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editoriale 3/2023

La crisi della globalizzazione, l’irresistibile sviluppo dell’Ict e l’avvento dell’intelligenza artificiale mettono sempre più in discussione i tradizionali modelli del vivere economico e sociale, favorendo l’affermazione di nuovi sistemi produttivi, culturali e valoriali destinati, da qui ai prossimi decenni, a ridisegnare i rapporti di forza tra entità statuali in competizione e a trasformare radicalmente il mondo così come oggi lo conosciamo. In tale contesto, la sfida per i governi non riguarda solo l’individuazione dei fattori del cambiamento ma anche la loro gestione, in termini di messa a frutto delle opportunità sottese e di mitigazione dei rischi.
Nel terzo numero del 2023 Gnosis concentra il focus sulla metamorfosi verso cui, complici la rivoluzione digitale e il disfacimento dell’ordine mondiale liberale, sono attualmente indirizzati gli scenari economici, geopolitici e diplomatici internazionali, analizzandone le implicazioni in chiave di sicurezza e il possibile, speculare aggiornamento degli strumenti d’intelligence a presidio delle criticità insite al processo metamorfico. La disamina entra nel vivo con una riflessione sul tema della cancel culture (Mario Caligiuri), un modo di pensare e parlare ormai diffuso in tutto l’Occidente avanzato che in nome della difesa delle minoranze, della parità di genere e del contrasto alle discriminazioni censura in maniera arbitraria ciò che non è ritenuto in linea con questa sensibilità, anche la Storia. Un moralismo fluido, esasperato, che affonda le sue radici negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, nel vivace coacervo delle lotte afro-americane per i diritti civili, delle proteste studentesche degli anni Sessanta, delle rivendicazioni dei movimenti femministi e dei cultural studies della Scuola di Francoforte – di cui quest’anno ricorre il centenario dalla fondazione (Carlo Bordoni) – e che, a dispetto delle sue origini lontane, si candida a essere uno degli elementi più decisivi di mutamento della società contemporanea. Volendo ampliarne il senso e la portata, il fenomeno potrebbe inquadrarsi nel variegato novero delle forme di “controllo della mente”, a loro volta pilastro di quella che sta progressivamente affermandosi quale nuovo dominio della conflittualità: la guerra cognitiva. Evoluzione naturale della guerra psicologica – da cui si distingue per l’orizzonte tattico, di breve periodo, e il più elevato impatto destabilizzante sulla psiche dei target, favorito dalla massimizzazione della dimensione digitale e cibernetica – la cognitive warfare promette d’innovare il modo di fare la guerra, proponendo un paradigma entro il quale il vantaggio strategico viene perseguito non (solo) con l’uso della forza o la coercizione ma agendo, attraverso il medium dei social network, su psicologia ed emozioni dell’avversario, così da indurlo ad assumere, quasi inconsapevolmente, una postura più confacente. Esempio lampante della sua applicazione pratica è l’odierno conflitto russo-ucraino, nel cui ambito, peraltro, le campagne cognitive sono costruite, da ambo le parti, principalmente sul fattore “culturale” (Paolo Chirafisi). Aspetto, questo, rintracciabile nel revival del neopaganesimo che accomuna due dei principali attori della violenza, l’unità ucraina Azov e il gruppo russo Wagner, entrambi fondati su simbolismi e riti arcaici legati alla natura che, ponendo i propri affiliati al centro dell’universo e al di sopra degli altri, ne rafforzano il senso d’identità e di appartenenza etnica, garantendo così un forte spirito di corpo (Giorgio Cella). La guerra cognitiva e molte delle tecniche associate, come appunto la propaganda, la disinformazione, la manipolazione psicologica ecc., sono impiegate da tempo anche dal terrorismo jihadista, costituendone un fondamento irrinunciabile per i processi di reclutamento e radicalizzazione. L’ascesa della comunicazione digitale e dello spazio virtuale ha rafforzato la capacità di proiezione internazionale di Al Qa’ida e Daesh, fungendo da vera e propria “rete di pesca” di soggetti e comunità più fragili che, anche in una fase di riorganizzazione e stasi apparente come quella attuale, continua ad assicurare proseliti e consensi. È sufficiente osservare, in proposito, quanto accade in alcune aree del mondo come Corno d’Africa ed ex Repubbliche asiatiche sovietiche (dalla provincia uigura della Cina a zone del Turkmenistan, del Tagikistan, dell’Uzbekistan), spazi sfibrati dalle dinamiche geopolitiche degli ultimi anni in cui il jihadismo espande sempre di più il proprio raggio d’azione, eleggendoli a fulcri del terrorismo dei prossimi anni (Andrea Manciulli). Preoccupante, in tal senso, anche la situazione in Medio Oriente, ove il declino relativo americano ha provocato dei vuoti strategici di cui, oltre che movimenti estremisti e Paesi come Russia, Turchia e Iran, potrebbe utilmente approfittare la Cina nel quadro della Belt and Road Initiative (Manlio Graziano). Lo scenario che si aprirebbe a quel punto sarebbe un nuovo equilibrio globale, invero già percepito talmente concreto e di prossima attuazione da aver indotto analisti e policy maker a rivedere la nozione stessa di “sicurezza”, riportandola a gravitare, dopo 30 anni di dominio di un’idea di “sicurezza umana” instillata dall’ordine liberale di matrice statunitense, attorno al principio della difesa dell’incolumità e dei confini nazionali (Alessandro Colombo). Parallelamente, emerge con forza l’esigenza di un’evoluzione qualitativa della funzione d’intelligence verso “attrezzi di lavoro” più sofisticati e tecniche di addestramento avanzate, basate, ad esempio, su war-games (Luigi Loreto), strumenti di formazione di tipo Modelling&Simulation già da diversi anni rilanciati da alcune tra le principali istituzioni militari pubbliche internazionali per il training dei propri operatori. In attesa di ciò che sarà e delle sfide epocali che la metamorfosi dei nostri tempi proporrà, di qui in avanti, sul piano economico-industriale (Dario Antares Fumagalli), politico-militare e della convivenza civile, diventa quasi vitale recuperare la memoria del passato, che offre casi paradigmatici della capacità umana di fronteggiare l’inedito, sì da comprendere al meglio il presente e proiettarsi con più consapevolezza verso il futuro. Ne è prova concreta e tangibile la cinta muraria di Roma antica, alla cui scoperta ci guida Umberto Broccoli nel primo appuntamento di una serie dedicata ai sistemi difensivi del caput mundi, cartina di tornasole delle sue vicende millenarie. Davanti a un mondo in mutamento c’è chi celebra il culto del progresso. Lo ha fatto il movimento futurista – abbracciando, anche nei suoi aspetti più brutali, il radicale cambiamento vissuto dall’Europa nel primo Novecento – di cui Mauro Canali analizza alcuni aspetti della ricerca pittorica e architettonica nonché i non sempre pacifici rapporti con il potere politico. Il focus sull’Italia degli anni Trenta è condiviso da Marco Ventura, che rende onore al lungimirante, coraggioso e innovativo editore ebreo Angelo Fortunato Formíggini, patriota tradito da una patria che ha imboccato la strada sbagliata. Avvicendamenti repentini negli assetti geopolitici locali e mondiali possono produrre stallo e incertezza, come dimostra “l’incidente dell’Amethyst”, la fregata britannica bloccata per più di 100 giorni nelle acque dello Yangtse alla vigilia della vittoria dei maoisti nel 1949 (Sergio Valzania). A Paolo Bertinetti è affidato il ritratto biografico di Eric Ambler, maestro del thriller inglese che più di ogni altro ha saputo coniugare il gusto per l’immaginifico con un’acutissima sensibilità per le trasformazioni sociali e politiche, spesso epocali benché di primo acchito impercettibili. Luca Goldoni ci riporta, quindi, a metà degli anni Sessanta nell’Iran dell’ultimo scià, già allora in bilico tra tradizione e progresso, religione e laicità, Occidente e Oriente.
Chiudono il numero: lo scavo archivistico di Gianluca Falanga, che getta luce su un caso di spionaggio tedesco orientale nei gangli del potere della Germania Ovest, e le consuete rubriche di numismatica, a cura di Roberto Ganganelli, e di intrattenimento sulla rappresentazione dell’intelligence nella fumettistica e nel cinema, firmate, rispettivamente, dal duo Daniele Bevilacqua – Giuseppe Pollicelli e da Elisa Battistini.


La Redazione condivide il cordoglio per la recente scomparsa di Diamante Nuccio Ordine, filosofo e docente di Letteratura italiana all’Università della Calabria. Tra i più grandi saggisti contemporanei, esperto, in particolare, dell’opera di Giordano Bruno e del Rinascimento, è stato anche autore per Gnosis.

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