Presentando l’ultimo numero dell’anno 2017, la Direzione e la redazione augurano un sereno anno nuovo, con il desiderio di contribuire ad allietare l’ozio natalizio offrendo spunti di riflessione sui temi dello spionaggio e della geopolitica. In quest’ottica, Gnosis propone un cammino à rebours, sulle orme di quelli che della storia dell’intelligence sono protagonisti, nell’accezione greca di coloro che combattono per primi, una sorta di antesignani che hanno maturato, sperimentato e lasciato ai posteri l’intuizione dell’importanza dell’informazione: è un approccio coerente alla linea editoriale che guarda sia alla tradizione, sorgente inesauribile di exempla, sia ai profondi cambiamenti da cui cogliere il senso e la direzione dei ‘semi del futuro’. Sergio Romano, nel suo Punto di vista, dipana il fil rouge della rivoluzione russa, di cui ricorre il centenario, tratteggiando le oscure pieghe che deviarono il corso degli eventi, dalla fase costituente al ‘terrore’ leninista, con uno sguardo ai primi passi della Ceka, la polizia segreta da cui nacque il Kgb sovietico. Più indietro, nella nebbia della cultura classica cinese, Gaetano Breccia ci apre alla conoscenza del Bingfa e dei 36 stratagemmi, capaci di guidare il condottiero nell’ambiguo spazio dove si riverbera ogni contraddizione, s’intrecciano gli opposti, si sfuma nella dissimulazione e nel dubbio. Le pagine che seguono ci invitano nella galleria dei demoni delle azioni e delle conoscenze segrete: Annibale, vindice e aggressivo, che logora l’argilla del ritualismo romano di una guerra «justa, in gerendo», troppo esposta all’arte punica della dissimulazione (Giovanni Brizzi); Cesare, più opportunista e sagace, che alla virtù militare affianca un sistema organizzato di spie a tutela di una grande Roma che non accetta più sconfitte (Enrico Silverio); Gengis Khan e la mongola infowar delle origini, oggi tanto dibattuta (Carlo Jean); Innocenzo IV e la sua rete di Mendicanti cui è affidata l’evangelica diplomazia popolare e lo spionaggio sul territorio (Alberto Melloni); la schiera eletta dei vetrai veneziani che negli specchi e nelle loro segrete alchimie, simbolo della Repubblica di San Marco, riflettevano tutte le ambizioni, i tradimenti e le ambiguità dell’epoca (Andrea Molinari); Raimondo Montecuccoli, uomo d’arme e di cultura, che con la straordinaria avventura umana e militare, sintesi del Settecento europeo, offrì il volto nuovo di un’informazione colta e di una dottrina mirata all’azione (Franco Di Santo) e Francesco Morosini, naufrago nel decadente Seicento veneziano, tra gli abissi di un cambiamento tanto radicale da travolgerlo senza nemmeno la pietà dei posteri (Federico Moro). Sull’epopea napoleonica lo sguardo si slarga e si fa acuto per la trasformazione netta anche nel campo dell’intelligence, su cui troneggiano figure che la storia ha fissato nella memoria di citazioni infaticabili: Bonaparte, astro che resiste alla furia del tempo come nei giorni difficili e fortunosi della campagna italiana, tra nemici in casa e ambigui doppiogiochisti (Giulio Massobrio), geniale amministratore di una rete spionistica, in pace e in guerra, all’interno e nei teatri di conquista (Alessandro Gentili); Talleyrand e Fouché, «il vizio appoggiato al braccio del crimine», che del trasformismo e dello spionaggio spregiudicato seppero fare arte e personale abuso (Alessandra Necci). Si preparano sin d’allora nuovi tempi e lo spionaggio economico diventa sempre più importante, a supporto dell’espansionismo commerciale e politico delle nuove Potenze (Paolo Preto). Clausewitz coglie il bisogno di razionalizzare e disciplinare l’arte militare e dell’informazione e i suoi spunti, diventati nel tempo quasi dei vaticini, sono ancor oggi pietra miliare per i cultori della materia (Vincenzo Pezzolet). Anche la formazione e il confronto di esperienze a livello internazionale diventano essenziali per sfruttare le opportunità della prima globalizzazione, a metà dell’Ottocento, come dimostra l’attenzione del ministro Sella verso i temi dell’educazione politico-industriale nel Regno sabaudo (Giuseppe Della Torre). Nella complessità moderna, l’intelligence non può che affidarsi sia al ruolo di un decisore competitivo che abbia sensibilità informativa, capacità di vision e di anticipazione delle minacce, come in Churchill (Mauro Canali), sia all’attitudine di elaborare una dottrina strategica che valorizzi le radici storiche e i principi classici ma sappia innovarsi e adeguarsi alla nuova fisionomia geopolitica, come avvenuto in Cina (Fabio Mini). Sul piano della prassi, Eugenio Bilardo, Diego Bolchini e Yasmine Ouirhran suggeriscono di affrontare i temi cruciali della sicurezza moderna affidandosi a modelli e tecniche di Humint e di analisi più sofisticate, mirate e contestualizzate, soprattutto in un momento in cui alto è il rischio di quegli eventi traumatici, di quelle svolte epocali che inducono al tabù «nulla sarà come prima» (Umberto Broccoli). Sotto l’aspetto geopolitico, Pietrangelo Buttafuoco, con la sua vena originale, evoca le ombre del tramonto dell’Occidente di Spengler, seguendo la scia filosofica della decadenza e lasciando nel lettore un senso diffuso di ‘felicità’ scaduta. Un bozzetto di Luca Goldoni, inoltre, tratteggia con afro umorismo l’esperienza di un vincitore al totocalcio e coglie, tra commedia e tragedia, l’assurdo possibile di quel bilico su cui si squilibra la Fortuna verso il suo opposto. Concludono le ormai consuete rubriche: Roberto Ganganelli, e l’uso ‘operativo’ della moneta e le ‘citazioni numismatiche’ disseminate nella storia dell’intelligence; Giancarlo Zappoli, con il film Atomica Bionda, sanguinoso triplo gioco nei giorni del crollo del muro di Berlino; Giuseppe Pollicelli, e i fumetti spy dal dopoguerra al decennio scorso; Melanton, con virale potenza il suo dizionario umoristico. Gnosis vuole ricordare Alessandro Pansa, prematuramente scomparso nei giorni in cui si dava alle stampe questo numero: la sua voce, una delle più apprezzate della Rivista, ha arricchito con inedite valutazioni analitiche e con rara, affettuosa vicinanza e pari disponibilità. Ci mancherà molto, e il suo straordinario lascito umano e intellettuale sarà preziosa memoria e stimolo a proseguire con rigore e apertura l’itinerario culturale intrapreso.