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editoriale 1/2024

Il 2024 sarà per il nostro Paese un anno particolarmente significativo sotto il profilo politico: per la settima volta dalla sua istituzione, l’Italia assume la presidenza del G7, sede informale di dialogo tra alcuni dei maggiori Paesi industrializzati sulle principali questioni strategiche globali, per questa edizione individuate nei dossier difesa, flussi migratori, Africa, clima, energia, sicurezza alimentare e intelligenza artificiale. Come noto, l’evento più atteso, il summit dei leader, si terrà nella prima metà di giugno in Puglia, nella zona più a Est della penisola, il Salento, precipuamente scelto – nelle parole dei vertici di governo – proprio per la portata simbolica della sua posizione geografica quale luogo di passaggio naturale tra Occidente e Oriente e ponte ideale tra due mondi a tutt’oggi lontani che, tuttavia, in un mondo fin troppo in disordine, hanno bisogno di avvicinarsi e mettere a sistema le proprie risorse per garantire all’umanità pace e sviluppo duraturi. Ad arricchire di significato storico l’importante incarico istituzionale, la ricorrenza del settecentenario della morte del grande esploratore veneziano Marco Polo, i cui resoconti di viaggio nell’Asia del Duecento, riepilogati nell’opera Il Milione, rappresentano il primo contributo attendibile e completo alla conoscenza europea di popoli e culture a Est di Costantinopoli. Il binomio Occidente / Oriente è quindi al centro del numero Gnosis 1/2024 che, inaugurando il ciclo editoriale del nuovo direttore responsabile, dottor Alessandro Ferrara, indaga le origini della contrapposizione tra i due poli e la sua evoluzione nel corso dei millenni e analizza la centralità della funzione d’intelligence nell’indirizzare, in ogni epoca e in qualunque contesto, gli esiti del confronto e i connessi effetti sul piano militare, civile, economico e diplomatico internazionale. La disamina entra nel vivo con una serie di saggi a contenuto storico-filosofico che ci ricordano come il dualismo in parola non sia un fatto moderno, emergendo con forza, nei suoi tratti ideologici, tra XVIII e XIX secolo, allo scopo di legittimare la funzione civilizzatrice del colonialismo europeo (Mauro Bonazzi), ma in realtà affondando le sue radici nella Grecia nel V secolo a.C. Sostenitori dell’individualismo, paladini della libertà civica e fieri custodi della metis tanto cara all’eroe Ulisse, furono gli antichi greci a inaugurare l’antagonismo tra civiltà al di qua e al di là dell’Egeo durante le decennali ostilità con il (presunto) rozzo e dispotico Impero persiano, e da quel momento instradando i rapporti tra Ovest ed Est in direzione conflittuale. Le campagne dell’Impero macedone nelle regioni dell’Impero achemenide, l’invasione dell’Impero romano da parte dei visigoti, le guerre turco-veneziane per il controllo degli avamposti dello Stato da Màr, la Guerra fredda con le sue ripercussioni locali in Cecoslovacchia e Medio Oriente (Luca Goldoni; Mirko Molteni) sono solo alcuni casi emblematici dell’atavica antitesi tra Occidente e Oriente e di come la guerra sia stata sempre, ineluttabilmente, strumento di temporanea risoluzione della perpetua inimicizia. In tali vicende belliche – così come in molte altre – l’attività d’intelligence ha giocato un ruolo preminente nel definire la contesa a vantaggio dell’una o dell’altra parte: nella Guerra di Troia raccontata nell’Iliade di Omero, sia il re degli achei, Agamennone, sia il principe dei troiani, Ettore, si servono di osservatori e spie per raccogliere notizie sulle intenzioni del nemico, selezionandoli tra i soldati dei rispettivi contingenti sulla base di precise attitudini, quali coraggio, affidabilità, scaltrezza, acume, razionalità, velocità di movimento e d’esecuzione, resistenza psicofisica, consapevolezza dell’importanza del lavoro di squadra (Francesca Sensini); nelle sue spedizioni militari volte alla conquista dell’Impero persiano, il mitico Alessandro Magno curò costantemente, in prima persona, la human intelligence necessaria alla pianificazione dell’offensiva (movimenti avversari, esistenza di percorsi alternativi, disponibilità d’acqua ecc.), affidandosi alle informazioni direttamente ricavate da fonti a contatto (esploratori, disertori, prigionieri) e fonti d’ambiente (abitanti del teatro di guerra, mercanti di passaggio e viaggiatori occasionali) (Gastone Breccia); il Sacco di Roma del 410 d.C. a opera del popolo barbaro dei visigoti, che spazzò del tutto il mito dell’inviolabilità del caput mundi, fu il risultato di un’articolata attività Humint messa in atto da Alarico nella tipologia classica dell’infiltrazione, ossia l’inserimento di agenti /fonti nel contesto d’interesse attraverso la predisposizione di uno scenario simulato (storia di copertura) idonea a rendere plausibile la loro presenza nell’ambiente da penetrare (Umberto Broccoli); durante la prima Guerra veneto-ottomana (1463-1479), una ragnatela d’informatori e infiltrati, chiamati speculatores e spioni, salvò dagli attacchi degli akinci la dalmazia, altrimenti inferiore in dotazioni militari (Federico Moro); nel conflitto odierno tra democrazie e autocrazie, l’affermazione egemonica da parte di Russia e Cina, le due principali entità statuali che contendono agli Usa la guida del mondo senza rivali, viene perseguita attraverso forme di penetrazione più evolute, quali soft power, comunicazione e manipolazione cognitiva. Basta osservare, al riguardo, quanto accade in Africa, zona d’influenza strategica dei prossimi anni in virtù delle sue ricchezze naturali – il continente ospita circa il 30% delle riserve minerarie critiche globali, molte delle quali essenziali per le tecnologie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio (Andrea Vento; Cheo Condina; Patrizia Rutigliano) – in cui Pechino procede con infrastrutture e finanziamenti e Mosca sfrutta l’affiliazione religiosa di stampo ortodosso per assicurarsi la benevolenza di gruppi dirigenti locali desiderosi di respingere in blocco l’Occidente dai propri territori in nome di un panafricanismo estremo (Germana Tappero Merlo). Insomma, dal ratto di Elena ai nostri giorni, lo scontro tra Occidente e Oriente si ripropone puntualmente. Ma mentre i termini e le forme del confronto cambiano a seconda delle epoche, l’intelligence si conferma elemento invariante e, come accennato in precedenza, fattore decisivo di composizione (e ricomposizione) degli assetti di potere internazionali. Nondimeno, nell’attuale contesto storico, caratterizzato dall’emersione di tante nuove civiltà o coalizioni di civiltà ontologicamente contrapposte alla tradizione occidentale in quanto appartenenti a sfere culturali profondamente diverse, la funzione intelligence assume un ruolo ancor più centrale nella definizione dei rapporti di forza se si considera che il confronto-scontro in corso tra The West and the Rest (Huntington, 1996), non potendo concludersi con il consolidamento di un ordine sistemico secondo modelli tradizionali, potrebbe portare a un equilibrio geopolitico mondiale, migliore o peggiore non è dato saperlo, sicuramente diverso da ogni altro finora mai sperimentato (luciano Bozzo). Un po’ come già accaduto nella seconda metà del XV secolo, allorché l’Europa cristiana, messa in crisi dalla presa di Costantinopoli, si avviò verso una lenta ma radicale trasformazione politica complici tre dirompenti rivoluzioni: la prima, culturale, data dall’invenzione della stampa che portò all’evoluzione del linguaggio; la seconda, spaziale, generata dall’approdo oltreoceano; la terza, antropologica, connessa alla scoperta dell’America e dei suoi nativi. Ebbene, a distanza di 500 anni, il sistema internazionale vive oggi le medesime rivoluzioni: il linguaggio si fa computato (Paolo Benanti), l’ibridazione uomo-macchina ci accompagna nell’era del post-umanesimo, si esplorano nuove rotte marine aperte dallo scioglimento dei ghiacci perenni e si guarda allo spazio extra-atmosferico con intenti di colonizzazione (Giovanni Caprara). Tutto ciò plasma inediti paradigmi della conflittualità, “spazio” della mente, dominio cyber, metaverso (Marco Lombardi – Federico Borgonovo), e ci proietta verso l’ennesima metamorfosi dagli esiti assai incerti. Quel che è certo è che il fattore umano non smetterà di essere «il centro di gravità della letalità d’ingaggio» (Giorgio Battisti) e l’intelligence continuerà a rappresentare, da autentica riserva dell’umana sapienza (Mario Caligiuri), una bussola indispensabile a orientarsi nel mondo e, se del caso, a difendersi da esso. In chiusura di volume: Gianluca Barneschi presenta un contributo a carattere storico che ripercorre, a 80 anni dalla tragedia, l’incidente ferroviario di Balvano; Roberto Ganganelli approfondisce i diversi tentativi di contraffazione della mitica banconota Franklin avvenuti nel corso del suo “ciclo vitale”; il duo Daniele Bevilacqua – Giuseppe Pollicelli omaggia l’arte di Attilio Micheluzzi e la sua creatura più celebre, l’aviatrice e agente segreto Petra Chérie; Pedro Armocida esordisce con la recensione di A Spy Among Friends, bellissima miniserie britannica ispirata alla vita di Kim Philby.


La Redazione si unisce al cordoglio per la scomparsa di Sossio Giametta (15 gennaio 2024), già autore per Gnosis, filosofo che ha legato il suo nome soprattutto alla traduzione e interpretazione del pensiero di Friedrich Nietzsche. Sentita commozione anche per Melanton, pseudonimo di Antonio Mele, venuto recentemente a mancare. Storica firma di Gnosis, fino all’ultimo ha allietato le pagine della Rivista con la sua arte evocativa e suggestiva di buonumore, rivelando il lato più ludico e umano dell’intelligence.




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Colgo l’occasione per ringraziare il Pref. Mario Parente della fiducia riposta in me nell’affidarmi l’incarico di nuovo direttore responsabile di Gnosis che, in questi anni, ha potuto avvalersi della sua visione e della sua esperienza a garanzia delle migliori condizioni per la sua crescita. Un particolare ringraziamento al Gen. Gianfranco Linzi che, quale nocchiero perito e appassionato, ha guidato la Rivista e la Redazione con insuperabile competenza, offrendo sempre nuove rotte per la comprensione della complessità degli scenari moderni sotto le stelle mai cadenti dell’intelligence. La mia fortuna è poter camminare nei tratturi disegnati e solcati da chi considero “maestri”, imparando, un tempo, sulle loro spalle le linee dell’orizzonte professionale e, oggi, cercando da quella palestra di mutuarne capacità e coraggio così da tenere vivo lo sforzo dell’Agenzia di leggere i tempi, anticiparne le epifanie e qualificarne gli aspetti multidisciplinari con un approccio olistico rilevante per una generale sensibilità alla sicurezza nazionale. Ai lettori, protagonisti della Rivista, assicuro in ogni settore del processo creativo di Gnosis l’impegno – mio, della Redazione e dei collaboratori – di preservare lo spirito costruttivo dell’iniziativa editoriale e la qualità sinora raggiunta, con lo sguardo ulissideo sulle dimensioni della conoscenza utili a intercettare i “futuribili”.

Alessandro Ferrara            

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