento del lavoro nero e irregolare, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alle violazioni in materia di sicurezza dei prodotti e di salute dei consumatori.
Maggiore attenzione viene posta proprio nelle aree in cui tradizionalmente si annidano i centri di produzione, di stoccaggio e di smistamento dei vari beni contraffatti, quali – ad esempio – quella fiorentino-pratese per i prodotti di abbigliamento e di pelletteria e quella campana, ampiamente nota.


La concorrenza sleale non è soltanto alimentata dalla criminalità ma anche dal lavoro nero e da uno sfruttamento disumano del lavoro. La globalizzazione favorisce l’insediamento di nuove micro-imprese straniere che spesso non rispettano le regole vigenti sul lavoro e la prevenzione. La globalizzazione offre una forza lavoro a basso costo che spesso viene utilizzata eludendo le più elementari regole di sicurezza. In alcuni casi uno spietato mercato delle “braccia” è gestito dalla criminalità organizzata. Cosa si fa, cosa si può fare a difesa dei diritti umani in questo campo?
Mi preme evidenziare come uno dei principali fattori di richiamo di stranieri in cerca di occupazione nel nostro territorio sia proprio la richiesta di manodopera “in nero” da parte di imprese e operatori economici. è questa la fondamentale correlazione tra lavoro irregolare e flussi d’immigrazione clandestina.
Ciò ha determinato la parallela proliferazione di organizzazioni di trafficanti ed intermediari in grado di pianificare gli arrivi di clandestini e di dirottarli nelle zone caratterizzate dalla più alta concentrazione della domanda d’impiego.
Anche in questo caso il Corpo adotta un approccio operativo ampio e trasversale, connotato da un’impostazione di matrice investigativa, nella prospettiva di individuare non solo le irregolarità di natura tributaria e contributiva che conseguono alla gestione irregolare dei rapporti d’impiego, ma anche di colpire gli altri illeciti che sono connessi a questo fenomeno, quali l’immigrazione clandestina, l’abusiva intermediazione nel collocamento della manodopera e lo sfruttamento criminale dei lavoratori.
Nel periodo gennaio 2005/novembre 2008 i nostri Reparti hanno complessivamente individuato 127.218 lavoratori in nero ed irregolari, di cui 25.626 extracomunitari; solo quest’anno le posizioni non in regola scoperte sono state 31.109, di cui 5.980 di origine extracomunitaria.
Nella nostra azione non trascuriamo di riporre attenzione ai profili di sicurezza nei luoghi di lavoro: in questo ambito, infatti, per quanto la competenza sia demandata a specifici organi individuati per legge (Ministero del lavoro, Aziende Sanitarie e Vigili del fuoco), vi sono alcune norme di carattere preventivo la cui applicazione può essere attivata anche sulla base delle segnalazioni che provengono dalle altre Istituzioni che, a vario titolo, concorrono al dispositivo di vigilanza, tra cui anche la Guardia di Finanza.
Mi riferisco alla sospensione delle attività imprenditoriali prevista dal Testo Unico in materia di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro, per i casi di impiego di lavoratori in nero in misura superiore al 20% della forza lavoro complessivamente impiegata; e, in questo ambito, nel 2008 i Reparti del Corpo hanno avanzato 172 proposte di sospensione agli organi competenti all’assunzione del provvedimento, con un incremento rispetto al 2007 del 225%.


La globalizzazione favorisce anche gli spostamenti di organizzazioni criminali dotate di forti connotazioni nazionali ed etniche nelle aree dove esiste maggiore ricchezza e dove è possibile operare valendosi dell’effetto sorpresa. Sono state fatte analisi sulla rete delle mafie straniere? A che punto è l’opera di contrasto?
Dalla lettura delle cronache che ogni giorno danno eco ai servizi svolti dalle Forze di polizia, emerge, con evidenza, la capacità con cui le organizzazioni criminali più strutturate abbiano saputo cogliere e sfruttare a loro vantaggio tanto le opportunità derivanti dall’apertura di mercati e frontiere, quanto l’uso di strumenti tecnologici che ne hanno agevolato i contatti e il trasferimento di risorse finanziarie.
In questo delicato contesto, tuttavia, sarebbe riduttivo pensare al nostro Paese solo come una meta di forme di criminalità esogene: sono ancora vivi i ricordi di episodi che ci hanno visto interessati come “esportatori” di criminalità organizzata. La strage di Duisburg dell’agosto 2007 ne è una chiara testimonianza.
Compiuta questa doverosa premessa, è opportuno evidenziare come, al pari di quanto avviene per le organizzazioni di matrice endogena, anche le dinamiche criminali che caratterizzano le organizzazioni a base etnica siano costantemente monitorate e analizzate dalla Guardia di Finanza.
Al fianco delle organizzazioni criminali classiche, radicate in una determinata area geografica e con contatti con quelle di altre nazioni, si sono diffuse organizzazioni criminali transnazionali, ossia gruppi accomunati dalla circostanza di delinquere in più Paesi, la cui attività si esplicita anche nell’opera di riciclaggio dei proventi illeciti conseguiti dalle mafie tradizionali o nei loro traffici con l’estero per l’acquisto di armi e droga.
Un tipico esempio di criminalità operante a livello transnazionale è costituito dalla criminalità cinese che alimenta i circuiti della tratta di connazionali e di merci contraffatte per poi gestire lo sfruttamento di clandestini, le estorsioni, la falsificazione documentale, il contrabbando e la contraffazione. In questo senso, vorrei citare gli sforzi profusi dal Corpo nell’effettuazione di mirate attività d’indagine nei confronti di trasferimenti finanziari, fuori dai confini nazionali, di importi nell’ordine di oltre un miliardo di euro all’anno, in violazione delle norme antiriciclaggio in vigore nel nostro Paese.
La criminalità albanese, invece, opera principalmente nel traffico internazionale di stupefacenti.
Nel caso della criminalità nordafricana, considerata la contiguità di alcuni elementi con gli ambienti dell’integralismo islamico, il fattore transnazionale e la diffusa immigrazione clandestina possono prestarsi quali potenziali veicoli di minacce di carattere terroristico e di illecito finanziamento ai gruppi di tale matrice.
Sempre in tema di operatività a livello transnazionale, non può essere sottaciuta la crescente pericolosità della criminalità nigeriana, attiva nel settore del traffico internazionale di stupefacenti e nella tratta e riduzione in schiavitù di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.
Un cenno particolare merita la criminalità rumena. I gruppi di tale etnia, infatti, continuano a connotarsi per l’elevata competenza tecnica nel settore della clonazione e indebito utilizzo dei mezzi di pagamento elettronico (carte di debito e/o credito) e la sempre maggiore competitività nel settore della tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione.
Per quanto concerne l’attività di contrasto, invece, è da rilevare come la materia sia oggetto di frequenti novelle normative, tra cui mi preme ricordare l’emanazione della Legge 16 marzo 2006, n. 146 recante la ratifica e l’esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, in cui all’art. 3 è stata introdotta nel nostro ordinamento la definizione di “reato transnazionale”.
Al di là degli strumenti di repressione, deve essere sottolineato che la migliore forma di aggressione di tali fenomeni è costituita dal ricorso a modelli di collaborazione internazionale, sia a livello di Forze di Polizia sia a livello giudiziario.
L’elaborazione di partnership sempre più evolute, che mirano a contrarre i tempi di risposta dei vari ordinamenti giudiziari, sono oggigiorno il principale oggetto dei tavoli di lavoro internazionali che si occupano della specifica materia e costituiscono, senza tema di smentita, gli strumenti più idonei per dare un’efficace risposta a tutte le forme di criminalità organizzata.


La comunità internazionale sollecita un forte vigilanza su quelle che sono chiamate le “finanze del terrorismo”. Occorre qui unire la competenza nell’analisi finanziaria con un lavoro di intelligence. Come si opera in questo campo?
In effetti, proprio in conseguenza degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 tutta la comunità internazionale ha avvertito, in maniera forte, l’esigenza di una decisa azione di contrasto al terrorismo non soltanto sotto il profilo “militare”, così come per le organizzazioni criminali, ma anche sotto il profilo finanziario. è stata, cioè, ribadita la necessità di “tagliare” ogni possibile fonte di finanziamento ai gruppi terroristici delle più disparate etnie e matrici.
Occorre, tra l’altro, considerare che sia autorevoli studi a livello internazionale sia le evidenze investigative del Corpo hanno chiarito come le cellule e i gruppi di terroristi si finanzino non soltanto attraverso la commissione di reati e di attività illecite in genere (come ad esempio il traffico di stupefacenti e di armi), ma anche attraverso investimenti in attività imprenditoriali perfettamente lecite e manovre speculative sui mercati finanziari, nonché tramite le raccolte di liberalità versate dai membri della comunità di appartenenza.
Ciò conduce ad un’ulteriore, importante considerazione: le infiltrazioni nell’economia legale, l’utilizzazione dei mercati e dei circuiti finanziari da parte delle organizzazioni terroristiche o dei loro fiancheggiatori o sodali, il cui fine ultimo è quello di autofinanziarsi, non rappresentano solo uno specifico fattore di rischio per la proliferazione di tali gruppi, ma anche una minaccia per la stabilità, la solidità e la correttezza dei movimenti di denaro, di titoli e valori dell’intero sistema economico e finanziario.
C’è da tener presente, ancora, che i canali utilizzati dai gruppi terroristici per trasferire le risorse finanziarie, variamente acquisite, alle loro centrali strategiche sono gli stessi impiegati dalle organizzazioni criminali per il riciclaggio dei proventi illeciti. Con la differenza che, mentre il fine del riciclatore è quello di dissimulare l’origine delle risorse, il finanziatore del terrorismo non sempre ha la necessità di mascherare tale origine, che può essere lecita, quanto piuttosto quella di nascondere l’obiettivo ultimo che intende perseguire.
In tale quadro, la Guardia di Finanza completa e rafforza l’apparato investigativo antiterrorismo, che gravita principalmente sulle altre due Forze di polizia a competenza generale, affiancando all’azione repressiva tradizionale lo sviluppo d’indagini preventive e collaterali mirate sui flussi finanziari che alimentano gli investimenti a sostegno dei gruppi criminali nazionali ed internazionali.
Lo fa, in particolare, attraverso il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, unità speciale che esplica la propria attività a tutela dei mercati finanziari, operando nei settori di servizio riguardanti proprio il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. In questo contesto operativo, il Corpo segue principalmente due direttrici di contrasto:
- da un lato, viene effettuata la ricostruzione sistematica dei beni patrimoniali e dei flussi finanziari ricollegabili a tutte le persone e le società inserite nelle black lists e/o indiziate di far parte di organizzazioni di stampo terroristico, mettendo a fuoco l’origine e la canalizzazione di eventuali introiti anche di piccolo importo, specialmente se ripetitivi;
- dall’altro, vengono sviluppate ispezioni mirate nei confronti delle agenzie di money transfer, allo scopo di fare luce sui cospicui movimenti di capitali da e verso l’estero veicolati tramite questi circuiti paralleli al mondo bancario, che sono ormai molto ramificati sul territorio e movimentano masse consistenti di denaro oltre frontiera, molte volte senza un adeguato filtro di prevenzione e di collaborazione attiva con le Autorità deputate alla vigilanza di settore.
è quest’ultimo un ambito particolarmente importante e delicato in cui i Reparti, nel periodo gennaio 2005/settembre 2008, hanno eseguito 2.131 interventi, con la segnalazione all’Autorità Giudiziaria di ben 1.647 casi di esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria.
Particolarmente intensa è anche l’attività di polizia giudiziaria: tra i filoni investigativi più significativi sviluppati di recente, è degno di nota quello condotto dal Nucleo di Polizia Tributaria di Trento (operazione “L’ESSERE UNICO”) che ha eseguito, con l’ausilio di numerosi reparti della Guardia di Finanza del Nord Italia, circa 60 perquisizioni nei confronti di soggetti aderenti al movimento politico religioso “AL ADL WAL IHSSAN - Giustizia e carità”, dichiarato fuorilegge in Marocco.
Le indagini, svolte in stretta sinergia con l’Arma dei Carabinieri, hanno permesso di ricostruire la struttura organizzativa del movimento, di identificare centinaia di aderenti e di tracciare uno schema sulle fonti di finanziamento e sui canali utilizzati per trasferire all’estero i fondi raccolti.
Tutte le informazioni acquisite, fermi restando i limiti legislativi vigenti, sono infine costantemente scambiate, tanto in ambito interno che internazionale, con i paritetici Organismi esteri ai quali, peraltro, sono altresì fornite le informazioni sui movimenti transfrontalieri di contante in entrata/uscita dalla UE e sulle movimentazioni di valori tra due o più Stati Membri.


La crisi finanziaria globale, le vicende delle borse, i rischi di incursioni di una finanza dell’illecito o di una finanza orientata dagli interessi di Stati sovrani si moltiplicano. La crisi è materia di produzione normativa e di atti che spettano alle autorità di governo. C’è, però, anche un lavoro di intelligence che può/deve favorire l’agire pubblico. Come si è attrezzato il Corpo per affrontare le molteplici conseguenze della crisi?
In questo contesto di instabilità finanziaria, si è deciso d’intervenire fin da subito sul territorio, con l’obiettivo di fornire risposte rapide e concrete e dare così segnali di fiducia ai risparmiatori, alle imprese ed agli operatori finanziari che operano legalmente sul territorio nazionale.
è stata, pertanto, intensificata ulteriormente l’azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni patologici più gravi ed insidiosi che, più di altri, possono incidere sulla liquidità dei piccoli investitori e sulla stabilità del mercato del credito, mettendo a rischio la solidità, la trasparenza e la correttezza dei movimenti finanziari.
Per questo motivo, l’attenzione operativa si sta indirizzando verso quelle attività finalizzate ad appurare il rispetto delle norme relative:
- alla trasparenza delle condizioni dei finanziamenti, con riferimento alla verifica del tasso soglia per i prestiti usurari;
- alla pubblicità delle condizioni contrattuali, al fine di evitare messaggi ingannevoli verso il pubblico;
- alla prevenzione delle frodi creditizie e finanziarie;
- al settore del market abuse, in relazioni a possibili condotte speculative concernenti il collocamento e l’utilizzazione di strumenti finanziari tesi ad alterare e influenzare in modo artificioso il valore di azioni e titoli di società quotate e non quotate.
Inoltre, un’elevata tensione operativa verrà mantenuta nelle investigazioni antiriciclaggio, in considerazione del fatto che il deprezzamento del valore di borsa delle azioni delle principali imprese italiane può costituire un fattore di rischio per l’incremento delle operazioni di riciclaggio e di reinvestimento dei capitali sporchi nel sistema produttivo, compresa la “cattura” delle stesse aziende.
Sulla base dell’esperienza investigativa maturata, particolare attenzione sarà posta nell’esame di fatti di gestione e/o operazioni finanziarie potenzialmente “a rischio” per la platea di risparmiatori e di investitori, come:
- l’emissione di prestiti obbligazionari (bond) di rilevante ammontare;
- le operazioni straordinarie di società emittenti da cui possono emergere false informazioni diffuse sul mercato idonee ad alterare il valore dei titoli negoziati;
- le “operazioni intercompany” con soggetti economici collocati in paradisi bancari e finanziari;
- le operazioni su strumenti finanziari, con particolare riguardo ai derivati, visto che in alcuni casi questi ultimi sono stati utilizzati non per finalità di copertura del rischio o di speculazione, bensì per ottenere vantaggi che esulano dalla naturale ratio dei prodotti stessi.


I nuovi compiti della Guardia di Finanza non eclissano quello tradizionale: l’osservanza degli obblighi contributivi. Una corretta alimentazione del Tesoro pubblico è sempre più necessaria in una società che non chiede solo mercato ma anche protezione sociale. Le analisi sulla evasione fiscale sono spesso di parte e condotte in base a parametri incontrollati. È possibile una valutazione obiettiva del fenomeno? Ci sono variabili geografico/territoriali o culturali nel fenomeno dell’evasione fiscale?
La lotta ad ogni forma di evasione ed elusione fiscale continua ad essere la missione prioritaria della Guardia di Finanza; ne sono testimonianza le oltre 30.000 verifiche approfondite che eseguiamo ogni anno e gli oltre 820.000 interventi di carattere più speditivo che, ancora annualmente, sviluppiamo per controllare il corretto adempimento degli obblighi contabili e strumentali imposti ai contribuenti.
Quest’anno, fino ad ottobre, abbiamo scoperto maggiori redditi non dichiarati per 24,3 miliardi di euro, IVA evasa per circa 4 miliardi di euro, nonché maggiori basi imponibili ai fini IRAP per 18,6 miliardi di euro, con una conferma, per quanto riguarda i primi due settori impositivi, delle performances ottenute l’anno scorso, ed un netto miglioramento – pari al 45% in più rispetto allo stesso periodo del 2007 – per ciò che concerne l’IRAP.
Le cifre che ho citato, se da un lato danno evidenza dell’impegno che quotidianamente i nostri reparti mettono in campo, dall’altro mostrano come il problema dell’evasione fiscale continui a rappresentare una rilevante criticità per il nostro Stato, che incide pesantemente sulla prospettiva di crescita sociale ed economica.
Quanto alla stima delle dimensioni di tale fenomeno, le analisi statisticamente neutre sono quelle che si basano sui dati della contabilità nazionale; in questo contesto, scorrendo le tabelle dell’ultimo documento diffuso in merito dall’ISTAT con riferimento all’anno 2006, è possibile rilevare che il valore aggiunto dell’economia sommersa – ossia di quella parte di attività fiscalmente rilevanti che non vengono dichiarate – si attesta su una cifra oscillante tra i 220 e i 250 miliardi di euro, corrispondenti ad una percentuale compresa tra il 15,3 e il 16,9% del Prodotto Interno Lordo.


L’evasione si combatte anche favorendo la conoscibilità delle transazioni. Un sovraccarico di controlli tuttavia può mettere a rischio la libertà d’impresa. Un eccesso di trasparenza rende vulnerabile l’operare economico a diversi tipi di concorrenza sleale. Quando sono stati messi in rete nomi e redditi dei contribuenti si è addirittura paventato il rischio delle estorsioni e dei sequestri di persona! Come si può conciliare iniziativa privata, innovazione, privacy, con il rigoroso rispetto dell’obbligo fiscale?
I dati su transazioni, operazioni, movimentazioni di merci e di denaro possono essere oggetto di incroci e di analisi “a tavolino”, grazie ai quali è possibile individuare, preventivamente, indicatori segnaletici di possibili condotte di evasione, a tutto vantaggio tanto di una selezione mirata degli interventi operativi che permette di evitare “controlli di massa”, quanto di un’aggressione sistematica dei fenomeni di evasione particolarmente gravi e diffusi sul territorio. Sotto questo profilo, un grande ausilio giunge dalla tecnologia informatica, che consente di trattare enormi quantità di informazioni, con contenuto dispendio di tempo e di risorse e, soprattutto, con illimitate possibilità di elaborazione.
Per altro verso, è un dato di fatto che per il contribuente la comunicazione al Fisco di informazioni sulla propria posizione tributaria può, in taluni casi, costituire un onere pesante, anche se ritengo che, proprio grazie alle moderne tecnologie, gli aggravi materiali, in questi ultimi anni, si siano notevolmente ridotti.
Penso, per citare un esempio, alle indagini finanziarie che, da due anni a questa parte, non prevedono più lo scambio di documenti cartacei tra intermediari finanziari e Organi di controllo ma vengono sviluppate esclusivamente on line, attraverso un apposito collegamento telematico che garantisce un notevole snellimento dei flussi procedurali e un conseguente risparmio nei tempi di esecuzione degli accertamenti.
Sulla base di questo quadro di situazione, emerge la necessità di operare un giusto bilanciamento degli interessi in gioco: da un lato, quelli dell’Amministrazione finanziaria di disporre di un bagaglio di informazioni adeguato per esercitare, in maniera ottimale, le proprie prerogative istituzionali e, dall’altro, quello dei contribuenti a collaborare con l’Autorità fiscale senza subire ripercussioni negative in termini di operatività e libera iniziativa.
È, chiaramente, un’opera di bilanciamento che spetta al legislatore.
Per quanto riguarda la tutela della privacy, ritengo di poter assicurare che tutti i nostri militari, impegnati in attività di verifica fiscale, sono ampiamente consapevoli degli obblighi che la legge prevede in questo campo, così come di tutti i diritti e le garanzie riconducibili ai contribuenti.




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