GNOSIS
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editoriale 4/2019

Gnosis prosegue con questo numero la riflessione sui valori individuati nella loro forma dicotomica e ritenuti semplificativi sia dell’attuale temperie storico-culturale sia delle dinamiche evolutive della società moderna: essa, infatti, attraversa un’epocale trasformazione che il progresso tecnologico velocizza e rende ineludibile e a tratti incontrollabile, tanto da diventare un laboratorio etico-civile e tecnico-economico. L’iniziativa corrisponde al fine sociale di Gnosis di offrire uno spazio di riflessione che riecheggi nel foro dell’intelligence tutte le questioni che agitano le rotte della nostra esistenza privata e pubblica, individuale e collettiva, verso cui suggerisce un duplice approccio. Quello dell’incontro della memoria e dell’interesse ad apprendere che similmente avvicinò Alcinoo a Ulisse: «Narrami ancora le tue prodigiose avventure. Fino all’aurora io resterei, quando tu acconsentissi a narrarmi le pene tue nella sala». L’altro, ancor più profondo, della sacralità di una conoscenza prometeica che osi interrogarsi e interrogare con sempre nuove e più complesse domande di senso e conquisti nelle quotidiane fatiche della prassi le rotte di un epistème che si vuole stella cometa valoriale. Gnosis, infatti, ha come orizzonte del suo percorso ormai ventennale quella conoscenza votata all’azione che conserva la propria matrice di dubbio e di vocazione all’ignoto da esplorare, al futuro da anticipare e da preparare. Nella convinzione che la sensibilità ai temi dell’intelligence – che vale tanto per la collettività quanto per la stessa comunità dello spionaggio – sia fattore aggregante e debba essere veicolata proprio dalla condivisione esperta di tutti i più urgenti temi che riguardino l’uomo e la società in divenire.
In nome della trasparenza e della professionalità che consenta a ciascuno – redazione, autori, lettori – di offrire un contributo per rendere migliore e più aderente la sicurezza nazionale, riconoscendo l’ungarettiana fratellanza «nell’aria spasimante / involontaria rivolta / dell’uomo presente alla sua / fragilità». Dopo il tradizionale Punto di vista di Sergio Romano, che dalle pagine autobiografiche di Iris Origo trae l’ambiguo senso della non belligeranza italiana tra le Potenze già avviate verso le fiamme del Secondo conflitto mondiale, apre la teoria di dicotomie Ferruccio De Bortoli, tratteggiando l’uomo che, nel flusso irregolare della vita, tra le onde del caso e della necessità, abbraccia l’illusione o la speranza di un approdo addomesticato, di un errare salvifico sotto la luce della conoscenza che scolori «il cigno nero» di Taleb; in questo peregrinare nella storia, Lucio Caracciolo coglie la soffusa luce della geopolitica nello spazio-tempo del contingente, distinguendo le pretese di verità e di scienza della politologia, nello scenario di una modernità cangiante. Allo stesso modo, nei laceri displuvi dove si scontano i cambiamenti, Sergio Romano descrive come la Russia abbia superato il tempestoso naufragio dell’Unione Sovietica, conservandone le vestigia, assorbendone i malanni e annodando il passato di secoli al futuro, come due facce di una stessa medaglia.
Con la stessa finezza critica, Dario Fabbri tratteggia il chiaroscuro della simbiosi tra Stati Uniti e America, segno di una terra che è perfetta metonìmia sentimentale e seme di Potenza, con l’ambizione universalistica d’intestarsi il continente, nonostante nuove epifanie egemoniche, tra cui Paolo Sellari riconosce quella cinese che, nella via della Seta, trova la forza di un’inedita identità marittima e di una rinnovata capacità d’inventare un moderno imperialismo, incrociando nella globalizzazione i diversi destini culturali da sfidare, coniando l’ossimoro del socialismo capitalista. Nella policromia di questa temperie, Alessandro Colombo suggerisce come sfumano i confini della guerra e della pace – lontane dalla linearità tolstojana – affidando all’intelligence il compito più ampio e trasversale di fronteggiare i rischi di un conflitto ibrido tutto ancora da interpretare. Alle radici della scienza della guerra – e della sua declinazione nel quotidiano vivere della società, dei mercati e degli affari – Gastone Breccia, superando i luoghi comuni e le retoriche nebbiose di certa dottrina, distingue la strategia e la tattica e al contempo ne coglie le correlazioni e la necessità d’inscriverle in un superiore disegno che ne giustifichi l’autonomia e l’ambiziosa sintesi. Ci si inoltra, quindi, nei lodi sacrificali dei valori fondanti delle società moderne: la coesione nazionale come condizione essenziale per la maturazione identitaria (Manlio Graziano) soprattutto allorquando la Nazione assurga a nuovo principio di legittimità e messianica vocazione che non scada nel cieco nazionalismo (Stefano Folli) e che provveda a limitare quegli effetti insoluti, tra cui la crisi del ceto medio, le disuguaglianze crescenti e le pericolose concentrazioni informative, che meritano nuove forme di protezione (Maurizio Molinari). Sul campo delle garanzie vertono le riflessioni sia di Francesco Magris, sulla combinazione dei diritti sociali e civili messi in crisi dall’affermazione del pensiero relativistico e individualista, sia di Marco Ventura sul crescente peso della diplomazia religiosa mondiale e delle questioni legate alle interdipendenze tra religione e credo, su cui si fondano le direttrici di cambiamento della nostra epoca, sia di Carlo Mosca che coglie nel sottile diaframma tra trasparenza e segretezza l’essenza della sicurezza nazionale e il punto d’equilibrio della moderna democrazia. All’evoluzione della civiltà la tecnologia imprime un’accelerazione continua e sconvolgente ammaliando e frustrando al tempo stesso il novello Sisifo nel cerchio incantato dell’innovazione (Marcello Di Paola) che, penetrando ogni aspetto della vita individuale e collettiva, marca una sorta di mutazione antropologica, come nel caso della pretesa onnipotenza del digitale nei processi di apprendimento e di formazione, più narcisistici che relazionali, più visivi che verbali (Ernesto Ferrero). È nell’integrazione dei mondi scientifici e umanistici l’àncora dei novelli Odisseo (Antonella Poce) nei marosi del cambiamento, sulla zattera di una memoria che conserva la sacralità dei suoi monumenti e che segue la rotta dei documenti storici, sudata palestra di studiosi e verso del vento da offrire alle vele (Giulio Massobrio). In tale contesto s’ode l’eco inesausta dell’antico dilemma di austiana memoria che da secoli confronta ragione e sentimento e che Franco Nembrini insegue nell’intimo universo dantesco. Nel bilico dell’incertezza, quindi, diventa ancor più urgente affinare i processi decisionali attraverso la revisione e l’aggiornamento gestionale delle informazioni, che riduca l’information gap e il rischio di naufragi nell’ignoto (Filippo Tansini), riconoscendo la complessità e organizzando la conoscenza attraverso modelli di rappresentazione più ampi e capaci di integrare le componenti invisibili delle mappe concettuali e georeferenziate (Riccardo Morri). Conclude la sezione dell’Humour top secret di Melanton, regalando le annodate riflessioni del Perfetto Agente Segreto.
Augurando serene festività, ricordiamo l’uscita di un nuovo titolo della collana «Segreti»: Gianluca Falanga, Al di là del Muro. La Stasi e il terrorismo, e alla fine di gennaio 2020 L’intelligence nella Fiaba di Francesco Palmieri.

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