Gnosis propone nuove riflessioni sulle dicotomie, quale palestra di confronto su valori essenziali della nostra società, letti nella penombra del soffuso senso e sotteso legame tra i contrari. È un impegno che corrisponde al profondo significato di intelligence, che nella sua radice di intelligere intende cogliere (legere) il dentro (intus) e la relazione (inter) delle cose e che del mestiere dell’agente segreto fa trasparire non l’abito convenzionale di una prassi cinematograficamente scontata ma l’anima stessa protesa alla conoscenza. Impegno che gli effetti della pandemia rendono più urgente, a testimoniare – in un periodo di isolamento e di possibile deriva psicosociale – che «osserveremo, scriveremo, documenteremo», ripetendo l’appello di David Grossman durante la cerimonia d’apertura alla Fiera del libro di Francoforte, lo scorso ottobre. Il convito di autori intreccia voci di speranza, eco oracolari di virtù antiche e di innovativi orizzonti che possono inaugurare l’auspicato futuro proprio dal confronto dicotomico affidato a sensibilità esperte del mondo intellettuale e accademico. Dopo il tradizionale incontro con Sergio Romano, centrato sulle dinamiche di potere americane ed europee nello scenario globale e con un “pensiero lungo” rivolto al progetto di unificazione militare del continente, Eva Cantarella ricorda le origini della nostra tradizione occidentale, nello scontro – che di tutti è sintesi e simbolo – tra Achille e Ulisse, entrambi demoni che dell’uomo svelano baratri e contraddizioni ma anche luci sublimi, confermando come il patrimonio classico sia ristoro per quel «mondo scappato di mano» quale appare l’attuale. Nella scia, Mauro Bonazzi cerca risposte all’effimera esperienza umana, alla sua eroica fragilità nell’irrisolto bilico tra l’ebbra violenza dell’azione e l’odissea vocazione alla conoscenza, nel carsico senso delle parole che Maurizio Bettini penetra per mettere a fuoco la capacità relazionale della res e la tradizionalità e la significatività della fabula, autorevole tensione al mito e non all’inverosimile. Ulteriori le prospettive di Amedeo Feniello, che del principio di realtà preserva la severa disciplina e il nutrito sacrificio necessari a evadere dalla bolla d’irrealtà che infiamma le venefiche campagne complottiste, e di Ignazio Castellucci che coglie le originali istanze di una comprensione proattiva delle minacce a favore del processo decisionale dei nuovi leader attraverso il combinato impegno dell’analista e del sintetista verso un futuribile da costruire. In questa affaticata complessità che connota il nostro tempo, Alberto Felice De Toni offre uno sguardo di sintesi dell’ordo immobile e del disordine diviso e frantumato, sull’orlo del caos in cui l’uomo – surfista tra le rotte avverse – crea e innova quell’ordine caotico che è rotta avveniristica inseguita anche da Nuccio Ordine – nomen omen – che rivendica il primato della conoscenza sulla competenza, valorizzando sia l’inutile che rende nell’otium «l’umanità più umana» sia la curiositas che non può ridursi a paradigma economico. In questa cornice di fertile pensare, Umberto Broccoli riconosce il debito verso i canoni classici della bellezza che l’Antica Grecia ha saputo proporre e idealizzare, cogliendone i limiti e la necessaria ibridazione con le sempre nuove esperienze: nel fluire dell’esperienza estetica e del consumo culturale, Elisa Battistini riflette sulla fluidità del processo di legittimazione e sugli smottamenti del gusto con i quali deve cimentarsi il composito mondo della critica.
Dei valori essenziali che costituiscono l’azimut del peregrinare umano, Alessandra Necci coglie quello della laicità, analizzata nel corso della storia con la sua pluralità di modelli, la tutela differenziata e le moderne prospettive comunitarie della «laïcité au pluriel» mentre Giuseppe Cambiano batte i confini metagiuridici e metaistituzionali della libertà, nella sua dimensione metaforica senza angoli, che come sottolinea Flaiano va «tenuta in continua riparazione». È un uomo dolorante e complesso quello che emerge dalle dicotomie, e Michele Ciliberto indaga lo sfumato incrocio della follia con la sapienza, attraverso il filtro rinascimentale di Erasmo da Rotterdam, di Giordano Bruno e di Niccolò Machiavelli, anche rispetto all’ambigua influenza dell’esperienza cristiana. È un uomo nello spazio e nel tempo, categorie che per Francesco Benozzo fungono da diapason su cui si accordano le linee evolutive delle società con le note della linguistica, dell’antropologia, della filosofia e della scienza. Nella più specifica ottica temporale, Mauro Canali dello sguardo storico coglie i debiti reciproci tra il presente e il passato, rilevando i limiti di quei «miti» che nell’autorappresentazione di una società rendono ardua la dimensione della «prova». Al futuro guarda Vittorio Marchis, soprattutto rispetto agli effetti della rivoluzione digitale in cui le macchine sono intese, talvolta, come alterità salvifica alla nostra esistenza, di cui invece occorre valorizzare la funzione di medium fissando stretti confini, anche rispetto all’agire dell’uomo, in quella disequazione che, per Luigi Loreto, connota il rapporto evanescente e osmotico tra difesa e attacco ben sintetizzata nel paradosso della lancia e dello scudo, in cui si gioca la resilienza dell’esistenza umana e sociale. Nella condivisa celebrazione del bicentenario dalla morte di Napoleone e del settecentenario di quella di Dante, Ernesto Ferrero dà voce al Bonaparte e alla sua genialità organizzativa e militare, testimoniando come la sua vocazione all’accentramento ne favorì l’ascesa ma allo stesso tempo – cedendo all’eccesso – lo portò alla rovina; Pietrangelo Buttafuoco, mosso dalla “lettura visionaria” di una illustrazione di Walter Molino, inaugura un viaggio dantesco per quelle vie che inventa parallele al ciclo dell’intelligence, tra suggestioni che sfidano il tempo, nel recondito mistero «al modo di una rosa» di un peregrinare che la sua penna ferma nella «più romanzesca delle verità: l’amore».
Nel chiudere con l’omaggio agli agenti nella storia e nella letteratura, Gianluca Barneschi restituisce un profilo dell’esistenza dell’agente inglese Dick Mallaby – dello Special Operations Executive – che contribuì alla riuscita dell’armistizio italiano del settembre 1943 e alla resistenza in Nord Italia sul finire del conflitto, e Paolo Bertinetti rende onore a uno dei padri della spy novel, Len Deighton, autore eclettico che ha dato vita ai personaggi anti-Bond di Henry Palmer e Bernard Samson, coniugando la vocazione letteraria con la passione per la gastronomia.
Infine, nelle tradizionali rubriche, per la numismatica Roberto Ganganelli si unisce al coro dei bicentenaristi sottolineando il genio di Napoleone che seppe sfruttare le potenzialità propagandistiche delle monete e delle incisioni durante la Campagna d’Italia, e, per l’humour, Melanton traduce in ironia le tradite aspettative nel XXI secolo delle vecchie generazioni, osservando – tra le boutades sull’intelligence – che «se la barba non fa il filosofo tantomeno farebbe il Perfetto Agente Segreto». Nell’augurare di superare la fitta coltre di nebbia di questa complicata fase della nostra vita, la rivista spera di aver esaudito il desiderio di quanti hanno manifestato viva accoglienza alle sfide dicotomiche.
La Redazione esprime il sentito cordoglio per la recente scomparsa del Prefetto Carlo Mosca, che ha saputo illuminare con la sua fertile professionalità le iniziative culturali del Sisde, di cui è stato vicedirettore, da «Per Aspera ad veritatem» all’attuale «Gnosis» dell’Aisi. Il tratto gentile e la finezza critica rimarranno esemplari.