recensioni e segnalazioni 4/2022
Andrea Marcolongo
De arte gymnastica
Da Maratona ad Atene con le ali ai piedi Laterza 2022 pp. 216 - euro 16
Da Maratona ad Atene con le ali ai piedi Laterza 2022 pp. 216 - euro 16
Nenikékamen. «Abbiamo vinto!». Secondo la leggenda fu questa la sola
frase che il messaggero Filippide riuscì a pronunciare dopo aver corso la
prima maratona della storia nel 490 a.C. Poi stramazzò al suolo, morto per
troppa fatica. Prima di lasciarsi andare agli infausti presagi che graviterebbero
dunque intorno a quei primi, fatidici 41,8 chilometri percorsi a ritmo
di corsa, vale la pena di ricapitolare un poco la vicenda. Che forse non è
andata proprio così. Innanzitutto, Filippide forse si chiamava Fidippide, almeno
stando allo storico Erodoto, il primo a narrare l’impresa di questo leggendario
emerodromo; nell’antica Grecia, erano designati con questo nome
– letteralmente “colui che corre per un giorno intero”, da hemera, “giorno”,
e dromos, dal tema di drameīn, “correre” – i messaggeri capaci di coprire
a piedi lunghe distanze al fine di consegnare i dispacci inviati da una città
all’altra. In ogni caso, comunque si chiamasse, Filippide doveva essere mostruosamente
allenato se, stando alle Storie di Erodoto (VI, 105-106), percorse
in un solo giorno ben 225 chilometri, andata e ritorno dall’Attica, per
chiedere a Sparta di intervenire a favore di Atene nell’infuocata guerra contro
i Persiani che era allora in corso […] La versione successiva, quella che
farà di Filippide il primo maratoneta della storia, è raccontata per la prima
volta soltanto da Plutarco, scrittore vissuto nel I secolo d.C., dunque molto
tempo dopo i fatti narrati. Nell’opera La gloria degli Ateniesi lo storico narra
come, subito dopo la colossale battaglia di Maratona che decretò la sconfitta
del re persiano Dario, un soldato ancora vestito delle armi di guerra
corse fino ad Atene per annunciare la storica vittoria. Lo sfortunato fece
però solo in tempo a dire «Abbiamo vinto!», quel nenikékamen citato all’inizio
e divenuto quasi proverbiale, prima di accasciarsi al suolo stremato dalla
fatica. Se Plutarco si dichiara incerto sul nome del valoroso, due scrittori
successivi, Pausania e Luciano, non hanno dubbi: si sarebbe trattato proprio
dell’emerodromo più celebre di tutta la Grecia, Filippide. Nei secoli, gli studiosi
hanno cercato di venire a capo delle incongruenze di questa leggendaria
prima maratona, mettendone spesso in dubbio il fondamento storico;
oltre all’incerta grafia del nome del protagonista, non risulta chiaro come
un corridore tanto allenato come Filippide, capace di coprire in un giorno
gli oltre 200 chilometri tra Atene e Sparta, sarebbe stramazzato dopo averne
corsi “solo” poco più di 40. Comunque sia andata, oggi quasi non esiste
maratoneta che non abbia sentito parlare di questa storia diventata subito
leggenda e che, nell’intimo, non coltivi la speranza di emulare un giorno il
primo maratoneta greco: segno che, anche e soprattutto correndo, abbiamo
tutti bisogno di un po’ di poesia.
Guido Olimpio
La danza delle ombreSpie, agenti e molti segreti la nave di Teseo 2022 pp. 254 - euro 22 di Jordanus
La danza delle ombreSpie, agenti e molti segreti la nave di Teseo 2022 pp. 254 - euro 22 di Jordanus
«Nessuno è immune, nessuno è senza macchia: è lo spionaggio». Una storia
ineguale e bellissima, il racconto di un’arte che gioca a dadi con il destino e
significa vita o morte, sicurezza o sconfitta. Batte il tempo delle scelte, quando occorre decidere
quale sia il gancio più solido. Le vite passate nelle “balene” ad ascoltare e seguire piste che portano
a cinesi e russi, perché «è sempre quella la tattica: osservare dove l’orso va a nutrirsi» e la verità
spesso è solo nel secondo specchio. Dalla penna di uno dei migliori giornalisti investigativi, che
unisce competenza e uso di mondo, un libro sull’universo delle spie e dei loro segreti, dove a emergere
è però sempre il fattore umano. C’è il brivido di paura shakerato alla scarica di adrenalina,
puntando sulle proprie qualità per volare più alto di tutti o perdersi nel modo più bello o banale,
per aver cercato sempre di più. Amare e tradire, insieme. Ballando con le apparenze per denaro,
ideologia, ricatto, rivalsa, perché «qui non si vendono pistacchi ma informazioni». «È una sfida con
tre regole», scrive Olimpio. «La prima: tutto e il contrario di tutto. La seconda: ciò che appare non
è sempre la realtà. La terza: non esistono regole. A giocarla sono ombre, spesso sfuggenti. Professionisti
addestrati, allenati duramente nel fisico e nella mente, consapevoli dei rischi e pronti a
prenderli». Sono diventati delle spie per una scelta netta, per intelligenza e scaltrezza. Poi «ci sono
gli agenti “come noi”. Persone qualsiasi, esistenze normali sconvolte dalla necessità o dal desiderio
di cambiare in modo repentino, saltando il fosso della fedeltà. Vogliono guadagnare in fretta, devono
uscire da guai personali, cercano rivincite individuali perché si sentono sottovalutati, sono
convinti di poter dare di più schierandosi con il nemico». Ma non mancano coloro che, a causa di
debolezze o errori, sono stati costretti a passare il guado. Sono alcune delle vite difficili e senza
sconti che scorrono in queste pagine: si va dal caso Bernard Nut, con la misteriosa morte dell’operativo
della Dgse ai piedi delle gole del Cians, ad Ana Montes, la “regina di Cuba”, cifra di spionaggio
paziente, passando per le storie del dottor Fuentes e di Aldrich Ames, coi suoi plichi lasciati
sotto un ponte, fino all’eterna sfida tra i Servizi di Israele e Iran. Va in scena la ricerca di fonti e l’assalto
a sponde perdute, stando attenti a non aprire il pollaio alla volpe nemica. Un gioco dove alla
fine sei carne che ognuno va a comprare, resti solo, e chi ti ha reclutato per i propri fini sta già cacciando
un’altra preda. Sono sul terreno, queste spie, le spie di sempre. Prendono una carta e devono
rimetterla sotto il mazzo, attenti a non bruciarsi con il fuoco di altri, portandosi nella carne
anche un’altra verità: «Nel mondo delle spie un ex non è mai un ex». La quinta è la storia: il ponte
di Glienicke o via Veneto, le stanze di un’ambasciata o un locale dove bere buon vino. È la topologia
dove l’ordine è uno: mietere il raccolto, mixando le tattiche di ieri e i mezzi di oggi, una linea tracciata
con un gessetto su una cabina telefonica o una chiavetta Usb. Prudenza e compartimentazione
sono necessarie, soprattutto quando devi tappare una breccia o proteggere un X file a costo della
vita. Alla fine del giorno si tracceranno i conti: «Vivi nel segreto, muori nel segreto». Si continua a
danzare mentre la bottiglia ha già raggiunto una sponda.
Gaia De Beaumont
Scandalosamente felice
Marsilio 2021
pp. 192 - euro 16
Scandalosamente felice è la storia di Joséphine Baker che, nel racconto
esatto e confidente dell’autrice, diventa il romanzo di una vita che in sé è
già un romanzo, e di avventura. Nata poverissima ma con una grande passione
per la danza, Joséphine riesce, con peripezie degne dei fanciulli di Dickens, a fuggire dal
mancato amore della madre e a raggiungere prima New York poi Parigi e, soprattutto, riesce a ballare.
Nella capitale francese, in quel periodo, gli anni Venti, sfavillante e foriero di eventi terribili,
diventa la musa, la compagna e il sogno di ogni uomo di cui incrocia i passi o i desideri, e per tutti
si cristallizza nell’icona di un mondo meraviglioso e perduto, sensuale e inavvicinabile, allegra e
con un gonnellino di banane e una collana di perle. «La più bella delle pantere, la più affascinante
delle donne». Così la definiva Colette. E basterebbe questo per consegnarla all’immortalità se
Joséphine non avesse vissuto circondata da animali di ogni specie in ville bellissime, non fosse
stata membro del controspionaggio, non avesse adottato, dopo la guerra, 12 bambini provenienti
da ogni parte del mondo e non avesse partecipato alla marcia per la libertà a Washington nel 1963,
ricordata per il famoso discorso di Martin Luther King I have a dream. Con una lingua vicinissima e
distante, ironica e dolente, Gaia de Beaumont srotola, come un nastro dorato, la vita di Joséphine
Baker – che dal 30 novembre 2021 riposa nel Panthéon di Parigi – restituendo amori ed errori a
un’icona che non è mai stata ferma nel tempo.
Victoria Ocampo
338171 T.E.
(Lawrence d’Arabia) Settecolori 2021 pp. 120 - euro 16
(Lawrence d’Arabia) Settecolori 2021 pp. 120 - euro 16
Nel 1942 Victoria Ocampo annuncia al suo amico Pierre Drieu La Rochelle
l’intenzione di porre fine a una biografia del colonnello Lawrence: «In questo
momento sono sposata con i Sette pilastri della saggezza e con le sue
Lettere, che sto facendo tradurre. Ho già scritto un centinaio di pagine su quest’uomo che mi affascina.
Vorrei farlo conoscere ai miei compatrioti e ci riuscirò! T.E.L. m’interessa profondamente perché
arriva a conclusioni simili alle mie con un temperamento e per dei percorsi opposti ai miei.
“Everything that is, is holy”, tutte le cose che esistono sono sacre, come pensava Blake». Pubblicato
in patria in quello stesso anno e poi in Inghilterra e in Francia nel 1947, 338171 T.E. appare ora per
la prima volta in traduzione italiana e per quanto, nel mezzo secolo abbondante che ci separa da
quella prima uscita, la bibliografia intorno a Lawrence sia cresciuta a dismisura, insieme con la revisione
storica sulla sua figura e sulla “rivolta araba”, l’analisi della Ocampo mantiene la sua freschezza
– frutto di un intuito squisitamente femminile – e una profondità che ne fanno un piccolo
classico. «Forse il suo torto fu di crogiolarsi nel rifiuto. Ma possiamo chiamare torto ciò che senza
dubbio fu il suo dharma? Come quella di Arjuna sul campo di battaglia, la sua anima era sgomenta.
Niente poteva dissipare l’ansia che la paralizzava. Come Arjuna, Lawrence non desiderava più né
vittoria, né regalità, né voluttà. Era un abitante delle grandi pianure. Ed è in questa regione, popolata
di assenze, che ha avuto luogo il nostro incontro».
Antonio Teti
Spycraft Revolution
Rubettino 2021
pp. 264 - euro 18
di Franz
In questa sua quindicesima opera, Antonio Teti affronta il tema degli scenari
con cui il mondo dell’intelligence dovrà confrontarsi nei prossimi anni. Grazie
all’illustrazione di numerosi case studies, il libro costituisce un significativo
approfondimento su come la rivoluzione tecnica abbia portato alla cosiddetta Spycraft Revolution.
Per Robert Gorelick, già capo della Cia in Italia e prefatore del volume, «lo spycraft, cioè il modo
di condurre le attività di spionaggio, è stato storicamente sconvolto dalla rivoluzione tecnologica»,
dalle ricorrenti mutazioni della politica e del commercio a livello globale, dall’evoluzione di un più
consapevole rispetto della privacy, dalle metamorfosi di strutture sociali variegate ma in crescente
contatto per la pervasività del mondo virtuale. I vincitori della sfida saranno coloro che, con competenza,
audacia e lungimiranza, sapranno infrangere le vecchie regole ed elaborarne di nuove
proiettate in direzione del Cyberspace. I sei capitoli del testo spaziano dall’«intelligence nella società
mutante» all’esame delle più moderne soluzioni utilizzate proprio per la conduzione delle attività
cyber, nonché dei quadri normativi adottati da vari Paesi nello specifico ambito. L’autore si
sofferma, altresì, sul rapporto intercorrente tra intelligence, istituzioni, politica e mondo dell’economia,
guidando il lettore verso una riflessione sulle contraddizioni e anomalie che ne conseguono.
Ivano Dionigi
Benedetta parola
La rivincita del tempo il Mulino 2022 pp. 184 - euro 15 di Tom Tom
La rivincita del tempo il Mulino 2022 pp. 184 - euro 15 di Tom Tom
In un’epoca di contraddizioni come quella attuale, in cui, a fronte della globalizzazione
dello spazio, l’uomo è afflitto da un «provincialismo di tempo» –
incurante cioè dell’eredità culturale dei propri padri e ancor più negligente
verso le generazioni future, senza memoria, convinto che «il presente si riduca alla novità e che la
novità esaurisca la verità» – appare sempre più fondamentale fare pace con il tempo, sì da vivere
con più consapevolezza l’oggi e volgere, con più responsabilità, lo sguardo verso il domani. A tal
fine, con questo saggio, Ivano Dionigi suggerisce di (ri)partire dalla parola che, «con il suo carico
di storia, tradizione e paternità, può garantire il primato e la rivincita del tempo». A patto, però, di
renderle la sua dignità, a parere dell’autore quotidianamente brutalizzata dall’ignoranza dilagante,
dalla degenerazione degli stili comunicativi, dalla rottura del patto tra le “cose” e le “parole”, per
cui «una stessa parola rinvia a significati diversi e parole diverse vengono convogliate verso un
senso unico». In questa moderna Babele, si avverte quindi il bisogno di un’ecologia linguistica, che
restituisca alle parole il loro potere di illuminare e di formare le coscienze, che favorisca una lettura
genuina del mondo con sguardo scevro da giudizi e/o pregiudizi. Perché ogni singola parola può
essere bene detta o male detta allo stesso tempo, può creare o distruggere, curare o ferire: basta
conoscerne il vero significato. Un dovere civico, prima ancora che un esercizio di stile.
Thomas Rid
Misure attive
Storia segreta della disinformazione Luiss University Press 2022 pp. 496 - euro 24
Storia segreta della disinformazione Luiss University Press 2022 pp. 496 - euro 24
Viviamo nell’era della disinformazione. Agenzie di comunicazione, professionisti
dei social media e abilissimi hacker sono l’esercito silenzioso di chi,
attraverso divulgazione di fake news e falsificazione di dati, agisce spesso nei lati più oscuri dell’informazione
con l’unico intento d’indebolire la democrazia mettendo in dubbio la sua stessa credibilità.
Era il 2016 quando Thomas Rid, tra i massimi esperti di cybersecurity a livello globale, alle
porte delle elezioni americane portò alla luce la notizia di un’operazione sotto copertura da parte
dell’intelligence russa per ribaltare il risultato delle consultazioni. È l’evoluzione delle cosiddette
“misure attive”, ovvero di tutte quelle attività d’influenza architettate strategicamente per raggiungere
un determinato obiettivo: dalle campagne di manipolazione informativa dopo la rivoluzione
russa – che hanno portato alla Guerra fredda – a quelle organizzate ad arte dalla Cia e dal Kgb nel
corso degli anni, fino alla più recente vicenda della “fattoria dei troll” di San Pietroburgo. Con
quest’opera l’autore ripercorre la storia della disinformazione professionale organizzata, ricostruendo,
attraverso documenti esclusivi, alcuni degli episodi più significativi dell’ultimo secolo e
dimostrando, tra le altre cose, come le spie avessero imparato a muoversi agilmente tra le pieghe
di internet molto prima della vicenda di WikiLeaks. Il libro di Rid è anche una riflessione sul futuro
che ci aspetta, che assomiglia sempre più a una casa di specchi in cui sarà indispensabile imparare
a distinguere la realtà da tutti i suoi verosimili riflessi.
Gian Piero Brunetta
La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1932-2022
Marsilio Editori 2022
pp. 1179 - euro 42
Le singole edizioni della nota kermesse, succedutesi nei novant’anni intercorsi
dalla sua nascita, rivivono nella loro varietà e novità in un’accurata e
affascinante opera. Gian Piero Brunetta, decano della storia e critica cinematografica
e punto di riferimento imprescindibile per gli studi sul cinema italiano, racconta l’avvicendamento
«di condottieri e capitani coraggiosi, di combattenti, esploratori, scopritori,
traghettatori, negoziatori, funzionari rispettosi, grands commis de l’État, direttori pontefici, direttori
ombra e di passaggio, nonché di giurie competenti, equilibrate, coraggiose, incompetenti, imprevedibili,
distratte, conformiste, eterodirette e ammaestrate». Intrecciando e annodando più fili, in
modo da includere il ruolo dei presidenti, l’operato e le strategie dei direttori e le caratteristiche
salienti delle diverse edizioni, l’autore disegna un arazzo variopinto e descrive con i «toni alti dell’epopea
» l’alternanza di gusti, mode, polemiche e ideologie, specchio morale ed estetico di un
secolo di vita italiana. Dando costante risalto all’interazione fra critica, pubblico e politica – con un
occhio di riguardo ai registi e ai film che più di altri le hanno dato lustro – la Mostra diventa l’occasione
per raccontare un secolo di storia del cinema e di civiltà della visione.