recensioni e segnalazioni 3/2015
Vittorio Criscuolo
Il Congresso di Vienna
il Mulino, 2015
pp. 229 - euro 17,00
di Yoritomo
di Yoritomo
Questo volume ci riporta nel respiro della grande storia, al crepuscolo dell’epoca rivoluzionaria di marca illuministica segnata dall’astro napoleonico e dal suo declino.
È il tempo del Congresso di Vienna in cui, tra il settembre 1814 e il giugno 1815, le quattro grandi potenze d’allora, uscite vincitrici dallo scontro impervio con l’imperatore francese, decidono di accordarsi per ridisegnare l’assetto del continente, definirne i confini interni e costituire un nuovo ordine. Una configurazione che sarebbe durata quasi cent’anni, sino alla deflagrazione del Primo conflitto mondiale, a seguito dell’omicidio dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando, a Sarajevo. L’autore affronta il tema partendo dalle premesse militari, diplomatiche e sociali che portarono Russia, Prussia, Gran Bretagna e Austria a organizzare il Congresso, per poi analizzare puntualmente la posizione dei protagonisti, lo svolgimento dei lavori, i rapporti di forza confliggenti e le conseguenti crisi di percorso. L’opera, grazie alla completezza di minuziose ricostruzioni, ci offre la possibilità non solo di annoverare fatti e circostanze spesso dimenticati dalla storiografia di matrice didattica, ma anche di considerare e apprezzare fattori sottovalutati in altre opere di settore e che, lucidamente, spiegano le decisioni assunte in quelle interminabili giornate di confronto. Giornate caratterizzate da irrigidimenti, fraintendimenti, forzature ed elusioni, nel grande paniere di interessi contrapposti che avrebbero dovuto stemperarsi a favore di un equilibrio politico duraturo e bilanciato. La dovizia di particolari, sapientemente inanellati e contestualizzati, costituiscono il sale del racconto. Un tracciato espositivo straordinariamente valorizzato da riflessioni critiche fondamentali che alimentano il giudizio della storia.
Gli approfondimenti proposti dall’autore, infatti, riguardano da un lato l’esito dei lavori di Vienna che, di fatto, non hanno premiato l’anelito di libertà e autonomia delle numerose nazionalità presenti sui territori del vecchio continente e, dall’altro, la sottolineatura di come per la prima volta nell’era moderna sia scaturito l’istituto della ‘coalizione’. Al Congresso, cioè, viene riconosciuto il merito di aver inaugurato la via del negoziato e della concertazione; un metodo di trattare le questioni collegialmente, affrontando i gravosi problemi da risolvere in una prospettiva condivisa di lungo periodo. L’architettura decisionale emersa ai tavoli viennesi può considerarsi sicuramente la base assunta in seguito dagli Stati moderni per elaborare e declinare le rispettive linee relazionali, fino a giungere a successive e più sofisticate esperienze di tipo sovranazionale, di cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite costituisce l’esempio tipico. Il contenuto dell’opera di Criscuolo è arricchito dal cenno agli oneri logistici che la casa d’Asburgo dovette sostenere per realizzare l’evento che fece affluire nella capitale non solo consistenti corpi diplomatici e innumerevoli delegati delle corone europee ma, soprattutto, una variegata massa di oltre centomila visitatori di ogni tipo. Commercianti, abbienti turisti, malviventi e spie prezzolate occultamente dai governi che si sarebbero confrontati all’apertura dei colloqui. Lo sforzo della polizia asburgica fu enorme come, d’altro canto, fu effervescente e intensa l’attività di intelligence e contro intelligence realizzata dalle parti in campo, in un susseguirsi ininterrotto di caccia a documenti segreti e informazioni riservate che avrebbero potuto compromettere o influenzare gli interlocutori ufficiali. Venne praticato un vero e proprio gioco sommerso, consumato con astuzia e spregiudicatezza degne della più fervida fantasia letteraria. Non si contarono atti di corruzione, proposte suadenti per fini di tradimento istituzionale, sottili ricatti, esasperati controlli della corrispondenza privata e diplomatica, a cui vennero dedicati funzionari sotto copertura e avventurieri del bel mondo, sapientemente addestrati alla mistificazione dagli apparati di sicurezza. Uno spaccato accattivante capace di attrarre sia il ricercatore storico che l’appassionato di spionaggio. Il Congresso di Vienna fu anche questo e, sicuramente, non fu marginale, al netto degli intendimenti più nobili dell’alta politica che, ancora ai giorni nostri, non può − e forse non deve − rinunciare all’utilità dell’indicibile. Con questo testo, esempio di storiografia evoluta e piacevole, l’autore ci rende osservatori postumi di un frammento di storia ‘in azione’, capace di lasciar filtrare un flebile senso d’appartenenza e uno sforzo ancora incompiuto: quello dell’unità d’Europa.
Vittorio Criscuolo
Napoleone
il Mulino, 2009
pp. 267 - euro 18,00
di Kitano
di Kitano
Vittorio Criscuolo ci ripropone la storia dell’uomo che più di ogni suo contemporaneo ha incarnato il concetto di Europa e di potere, non solo nell’immaginario collettivo. Napoleone viene rappresentato nella poliedrica funzione di rivoluzionario, condottiero e statista, capace di orientare lo spirito del vecchio continente e determinarne l’assetto al tramonto delle monarchie preilluministiche. Un nuovo ordine imposto con l’egemonia delle armi e con l’influenza di nuove idee, di cui il Corso fu portatore, con opportunismo e determinazione ragguardevoli. L’autore fonda il proprio lavoro su un’opera precedente, divulgata dodici anni addietro, arricchendone i contenuti attraverso l’introduzione di nuovi temi che, senza discostarsi dalla centralità della figura epocale di Napoleone, focalizza significativi aspetti del quadro storico in cui si è mosso il protagonista.
Vengono trattati l’intervento francese in Spagna, il conflitto politico-economico con l’Inghilterra, la conseguente nascita del ‘bonapartismo’. Un ampliamento di scenario che puntualizza la dimensione globalizzante del Bonaparte, sottraendolo da giudizi incompleti e spesso affrettati. Interessanti i capitoli dedicati da un lato ai rapporti tra l’imperatore e la chiesa secolare, e dall’altro alla cifra storico-sociale dell’avventura napoleonica. Tali argomenti assegnano alla trattazione di Criscuolo un significato di rilevanza scientifica in quanto colgono il paradigma di maggior impatto delle ‘politiche’ napoleoniche. Condotte che hanno infranto i cardini settecenteschi dell’esercizio del potere statuale e, d’altro canto, hanno gettato i semi di rinnovazione del Continente. Due elementi interconnessi che avrebbero condizionato vita e costumi di milioni di europei, sudditi anche di altre corone ma irrimediabilmente coinvolti in dinamiche inarrestabili che attraverso l’inevitabile intreccio di alleanze, intese e conflitti, giungono sino a noi.
La lettura di questo volume, frutto di una ricerca storiografica maturata negli ultimi anni in numerosi centri culturali di settore, contribuisce ad alimentare informazioni e conoscenze ma il suo miglior pregio è stimolare riflessioni civiche, tanto più utili quanto più basate sui fatti e valutazioni. Infatti, conoscendo di Napoleone nell’ottica offerta da questo libro, risulta più agevole considerare come sia sbagliato e pericoloso evocare personaggi mitici per usi distorti, dibattiti ideologici infruttuosi, interpretazioni sbrigative e manipolatorie che anche l’odierno esercizio politico tristemente ci consegna a uso esclusivo delle parti in campo.
Uno come lui, radicato nelle pieghe di oltre duecento anni di storia, diviene il conquistatore non solo di territori ma anche, e soprattutto, il riferimento per una visione autentica del recente passato della nostra Europa, dove ancora scorrono fluidi antagonismi e malcelate contrapposizioni, in uno slancio utopico di unità.
Personaggio critico, il Napoleone di Criscuolo, che merita di essere studiato e conosciuto per quello che realmente ha rappresentato, forse anche a sua insaputa, in un palcoscenico la cui contestualizzazione non può risolversi in retoriche iconografie, a cui troppo spesso il popolo studentesco e il disattento appassionato di storia vengono costretti.
Il valore aggiunto di questo lavoro, al netto delle ricostruzioni fattuali, risiede nell’offerta di intelligenti e coinvolgenti spunti interpretativi dell’operato di un grande generale, il cui principale lascito supera le battaglie vinte o perse sul campo, profilando un’originale parabola scaturita dalla rivoluzione francese, passata al vaglio del Congresso di Vienna e, forse, non ancora giunta a termine.
Henry Kissinger
Ordine mondiale
Mondadori, 2015
pp. 405 - euro 28,00
di Nasen
di Nasen
Quest’ultima fatica di Henry Kissinger è una lectio magistralis di storia, geopolitica e sociologia. Il politologo di razza emerge con tutta la sua esperienza, proponendo al lettore un’opera dai contenuti attualissimi, enunciati con stile piacevole e asciutto, che lascia spazio a riflessioni libere e costruttive.
Le vicende del mondo contemporaneo in subbuglio mettono a dura prova la convivenza, l’esercizio del potere, gli stessi princìpi democratici e l’Autore non ha resistito al richiamo. La penna scivola sicura nei gangli vitali del disordine che ci avvolge per offrirci un testo denso di fatti, considerazioni e − quel che più conta − lucide valutazioni prospettiche. Un perfetto esercizio di pragmatismo e visione strategica, in grado d’inquadrare con rigore antologico le vicende odierne, evocando l’auspicio di un nuovo ordine che sappia recuperare le occasioni perdute dai centri di potere, dalle diplomazie disattente e dalle politiche miopi dei paesi occidentali. Il testo è cronologicamente ordinato in temi cardinali, focalizzati e analizzati con fluida consequenzialità, impreziositi da considerazioni che accompagnano il lettore a fondersi con il messaggio culturale e i ragionati moniti che solo un fine internazionalista è in grado di proporre con persuasiva energia e lucidità. La penna parte dall’Europa, governata da un ordine pluralistico che dalla guerra dei Trent’anni scivola sulle conseguenze della rivoluzione francese. Prosegue registrando i fattori principali degli equilibri di potere nel continente, a seguito del Congresso di Vienna, sino ai giorni nostri. Lascia, poi, il tracciato occidentale per inoltrarsi nelle realtà mediorientali, analizzandone le derive teocratiche e le declinazioni di government. La carrellata segue un filo robusto che nemmeno il lettore più superficiale può perdere: è il filo dell’analisi critica e della realtà. Il saggio si presenta valorizzato dalla coesistenza di due dimensioni, quella dei fatti e quella delle acute valutazioni, intercalate senza scalfire la densità del racconto che, così, assume uno stile pagante, stimolando curiosità, quesiti, dubbi e intime sollecitazioni civiche dal profumo kantiano. La penna continua il suo viaggio verso l’Asia e gli Stati Uniti. Qui il tempo s’accorcia entrando nell’attualità, dove l’Autore non risparmia sferzanti critiche all’espansionismo delle grandi potenze e al significato di ordine mondiale, legittimato da logiche teorematiche, fondato sull’esportazione forzata e inutile di formule democratiche. Pratiche più virtuali che virtuose, destinate a seminare conflittualità permanenti, ‘ribellismi’ incontrollabili ma, soprattutto, a privare le leadership di turno della capacità di instaurare una dialettica internazionale che superi opzioni ormai vetuste quali il bipolarismo, il concetto di superpotenza unica, il federalismo di maniera. Questo argomento, sicuramente scivoloso, viene affrontato partendo dalle molteplicità del continente asiatico in competizione con l’Occidente, passando dalle politiche di uomini come Roosevelt, Franklin, Nixon, Reagan, Clinton e terminando con un attento esame delle recenti sfide, costituite dalle innovazioni della tecnologia, della cibernetica e dalla proliferazione nucleare. Il percorso è arricchito da considerazioni che confermano Kissinger come maestro della realpolitik originata in parte dal pensiero filosofico-sociale di Max Weber: l’esigenza, cioè, di svincolare il più possibile la politica e le relazioni internazionali da elementi squisitamente valoriali. In questo senso, Kissinger considera i valori distanti dai capisaldi dell’agire politico, principalmente perché la natura dell’uomo può trasformarli in fanatismo, fondamentalismo, irrazionalità che ben lontani furono tenuti dai tavoli di Westfalia nel 1648 e di Vienna nel 1815. Le lezioni della storia vanno ascoltate! Diverso è l’apprezzamento per un’adeguata componente di idealismo, da intendersi quale accettazione di idee etiche a compendio delle linee guida adottate dai detentori del potere. Il giusto dosaggio d’idealismo e buon senso rende la politica una scienza, al servizio della sicurezza e del supremo interesse collettivo. Quale potrà essere, in conclusione, il nuovo ordine ipotizzato dallo scrittore? Quello in cui gli Stati Uniti manterranno una quota di supremazia a patto che sappiano interagire di concerto con altre realtà socia
li emergenti, fondando una rinnovata cultura globale che superi le priorità settoriali. Le preposizioni offerte in questo lavoro risultano di piena attualità se si considerano le recenti tensioni tra Russia e America che, a seguito della crisi ucraina, ci riportano a respirare il vento della Guerra fredda. Un vento che, senza l’adozione di un nuovo ordine, rischia di restare ciclico. Per tali e altre ragioni, che ogni appassionato di questi temi potrà autonomamente trarre, il realismo disincantato e il conservatorismo fortemente difesi in questo libro offrono un contributo importante per chi voglia coltivare la propria sensibilità civile, così come per chi sia chiamato istituzionalmente a responsabilità internazionali, lontano da frastuoni mediatici fuorvianti.
Antonio Teti
Open source intelligence & cyberspace.
La nuova frontiera della conoscenza Rubbettino, 2015
pp. 266 - euro 16,00
di Conan
La nuova frontiera della conoscenza Rubbettino, 2015
pp. 266 - euro 16,00
di Conan
Il libro di Antonio Teti, da tempo apprezzato collaboratore della Rivista su tematiche legate all’ambiente cyber, reca un titolo impegnativo, intrigante e denso di aspettative.
Il volume è articolato in quattro capitoli che hanno, come comune denominatore, il proposito di valorizzare il prodotto del cyberspazio, inteso come il risultato della raccolta di tutte le ‘fonti aperte’ disponibili, ai fini d’intelligence. Nel primo capitolo viene affrontato il rapporto tra tecnologie digitali e quantità di dati, in relazione alla varietà degli strumenti tecnologici e alla facilità di accesso alle fonti. La sfida dell’intelligence è, oggi, quella di procedere con speditezza all’analisi di una ‘massa critica’ di notizie − ricorrendo anche a strumenti di analisi semantica e di intelligenza artificiale − trasformandola, ove possibile, in informazioni utili. Il secondo prende in esame l’origine del processo d’intelligence rappresentato dall’individuazione dell’esigenza informativa da parte del decisore. Questa fase risulta particolarmente delicata e comporta l’adozione di specifiche metodologie di valutazione sull’affidabilità delle svariate fonti aperte. Il terzo capitolo è dedicato al tema dei Social Network. L’utente della rete, produttore e consumatore di ‘dati’ è artefice di un numero esponenziale di contatti multimediali, potenzialmente infinito. L’Autore, nel sottolineare l’importanza di tale piattaforma a fini d’intelligence, descrive nel dettaglio le informazioni desumibili dai profili degli utenti, delle connessioni e degli ambiti in cui tali notizie si estrinsecano. Da ultimo vengono presi in esame gli aspetti più reconditi del web. La quarta parte, infatti, è dedicata ai miti e alle realtà delle informazioni nel cyberspazio: il lato oscuro della Rete.
Vengono ripresi i più importanti studi in materia di Dark net o Deep web − definito come l’insieme delle risorse informative non indicizzate dai più noti motori di ricerca e, quindi, non fruibili − e che rappresentano il 95 % delle informazioni presenti in rete, mentre il rimanente 5% è costituito da quelle disponibili per una diretta reperibilità. In questo capitolo, inoltre, sono descritti i più innovativi strumenti di esplorazione della rete Tor che, a oggi, rappresenta il principale mezzo di comunicazione occulta.
Paolo Rumiz
Come cavalli che dormono in piedi
Feltrinelli, 2014
pp. 261 - euro 18,00
di Corito
di Corito
Il volume è dedicato agli oltre centoventimila trentini e giuliani che, sudditi dell’Impero austro-ungarico, nell’agosto del 1914 andarono a combattere sul fronte russo con quella ‘montura’ grigio-azzurra. Rumiz decide di seguire un itinerario ferroviario che ripercorra i luoghi dei combattimenti più cruenti; nell’evocare le vicende realmente accadute e nel fissare i pensieri più profondi, sottolinea come, «fin dall’inizio, il viaggio alla ricerca dei Caduti era stato un percorso alla ricerca della memoria che di essi l’Europa aveva conservato». Quello dell’Autore è un cammino tra i morti ma, al contempo, egli intende ridestare le coscienze dei vivi che sembrano affetti da quella smemoratezza dell’Europa attuale − una sorta di ‘sonnambulismo’ − che tollera passiva il ravvivarsi di focolai di balcanizzazione dal Belgio alla Catalogna e il riproporsi di una nuova cortina di ferro dall’Ucraina al Baltico, proprio sulla stessa linea del 1914-18. Il racconto risulta così articolato su due percorsi paralleli: da un lato, una visione pressoché onirica di località, battaglie, fiumi e cimiteri; dall’altro, una narrazione intensa di reduci, parenti e nostalgici che, in una coralità di voci, riporta alla luce un periodo quasi dimenticato di quel terribile 1914 quando, da agosto a dicembre, la Galizia inghiottì «due milioni di uomini, fra morti, feriti e prigionieri, nel solo settore austriaco». Lungo il suo viaggio, l’Autore raccoglie le indiscrezioni e i sentimenti di tedeschi, italiani, austriaci che sembrano parlare nella stessa lingua della morte patita e le croci dei cimiteri piccoli e grandi che incontra nel suo cammino mostrano, quella croce simbolo di devozione e testimonianza del sacrificio di tanti giovani ma, soprattutto, emblema per onorare con partecipata costernazione la memoria di tutti i caduti.