La Rivista inaugura il 2017 proponendo spunti di riflessione sui persistenti mutamenti critici degli scenari geopolitici che si traducono sempre più, a livello nazionale, in inedite forme di rischio.
Sergio Romano, con l’ormai tradizionale Punto di vista, evidenzia le strette correlazioni tra progresso scientifico e sicurezza che, in assenza di condivise strategie di contenimento e negoziazione, possono indurre le nuove minacce, più pervasive e asimmetriche, a spiralizzazioni esponenziali e distruttive.
Tra gli agenti di trasformazione della nostra epoca l’esempio più minaccioso è quello del terrorismo islamico, sia perché difficilmente inquadrabile in una chiara cornice definitoria per la forte valenza politica della sua connotazione religiosa (Manlio Graziano), sia per la tendenza a strutturarsi come nebula jihadista, rigenerandosi in modo fluido e aderente agli obiettivi di volta in volta più convenienti e sostenibili (Ranieri Razzante).
La difficoltà di interpretare correttamente le dinamiche complesse del mondo arabo si riscontra nella semplificazione del problema a un mero ‘scontro di civiltà’, sull’onda di post verità che ormai schermano il rapporto con l’islam (Anna Maria Cossiga), ma anche nell’inadeguatezza di cogliere l’ambiguità irrisolta della primavera araba, sulle quali l’Occidente non sembra aver riflettuto abbastanza, così come sul proprio posizionamento strategico (Giancarlo Capaldo). Si assiste a una polverizzazione dello scenario orientale e all’emersione di nuovi attori, tra cui gruppi terroristici di differenti sigle e riferimenti, destinati a ridisegnare assetti e geografie del potere (Matteo Bressan), che coinvolgono anche il continente africano, soprattutto il centro e il Corno d’Africa, prostrati da esangui economie di guerre e da duri conflitti transfrontalieri, così da diventare bacino d’affiliazione al jihadismo internazionale (Germana Tappero Merlo), aprendo fronti domestici del terrorismo politico-religioso globale che ci potrebbero impegnare a lungo (Arianna Pacioni).
In un tale contesto si rileva l’attitudine del terrorismo islamico d’intercettare e attrarre le pulsioni antisistema che spingono alcuni giovani islamici di seconda generazione presenti in Europa verso posizioni estreme (Andrea Sperini), e di sfruttare le opportunità offerte dallo spazio digitale per imporre il brand del terrore anche con sofisticate qualità tecniche comunicazionali, ai fini di propaganda e di proselitismo cui opporre un’efficace contronarrativa (Marco Ventura).
Ne consegue la necessità, da una parte, di contemplare un’avanzata attività preventiva con strumenti tanto giuridici quanto psicosociali, volti a disinnescare i processi di radicalizzazione (Stefano Dambruoso) e di condensare più invasive esigenze di sicurezza da bilanciare, non senza difficoltà, con gli ineludibili diritti della persona (Eliana Pezzuto); dall’altra, di impiegare nuovi modelli nelle Forze armate per la sicurezza integrata all’interno e nei teatri di proiezione, contribuendo a una deterrenza e a una prevenzione sempre più specialistica, rassicurante anche sul piano della percezione della minaccia (Claudio Bertolotti – Francesco Lombardi).
L’affondo prosegue, con accento critico, su temi del passato che conservano un’attualità valoriale significativa: la pratica della damnatio memoriae che, nei secoli e sino a oggi, arma l’oltraggiosa mano del vincitore, che del nemico vuole cancellare ogni traccia (Umberto Broccoli); i fondamenti della corruzione nell’antichità greca e romana, tra censura morale e illegalità giuridica (Filippo Aragona) e la sicurezza interna nell’antica Roma, contro quegli atti eversivi che minano la tenuta politico-religiosa delle istituzioni (Enrico Silverio).
Altri qualificati aspetti della sicurezza sono trattati in rapporto alla crisi delle élite, cogliendo i segnali del cambiamento e le possibili derive anomiche (Mario Caligiuri); nella panoramica sulle opportunità comunicazionali offerte dalla civiltà digitale, in particolare nelle forme di social networking, anche sotto l’aspetto di una prevenzione antiterrorismo avanzata (Antonio Teti) e, infine, nella delimitazione della connessione tra geopolitica ed energia a livello internazionale, ove si evidenzia la rilevanza strategica della gestione della sicurezza degli approvvigionamenti sfruttando modelli scientifici e approcci analitici (Ettore Bompard – Andrea Carpignano – Marco Erriquez – Daniele Grosso – Francesco Profumo).
I moderni, profondi cambiamenti della minaccia riguardano anche l’attore criminale mafioso, sempre più evoluto in chiave crimino-affaristica, professionale e aziendale, imponendo un aggiornamento dei paradigmi della prevenzione e del contrasto (Giovanni Conzo – Franco Roberti – Roberto Vona), e ancor più nell’ambito dell’antiriciclaggio, per le implicazioni ineludibili degli innovativi sistemi digitali finanziari (Luigi Ciampoli).
A chiusura, le rubriche sulle monete del suggestivo Duecento asiatico al tempo di Marco Polo (Roberto Ganganelli); lo Snowden cinematografico che Oliver Stone tratteggia con fini orditi psicosociali (Giancarlo Zappoli); il diverso approccio umoristico dell’Agente segretissimo 001 di Fremura e di Light & Bold di Trillo (Giuseppe Pollicelli) e il tradizionale lato sorridente dell’intelligence (Melanton).