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editoriale 2/2020

Il tema della geopolitica del diritto, focus di attualità e novità, tanto da essere al centro di riflessioni negli ambienti sia specialistici sia politico-strategici, è il tema dominante in questo secondo numero di Gnosis 2020. In un’epoca di complessificazione e di interdipendenza, anche il diritto deve affrontare le sfide legate al cambiamento in atto, alle nuove logiche di potere globale e alle dinamiche economiche e finanziarie, spesso leva di iniziative di natura ibrida. La necessità di regolare rapporti e interessi sul piano globale ha esasperato, ma anche affinato, la competizione tra attori politico-strategici che, nella diversa declinazione del diritto, rinvengono nuovi strumenti utili a perseguire i propri fini. Travolti dall’esperienza pandemica e dal senso di afflizione che ha innalzato barriere e confini tra uomini e tra Stati e che, non senza qualche contraddizione, ci conferma la necessità di ricercare soluzioni comuni, queste riflessioni assumono un ulteriore significato, evidenziando opportunità e vulnerabilità delle relazioni globali e della loro non facile traduzione nella realtà per la resilienza di diversificati approcci e interessi economici, geopolitici, culturali, storico-identitari e sociali. Apre il tradizionale Punto di vista di Sergio Romano, che dello spirito costitutivo degli organismi internazionali – Onu e Unione europea – traccia sinteticamente l’evoluzione, i sogni fondativi e le vulnerabilità presenti nella fase realizzativa. Sul tema centrale del Geodiritto, Ignazio Castellucci fissa le coordinate storico-dottrinarie e sottolinea l’importanza del dato giuridico, sia quale ottica per una più compiuta elaborazione analitica in ambito geostrategico sia per una maggiore capacità operativa, soprattutto in scenari di crisi e di confronto interstatuale, ma anche sotto l’aspetto della ricaduta interna del lawfare. A conferma di tale visione, Giuseppe Monateri valorizza la natura strategica dei sistemi giuridici, proponendone una mappatura e lumeggiando le dinamiche concorrenziali dei diversi modelli che orientano l’ordine giuridico mondiale. Proprio sul terreno del diritto, infatti, si colgono i semi del futuro: la pretesa egemonica americana, la necessità europea di rivendicare un ruolo più centrale del suo soft power e le mappe di una governance globale (Mauro Bussani) che si estende dalla soggettività statuale ai soggetti privati (transnational governance), questi ultimi pronti a rivendicare un ruolo competitivo e un potere finanziario, comunicazionale e operativo sempre più pervasivo e onnifago (Maria Rosa Ferrarese). Nei nuovi scenari del Potere, il ruolo dell’Africa induce a riflettere sugli effetti di quella colonizzazione tra Otto e Novecento, che tuttora produce significativi effetti: oggi quel Continente è un laboratorio per cogliere le tracce della contaminazione giuridica, inizialmente, tra la tradizione occidentale (romano-germanica e di common law) e quella variegata autoctona, successivamente, soprattutto dall’epoca post-coloniale, con l’ingresso di nuovi attori strategici nello scenario del potere, Cina, Turchia, India e Russia, quale nuova alternativa all’Ovest euro e americano-centrico (Salvatore Mancuso). D’altra parte, la crisi dello Stato moderno e l’affermazione della glocalità – globalizzazione e localismo – offre inediti spazi ad attori sub e sovrastatali che rischiano di feudalizzare il diritto internazionale e la geografia della governance, parcellizzare e privatizzare i nodi interdipendenti e trasversali delle nuove e multipolari dominanze verso una dimensione neo-medievale, tra Stato e mercato, ripetendo la diade Imperium e Sacerdotium (Davide Ragnolini). Nella comparazione giuridica è ancor più netto il sottofondo ideologizzato di certe narrazioni, sospese tra la pretesa neutralità epistemologica e l’evidenza empirica di un rapporto strettissimo tra il giuridico e il politico, che consente alla geopolitica del diritto di mediare e negoziare gli spazi di sovranità e d’influenza per tracciare e ‘mantenere’ i mutevoli equilibri di potenza (Ugo Mattei). Lo stesso ambito del diritto può divenire agone competitivo per l’egemonia culturale: già nella prima metà del secolo scorso si colgono embrionali sensibilità al tema del geodiritto, da una parte, nel confronto serrato tra la tradizione romana vantata dal sistema giuridico fascista e il nuovo ordine teutonico sotteso a quello nazista (Tommaso Beggio) e, dall’altra, nei contributi di studiosi dell’epoca, Carlo Costamagna e Sergio Panunzio, sull’Impero e sulla possibile centralità italiana rispetto agli «aggregati imperiali» dell’epoca (Enrico Silverio). Nello sviluppo dell’argomento giocano un ruolo significativo sia la talassocrazia, una nuova sensibilità verso il mare (Filippo Ruschi), sia il concetto di confine (Paolo Marchetti). In questi spazi che dividono – e al contempo uniscono – viene evocato il diritto internazionale quando gli accordi interstatuali falliscono e le pretese si rivolgono a una necessaria mediazione (Giuseppe Nesi). D’altra parte, la più sofisticata ingegneria diplomatica o la più solida vocazione nazionalista contengono a fatica l’urgenza ineludibile di una mobilità umana che ha ragioni complesse e su cui occorre riflettere (Veronica Arpaia). Il tema si estende con il riferimento di Federico Roggero al riconoscimento dei diritti civili dello straniero del codice civile italiano del 1865 e alla successiva e progressiva consapevolezza che nell’esercizio civilistico e commerciale si poteva rinvenire un’arma ben più letale di quelle convenzionali. Tale intuizione vale ancor più in ambito economico finanziario (Antonino Alì). A conclusione, Castellucci propone il Piccolo cronoideario geogiuridico, guida tra i segni del passato di quelle idee, dottrine e costruzioni normative che hanno costituito pietre miliari dell’evoluzione del geodiritto.
Nel diverso ambito di storia dell’intelligence, Virgilio Ilari indica gli aspri sentieri della formazione dell’identità nazionale; Paolo Bertinetti racconta E.P. Oppenheim che, benché autore di spy story artisticamente non tra le migliori, ha contribuito alla formazione del cliché improbabile ma gradito della spia alla James Bond, e Stefano Pisu, sottolineando l’importanza delle ricerche accademiche negli ultimi decenni sulla genesi e lo sviluppo dei festival del cinema, ne coglie quegli aspetti che hanno attirato l’attenzione dei Servizi segreti e delle polizie, legati al significato politico e agli interessi spionistici a essi talvolta assegnati. Le tradizionali rubriche offrono bozzetti sul tema filatelico del «Cia inverted» (Domitilla D’Angelo); sulla pellicola Munich, capolavoro d’azione e d’introspezione di Steven Spielberg, centrato sul tema complesso della vendetta (Giancarlo Zappoli); sul fumetto, con L’ora della spia, illustrata da Francesco Ripoli e sceneggiatura di Giuseppe Pollicelli e, infine, dell’umorismo, con nuove avventure del Perfetto agente segreto narrate con la verve del solito Melanton.

La Redazione esprime un sincero e sentito cordoglio per la recente scomparsa del filosofo Aldo Masullo, già senatore della Repubblica e voce memorabile della cultura italiana, che le nostre pagine hanno avuto l’onore di ospitare. Ci mancherà il suo sorriso, la disponibilità ad affrontare ogni tema come una sfida intellettuale e l’occasione di un simposio di intelligenze diverse.

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