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editoriale 3/2017

Anche in questo numero la Rivista offre uno spazio di riflessione sui temi più rilevanti dei nostri giorni, tra i quali si confermano, soprattutto dopo l’attentato del 17 agosto a Barcellona, il terrorismo islamico e le sue implicazioni.
Il Punto di vista di Sergio Romano mette in luce le radici storiche del ‘grande disordine mediorientale’, tra occasioni malamente eluse e miopie politiche delle Grandi Potenze, che si riverberano tutt’oggi sulla geopolitica internazionale.
Di tale complesso scenario, Pietrangelo Buttafuoco, con il suo tratto provocatoriamente raffinato ed evocativo, coglie l’intreccio ambiguo di una fitna ‘sussurrata’ e velenosa, di un apparato narrativo occidentale patologicamente controversistico e di un islam contraddittorio che viene considerato, tuttavia, unico antidoto alle sue derive radicali ‘assassine’, offrendoci, oltre a condensati spunti filosofici che stimolano approfondimenti, la bellezza tagliente della poesia della giovane pakistana Suhayman Manzoor.
All’interno di questo contesto magmatico, Claudio Lo Jacono illustra come la fragilità istituzionale della umma, sin dalle origini, derivi dall’incerta e irrisolta questione della successione califfale. Complicano la già intricata situazione sia il richiamo di giuristi medievali all’islamismo più radicale, che attrae ancor oggi la galassia dei fondamentalisti (Massimo Papa), sia un uso linguistico distorto del jihad, con una diffusa quanto impropria accentuazione militare e un riferimento esclusivo al periodo medinese del Profeta che occorre superare perché la comunità islamica possa agire in modo più contestualizzato ed efficace nella realtà odierna (Roberto Tattoli).
Assume un deciso rilievo il ruolo delle donne islamiche nei sempre più diffusi conflitti, che Deborah Scolart inserisce nella cornice più ampia di una sorta di diritto bellico musulmano, ma anche nella società e nel mondo della cultura e del lavoro, che Cristina Giannetti individua quale possibile anticorpo al fondamentalismo.
Sul fronte dello spionaggio, gli spunti di riflessione sull’intelligence nelle diverse epoche storiche proseguono con: Umberto Broccoli, la damnatio memoriae e la ciclicità distruttiva di certe vocazioni umane, vestite di simboli e di ideologie, volte a cancellare le testimonianze del potere precedente; Enrico Silverio, e l’importanza del possesso delle notizie ai tempi emergenziali della congiura di Catilina, privatizzato e polverizzato nei diversi centri di potere; Federico Moro, e l’informazione quale fattore competitivo ma, come dimostra l’esperienza della Repubblica Veneta, solo in presenza di comandanti lucidi e razionali che sappiano valorizzarla compiutamente; Luca Di Mauro, e l’influenza dell’intelligence ottocentesca, soprattutto inglese, sulla galassia carbonara delle origini; Gianluca Falanga, e l’ambiguità delle relazioni anche all’interno di ciascun blocco durante la Guerra fredda; Alessandro Goldoni, curioso osservatore degli archeologi dell’aria, attratti dalla ricerca di resti di velivoli e di equipaggi abbattuti durante l’ultimo conflitto mondiale.
Il tema della corruzione, che si conferma sempre di attualità, è declinato da Filippo Aragona in un’ottica culturale e filosofica da cui trarre anticorpi utili a una reale e partecipata prevenzione.
Manlio Graziano ritorna alla geopolitica mediorientale, proponendoci un’analisi degli attori in campo e delle loro relazioni così complicate da rendere evidente come un approccio occidentale di State building, tanto semplificato come quello del passato, possa aver condotto a compositi processi di crisi.
Virgilio Ilari, con la perizia dello storico militare, si addentra nel labirinto della geostoria al ritmo incalzante di eventi di due secoli e, soprattutto, delle loro ombre sottese che sfuggono alla percezione superficiale ma che alimentano, attraverso geometrie inedite, il gioco degli imperi e degli scenari internazionali, rassicurandoci che la «geostoria è profezia sul passato».
La necessità di un’analisi prospettica e la possibilità di avvalersi di strumenti di ricerca sempre più sofisticati costituiscono la premessa al testo di Andrea Carobene, il quale suggerisce l’uso di modelli fisici, matematici e del network per affinare la ricerca sociologica moderna.
L’incontro ormai tradizionale delle rubriche presenta per la filatelia le operazioni tedesche di propaganda in territorio britannico con l’uso delle V1 cariche di lettere di prigionieri inglesi (Domitilla D’Angelo); per il cinema il film Les Patriotes di Éric Rochant (Giancarlo Zappoli); per il fumetto, la graphic novel che tanto successo sta recuperando negli ultimi anni (Giuseppe Pollicelli); infine, per l’humour, i nuovi lemmi che ironicamente sintetizzano il senso spesso ‘doppio’ del mondo degli agenti segreti.

Nell’augurare una buona lettura, la Redazione segnala «Segreti», una collana editoriale presente in libreria, dedicata ad approfondimenti tematici sulla storia dell’intelligence.

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