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GNOSIS 2/2007
Strategie di contrasto

Profilo del potenziale terrorista


Emmanuela C. DEL RE

Come individuare i terroristi prima che essi perpetrino attacchi distruttivi? Dagli USA all'Unione Europea, ci si chiede come affinare le tecniche per l'archiviazione e l'analisi dei dati a scopo preventivo e come strategia anti-terrrorismo. Eppure il terrorista può sfuggire ai controlli. Il panorama è infatti tanto vasto e sfaccettato che è difficile riuscire a comprenderlo e conoscerlo nella sua complessità. Intervenire a scopo "preventivo" come sostiene la filosofia antiterrorista USA, però, solleva questioni in Europa. Bisogna riflettere sugli errori commessi, migliorare le metodologie di utilizzo dei dati, soprattutto conoscere meglio il terrorista potenziale, prima che lo diventi del tutto, quando è ancora il "nostro" normalissimo vicino di casa.


foto Ansa

Tipi da terrorismo

Il 2 Giugno 2007 è apparsa su tutti i giornali del mondo la notizia dell'arresto, negli USA, di un gruppo di persone che tramava un attacco terroristico per far saltare in aria i depositi di carburante dell'aeroporto J. F. Kennedy di New York. Il leader del gruppo, Russell Defreitas, cittadino americano originario della Guyana, ex dipendente dell'aeroporto, stando ad intercettazioni cominciate nel 2006, dichiarava di voler colpire uno dei simboli americani più inviolabili, il Presidente Kennedy, distruggendo l'aeroporto ad egli intitolato.
Vagheggiava anche di ritagliarsi una posizione nell'universo di al Qaeda.
Definiti dall'FBI come dilettanti, i membri del gruppo antillano-americano non sono stati trovati in possesso né di armi né di esplosivi, ma forse stavano cercando di procurarseli. L'attentato sarebbe dunque stato sventato sulla base del calcolo delle probabilità, sulla percezione della potenzialità terroristica del gruppo, a sua volta basata sull'osservazione, sull'analisi dei precedenti; sul profilo degli individui in questione.
Esiste il "tipo da terrorismo", incline al terrorismo? Colui -o colei- le cui caratteristiche individuali, aspetti dell'ambiente sociale in cui vive, eventi particolari nel percorso di vita trasformeranno inesorabilmente in terrorista?
Sorprende la proliferazione di ipotesi in questo senso. Esistono "mode interpretative", per cui alcuni studiosi si lanciano nella definizione del "perfetto terrorista", che al momento sarebbe, genericamente, e a seguito di alcuni arresti perpetrati dopo attacchi terroristici come quello di Londra nel 2005, una persona di cultura media o elevata, socialmente integrato e quant'altro.
Naturalmente, nell'enorme panorama del terrorismo, laddove si volesse creare una tipologia articolata, questa definizione andrebbe bene per una sola categoria. Infatti, la macchina del terrorismo richiede una molteplicità di ruoli, connessi a diverse attività e know how. Ancora, vi è una distinzione per genere e classe d'età, cui corrispondono ruoli, approcci, potenzialità, impatto soprattutto nell'espletarsi dell'atto terroristico.
Dalla manovalanza alla mente ideatrice, insomma, il panorama dei "terroristi" appare sicuramente sfaccettato.
L'emergere di individui amorfi e per lo più sconosciuti, o di gruppi terroristici che operano indipendentemente -i cosiddetti freelancers-, nonché di nuove strategie di reclutamento da parte di alcuni gruppi, come il reclutamento di commandos suicidi, donne e bambini terroristi e scienziati capaci di ideare armi di distruzione di massa, ci fa sostenere che lo studio sulle dinamiche sociologiche e psicologiche dei gruppi e degli individui terroristi è cruciale.


La serpe in seno

Il "potenziale terrorista", stando all'approccio strategico dell'Unione Europea, sarebbe identificabile attraverso l'uso di alcuni dati specifici che, inseriti in un database e incrociati, porterebbero alla definizione del grado di potenziale reclutamento nelle fila del terrorismo, o di potenziale aderenza ad esso nelle sue varie forme.
Il Consiglio dell'UE è stato chiaro fin dal 2002 in questo senso, e nelle sue raccomandazioni afferma che: " Elaborare una tipologia dei profili dei terroristi significa mettere insieme una serie di variabili fisiche, psicologiche o comportamentali, che sono state identificate come tipiche delle persone coinvolte in attività terroristiche e che hanno un valore predittivo in tal senso (1) ".
Quali le variabili? Nazionalità, documenti di viaggio, metodi e mezzi usati per viaggiare, età, genere, caratteristiche fisiche particolari (ad esempio ferite di guerra), livello d'istruzione, strategie di copertura, uso di tecniche per evitare di essere scoperti o per reagire ad un interrogatorio, luoghi di permanenza, metodi di comunicazione, caratteristiche psico-sociali del luogo di nascita, situazione familiare, competenza nell'uso di tecnologie avanzate, conoscenza dell'uso di armi non convenzionali, frequentazione di corsi di tecniche paramilitari, di volo ecc.
Il metodo per l'identificazione consisterebbe poi nel consultare i database nazionali sperando di identificare elementi equivalenti al fine di poter in seguito, presumibilmente, individuare i terroristi.
Questo fa parte di una complessa strategia antiterrorismo dell'Unione Europea, che prevede azioni a più livelli, basandosi su un'idea di cooperazione tra gli Stati membri per quello che riguarda la Giustizia e gli affari interni, definita nel 2004 nell'Hague Programme for Freedom, Justice and Security, cui è seguito nel 2005 un piano d'azione quinquennale. Il piano europeo risponde all'onda di adeguamenti legislativi che ha investito tutti gli Stati membri dell'UE dal 2001, inclusa l'Italia che ha operato alcune modifiche alla normativa anche dal punto di vista della definizione del concetto stesso di terrorismo (2) .
Le misure previste dal piano d'azione si incentrano su controllo e monitoraggio del movimento delle persone. Una questione tanto controversa che l'Unione ha a lungo resistito alle insistenze degli USA perché permettesse l'accesso indiscriminato ai dati personali dei passeggeri, allo scopo di studiarne i movimenti.
La politica dell'Unione Europea, pur non divergendo molto da quella degli USA, nel caso dell'accesso ai dati personali dei passeggeri (Passenger Name Records - PNR) si trova contro le politiche nazionali per il rispetto della privacy. L'UE per rispondere alle richieste degli USA e rispettare l'approccio legislativo alla privacy, ha suggerito che si crei un database centrale cui vengano inviati tutti i dati, che saranno resi eventualmente accessibili -per esempio agli USA - solo in un secondo momento.
L'impatto delle politiche di controllo è enorme. Ad esempio, la registrazione degli stranieri attraverso il Visa Information System (VIS), rende possibile l'archiviazione per cinque anni di dati biometrici, motivi eventuali per il rifiuto del visto e altro, incrociabili con altri dati secondo criteri dettati dalle esigenze di una particolare indagine.
Già nel 1995 il sistema informativo di Schengen, il SIS (Schengen Information System), era stato creato per controbilanciare l'abbattimento delle frontiere tra Francia, Germania, Lussemburgo e Olanda, permettendo agli Stati membri di ottenere informazioni riguardo certe categorie di persone e proprietà. Gli Stati membri a loro volta aggiungono al database informazioni su persone ricercate e altro. Nel 2003 il sistema aveva già raccolto files su 877.655 persone, più 386.403 alias (3) .
L'UE sta ancor più modernizzando e attrezzando tecnicamente la banca dati di polizia SIS di Schengen, prevedendo l'adozione del SIS II, che dovrebbe introdurre degli aggiustamenti che permettono di archiviare, trasferire e richiedere dati biometrici, come fotografie e impronte digitali.
L'introduzione operativa del SIS II è stata rimandata alla fine del 2008 per motivi tecnici, ma per permettere comunque ai nuovi Stati membri dell'UE di poter essere inseriti rapidamente nella cooperazione in materia di sicurezza di Schengen, l'UE ha deciso di ricorrere ad una soluzione transitoria, la SISone4all, che diverrà operativa già alla fine del 2007.
Come si è detto, queste misure si sono spesso rivelate in contrasto con le politiche per la protezione della privacy nei Paesi membri. Hanno peraltro sollevato una certa preoccupazione anche nell'opinione pubblica.


da http://skytg24.blogs.com/
Seppure lo scopo sia quello di aumentare le possibilità di garanzia della sicurezza, il grado di interferenza con la vita privata della persona è difficile da controllare, anche quando si tratti di potenziali terroristi, afferma la CFR-CDF (EU Network of Independent Experts in Fundamental Rights) rete indipendente dell'Unione Europea di esperti in diritti fondamentali.
Aggiunge poi che l'elaborazione di profili di terroristi sulla base delle caratteristiche sopra elencate aumenta il rischio di discriminazione, e potrebbe essere accettata soltanto quando si dimostrasse con accuratezza, con dati statisticamente attendibili, che esiste una relazione tra le caratteristiche individuate e il rischio di terrorismo.
Alcuni episodi come l'arresto di sei uomini ad Atlanta e uno a Miami il 22 Giugno 2006, con l'imputazione di aver complottato per distruggere la Sear Tower di Chicago, fanno riflettere (4) . Caratterizzati dal possesso di poche armi e poco potenti, ma grande fervore ideologico, i sette sono stati definiti dal Governo americano come "aspiranti terroristi", avendo giurato fedeltà ad al Qaeda pur non essendo mai entrati in contatto con essa.
Sembra che gli arresti dei "potenziali terroristi", tutti cittadini statunitensi ma di origine haitiana, siano derivati dal fatto che avevano confidato ad un agente infiltrato di stare pianificando un attacco più spettacolare di quello dell'11 Settembre.
Stando ai mezzi in loro possesso, però, la cosa sembra sarebbe stata difficilmente realizzabile. L'arresto ha sollevato dubbi sulla sua opportunità.
Quello che disturba l'opinione pubblica e mette le Forze dell'Ordine in difficoltà è la grande varietà di provenienze dei terroristi potenziali. La varietà nei lavori che svolgono, nelle fasce d'età, nel livello d'istruzione. Esistono dei comuni denominatori, ma sono valutabili più sul piano del fervore religioso o ideologico che non su variabili ricorrenti.
Credo religioso e ideologico, peraltro, ispirato da dottrine diverse: dal marxismo-leninismo al Cristianesimo all'Ebraismo, non certo soltanto dall'Islam.
Tra gli arrestati negli Stati Uniti nel 2006, tutti per coinvolgimento in attività terroristiche, vi sono diversi studenti, impiegati, ma anche gelatai. In genere si tratta di persone che non vengono percepite come pericolose dalla comunità in cui vivono. La cosa che spaventa maggiormente la società americana è che essi sviluppano la loro tendenza terrorista proprio in casa, sono terroristi homegrown, il che rivela che il sistema politico, economico, educativo, di socializzazione statunitense può produrre buoni cittadini americani ma anche dei "mostri".
Come capire allora quali elementi portino al fallimento del progetto sociale per alcuni individui? Il fenomeno, peraltro, non è solo statunitense, sottolinea il Wall Street Journal, analizzando gli arresti in Gran Bretagna di un gruppo di persone che tramavano per abbattere degli aerei sull'Oceano Atlantico: un gruppo di terroristi homegrown, che la società britannica si è cresciuta in seno, tra cui donne e giovani uomini di classe media, con diplomi universitari.
Anche qui, difficile generalizzare.
Il punto di convergenza è costituito dall'atto terroristico, non tanto dal profilo del terrorista.
Donne terroriste suicide hanno agito in Iraq, in Cecenia. Donne di varie nazionalità, tra cui una occidentale, belga, che si è uccisa in nome del Jihad (5) .


Quale terrorismo?

Intanto si attuano misure preventive, che portano ad arresti e imputazioni che in Europa, e da qualche anno anche in Italia, qualcuno percepisce come controverse.
E' il caso dell'avvocato Carlo Corbucci (6) , che ha già pubblicato diversi saggi sul tema, riferendosi quanto possibile agli atti processuali in suo possesso come difensore degli accusati di terrorismo. Egli sostiene che non sempre nell'ordinamento si possano trovare gli strumenti necessari per stabilire quali siano i capi d'accusa effettivamente applicabili in casi complessi in cui si ravvisino elementi terroristici, ovvero se si tratti di terrorismo o meno. Sostiene anche che numerosi siano gli errori giudiziari in questo campo.
I primi ad essere condannati per terrorismo internazionale in base all'articolo 270 bis -normativa relativa al terrorismo che prevede come reato l'associazione con finalità di terrorismo (art. 270 bis Cod. Pen.)- sono stati quattro nordafricani, tra cui il cosiddetto ex-Imam itinerante Mohamed Rafik e Kamel Hamroui.
Gli elementi raccolti dall'accusa si sono basati sulla testimonianza di un pentito, Chokri Zouaoui, in carcere per reati legati alla droga, che ha affermato che i due condannati, insieme ad altri, costituivano una cellula terroristica che aveva progettato per il 2002 attentati al Duomo di Cremona e alla metropolitana di Milano. Durante le perquisizioni, inoltre, sarebbero stati ritrovati volantini inneggianti al Jihad, un documento firmato da Osama Bin Laden oltre a versamenti di denaro destinati a un campo di addestramento nel Kurdistan iracheno (7) .
Questo accadeva nel luglio del 2005. All'inizio di quello stesso anno, però, venivano assolte cinque persone accusate di terrorismo, le ultime in una lunga fila di accusati poi prosciolti. Già nel Gennaio 2004 il quotidiano "La Repubblica" aveva pubblicato un'inchiesta intitolata "Prove false e manipolazioni. Su al Qaeda indagini boomerang" (8) , e, a seguito dei proscioglimenti, "Il Manifesto" (9) , "Liberazione" e altri quotidiani pubblicavano in tempi diversi riflessioni sull'opportunità o meno di tali arresti per "terrorismo".


Il profilo del terrorista

La questione di come individuare i terroristi prima che agiscano è molto complessa. Non solo è difficile generalizzare sul piano di variabili legate alla persona come genere, classe d'età, provenienza geografica, ma a questo va aggiunta anche la dimensione aggregativa, legata al gruppo. I gruppi cambiano in continuazione, inclusi i leader e i membri.
Questa dimensione "temporale" del terrorismo rende necessario un continuo aggiornamento dei database, il che rende i vecchi dati spesso obsoleti. Nei casi in cui i gruppi terroristici agiscono in territori specifici, l'interpretazione spaziale di tali territori può mutare a seguito degli eventi, e quindi anche la localizzazione diventa difficile.
Ancora, a vecchi gruppi ne subentrano o si affiancano di nuovi, alcuni dei quali sembrano scomparire diventando quiescenti. Questi però potrebbero tornare alla ribalta all'improvviso.
Va considerato anche il fatto che la partecipazione stessa all'atto terroristico non vede sempre esempi lampanti di protagonismo, che porterebbero all'estrapolazione di tratti salienti del profilo del terrorista a partire da quello specifico soggetto.
Molti agiscono nell'ombra, e costituiscono la "manovalanza" essenziale alla realizzazione di un atto terroristico.
Le motivazioni che portano all'aderenza di individui apparentemente innocui al progetto terrorista possono essere legate a molti fattori, tra cui la convenienza economica -il terrorismo risponde a una domanda-, un'aspirazione sociale - il terrorismo offre la possibilità di un riscatto sociale-, una condizione psicologica -il terrorismo risolve il senso di umiliazione (10) .
Gruppi terroristici e membri del gruppo non sono facili da classificare. In essi si trovano individui che presentano background, contesti sociali, nazionalità, personalità, e anche scopi diversissimi tra loro. L'elaborazione di profili è un azzardo, sostengono molti, e lo è ancor più ideare schemi rigidi cui tentare di adattare i singoli casi.
La teoria che sostiene che i terroristi siano caratterizzati da personalità "anomale", siano cioè affetti da psicopatologie, è fuorviante, perché alla base dell'atto terroristico vi è una razionalità, un'esigenza di coerenza, che verrebbe messa in pericolo da personalità disturbate. L'etichettatura psichiatrica porterebbe ancor più a confondere l'esigenza di nettezza che la definizione del profilo richiede. Peraltro, il processo di reclutamento dei terroristi è tanto selettivo da garantire che nei gruppi vi siano pochi o affatto individui con atteggiamenti patologici, perché vengono estromessi in quanto metterebbero a repentaglio la sopravvivenza del gruppo.
I terroristi ricorrono a persone il cui comportamento deve apparire assolutamente normale e non deve suscitare sospetti. Tuttavia, è possibile, sulla base dell'analisi delle biografie di terroristi, affermare che esistano personalità più inclini ad aderire al terrorismo. E' possibile anche che un individuo psicopatico diventi il leader di un gruppo. Leader come Abu Nidal dell’Abu Nidal Organization, Velupillai Prabhakaran di Liberation Tigers of Tamil Eelam e Shoko Asahara dell’Aum Shinrikyo sono stati descritti come affetti da psicopatie o sociopatie.
La questione diventa difficile per la definizione del profilo del terrorista, quando si scopre che in genere il gruppo terrorista recluta membri il cui aspetto fisico sia il più normale possibile. In genere si tratta di giovani perché il terrorismo è un'attività intensa, specialmente quando richiede un addestramento di tipo militare. Nel caso di donne, esse vengono reclutate per perpetrare attacchi in alcuni contesti perché attirano meno l'attenzione e sono in grado di controllarsi in situazioni di stress meglio degli uomini. Il livello di istruzione varia moltissimo.
I leader sono spesso più anziani, il che vuol dire che possono avere dai trent'anni in su. Nei leader il livello di istruzione è generalmente più elevato e questa variabile sembra incidere sulla longevità o meno di un gruppo. L'analisi politica da parte di questi leader è spesso lucida per quanto influenzata da forti impostazioni ideologiche. La novità nella caratterizzazione della personalità del leader non è nel grado di cultura o meno, ma nel cambiamento delle motivazioni, che da politiche sono diventate religiose. Le motivazioni religiose si sono rivelate negli ultimi anni più pericolose in quanto comportano l'uso di armi di distruzione di massa per raggiungere obiettivi messianici e apocalittici.
Se i terroristi non possono essere individuati attraverso la personalità e l'aspetto fisico, vi sono altri indicatori che potrebbero portare all'individuazione preventiva? Alcuni analisti rispondono che si devono raccogliere informazioni su individui selezionati (ma come avviene la selezione?) da cui si può creare un archivio con descrizioni, foto e altro, come minacce da parte di gruppi terroristici.
La cosa è dubbia, perché l'archivio può rivelarsi inefficace, come nel caso di Sheikh Omar Abdel Rahman, il quale nonostante presentasse caratteristiche peculiari e fosse in una lista di persone sotto osservazione, passò le dogane statunitensi indisturbato. Infatti l'idea che il terrorista in azione possa tradirsi per via dello stress cui è sottoposto è confutata dal fatto che normalmente i terroristi - e in particolare le donne - sono in grado di gestire la pressione.
Restano, come indicatori, quelli derivanti dall'analisi dei casi già emersi: classe d'età, livello di istruzione, gruppo etnico di appartenenza, nazionalità ecc..
Il discorso torna a quello che si è detto all'inizio, e le soluzioni proposte da esperti in Europa come negli USA convergono e dimostrano la debolezza dei pur potenti mezzi a nostra disposizione di fronte a un panorama tanto vasto e sfaccettato.
Se alla frontiera si presenta un giovane straniero che sostiene di essere uno studente, dall'aspetto sano, intorno ai vent'anni, di nazionalità egiziana, giordana, yemenita, irachena, algerina, siriana o sudanese, oppure arabo con passaporto britannico, proprio in quest'ordine, allora, sostiene Hudson (11) , bisogna fare ulteriori controlli, perché queste caratteristiche in genere convergono con quelle del membro-tipo degli Arabi cosiddetti "Afgani" di Osama Bin Laden.


Sicurezza e prevenzione

Che l'UE si impegni a trovare soluzioni tecnologiche, assolutamente essenziali, nelle strategie di contrasto, è importante. Difficile però pensare che se si raccolgono un'infinità di dati su individui qualunque, senza che si elabori una griglia interpretativa da adottare già al momento della raccolta dei dati, questi dati possano poi contribuire alla prevenzione.
La registrazione di movimenti di persone, per esempio, è importantissima nella fase della ricostruzione dopo che un evento si è verificato, oppure qualora vi sia una segnalazione. Non è utile nella prevenzione considerato che ogni giorno si muovono milioni di persone.
La tragica esperienza dell'11 Settembre ci dice che il terrorista appare normalissimo. La raccolta dati deve partire dunque da uno studio profondo della realtà terrorista.
Esistono numerose riflessioni e analisi sull'argomento, alcune anche basate su contatti diretti con terroristi e sulla raccolta delle loro storie di vita con interpretazioni socio-economiche, psichiatriche, politico-ideologiche e altro. Tuttavia, manca completamente la sistematicità. Gli approcci giuridici al problema, diversi nell'UE e negli USA, ad esempio, non consentono una vera cooperazione in questo campo.
Peraltro, esiste ancora la percezione che per contrastare si debbano adottare misure restrittive.
Al contrario, bisogna aumentare la possibilità dei potenziali terroristi di accedere ad aggregazioni "normali", lasciando che gruppi, scuole, associazioni, proliferino, consentendo maggior circolazione e, dall'altro lato, intensificando il controllo. Certamente questo richiede maggior impegno, soprattutto di forze in campo, ma consente di raggiungere risultati più soddisfacenti, perché il reclutamento comincia dall'innocua associazione religiosa, non dal gruppo dichiaratamente estremista.
Manca una riflessione sistematica sul profilo del terrorista. Analisti ed esperti vi si devono finalmente dedicare, a livello nazionale, europeo, internazionale. Non bisogna cercare il terrorista attraverso il suo profilo, prima, paradossalmente, bisogna guardarlo dritto in faccia.


foto Ansa


(1) Council of the European Union, Draft Council Reccomendation on the development of terrorist profiles, Brussels, 14 Ottobre 2002, 11858/1/02, REV 1 LIMITE ENFOPOL 117.
(2) Questo argomento è stato già affrontato dalla scrivente in un articolo intitolato "Terrorismo e Religioni", apparso sul n. 2/2006 di Gnosis (pp. 45-60).
(3) Cfr.: B. Hayes, "Statewatch analysis: from the Schengen Information System to SIS II and the Visa Information System: the proposal explained", 2004.
(4) Cfr. P. Jonsson, New Profile of the home-grown terrorist emerges, in: The Christian Science Monitor, 26 Giugno 2006, www.csmonitor.com/2006/06/0626/p01s01-ussc.html (visitato nel Maggio 2007).
(5) La donna, Muriel Degauque, 38 anni, proveniente da una cittadina di operai nel sud del Belgio, sembra si fosse convertita all'Islam a seguito del suo primo matrimonio con un algerino, divenendo poi un'attivista radicale dopo il secondo matrimonio con un marocchino. Il 9 Novembre 2005 si è lanciata con un automezzo pieno di esplosivi contro un convoglio americano in Iraq, ma l'attentato è fallito in quanto solo la donna è rimasta uccisa. Cfr. Y. Lempkowicz, Belgian woman carried out suicide bomb attack, in: http:// www.ejpress.org/article/news/4395 (visitato nel Maggio 2007).
(6) C. Corbucci, Il terrorismo islamico in Italia: realtà e finzione, Roma, Gruppo Editoriale Agorà, 2003.
(7) Cfr. "Terrorismo, prime condanne a Brescia", in: www.corriere.it, 13 Luglio 2005; "Terrorismo, condannati due islamici. Il pm: "Colpiranno come a Madrid", in: www.repubblica.it, 13 Luglio 2005.
(8) C. Bovini, G. D'Avanzo, "Prove false e manipolazioni. Su Al Qaeda indagini boomerang", in: La Repubblica, 26 Gennaio 2004.
(9) L. Fazio, "Il tribunale assolve altri cinque 'islamici' accusati di terrorismo", in: Il Manifesto, 10 Maggio 2005; A. Paloscia, "Indagini e processi senza mai una prova concreta", in: Liberazione, 26 Gennaio 2005.
(10) "Umiliazione" è un concetto ricorrente nel mondo del terrorismo. Si oppone a orgoglio e significa che si è feriti nell'orgoglio come Musulmani o come membri di una determinata fascia della società, e ricorre infatti anche nelle analisi sugli antiaboristi omicidi. Al Zawahiri, nella sua presunta autobiografia, definisce il "Nuovo ordine mondiale" un'umiliazione per i Musulmani, per cui è meglio per i giovani musulmani portare armi e difendere la loro religione con orgoglio e dignità che sottomettersi a questa umiliazione. Cfr. J. Stern, The protean enemy, in: Foreign Affairs, July 2003, pp35-43.
(11) R. Hudson, The sociology and psychology of terrorism: who becomes a terrorist and why?, The Library of Congress, Washington, 1999, p.64.

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