recensioni e segnalazioni 4/2014
Zygmunt Bauman, Leonidas Donskis
Moral Blindness.
The Loss of Sensitivity in Liquid Modernity Cambridge - Polity books, 2013 pp. 224 - euro 25,30
di Lasthero
The Loss of Sensitivity in Liquid Modernity Cambridge - Polity books, 2013 pp. 224 - euro 25,30
di Lasthero
Le conversazioni fra due autori rappresentano uno stile letterario originato nei dialoghi di Platone: ciascun capitolo è una discussione che s’avvia con una serie di domande, poste da Leonidas Donskis, seguite dalle risposte di Zygmunt Bauman. Attraverso la conversazione – che con lo scorrere delle pagine tradisce una crescente potenza di pensiero – gli autori conducono una fiera battaglia contro la perdita dei valori nella società contemporanea e alzano la loro voce per denunciare la decadenza morale del mondo intero causata dalla combinazione fra il moderno affarismo commerciale e la rassegnazione all’assenza di etica in politica: l’ultima causata dalla prepotenza del primo. Lo scopo di questa testimonianza di logica razionale e di affezione al rigore morale (combinazione già esplorata da Kant: nota che segna la misura del respiro intellettuale dell’opera) è quello di opporsi alla cecità morale sull’esempio di Antigone, l’eroina della tragedia di Sofocle. Bauman riprende alcuni temi («Cosa ci resta della lezione dell’Olocausto?») già affrontati in precedenti lavori (Modernità e Olocausto e Modernità liquida); muovendo nella loro scia e raccogliendone lo spirito, Moral Blindness pone due fondamentali domande: «Come ci si può comportare nel rispetto dell’etica in un mondo di modernità liquida dominato dal consumismo?». «È possibile combinare e temperare gli obiettivi materiali (razionalizzazione ed efficienza) con la sensibilità verso gli altri?».
Una delle chiavi di lettura del mondo moderno è l’Olocausto: non già un ricordo, «un quadro appeso al muro», ma piuttosto una finestra attraverso cui tutt’ora scorgere gli aspetti nascosti o invisibili della società. Attraverso questa lente, gli aspetti che caratterizzano la cecità morale, ritenuti ormai segni distintivi della società contemporanea, sono analizzati con l’obiettivo di denunciare ciò che gli antichi greci indicavano come adiaphora (concetto della filosofia stoica per indicare cose che sono al di fuori dalla legge morale... ). L’adiaphora implica un atteggiamento indifferente verso gli accadimenti che non ci riguardino direttamente: una paralisi morale che non solo alimenta l’insensibilità verso il prossimo, ma – atrofizzando il suo naturale antidoto, i sentimenti – la eleva a paradigma. Il male, secondo gli autori, non è infatti circoscritto a quando si è costretti ad agire in condizioni estreme, dove il confine fra giusto e sbagliato si assottiglia, quando è più difficile – ancorché non impossibile – fare la scelta giusta, ma si evidenzia nella quotidianità, con l’indifferenza verso la sofferenza altrui, con l’incapacità o, addirittura, il rifiuto di comprendere i miseri, i diseredati, allontanandosi distrattamente e con noncuranza dal proprio cammino etico. Il male e questa moral blindness (cecità morale) non sono manifestazioni anomale o eccezionali ma accompagnano fin troppo evidentemente ogni momento della vita contemporanea; si nascondono nella banalità e, soprattutto, nella volgarità dell’esistenza di ogni giorno.
In un mondo dai ritmi scanditi da guerre sanguinose e guadagni insaziabili, dove i comuni mortali si mettono in fila, preoccupati di non riuscire ad avere l’ultimo gadget e si compiacciono dei pettegolezzi televisivi, si vive un’esistenza frenetica dove non rimane alcuno spazio per cose che abbiano vera importanza. Si rischia così di perdere completamente e fatalmente il senso della vita dell’Uomo, il cui segno distintivo è costituito dai rapporti di umanità verso il prossimo. La società di oggi, così infarcita di esteriorità e di vanità, cerca sensazioni attraverso l’interesse verso le celebrità o l’adorazione delle stelle del cinema e della tivù, seguendo avidamente le notizie riecheggiate e ingigantite dai mezzi di comunicazione come se fossero questioni di straordinaria importanza mentre, a ben vedere, tradiscono impietosamente l’assenza di ogni valore. Così dal male, costituito e alimentato dall’indifferenza elevata a sistema di vita, si giunge a negare il male stesso, soffocandolo in una spaventosa normalità che diviene tanto più orrenda quanto più accettata da gente considerata pienamente sana. Così la perdita di sensibilità progredisce senza freno nella società moderna, fra la paura di alcuni e l’indifferenza di altri, mentre si smarrisce la memoria e il concetto dei criteri a cui l’umanità era abituata, fin dai tempi biblici, per distinguere il male dal bene. In questo decadimento morale si fanno strada nuovi concetti e nuove idee che cercano di dare un senso alle cose senza significato e senza basi ideologiche di alcun tipo.
In questo quadro che gli autori dipingono come premessa di una catastrofe annunciata, il ‘Declino dell’Occidente’, si innesta la ‘Crisi della Politica’ alla quale manca totalmente la ricerca di un linguaggio di sensibilità. In particolare la crisi dell’Unione Europea causata non da tragedie (come le guerre del passato) ma dalla condanna all’asfissia e alla paralisi decretata non da Monarchi o Grandi Imperatori ma dalla burocrazia, dall’estinzione della cultura e dallo strapotere di banchieri o finanzieri, mossi esclusivamente dalla loro ingordigia, che hanno convertito la crisi globale in un personalissimo successo. Il primo corollario che ne deriva è la mancanza di fiducia nel sistema democratico; il secondo, le imprevedibili conseguenze che questa sfiducia può comportare.
«Il mondo attuale – afferma Bauman – sta trasformando tutti gli uomini in piccoli Don Juan»: un mondo di intimità senza amore, in cui diventa normale scegliere di convivere con persone conosciute per la prestanza fisica o l’aspetto esteriore, ma pressoché estranee sotto il profilo morale, intellettuale, familiare e sentimentale. È qui che il dialogo degli autori spinge il lettore in uno degli approfondimenti più entusiasmanti del libro: l’anomalia di tale normalità risiede nel fatto che alcune scelte essenziali per l’Uomo (come quella di condividere la propria vita con un’altra persona) vengano fatte senza la coscienza della loro estrema fragilità; la scelta di condividere con altri ciò che di più importante un Uomo possiede, la propria vita, dovrebbe essere vista e riconosciuta come un ‘miracolo’ che andrebbe certamente a svanire senza il necessario, costante impegno per farlo sopravvivere. Accade invece il contrario: il rifiuto dell’impegno, una sorta di otium morale (con le parole di Cicerone), l’invenzione dello stratagemma e l’affermazione dell’ipocrisia finalizzate a evitare il sacrificio; accade dunque di voler costruire il proprio successo e inventarsi il proprio mito a spese del prossimo, usando quest’ultimo come componente essenziale del proprio disegno. Esattamente come Don Giovanni.
Non ci si dovrà dunque chiedere in quale forma o modo, presto o tardi, arriverà il convitato di pietra dell’opera mozartiana. Egli arriverà di sicuro, portando inesorabilmente con sé, insieme al castigo, tutte quelle cose di cui si ride apertamente in questa epoca globale di gioventù e di culto dei giovani corpi: e cioè la vecchiaia, la solitudine e l’oblio.
Sarà utile ricordare che niente, nella storia della Umanità, è mai riuscito a conquistare qualcosa di valevole a eccezione dell’amore, dell’amicizia, della lealtà e il seme di questi: lo spirito di creatività.
Paul Simpson
Storia delle spie
Dalla Guerra Fredda al Datagate Odoya, 2013 pp. 350 - euro 20,00
di Minoru
Dalla Guerra Fredda al Datagate Odoya, 2013 pp. 350 - euro 20,00
di Minoru
Una dimensione particolare della storia contemporanea, che si apre negli anni della Seconda guerra mondiale e, sfumando, giunge ai giorni nostri, costituisce il tema di questo lavoro editoriale.
È la dimensione dello spionaggio moderno.
Paul Simpson affronta gli aspetti salienti degli equilibri mutevoli tra Occidente e Oriente percorrendo il tratto di storia lungo il tracciato sommerso dell’intelligence che mai, come nell’epoca considerata, è divenuta fattore fondamentale di strategie politico-sociali.
Nel testo sono esposte le vicende e gli aneddoti significativi dell’evoluzione e operatività sul campo dei servizi segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna e del blocco sovietico, impegnati in una guerra clandestina per influenzare il resto del mondo a proprio favore. Il lavoro si basa su una documentazione ufficiale resa disponibile dai governi di molti paesi e su inchieste giornalistiche che, nel tempo, hanno analizzato avvenimenti sconosciuti all’opinione pubblica proprio perché riconducibili a una guerra tra spie.
A conclusione di un excursus sull’architettura e sulle linee organizzative del servizi occidentali ricostituitisi al termine del secondo conflitto mondiale, Simpson ne ripercorre l’attività attraverso tre fasi principali: spionaggio politico-militare durante la Guerra Fredda; spionaggio economico-industriale finalizzato ad assicurare una potenziale egemonia sull’avversario; guerra al terrorismo di ispirazione politico-religiosa. In questi scenari è descritto come erano reclutate, addestrate e manipolate le spie, rincorrendo o anticipando le scelte della controparte, in una spirale di giochi dalle tinte inquietanti. Ne emerge un intrigante racconto di operazioni al limite della fantasia, condotte nei teatri internazionali più caldi e spesso nei santuari del potere politico avversario. Teatri dove il ricorso alle spie ha acceso e spento focolai di conflittualità e dove si è cimentata, aperta o sotterranea, la ragione di Stato attraverso infingimenti, trappole, omicidi e tradimenti. Simpson non indulge in valutazioni moralistiche e introduce l’annoso tema della legittimazione politica e del controllo dell’intelligence nei sistemi democratici contemporanei. Il latente e accattivante quesito su vincoli e limiti d’azione dello spionaggio moderno, sulla responsabilità ultima delle operazioni fallite e dei segreti scomodi non trova risposta, se non nelle rare eccezioni dei grandi statisti. Negli altri casi il mestiere dello spionaggio è considerato una medicina necessaria per curare mali incurabili. Il testo si conclude con un’interessante postfazione di Antonella Beccaria che propone l’attualissimo tema del ‘controllo di massa’, esercitato pervasivamente attraverso sistemi tecnologici che tracciano la nostra esistenza, per esigenze di mercato e sicurezza sociale. È il mondo dell’intelligence cibernetica e geospaziale, non ancora pienamente disciplinato da norme in grado di bilanciare il diritto alla privacy con quello della tutela collettiva. È la nuova frontiera che consentirà al mondo dell’intelligence, come già avviene, di combattere le proprie battaglie con maschere diverse dal passato.
Carlo De Risio
Servizi segreti
Ibn, 2014
pp. 186 - euro 16,00
di Tadashi
di Tadashi
La storia non fa sconti, anche se è la storia di una guerra recente. Certezze e segreti si mischiano alimentando presunzioni e labili verità. Il libro di Carlo De Risio, che ‘cammina’ su questa riflessione con l’onestà del ricercatore, offre uno spaccato originale seppure sintetico dell’operato del nostro Servizio Informazioni Militare (Sim), negli anni 1940-1943 quando, a fianco dell’alleato tedesco, si è contrapposto ai potenti servizi anglo-americani, senza mai perdere autonomia operativa. In particolare, analizzando con rigore e acume investigativo numerosa corrispondenza tra gli Alti Comandi dell’epoca, l’autore seleziona alcune brillanti quanto dimenticate azioni svolte dai nostri servizi segreti che, grazie a eccezionali professionisti provenienti in gran parte dall’Arma dei Carabinieri, hanno saputo meritarsi il plauso dell’Ammiraglio Wilhelm Canaris, capo dell’Abwehr – il servizio informativo centrale tedesco – e il rispetto quasi reverenziale dell’intelligence avversaria. Sono narrati alcuni dei successi più significativi del Sim, episodi e tecniche d’infiltrazione dei nostri operatori occulti, senza mai indulgere in derive romanzesche dal gusto iconografico.
Il racconto è asciutto, documentato, rispettoso delle verità acquisite e, in particolare, riesce a contestualizzare vicende avvolte nel clima oscuro e quasi eroico dell’epoca, in cui soldati ‘senza divisa’ combattevano battaglie ‘coperte’ – spesso privi di direttive precise – per agevolare e guidare quelle dei loro commilitoni sul campo.
Lo scenario dipanato si riempie di particolari spesso sfuggiti alla voluminosa letteratura di settore, colmando una lacuna non secondaria anche per gli appassionati della materia: eventi significativi, riposti in archivio da vinti e vincitori, con il pudore che la storia suggerisce, ancorché portatori di significati alti, quelli di patriottismo, dovere, sacrificio.
Dati oggettivi, riflessioni equilibrate e assenza di giudizi affrettati fanno di questo saggio una lettura utile anche perché in quei frangenti si è scritto parte del nostro destino, ben prima dell’8 settembre 1943.
Nel corso della ricerca l’autore si è imbattuto sull’operato del Sis, il servizio informativo della Regia Marina italiana, i cui vertici, nel convulso ‘gioco delle spie’ di quegli anni, avrebbero propiziato l’acquisizione da parte di agenti nemici di dati sensibili circa l’entità e l’impiego delle nostre forze schierate nello scacchiere sud del Mediterraneo. Dai documenti considerati affiora una falla sull’efficienza e affidabilità di alcuni settori della Regia Marina. Il sospetto storico che ciò sia avvenuto è scolpito in una sconosciuta sentenza della Suprema Corte che, nel 1950, attribuiva all’Ammiraglio Maugeri, a capo del Sis, intelligenze con Potenze avversarie anteriormente all’8 settembre 1943. Un’accusa che non consente di esplorare la reale motivazione di quelle ‘intelligenze’, probabilmente funzionali ad accelerare la fine del fascismo per il bene del Paese, dilaniato da una guerra che sarebbe divenuta fratricida.
Stefano Musco
Storia dello spionaggio antico
Aracne, 2014
pp. 228 - euro 15,00
di Maruro
pp. 228 - euro 15,00
di Maruro
Nessuna minaccia, reale o presunta, può essere contrastata con successo senza informazioni precise e tempestive. È una verità che i popoli hanno posto a base delle proprie dinamiche conflittuali interne ed esterne, sin dall’antichità. Conoscere le intenzioni e le azioni dell’avversario si è rivelato condizione fondamentale per definire assetti politici e strategie belliche. L’intelligence o, più semplicemente, lo spionaggio ha condizionato la storia dei conflitti in tutte le latitudini geografiche e culturali, irrompendo nelle dottrine sociali e di combattimento, quale ingrediente essenziale per assumere decisioni.
Con questo saggio Stefano Musco colma una lacuna del mondo letterario accademico, analizzando le costanti storiche presenti in materia sin dagli albori delle comunità organizzate, attraverso focali correlate tra le tradizioni orientali e quelle occidentali/mediterranee. Lo studio che ne deriva consente di individuare teorie comuni e prassi ricorrenti in più contesti, talché le variegate tipologie di spionaggio e le tecniche impiegate per ‘vincere’ attraverso la superiorità informativa lasciano emergere un paradigma comune che, sostenuto dalle evoluzioni tecnologiche, evidenza la propria validità secolare.
L’autore, pur immergendosi in uno spazio temporale dai confini estesi, affronta senza discontinuità tre temi cardine sui quali struttura la ricerca: la rilevanza dello spionaggio nelle opere dei pensatori classici; le fondamenta storiche dei servizi segreti e le reti informative nella politica dell’antica Roma.
Il testo, puntuale nei riferimenti, rigoroso nelle ricostruzioni e agile per le pertinenti riflessioni, consente di distillare principi e modelli ancora proponibili per l’organizzazione e la guida dei moderni sistemi d’intelligence, ancorché legittimati da più evolute percezioni dei concetti di sicurezza e democrazia.
Sull’imprescindibile legame tra spionaggio e potere politico-militare, sfondo al saggio, il binomio è indagato senza inciampare in ipocriti moralismi di maniera, esplorando eventi e casistica con piacevole tratto espositivo. Un lavoro coinvolgente, che presenta un doppio pregio: introdurre il lettore entro nicchie di storia spesso trascurate dalla bibliografia classica, ed enucleare, per agli appassionati della materia, un fattore determinante della ‘belligeranza’ storica – quello dello spionaggio – al netto di giudizi manichei di valore. Giudizi che spesso distorcono significato e scopi dell’intelligence contemporanea.
Eugenio Di Rienzo
Afghanistan. Il grande gioco
Salerno, 2014
pp. 159 - euro 12,00
di Takeshi
di Takeshi
Questo volume fa comprendere perché, ancora oggi, l’Afghanistan sia quella parte del mondo dove interessi e diatribe secolari hanno messo a confronto molti paesi occidentali a vocazione colonialistica. Sono affrontate le ragioni politiche, economiche e militari che, sin dai tempi di Alessandro Magno, hanno fatto sì che quella regione costituisse un ‘paradigma’ geografico per l’incontro e lo scontro di culture e tradizioni, dove la belligeranza armata e diplomatica non hanno trovato tregue significative. Un luogo infuocato dal continuo e feroce attaccamento dei popoli alla loro terra, martoriata da povertà e fondamentalismi. Una belligeranza persistente, alimentata dal combattentismo tribale di natura politico-religiosa dei ‘signori della guerra’, sostenuta dalla necessità di liberarsi dell’imperialismo e trasformatasi in insorgenza globalizzata, capace di chiamare allo ‘jihad’ islamisti di tutto il mondo, fino ai giorni nostri.
L’Afghanistan una terra ‘crogiolo’ che ha compulsato le politiche estere di tutto l’Occidente, modellando l’alibi di un ‘grande gioco’ ancora in corso, anche fuori dai suoi confini territoriali, dove si respira lo zeitgeist, lo spirito del tempo.
L’autore descrive la scaturigine e le dinamiche delle competizioni per il predominio dell’Afghanistan e, di conseguenza, per l’esercizio d’influenza diretta o asimmetrica sui teatri geopolitici limitrofi. Competizioni reiterate da parte di grandi potenze, risoltesi con conflitti a bassa ed elevata intensità, attraverso interventi armati e intrighi spionistici pianificati da ‘intelligence’ di mezzo mondo.
Un coacervo di iniziative palesi e sotterranee rispondenti a logiche nazionalistiche, divenuto particolarmente significativo a seguito della Prima guerra mondiale, per consolidarsi progressivamente nei decenni successivi, in cui i paesi europei, tra loro contendenti, avevano individuato la via di facilitazione nelle mire espansionistiche verso l’Asia e il sub continente indiano.
La rete intessuta dagli occidentali e dai paesi satelliti non ha ancora avuto epilogo ma, sicuramente, determina rilevanti sequele in termini di sicurezza globale. Focolai ciclici di tensione e di ingerenza territoriale giustificati dalla necessità di reprimere alla radice il terrorismo jihadista e ‘stabilizzare’ quell’inquieto scacchiere. Pur inserendosi nella vasta letteratura e storiografia di settore, questo volume ha il pregio di focalizzare puntualmente le radici delle tante rivalità sviluppatesi su quella terra, offrendo al lettore spunti di riflessione sulla congruenza o meno dell’interventismo europeo e, quindi, sulle possibili sorti di simili opzioni future. Una lettura utile per gli appassionati di storia dell’intelligence poiché qualsiasi prospettiva non può prescindere dalle lezioni apprese e da un corretto impiego delle informazioni, sia per ottenere il successo che per contenere i rischi di derive drammatiche e di decisioni avventate, ancorché sorrette dalle regole di un ‘grande gioco’ senza fine, che lascia non poche cicatrici.
Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi
UFO. I dossier italiani
Ugo Mursia, 2014
pp. 338 - euro 18,00
«Auguro di non vedere mai simili oggetti da una distanza ravvicinata, com’è accaduto a me, per quel senso di impotenza e paura che essi incutono».
Ufo nei cieli delle regioni italiane, da nord a sud, quasi ogni mese, da anni. Li hanno visti tutti: uomini e donne, ragazzi e pensionati, piloti di aerei di linea e top gun, poliziotti e militari, perfino sacerdoti. Un fenomeno esteso, ma che è ancora in gran parte sconosciuto. Le centinaia di segnalazioni «qualificate» raccolte nei decenni dall’Aeronautica Militare Italiana sono infatti rimaste chiuse nell’unico archivio ufficiale sugli X-file italiani, quello che cataloga e analizza – ai fini della sicurezza del volo e nazionale – le informazioni sugli Oggetti Volanti Non Identificati (Ovni). Questi dossier, protetti dal timbro Segreto o Riservato, adesso sono declassificati.
Lao Petrilli, giornalista, fondatore e direttore di WikiLao.it, e Vincenzo Sinapi, caporedattore aggiunto alle Cronache italiane dell’agenzia Ansa, hanno avuto accesso ai faldoni, potendo così rivelare casi inediti e fare piena luce su altri.
Non suggeriscono valutazioni, ma si limitano a riportare i fatti, cioè le testimonianze e i disegni di chi è stato protagonista di avvistamenti che non hanno trovato alcuna giustificazione tecnica o naturale.