recensioni e segnalazioni 2/2018
Gilles Deleuze
Il potere.
Corso su Michel Foucault (1985-1986), volume 2 Ombre Corte 2018 pp. 388 - euro 29,00 di Claudio Ciani
Corso su Michel Foucault (1985-1986), volume 2 Ombre Corte 2018 pp. 388 - euro 29,00 di Claudio Ciani
Viene spesso riportata una frase di Michel Foucault il cui significato appare enigmatico: «un giorno forse, questo secolo sarà detto deleuziano» (recensione a Differenza e Ripetizione e Logica del senso, «Critique» [1970] 282, p. 885). Tuttavia si omette di citare anche la risposta che lo stesso Foucault si premurò di dare, durante un’intervista con Moriaki Watanabe: «Mi permetta una piccola rettifica. Bisogna provare a immaginare in quale clima di polemica si vive a Parigi. Mi ricordo molto bene in che senso ho utilizzato tale frase, che però va formulata così: attualmente – si era nel 1970 – sono davvero poche le persone che conoscono Deleuze, e solo pochi iniziati comprendono la sua importanza. Ma verrà forse il giorno in cui “il secolo sarà deleuziano”, dove però il “secolo” va inteso nel senso cristiano del termine, vale a dire l’opinione comune contrapposta agli eletti. Aggiungerò che tutto ciò non contraddice affatto che Deleuze sia un filosofo importante. Ma era comunque nel senso peggiorativo del termine che ho utilizzato la parola “secolo”» (La scène de la philosophie, conversazione con M. Watanabe, 22 aprile 1978). Ci sarebbe da discutere su questa affermazione. Ciò che a detta di molti è invece fuori discussione è che il nostro tempo è sicuramente foucaultiano. Le lezioni sul potere costituiscono la seconda parte del corso che Gilles Deleuze dedicò all’opera dell’amico a poco più di un anno dalla scomparsa. Per Foucault il potere è, essenzialmente, un rapporto informale, una relazione di forze che nulla hanno a che vedere con la violenza e che occorre cogliere a livello delle molecole e dei corpuscoli e non a livello delle grandi istituzioni (lo ‘stato’, la ‘legge’, le ‘classi’): questo vuol dire “microfisica del potere” nell’accezione foucaultiana. In queste lezioni Deleuze elenca sei principi che costituiscono dei contro-postulati delle teorie classiche del potere e definiscono un’analitica del potere sotto forma di meccanismi positivi produttori di sapere, moltiplicatori di discorsi, induttori di piaceri e generatori di poteri: 1) la proprietà: il potere non appartiene a nessuno, non si possiede ma si esercita come strategia definita un insieme di «punti scontro, focolai di instabilità», cioè singolarità, nodi; 2) la localizzazione: il potere è diffuso, non si lascia localizzare in un apparato, pur essendo sempre ‘locale’ perché il ‘globale’ sono i grandi sistemi e i rapporti di potere lavorano al di sotto dei grandi sistemi; 3) la subordinazione: il potere è subordinato a un modo di produzione inteso come infrastruttura; 4) l’essenza o l’attributo: il potere ha natura costitutivamente relazionale, funzionale e operativa perché è l’insieme dei rapporti di forza in campo sociale che attraversa e vincola sia le forze dominanti che quelle dominate; 5) la modalità: il potere non è risolvibile nella sua (s)qualifica repressiva o ideologica in quanto è, invece, del tipo dell’incitamento, del suscitare, del combinare rapporti di forze; 6) la legalità: il potere non si esprime attraverso l’opposizione legge/illegalità bensì nella correlazione illegalismi/legge, perché, a livello microfisico, la legge è la conseguenza degli illegalismi nella società e consiste nel differenziare i modi per aggirarla.
Un punto importante sul quale Deleuze si sofferma ripetutamente mira a far comprendere ciò che Foucault definisce una relazione di potere. Un rapporto di forze è un modo d’azione che agisce sull’azione degli altri, è un’azione su un’altra azione; esso non implica affatto la violenza né un consenso rinnovabile. Il potere è un insieme strutturato di azioni che verte su azioni possibili, incita un’altra forza, induce, seduce, distoglie, rende più facile o difficile, allarga e limita, rende più o meno probabili altre forze o l’esercizio di altre forze. La concezione della forza per Foucault è rigorosamente nietzschiana, corrisponde al potere di produrre ‘affezione’ su altre forze e al potere di essere oggetto di ‘affezione’ da parte di altre forze. Tuttavia, relazionare una forza con un’altra forza, sia per comandare sia per obbedire, è ciò che Foucault indicherà con un’espressione che non è nietzschiana: «situazione strategica complessa». Inoltre, in questa seconda parte del corso Deleuze sviluppa quella concezione del diagramma che Foucault utilizza soltanto una volta, nell’opera Sorvegliare e punire (1975) in relazione alla definizione del Panopticon.
Del diagramma inteso come «rapporto di una materia non formata e di una funzione non formalizzata» Deleuze fornisce tre definizioni, e conclude che il diagramma è il potere: a) il diagramma è l’esposizione di un rapporto di forze; b) il diagramma consiste in ogni ripartizione del potere di produrre affezioni e di poter essere oggetto di affezione; c) il diagramma è la figura che mescola, è il mescolamento di materia non formata e di funzioni non formalizzate. Carattere fondamentale del diagramma è il suo essere fluido e instabile perché, per definizione, i rapporti di forza sono instabili, non sono mai in equilibrio (Deleuze arriva a scrivere che «il potere è il mare, è molecolare. L’acqua è molecolare», p. 84). È esistito un diagramma napoleonico e un diagramma della città greca, entrambi accomunati dall’essere «luoghi di mutazione»: il diagramma è la mutazione stessa. Il diagramma si produce, per mutazione, da un altro diagramma che è già in mutazione in quella che Deleuze definisce una tipica «catena di Markov». I concetti matematici d’integrazione e di calcolo differenziale offrono la migliore rappresentazione simbolica per spiegare che le grandi forme sociali sono integrazioni di rapporti di potere multipli, tra di loro differenziati, quelle integrazioni globali che chiamiamo ‘istituzioni’. Foucault, pertanto, opera così un rovesciamento: non è l’istituzione che spiega il potere, è il potere che spiega l’istituzione, nella misura in cui i rapporti di potere si integrano nelle istituzioni. Il ruolo dell’istituzione non è quello di produrre potere, ma dare al potere il mezzo per riprodursi. A conclusione, si comprende perché la Central Intelligence Agency, in un rapporto del 1985 dal titolo France: Defection of the Leftist Intellectuals, declassificato nel 2011, definiva Michel Foucault «il più profondo e influente pensatore francese».
Daniel Silva
La casa delle spie
HarperCollins 2017
pp. 522 - euro 18,90
Pubblicato in lingua originale con il titolo House of Spies, La casa delle spie giunge ora anche a noi con la traduzione di Giovanni Zucca. È il diciassettesimo volume della serie – iniziata nel 2000 con The Kill Artist – dedicata a Gabriel Allon, restauratore d’arte, killer, agente segreto e ora, finalmente, a capo del Mossad. La mente dell’Isis, l’inafferrabile Saladino, è ancora libero. Non solo, ha capito che Natalie è in realtà un’agente infiltrata e lo ha tradito... ma come? Allon sta cercando di risolvere questo rompicapo quando i terroristi, quattro mesi dopo aver portato a termine il più sanguinoso attacco su suolo americano dall’11 settembre, seminano morte anche nel cuore di Londra. È un attentato audace, pianificato con cura e nella massima segretezza, ma con un unico, sottile filo sciolto. Ed è proprio quel filo che conduce Allon e il suo team nel sud della Francia, fino a Jean-Luc Martel e alla sua compagna, Olivia Watson. Stella della moda inglese, la bellissima donna finge d’ignorare che la vera fonte dell’immensa ricchezza di Martel è la droga. E lui, da parte sua, chiude un occhio sul fatto che il vero obiettivo dell’uomo con cui è in affari è la distruzione dell’Occidente. Eppure proprio loro potrebbero rivelarsi la chiave per arrivare finalmente all’inafferrabile Saladino e vincere la guerra globale contro il terrore. Lo statunitense Daniel Silva – che nel 1997 ha lasciato la Cnn per dedicarsi totalmente alla letteratura di spionaggio – conduce il lettore in una folle corsa contro il tempo, che si snoda dagli eleganti locali di Saint-Tropez alle suggestive spiagge di Casablanca, fino a una casa nel cuore del Marocco dove Gabriel Allon spera di catturare il terrorista più pericoloso del mondo.
(Dalla bandella di copertina)
(Dalla bandella di copertina)
Calogero Conigliaro
I corsari del Terzo Reich e i segreti di Husky
Sicilia 1940-1943 LEG Edizioni 2017 pp. 266 - euro 19,00
Sicilia 1940-1943 LEG Edizioni 2017 pp. 266 - euro 19,00
Il libro racconta la storia della terza flottiglia motosiluranti germanica e delle sue operazioni nel Mediterraneo dopo l’arrivo in Sicilia per cooperare alla neutralizzazione dell’isola di Malta, minando le sue acque e attaccando i convogli di rifornimenti della Royal Navy. Intrinsecamente legata a questa leggendaria unità della Kriegsmarine è stata la base navale di Porto Empedocle, situata nella parte centromeridionale della Sicilia. Una cittadina che pagò un prezzo assai caro per il proprio ruolo bellico nella guerra del Mediterraneo, subendo sanguinosi bombardamenti dell’aviazione angloamericana. Proprio questa base, con lo sbarco alleato in Sicilia del luglio 1943, avrebbe conosciuto – prima dell’arrivo delle truppe alleate – uno dei maggiori sabotaggi delle proprie difese, insieme a quello ben più famoso e concomitante di Augusta. Fonti provenienti dall’Ufficio Storico della Marina, da quello dell’Esercito e documenti segreti degli archivi militari americani, con l’aggiunta di importanti testimonianze, hanno per la prima volta fatto luce su questo accadimento storico che contribuì alla decisione tedesca d’invadere la penisola italiana. Tra i testimoni di bombardamenti, adunate e dell’arrivo degli americani c’era anche lo scrittore Andrea Camilleri che, con un suo personale ricordo della città in guerra e di alcuni protagonisti, contribuisce a impreziosire questo testo, una risorsa per approfondire un momento chiave della Seconda guerra mondiale nel cuore del Mediterraneo.
(Dalla quarta di copertina)
(Dalla quarta di copertina)
Edoardo Boncinelli
Un futuro da Dio
Rizzoli 2018
pp.160 - euro 18,00
Di cosa parliamo quando parliamo di progresso? Ci stiamo evolvendo verso una catastrofe o verso la libertà? Oppure siamo bloccati nel processo evolutivo dai nostri bisogni materiali? Come potrebbe essere un mondo in cui il progresso si sia fermato? In realtà, rassicura Boncinelli, «siamo ancora abbastanza lontani da una presunta fine del progresso», ma è proprio per questo che «abbiamo il dovere di capire quello che sta succedendo, con la mente aperta e senza farci confondere da timori e paure». Dallo sfregare due pietre insieme per ottenere una scintilla fino all’esplorazione dello spazio, dalle questioni di fede alle teorie di Darwin, dai disegni primitivi nelle grotte allo studio sulle mutazioni genetiche, l’autore racconta con straordinaria chiarezza l’origine della nostra specie e i fenomeni che hanno rivoluzionato la storia dell’umanità. Soffermandosi, in particolare, sulla straordinaria abilità dell’animale umano di interessarsi anche ad attività che non sono strettamente necessarie dal punto di vista biologico. «Potremmo pensare che se la vita ha un fine – e secondo me non ce l’ha – potrebbe essere quello di renderci sempre più liberi dai nostri bisogni biologici, liberi di compiere quei gesti gratuiti che ci danno piacere, che da un lato sembrano futili, ma dall’altro sono quelli che ci rendono umani». Poiché il nostro scopo va ricercato ancora prima delle nostre origini, ancora prima dei sapiens e del Big Bang tra le stelle di cui siamo fatti. E verso le stelle conduce il nostro cammino.
(Dalla bandella di copertina)
(Dalla bandella di copertina)
Mario Caligiuri - Andrea Sberze
Il pericolo viene dal mare
Rubbettino 2017
pp. 188 - euro 14,00
Benché circondato per tre lati dal Mediterraneo, l’Italia è un paese amarittimo. Eppure la nostra posizione strategica e l’aumento costante dei traffici navali nell’economia globale ci hanno restituito centralità solo dopo la fine della Guerra fredda. Le opportunità crescono insieme ai rischi, per cui sia lo sviluppo che i pericoli provengono dal mare. La dimensione della sicurezza è fondamentale per combattere la criminalità e l’immigrazione illegale che si svolgono attraverso il traffico marittimo. E si tratta di fenomeni che, se non contrastati e controllati adeguatamente, sono destinati a stravolgere la società contemporanea. Appunto per questo l’intelligence diventa lo strumento principale per capire, prevedere e intervenire. Questo saggio analizza un aspetto fondamentale finora poco o mai affrontato e mette in guardia sulle sfide che ci attendono.
(Dalla quarta di copertina)
(Dalla quarta di copertina)
Tom Nichols
La conoscenza e i suoi nemici
L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia LUISS University Press 2017 pp. 248 - euro 20,00
L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia LUISS University Press 2017 pp. 248 - euro 20,00
Il grande sviluppo tecnologico della nostra era ci ha dato accesso a una quantità d’informazioni senza precedenti. Il risultato non è stato l’inizio di un nuovo illuminismo, ma il sorgere di un’età d’incompetenza in cui una sorta di egualitarismo narcisistico e disinformato sembra avere la meglio sul tradizionale sapere consolidato. Medici, professori, professionisti e specialisti di ogni tipo non sono più visti come le figure a cui affidarsi per un parere qualificato, ma come gli odiosi sostenitori di un sapere elitario e fondamentalmente inutile. Che farsene di libri, titoli di studio e anni di praticantato se esiste Wikipedia? Perché leggere saggi, ricerche e giornali quando Facebook mette a nostra disposizione notizie autentiche e di prima mano? L’apertura di internet e la sua apparente libertà sono solo i primi colpevoli contro i quali Nichols punta il dito. Oltre ai social network, alla democrazia dell’«uno vale uno» e ai semplicismi che la rete favorisce, l’autore attacca anche l’emergere del modello della customer satisfaction nell’educazione universitaria, la trasformazione dell’industria dei media in una macchina per l’intrattenimento fruibile 24 ore su 24 e la spettacolarizzazione della politica. «Tutti dovrebbero leggere questo libro», ha consigliato Paolo Gentiloni al Forum Ambrosetti a Cernobbio, e Sabino Cassese, nella recensione al volume, commenta: «Un libro che mostra che l’ignoranza non è un valore di cui andare fieri, ma che élite ed esperti che tendono a chiudersi nel proprio campo non sono senza peccato. Un invito al dialogo e alla cooperazione di cui le società moderne hanno un disperato bisogno».
(Dalla bandella di copertina)
(Dalla bandella di copertina)
Jean Delumeau
La paura in Occidente
il Saggiatore 2018
pp. 615 - euro 29,00
Paura degli spiriti dei morti, delle tenebre e tempeste, delle bestie feroci e del mistero femminile. Paura di sciagure, carestie, cataclismi ed epidemie. Paura dell’ira di Dio e dell’apocalisse. E allora dagli all’untore e la caccia alle streghe. L’uomo ha sempre avuto bisogno d’individuare qualcuno da temere (e punire) per dominare l’angoscia ancestrale. Delumeau indaga le attrezzature mentali della società preindustriale e scova una nebulosa che ha costituito la radice di tutte le pratiche culturali dell’Occidente. Perché la paura è un dispositivo essenziale per sottrarsi ai pericoli e sfuggire provvisoriamente alla morte, ma protratta all’infinito diventa una minaccia per l’equilibrio psichico individuale e collettivo. Come controllarla? Fabbricando paure particolari, oggettivando l’angoscia. Passando da un sentimento viscerale ingovernabile a un nemico dotato di volto e nome. I detentori del potere della civiltà europea tra il XIV e XVIII secolo stesero così l’inventario dei mali che Satana era capace di provocare e la lista dei suoi agenti: musulmani, ebrei, eretici, donne, streghe ecc. Fu tranquillizzante pensare la peste come un flagello mandato da Dio per punire l’umanità peccatrice. Fu la soluzione al trauma generale. L’autore sonda questa corrente sotterranea della storia umana facendo ricorso alla più ampia messe di fonti e agli strumenti offerti dalle più diverse discipline.
(Dalla quarta e dalla bandella di copertina)
(Dalla quarta e dalla bandella di copertina)