GNOSIS 2/2008
Riforma 2007 e Regolamento 2008 Segreto di Stato in evoluzione |
Paolo PISA |
Anche la normativa in materia di segreto di Stato sta subendo un graduale quanto radicale processo di rinnovamento. Una tappa significativa è rappresentata dalla recente legge del 2007 e dal regolamento del 2008 che il Prof. Pisa, profondo conoscitore di questa così delicata disciplina, analizza nei suoi aspetti più significativi e peculiari.
Riprendendo, con alcune variazioni, la previgente disciplina contenuta nella legge 801/1977, vengono individuati tre livelli di segretezza: il primo relativo alla preparazione e alla difesa militare; il secondo relativo alla sicurezza esterna dello Stato ed il terzo inerente alla sicurezza interna dello Stato e alla tutela delle relazioni con gli altri Stati. La definizione degli elementi costitutivi del segreto di Stato è, quindi, ancora rapportata ai criteri fissati dalla Corte Costituzionale (sentenza 14 aprile 1976, n. 82) che, anticipando la riforma del 1977, aveva individuato nella sicurezza nazionale e nella difesa della Patria la ratio giustificatrice della prevalenza del segreto di Stato su altri valori di carattere costituzionale. L’elemento che contraddistingue la nuova disciplina è certamente l’eliminazione del riferimento al libero esercizio delle funzioni costituzionali. Era questa la sfera di segretezza ad aver suscitato le maggiori perplessità in dottrina (2) per la sua non tassativa formulazione, in quanto poteva trasformarsi in uno scudo giustificativo eccessivamente ampio di ogni atto o attività del potere esecutivo (e non solo). Per non elevare al rango di segreti di Stato notizie che avrebbero potuto essere tutelate attraverso l’applicazione delle norme comuni sul segreto di ufficio, si era sostenuto che erano da considerarsi meritevoli della protezione rafforzata le sole attività degli Organi Costituzionali finalizzate, quantomeno, alla tutela della sicurezza dello Stato, attraverso un richiamo ai criteri guida fissati dalla Corte Costituzionale (3) . Al terzo comma dell’art. 39 viene introdotto un ulteriore requisito: ovvero la diffusione delle notizie segrete non deve avere solo una mera ed astratta idoneità lesiva ma anche essere in grado di incidere in maniera grave sulle sfere di interesse protette. Per un recupero della razionalità dell’attuale disciplina del segreto di Stato il requisito della gravità del danno, che potrebbe derivare dalla diffusione della conoscenza delle notizie nei confronti di soggetti ulteriori rispetto a coloro che sono autorizzati in virtù delle proprie funzioni e per il raggiungimento delle finalità dello Stato, consente di escludere dal novero delle notizie segrete quelle che, pur formalmente riconducibili alle tre classi di segretezza indicate al primo comma, non presentano un potenziale lesivo di rilevante gravità. A titolo esemplificativo la diffusione non autorizzata di documenti o di notizie relative ad una base militare di modeste dimensioni e collocata in una posizione logistica di scarso valore strategico non pres enta la stessa potenzialità lesiva del caso di notizie relative alla dislocazione di rampe missilistiche e di aerei ai quali sia affidata la difesa contro attacchi provenienti dall’estero. Il regolamento del 2008 avrebbe dovuto contenere i criteri per l’individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato. Si limita, invece, ad un embrionale tentativo di concretizzazione della indeterminata formula “danno grave”: la gravità del danno si può evincere dalle conseguenze dirette ed indirette della diffusione delle notizie segrete, a condizione che derivi un pericolo attuale per lo Stato. La predetta definizione non introduce elementi di particolare significatività rispetto alla legge 124/2007, in quanto conferma la necessità che dalla potenziale diffusione delle notizie segrete possa derivare una effettiva lesione dell’interesse protetto. Ad una più attenta lettura si evince, però, che il regolamento, se nel primo comma dell’art. 3 richiede un danno grave ai quattro supremi interessi dello Stato, nel secondo comma, invece, si limita a ritenere sufficiente la verificazione anche di una mera messa in pericolo (quasi a voler ricomprendere anche quelle ipotesi, come in precedenza sottolineato, che, pur formalmente ricomprese nelle classifiche di segretezza, presentano una mera ed astratta idoneità lesiva). Il regolamento, in una prospettiva de iure condendo, avrebbe dovuto comprendere una definizione puntuale della tipologia delle conseguenze dirette e indirette introducendo una qualificazione del pericolo/danno. 2. Le materie coperte dal segreto di Stato: l’allegato del regolamento Il provvedimento regolamentare, all’art. 5, afferma che, fatta salva comunque la necessità di dimostrare l’esistenza del danno grave ai quattro interessi supremi dello Stato, sono suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato solo le informazioni, le notizie, gli atti, le attività, i luoghi e le cose relative alle materie di riferimento elencate all’allegato. L’elencazione compiuta nell’allegato copre vastissimi ed eterogenei settori: dalla tutela degli interessi economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed ambientali alla garanzia dell’operatività delle nuove strutture (DIS - AISE - AISI) e delle Forze armate dello Stato. Il ricorso ad un’elencazione esemplificativa per definire il contenuto del segreto di Stato non rappresenta una novità della riforma del 2008 in quanto già il R.D. 11 luglio 1941, n. 1161, nell’allegato n. 1, conteneva un’elencazione delle notizie relative al segreto militare la cui divulgazione e rivelazione era vietata ai sensi degli art. 256, secondo comma, 258 e 262 c.p. L’allegato del 1941 è a tutt’oggi ancora in vigore (come si evince, anche, dal richiamo nella premessa del regolamento) in quanto è relativo alla categoria delle notizie riservate attinenti al settore militare, diversamente dal provvedimento del 2008 in cui si dà concretizzazione al contenuto della diversa nozione di segreto di Stato. Nel regolamento del 2008, diversamente dall’allegato del 1941, il legislatore non ha offerto alcuna operativa indicazione per la concretizzazione del reale contenuto delle notizie segrete: è una sorta di delega in bianco che affida alla discrezionalità dell’Organo di Governo l’inserimento di una materia tra quelle che possono usufruire delle garanzie accordate al segreto di Stato. Tale modalità operativa potrebbe comportare il rischio di discutibili apposizioni del segreto di Stato. L’eccessiva discrezionalità nell’individuazione delle materie segrete subisce un temperamento nelle ipotesi comuni ai due allegati: le specificazioni contenute nell’allegato più risalente offrono un contributo all’integrazione delle formule vuote del regolamento del 2008. Il riferimento, contenuto al punto 13 del regolamento del 2008, all’ordinamento e alla dislocazione delle Forze armate, sia in tempo di pace sia in tempo di guerra, è riconducibile all’ipotesi contenuta al numero 1 dell’allegato del 1941 e può ricomprendere, a titolo esemplificativo, la formazione e la dislocazione di reparti e la loro forza numerica. Per esemplificare il contenuto delle notizie segrete attinenti all’efficienza, all’impiego e alla preparazione delle Forze armate (n. 14 regolamento 2008) si possono, invece, richiamare le definizioni contenute ai punti 2 e 3 del regolamento del 1941. Comune ad entrambi gli allegati è anche il riferimento ai metodi e agli impianti di comunicazione ed ai sistemi di ricetrasmissione ed elaborazione dei segnali per le Forze armate (punto 15 regolamento 2008 e numero 4 All. 1941); ai mezzi e l’organizzazione dei trasporti, nonché alle dotazioni, alle scorte e alle commesse di materiale delle Forze armate; agli stabilimenti civili di produzione bellica e gli im pianti civili per la produzione di energia ed altre infrastrutture critiche ed, infine, alla mobilitazione militare e civile. L’assenza di determinatezza delle disposizioni regolamentari appare con evidenza al punto 1 dell’allegato in cui si fa riferimento ad una categoria omnicomprensiva quale quella degli interessi economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari ed ambientali, al cui interno potrebbero essere anche ricomprese notizie attinenti, per esempio, alla pubblicazione dei risultati di una ricerca universitaria o alla collocazione di una discarica o di un impianto per il trattamento dei rifiuti. Una simile interpretazione trova naturalmente un limite nella necessaria dimostrazione del grave danno che la divulgazione di tali tipologie di notizie possa provocare agli interessi dello Stato. Problematico anche il numero 4 in cui si fa riferimento alle sedi e agli apparati predisposti per la tutela e l’operatività degli Organi Istituzionali in situazioni di emergenza. Il segreto di Stato potrà essere apposto per la tutela solo della sede fisica e materiale di tali strutture e non del libero ed incondizionato svolgimento delle funzioni. L’assenza di determinatezza si riscontra, altresì, al punto 17 (stabilimenti civili di produzione bellica, impianti civili per la produzione di energia e altre infrastrutture critiche); per tale ipotesi, essendo relativa ad un luogo, oltre alla dimostrazione del danno grave agli interessi dello Stato operano le particolari garanzie dell’art. 9 del Regolamento: le funzioni ordinariamente affidate alle aziende sanitarie locali e al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco saranno svolte da autonomi uffici di controllo collocati a livello di centrale dalle amministrazioni interessate, su cui non graverà alcun obbligo di comunicazione e di rapporto. L’assenza di ogni riferimento al contenuto delle notizie ha portato i primi commentatori a dubitare della legittimità della disposizione in esame, nel timore che potessero essere coperte dal segreto di Stato, per esempio, la progettazione o la scelta della collocazione di nuove centrali nucleari. è opportuno precisare come un recupero di razionalità nella determinazione del reale contenuto delle materie oggetto del segreto di Stato può realizzarsi attraverso la dimostrazione della lesione ad uno (o più) degli interessi supremi dello Stato e il richiamo alle risalenti disposizioni dell’allegato del R.D. del 1941. 3. La sorte della categoria delle notizie riservate Le fattispecie del codice penale tutelano, accanto al segreto di Stato altresì la categoria delle notizie riservate, sia pure con un trattamento sanzionatorio differenziato (4) . Tradizionalmente si considerano “riservate” le notizie a conoscenza di un ampio numero di soggetti (e quindi non propriamente segrete in quanto relativamente notorie) ma in ordine alle quali appare necessario impedire un’ulteriore diffusione al di là dell’ambito strettamente necessario (consentito) (5) . Non costituendo un segreto vero e proprio, la notizia riservata - nell’ottica del codice penale - richiedeva sempre un espresso divieto di divulgazione da parte dell’Autorità competente. La legge di riforma del 2007 non contiene alcun riferimento espresso alle notizie riservate (diverso, come diremo, è il problema dei livelli di classificazione); emerge nuovamente, quindi, il dubbio circa la sopravvivenza delle norme penali che ad esse fanno riferimento. Si possono prospettare diverse interpretazioni: la tesi radicale del loro superamento, fondata sull’assenza di un’indicazione da parte del legislatore appare assai fragile. Si potrebbe ipotizzare una soluzione focalizzata sulla classificazione delineata dall’art. 42 dell’attuale legge: le norme penali a tutela del segreto di Stato (art. 256, 1° comma, art. 257 e art. 261 c.p.) riguarderebbero le notizie con la classificazione “segretissimo” e “segreto” mentre le altre disposizioni del codice penale concernerebbero le notizie classificate “riservatissime” e “riservate”. In realtà la tutela predisposta nel codice penale non è rigidamente sovrapponibile alla disciplina della classificazione: le norme penali a tutela del segreto di Stato possono operare anche a prescindere dalla classificazione del documento o della notizia la cui divulgazione può nuocere agli interessi in funzione dei quali il segreto di Stato è configurabile (6) . Eventuali ritardi o carenze o l’impossibilità di una tempestiva classificazione non può paralizzare la tutela penale di interessi così rilevanti. Ogni dubbio sulla sopravvivenza della categoria delle notizie riservate può considerasi risolto con la disciplina introdotta dal regolamento che, al secondo comma dell’art. 2, ribadisce a chiare lettere che il segreto di Stato è cosa ben diversa dalla classificazione prevista dall’art. 42 della legge 124/2007: la classificazione, che viene operata su autonoma iniziativa delle singole amministrazioni interessate, ha la precipua finalità di circoscrivere la diffusione della conoscenza di notizie, informazioni, documenti, atti, attività o cose ai soli soggetti che abbiano la necessità di accedervi (a prescindere dai formali requisiti oggettivi e soggettivi previsti per l’accesso alle notizie in precedenza coperte da segreto di Stato, ex art. 10 regolamento) e che siano a ciò abilitati in ragione delle proprie funzioni istituzionali. Anche prima dell’approvazione del regolamento del 2008 vi erano, comunque, argomenti a favore della tesi della sopravvivenza della categoria delle notizie riservate. Il legislatore del 2007 riproduce i livelli classificatori individuati dall’art. 5 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 febbraio 2006 (7) , e collega le classificazioni al diverso livello di gravità del danno che può derivare dalla diffusione della notizia: danno eccezionalmente grave per le notizie segretissime; danno molto grave per le notizie segrete; danno grave per le notizie riservatissime e danno lieve per le notizie riservate. Dal coordinamento della nuova legge con il predetto Decreto emerge l’insostenibilità della tesi secondo cui le notizie classificate quali segretissime e segrete coinciderebbero con la nozione di segreto di Stato e quelle riservatissime e riservate corrisponderebbero alla categoria delle notizie riservate. In realtà, ad una attenta riflessione, emerge che la classificazione assume una valenza meramente amministrativa e non può essere decisiva ai fini penali. Infatti le notizie classificate “riservate” non possono rientrare nell’ambito della tutela del segreto di Stato predisposta dal codice penale negli artt. 256 - 262 c.p.: la loro diffusione non comporta quel “danno grave”, richiesto dall’art. 39, 3° comma, agli interessi tutelati dalla nuova definizione del segreto di Stato; il danno derivabile dalla diffusione degli atti, documenti, notizie, attività o cose aventi la classifica “riservato” è - per indicazione del legislatore (art. 42) - “lieve”. Se ne deduce, dunque, che ai fini dell’applicazione degli artt. 256 ss. c.p. non è decisiva la classificazione operata dall’Autorità competente: spetta al giudice (o in casi di conflitto di attribuzioni alla Corte Costituzionale) stabilire se la violazione compiuta rivesta in concreto il coefficiente di pericolosità richiesto dall’art. 39 terzo comma (“danno grave”) in relazione al catalogo di interessi delineati dal primo comma dello stesso art. 39. La natura della notizia oggetto della condotta (vero segreto o notizia solo riservata nel senso utilizzato dal codice penale) determina la configurazione dell’una o dell’altra fattispecie criminosa (per es. in caso di rivelazione, quella descritta nell’art. 261 se si tratta di vero segreto, quella contenuta nell’art. 262 nell’altro caso). Se la classificazione operata dall’Autorità competente è corretta rientreranno nell’ambito di operatività degli artt. 256 ss. c.p. solo atti, documenti, notizie, luoghi e ogni altra cosa classificati “segretissimo”, “segreto” o “riservatissimo”, non quelle con la classifica “riservato” (per le quali opereranno altre disposizioni, per es. l’art. 326 c.p. sulla tutela del segreto di ufficio). La conferma che le notizie segrete/riservate di cui agli artt. 256 ss. c.p. non potevano coincidere in toto con le notizie classificate dell’art. 42 emerge anche dalla valutazione comparativa della procedura di declassificazione con i limiti di efficacia temporale del vincolo del segreto. Ai sensi del sesto comma dell’art. 42: la notizia è declassificata automaticamente al livello inferiore (salvo proroghe motivate) con il decorso di cinque anni dalla data di apposizione e con il passaggio di un ulteriore periodo di cinque anni viene a cessare ogni vincolo di classificazione. I dieci anni che conducono alla cessazione di tale vincolo non coincidono con il termine minimo di durata del segreto di Stato: a titolo esemplificativo una notizia classificata come segretissima nel 2008 verrà declassificata come segreta nel 2013 e nel 2018 verrà meno ogni vincolo di classificazione. Se la medesima notizia merita di essere considerata segreto di Stato il vincolo di segretezza viene a cessare solo nel 2023 (salvo ulter iori proroghe fino al 2038). Ulteriore conferma può essere tratta dalla modifica, introdotta dal terzo comma dell’art.40 della legge, all’art. 204, comma 1 ter c.p.p., in base al quale il segreto di Stato non può essere apposto o conservato a tutela esclusiva della classifica di segretezza o in ragione esclusiva della natura del documento, atto o cosa oggetto della classificazione. (8) 4. La durata del segreto di Stato L’attuale normativa prevede, altresì, un limite di efficacia temporale del segreto di Stato: ai sensi del comma 7 dell’art. 39 decorsi quindici anni dall’apposizione o dall’opposizione all’autorità giudiziaria (ai sensi dell’art. 202 c.p.p.) è consentito a chiunque vi abbia interesse di richiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri l’accesso alle informazioni, ai documenti, agli atti, alle attività, alle cose ed ai luoghi. Il termine di durata del vincolo derivante dal segreto di Stato è comunque prorogabile dal Presidente del Consiglio dei Ministri per una o più volte per un tempo non superiore ad anni trenta. è, comunque, fatta salva la possibilità di dichiarare la cessazione del vincolo del segreto di Stato in ogni momento indipendentemente dal decorso dei quindici anni, nel caso in cui siano venute meno quelle esigenze che erano state addotte a fondamento del provvedimento di apposizione (ovvero quando la diffusione delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività e delle cose no n sia più in grado di ledere gravemente la sicurezza dello Stato e ogni altro interesse politico). L’ultimo comma dell’art. 39 prevede un allargamento dei delitti eccettuati dall’area del segreto di Stato: diversamente dalla legge del 1977 secondo cui il segreto non poteva investire gli atti, i documenti, le notizie, le attività o le cose relativi ai soli fatti eversivi dell’ordine costituzionale, ad oggi l’esclusione riguarda anche i delitti di terrorismo e di eversione dell’ordine costituzionale, nonché i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, di assistenza agli associati e di strage comune e politica. Il regolamento 2008 stabilisce che, ai fini della durata del vincolo per le informazioni, le notizie, i documenti, gli atti, le attività, le cose o i luoghi già coperti dal segreto di Stato alla data dell’entrata in vigore della nuova disciplina, i termini di quindici e di trenta anni si computano a decorrere dall’apposizione del vincolo, o in sua assenza, dalla conferma della sua opposizione. Non pone particolari problemi l’ipotesi in cui i termini di durata decorrono dall’apposizione del vincolo, essendo un momento vicino o, talvolta, contemporaneo alla genesi del documento o della notizia oggetto di segretazione. Non rispecchia il requisito dell’attualità dell’interesse tutelato l’ipotesi in cui il dies a quo decorra dall’opposizione al segreto di Stato, che, può collocarsi in un momento cronologicamente distante rispetto alla data in cui il documento è stato predisposto o la notizia ha assunto rilevanza. Infine il secondo comma dell’art. 10 coordina la disciplina del segreto di Stato con la normativa amministrativa del diritto di accesso (L.241/1990 e succ. modifiche) stabilendo che il Presidente del Consiglio può, con la valutazione preliminare dell’amministrazione interessata, consentire l’accesso alle notizie segrete solo a chi è in possesso di requisiti oggettivi e soggettivi: attengono al primo profilo la valutazione del’interesse all’accesso quale diretto, concreto, attuale e collegato all’oggetto e ineriscono, invece, al profilo soggettivo, la valutazione in termini di meritevole apprezzamento giuridico della finalità per cui si richiede l’accesso e della qualità soggettiva del richiedente.
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(1) Per un primo commento P. PISA - A. PECCIOLI, La riforma del segreto di Stato, in Dir. pen. proc., 2008, p. 12 ss.; E.MICHELI, Il rilancio di un sistema complesso, in Gnosis, 2008, f. 1, p. 1 ss . Per l’analisi della particolare causa di giustificazione per il personale dei Servizi di Informazione per la sicurezza si veda, altresì, P. PISA, Una causa di giustificazione speciale per gli appartenenti ai servizi di sicurezza, in Dir. pen. proc., 2007, p. 1428 ss.
(2) P. PISA, Le premesse sostanziali della normativa sul segreto di Stato, in Segreto di Stato e giustizia penale, in M. Chiavario (a cura di), Bologna, 1978, p. 36 ss.; ID., Dal segreto politico militare al segreto di Stato, in Segreti e prova penale, Atti del convegno di Studio “Enrico De Nicola, a cura del Centro nazionale di difesa e prevenzione sociale, Milano, 1979, p. 54 ss.; ID., voce Segreto: II) tutela penale del segreto, in Enc. Giur. Treccani, Vol. XXVIII, 1992. (3) Recentemente il libero esercizio delle funzioni degli Organi Costituzionali era stato invocato in un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato da parte della magistratura nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in relazione ad un decreto del Ministro degli interni con cui si negava l’accesso ad una villa appartenente al Presidente del Consiglio. (Corte Costituzionale 25 ottobre 2005, n. 404, in Giur. cost., 2005, p. 3953 con nota di P. PISA, Segreto di Stato: un caso anomalo). (4) Si veda l’art. 256, 3° comma; art. 258 e art. 262, 4° comma c.p.<br> (5) Sul punto rinviamo a P. PISA, Segreto di Stato. Profili penali, Milano, 1977, p. 89 ss.; F. ANTOLISEI, Diritto penale, Parte speciale, Vol II, XV ed., Milano, 2008, p. 661 ss. (6) L’eventuale classificazione, se percepibile da chi viola il segreto, può essere utile sul piano processuale per provare il dolo richiesto dagli artt. 256 ss. c.p. (7) Decreto in cui sono confluite tutte le norme per la protezione e la tutela delle informazioni classificate e che è stato pubblicato in Gazz. uff., 24 febbraio 2006, n. 46. (8) Per analoghe considerazioni si veda C. BONZANO, La tutela processuale del segreto di Stato alla luce delle modifiche introdotte dalla legge 124/07: limiti e carenze tra vecchia e nuova normativa, in Dir. pen. proc., 2008, p. 24. ss.. |