E’ esportabile il novembre francese? Se lo sono chiesto sociologi ed analisti, di fronte ad un fenomeno che è apparso, subito, del tutto nuovo. Anzitutto per la durata e l’intensità delle violenze, e poi perché le solite risposte (mancata integrazione, crisi dei modelli culturali, etc. ...) non sono sembrate capaci nemmeno di offrire i soliti alibi rassicuranti. Anna Barducci, nel suo articolo ne ha registrate varie di queste spiegazioni, alcune molto severe con il sistema di integrazione ‘alla francese’. Il problema però potrebbe non essere circoscrivibile ad una sola nazione. C’è una rabbia giovanile che in Francia ha assunto le dimensioni di fenomeno di massa. Ma ce n’è anche una che in Italia ha connotazioni individuali, o al massimo, ‘di branco’ (non più di 3 o 4 elementi), che produce ogni sera gli stessi effetti: macchine incendiate, danneggiamenti, aggressioni. Solo in misura numericamente più ridotta e quindi meno evidente. La differenza con la Francia è la stessa che a Carlo Marx faceva preferire gli operai ai contadini, per fare la rivoluzione. Gli operai erano tutti lì, concentrati in uno spazio ristretto, gomito a gomito, dove il virus del raffreddore e della ribellione sociale si diffondeva come le onde di un suono. I contadini, invece (oltre che cromosomicamente conservatori), erano sparsi nelle campagne, non facevano massa. E’ solo una delle tante spiegazioni, forse la più semplice, ma anche la prima che offre un possibile rimedio (non la soluzione): una politica abitativa più accessibile, che eviti la formazione dei ghetti, o più elegantemente, gli ‘spazi omogenei’ come li chiama il Prof. MARCONI. Perché la modifica virtuosa delle dinamiche del lavoro, la fine della disoccupazione giovanile, l’aumento delle certezze sociali, potrebbe richiedere troppo tempo. E la rivolta delle banlieue ci ha detto che non possiamo permettercelo.
Banlieue in rivolta vecchie violenze e nuovo welfare di Pio MARCONI
Dagli intellettuali arabo-musulmani soluzioni per l’integrazione fallita di Anna BARDUCCI