recensioni e segnalazioni 1/2014
Valerie Plame, Sarah Lovett
Blowback
Blu Rider Press-Penguin Group (USA), 2013
pp. 235 - $ US 26,95
di Lasthero
di Lasthero
Una spy story scritta a quattro mani da Valerie Plame, ex agente della CIA, e Sarah Lovett, romanziera di successo. Il racconto si snoda in modo armonioso nonostante i molteplici intrecci; il ritmo è serrato, incalzante; i passaggi fra una narrazione e l’altra senza voli pindarici. Funziona il connubio fra la novelist di talento e l’ex agente segreto: il racconto supera i confini del realismo quanto basta per affrancarsi dalla cronaca, per sollecitare l’immaginazione senza abusarne. Uno stile a mezza via fra Pasolini e Salgari, senza l’asprezza del primo. Anche in questo volume, dopo il successo della sua autobiografia The Fair Game, Valerie Plame (al centro e vittima, insieme a suo marito, l’Ambasciatore Wilson, dello scandalo ‘Plame Affair’, noto anche come ‘CIA-gate’) lascia intenzionalmente cadere fra le pagine molte emozioni troppo ben descritte per non essere state vissute in prima persona. Difficile non rivedere Valerie nei panni della protagonista: Vanessa Pierson, giovane donna, bionda e attraente agente della Divisione contro-proliferazione della CIA, da anni alla caccia di uno spietato trafficante di armi di distruzione di massa, talmente abile e ‘invisibile’ da guadagnarsi il soprannome di ‘fantasma’ (ghost). L’intraprendente ragazza, appassionata al suo lavoro e poco rispettosa di regolamenti e procedure, apprende da una sua fonte (Arash, che Vanessa incontra contravvenendo a precisi ordini) che il suo ‘fantasma’ potrebbe materializzarsi nel giro di pochi giorni nei pressi di una centrale nucleare sotterranea, nella regione del Beluchistan – Iran meridionale. La fonte viene uccisa davanti ai suoi occhi, prima che possa rivelare l’esatta ubicazione della centrale. Inizia una frenetica corsa contro il tempo: troppi gli elementi da ricercare; troppo poco il tempo a disposizione. Le informazioni date da Arash sono fondate (actionable intelligence)? Come trovare le coordinate per individuare la centrale nella vastissima area del Beluchistan? Chi ha ucciso Arash? Vanessa ha due obiettivi immediati: trovare informazioni che possano corroborare quelle che Arash, la sua migliore fonte, ha speso la vita per darle; trovare l’assassino della fonte. La moglie di Arash custodiva un messaggio cifrato da codici in persiano antico; il sicario che stava cercando era un ragazzo di origine cecena, cresciuto nell’odio e nel dolore di un’infanzia coincisa con la terribile guerra che aveva insanguinato il suo popolo agli inizi degli anni Novanta. Per decrittare il codice, violando ancora le regole, Vanessa si affida a Khoury, la persona secondo lei più adatta: forse perché di origini medio orientali (dunque poteva avere contatti utili a decifrare un codice in persiano antico) ma, soprattutto, perché di lui si fidava; perché lo amava.
Il ritmo della narrazione, al suo culmine, si alleggerisce: le intense pagine di amore e passione che Vanessa nutre – ricambiata – per il suo Khoury inducono il lettore a distogliere per un attimo l’attenzione dalla tambureggiante caccia all’uomo, per adagiarsi sullo schienale della poltrona e scoprire, solo alla fine del capitolo, di avere un sorriso impresso sul volto. Khoury è un collega di Vanessa, della Divisione antiterrorismo: in gamba, alto, di carnagione scura. Si erano incontrati anni prima, durante l’addestramento e si erano piaciuti subito. Erano costretti da anni ad appuntamenti clandestini e saltuari nei più disparati angoli del mondo. La loro relazione, intensa, bellissima, era assolutamente vietata: il regolamento non fa sconti a nessuno, nemmeno a persone fatte l’una per l’altra, come loro. Avevano una regola: niente implicazioni professionali; mai le loro operazioni, le loro attività ‘sul campo’ avrebbero dovuto incrociarsi. Era la loro àncora di salvezza: ma, da quando Vanessa gli aveva chiesto di decrittare il codice per individuare la centrale iraniana, anche quella era finita in fondo agli abissi; aveva confidato informazioni riservatissime a una persona estranea alla sua operazione, forse lasciandosi influenzare dalle sue emozioni. Entrambi sapevano di aver passato il segno: entrambi avevano paura che il loro amore dovesse finire. Mentre non si contano più le violazioni al ‘regolamento’ della giovane protagonista, appare chiara la sua determinazione a inseguire il suo obiettivo: the ghost. Le viene assegnata una nuova fonte: losca, reticente e poco affidabile, forse perché così sono i banchieri russi arricchitisi a dismisura dopo la fine del regime sovietico. Sfoderando ogni arma, compreso il fascino, Vanessa riesce a ottenere la fiducia della nuova risorsa che le promette informazioni importanti. L’incontro è a Cipro, in territorio turco. Quando lei arriva all’appuntamento la fonte è già riversa a terra, senza vita e la sua guardia del corpo è sotto il tiro di un cecchino. Vanessa riesce a recuperare dalla borsa della fonte le informazioni che cercava; l’uomo a terra è stato ucciso con un colpo solo, chirurgico. Come la volta precedente, ancora una sua fonte; ancora a un appuntamento con lei. Troppi indizi convergenti: era lo stesso sicario. Ancora una volta, senza curarsi troppo del regolamento, Vanessa decide di inseguire il sicario, alle prese con la non troppo efficiente guardia del corpo dell’esanime magnate russo. Non segue le regole, ma mette bene a frutto il suo addestramento: lo trova, lo raggiunge, lo ferisce; ma viene anche ferita e il cecchino si dilegua. Le informazioni che ha raccolto sono importanti: legano il sicario al ‘fantasma’, permettono di stringere il cerchio; ma al suo ritorno al ‘Quartier generale’ non l’attende la soddisfazione di colleghi e superiori, ma l’ordine di farsi visitare da uno ‘strizzacervelli’ dell’Agenzia: due sue fonti sono state uccise; lei è stata sottoposta a pressioni e stress, troppe sono state le violazioni delle norme, forse è opportuno toglierla dall’operazione. Come se tutto ciò non bastasse, viene scoperta la sua relazione con Khoury. Vanessa rischia grosso, rischia tutto: il lavoro, i suoi affetti, la ‘sua’ operazione... Nel momento più brutto della carriera, quando il mondo sembra franarle addosso, rammenta quello che le aveva insegnato il padre (ex ufficiale dell’aeronautica), le sue parole: «when they push you, you push back!!» (quando le avversità ti colpiscono, tu colpiscile più forte). Vanessa ne esce più determinata di prima, le sue informazioni sono risultate essenziali; Khoury era riuscito a far decrittare il codice con le coordinate della centrale nucleare: ha ancora margine di manovra, è ancora incaricata dell’operazione. Non è dato sapere se il sentimento che lega la protagonista del romanzo a Khoury somigli a quello provato da Valerie Plame per suo marito, l’Ambasciatore Joseph C. Wilson; non è dato saperlo, ma è lecito immaginarlo, se è vero che proprio in queste pagine sono profuse le note più autobiografiche dell’ex agente della CIA: sono pagine di tensione, di preoccupazione e di amarezza. Nonostante i riferimenti a fatti e circostanze siano probabilmente frutto della fantasia, le sensazioni e le tensioni sono già passate per la mente di chi le racconta, che affida alla penna il compito di riproporle e all’inchiostro quello di fermarle nel tempo, come una fotografia dell’anima. La corsa contro il tempo non si ferma; il Servizio segreto inglese, l’MI5, ha informazioni importanti sul sicario al soldo del ‘fantasma’. Vanessa raggiunge a Londra Chris, il suo superiore che tante volte aveva sorvolato sulla sua allergia al ‘protocollo’ e l’avrebbe fatto anche in questa occasione. Il rapporto con gli inglesi è proficuo, ma strano; non c’è niente da fare: sono inglesi, potranno essere i migliori colleghi del mondo, ma non si capiranno mai fino in fondo. In ogni caso le loro informazioni sono importantissime. Il sicario si trova a Londra per uccidere una personalità importante che probabilmente siede alla Camera dei Comuni. Però siamo nella capitale inglese e ci pensano loro, gli inglesi. Vanessa non ci sta, la sua mente ripercorre instancabilmente l’infinità di dettagli che ha fotografato con gli occhi negli ultimi giorni; ha un’intuizione straordinaria, su cui è pro nta a giocarsi la carriera: il vero obiettivo del sicario è il Direttore dell’MI5. L’intuizione è giusta: stavolta il sicario riceve ciò che tante volte aveva dispensato, la morte. Sono le ultime ore prima del possibile arrivo del ‘fantasma’ alla centrale iraniana.
Si torna di nuovo negli Stati Uniti a bordo di un Falcon inglese, ospiti di Sua Maestà. Nella sala situazione della CIA si segue l’attività del Commando che dovrà catturare il ‘fantasma’, il momento di maggior tensione reso ancora più vibrante dalle autrici che indugiano nella descrizione dell’attesa, sapientemente rinviando il finale di qualche pagina. I nervi già a fior di pelle vengono scossi da un evento inaspettato: ordine di abbandonare la missione, immediatamente. Il Commando si ritira, sui monitor appaiono immagini inequivocabili: esplosioni. La centrale nucleare è stata bombardata, la lobby dell’intervento militare – a Washington – ha avuto la meglio. Il Presidente ha ordinato l’attacco aereo; i militari lo considerano un successo; l’Iran accusa Israele e gli Stati Uniti di un’aggressione proditoria sul suolo della Repubblica islamica…
Quando tutto sembra spegnersi mestamente, c’è ancora spazio per un finale inatteso. Per quanto non sia giusto svelarlo, lo si può commentare: postula un secondo capitolo dell’avventura. Un bel libro.
Il ritmo della narrazione, al suo culmine, si alleggerisce: le intense pagine di amore e passione che Vanessa nutre – ricambiata – per il suo Khoury inducono il lettore a distogliere per un attimo l’attenzione dalla tambureggiante caccia all’uomo, per adagiarsi sullo schienale della poltrona e scoprire, solo alla fine del capitolo, di avere un sorriso impresso sul volto. Khoury è un collega di Vanessa, della Divisione antiterrorismo: in gamba, alto, di carnagione scura. Si erano incontrati anni prima, durante l’addestramento e si erano piaciuti subito. Erano costretti da anni ad appuntamenti clandestini e saltuari nei più disparati angoli del mondo. La loro relazione, intensa, bellissima, era assolutamente vietata: il regolamento non fa sconti a nessuno, nemmeno a persone fatte l’una per l’altra, come loro. Avevano una regola: niente implicazioni professionali; mai le loro operazioni, le loro attività ‘sul campo’ avrebbero dovuto incrociarsi. Era la loro àncora di salvezza: ma, da quando Vanessa gli aveva chiesto di decrittare il codice per individuare la centrale iraniana, anche quella era finita in fondo agli abissi; aveva confidato informazioni riservatissime a una persona estranea alla sua operazione, forse lasciandosi influenzare dalle sue emozioni. Entrambi sapevano di aver passato il segno: entrambi avevano paura che il loro amore dovesse finire. Mentre non si contano più le violazioni al ‘regolamento’ della giovane protagonista, appare chiara la sua determinazione a inseguire il suo obiettivo: the ghost. Le viene assegnata una nuova fonte: losca, reticente e poco affidabile, forse perché così sono i banchieri russi arricchitisi a dismisura dopo la fine del regime sovietico. Sfoderando ogni arma, compreso il fascino, Vanessa riesce a ottenere la fiducia della nuova risorsa che le promette informazioni importanti. L’incontro è a Cipro, in territorio turco. Quando lei arriva all’appuntamento la fonte è già riversa a terra, senza vita e la sua guardia del corpo è sotto il tiro di un cecchino. Vanessa riesce a recuperare dalla borsa della fonte le informazioni che cercava; l’uomo a terra è stato ucciso con un colpo solo, chirurgico. Come la volta precedente, ancora una sua fonte; ancora a un appuntamento con lei. Troppi indizi convergenti: era lo stesso sicario. Ancora una volta, senza curarsi troppo del regolamento, Vanessa decide di inseguire il sicario, alle prese con la non troppo efficiente guardia del corpo dell’esanime magnate russo. Non segue le regole, ma mette bene a frutto il suo addestramento: lo trova, lo raggiunge, lo ferisce; ma viene anche ferita e il cecchino si dilegua. Le informazioni che ha raccolto sono importanti: legano il sicario al ‘fantasma’, permettono di stringere il cerchio; ma al suo ritorno al ‘Quartier generale’ non l’attende la soddisfazione di colleghi e superiori, ma l’ordine di farsi visitare da uno ‘strizzacervelli’ dell’Agenzia: due sue fonti sono state uccise; lei è stata sottoposta a pressioni e stress, troppe sono state le violazioni delle norme, forse è opportuno toglierla dall’operazione. Come se tutto ciò non bastasse, viene scoperta la sua relazione con Khoury. Vanessa rischia grosso, rischia tutto: il lavoro, i suoi affetti, la ‘sua’ operazione... Nel momento più brutto della carriera, quando il mondo sembra franarle addosso, rammenta quello che le aveva insegnato il padre (ex ufficiale dell’aeronautica), le sue parole: «when they push you, you push back!!» (quando le avversità ti colpiscono, tu colpiscile più forte). Vanessa ne esce più determinata di prima, le sue informazioni sono risultate essenziali; Khoury era riuscito a far decrittare il codice con le coordinate della centrale nucleare: ha ancora margine di manovra, è ancora incaricata dell’operazione. Non è dato sapere se il sentimento che lega la protagonista del romanzo a Khoury somigli a quello provato da Valerie Plame per suo marito, l’Ambasciatore Joseph C. Wilson; non è dato saperlo, ma è lecito immaginarlo, se è vero che proprio in queste pagine sono profuse le note più autobiografiche dell’ex agente della CIA: sono pagine di tensione, di preoccupazione e di amarezza. Nonostante i riferimenti a fatti e circostanze siano probabilmente frutto della fantasia, le sensazioni e le tensioni sono già passate per la mente di chi le racconta, che affida alla penna il compito di riproporle e all’inchiostro quello di fermarle nel tempo, come una fotografia dell’anima. La corsa contro il tempo non si ferma; il Servizio segreto inglese, l’MI5, ha informazioni importanti sul sicario al soldo del ‘fantasma’. Vanessa raggiunge a Londra Chris, il suo superiore che tante volte aveva sorvolato sulla sua allergia al ‘protocollo’ e l’avrebbe fatto anche in questa occasione. Il rapporto con gli inglesi è proficuo, ma strano; non c’è niente da fare: sono inglesi, potranno essere i migliori colleghi del mondo, ma non si capiranno mai fino in fondo. In ogni caso le loro informazioni sono importantissime. Il sicario si trova a Londra per uccidere una personalità importante che probabilmente siede alla Camera dei Comuni. Però siamo nella capitale inglese e ci pensano loro, gli inglesi. Vanessa non ci sta, la sua mente ripercorre instancabilmente l’infinità di dettagli che ha fotografato con gli occhi negli ultimi giorni; ha un’intuizione straordinaria, su cui è pro nta a giocarsi la carriera: il vero obiettivo del sicario è il Direttore dell’MI5. L’intuizione è giusta: stavolta il sicario riceve ciò che tante volte aveva dispensato, la morte. Sono le ultime ore prima del possibile arrivo del ‘fantasma’ alla centrale iraniana.
Si torna di nuovo negli Stati Uniti a bordo di un Falcon inglese, ospiti di Sua Maestà. Nella sala situazione della CIA si segue l’attività del Commando che dovrà catturare il ‘fantasma’, il momento di maggior tensione reso ancora più vibrante dalle autrici che indugiano nella descrizione dell’attesa, sapientemente rinviando il finale di qualche pagina. I nervi già a fior di pelle vengono scossi da un evento inaspettato: ordine di abbandonare la missione, immediatamente. Il Commando si ritira, sui monitor appaiono immagini inequivocabili: esplosioni. La centrale nucleare è stata bombardata, la lobby dell’intervento militare – a Washington – ha avuto la meglio. Il Presidente ha ordinato l’attacco aereo; i militari lo considerano un successo; l’Iran accusa Israele e gli Stati Uniti di un’aggressione proditoria sul suolo della Repubblica islamica…
Quando tutto sembra spegnersi mestamente, c’è ancora spazio per un finale inatteso. Per quanto non sia giusto svelarlo, lo si può commentare: postula un secondo capitolo dell’avventura. Un bel libro.
Claudio Magris
Segreti e No
Bompiani, 2014
pp. 58 - € 7,00
di Tsunetomo
di Tsunetomo
Tenendo tra le mani questo ‘piccolo’ libro, si ha l’impressione di poterlo leggere in un batter d’occhio, con quella rispettosa ingordigia che l’autore merita da parte di chi ne conosce e apprezza lo stile e la cifra letteraria. Non è così. La brevità del testo, infatti, risulta quasi antitetica alla densità contenutistica che affronta un tema insidioso e affascinante come quello del ‘segreto’. Un tema che, al pari della conoscenza, corre dentro la storia e l’anima dell’uomo, determinandone la vita in termini politici e strettamente intimistici. È un libro che, senza indulgenze metalinguistiche, racconta quanto l’esercizio pubblico e privato del segreto possa intaccare la sfera identitaria dell’individuo, sia passando attraverso l’azione autoreferente del potere organizzato statalista (richiami agli arcana misterii e al mito dei misteri eleusini) che attingendo alla plastica e ancestrale pulsione di ogni singolo a proteggere la propria dignità con il ricorso al nascondimento, alla dissimulazione di un segreto proprio e personalissimo.«Qui è l’ambiguo fascino del segreto, nel voler essere contemporaneamente nascosto e rivelato, custodito e violato. Il desiderio di chiunque ne detenga uno è di tenerlo per sé ma anche che gli altri sappiano che di quel segreto lui è il detentore».L’autore fa luce sulla faccia ambigua e manichea del segreto, perché dolorosa e confortante al tempo stesso, inanellando riflessioni che sgorgano tra le righe come provenienti da un fiume sommerso. Com’è nella sua tradizione letteraria, fortemente fondata in quella mitteleuropea, il pensiero si fa racconto e le sue idee camminano come personaggi liberi ma guidati da un unico scopo, ovvero ricordare la potenza del segreto nelle sue declinazioni: paura, necessità, convenienza, pudore, rispetto e, finanche, sacralità. Scolpisce e tira i fili delle sue considerazioni citando altri autori contemporanei adusi come lui a cimentarsi, non senza spunti d’ironia, con i percorsi e il dramma della condizione umana. Si tratta di C. Sulzer, D. Vann, E. Glissant, J. Marias e altri romanzieri. Traspare, in fondo, una denuncia sommessa ma nitida che, priva di blandizia ideologica, delinea come nella storia delle organizzazioni umane la ‘casta’ scelga i detentori e i decisori del segreto, segnando differenze e diseguaglianze nei cittadini e laicizzando il latente ‘esoterismo’ a cui ricorrono tutte le espressioni di potere, anche per nascondere ‘il nulla o l’indicibile’. Tutto ciò deforma la verità, a discapito della libertà. Qui Magris contrappone la necessità di maggior misura, una sorta di diritto alla ‘opacità’, come la definisce E. Glissant, il quale rivendica il diritto di non essere trapassato nel profondo del suo essere, nemmeno dalla persona amica o amata. Così come meglio sarebbe censurare l’ossessione contemporanea per la trasparenza incondizionata e l’ansia della conoscenza globale che il mondo di internet impone.
Non manca il cenno allo strumento con cui tutti gli stati, sia quelli a guida dispotica che a impianto democratico, alimentano l’esercizio della loro politica: i servizi segreti. «Il potere ha sempre bisogno del segreto; non c’è Stato, per quanto liberale e democratico possa essere, che non abbia i suoi servizi segreti e l’operare di questi ultimi, certo molto diverso nei diversi contesti statali e nelle diverse situazioni storiche, è sempre avvolto da un’aura tenebrosa in cui la lotta col male si confonde, nell’immaginario ma spesso anche nella realtà, col male stesso».
La riflessione è vigorosa e importante perché, talvolta, storicamente riscontrabile. Pare frutto di una rassegnazione riconducibile alla solitudine del cittadino dinnanzi alla pratica mistificatrice del segreto, al netto della legalità e della morale. Eppure, in essa traspare la finissima sensibilità del letterato di razza che sa lanciare moniti e auspici a un invisibile governante affinché informi adeguatamente la propria politica al rispetto dei diritti universali dell’uomo… perché, a dispetto di Vico, la storia può anche non incorrere negli stessi errori.
Per questi e altri motivi, il libro non può essere letto in fretta solo perché fatto di cinquantacinque ‘piccole’ pagine, ma deve essere meditato a tutto tondo. Ci induce a riflettere sulla fragilità dell’individuo e delle istituzioni che lui stesso crea.
È un assegno in bianco quello che Magris ci regala, forse dopo aver fatto una ‘segreta’ camminata sul Carso, culla della sua dimensione culturale.
Non manca il cenno allo strumento con cui tutti gli stati, sia quelli a guida dispotica che a impianto democratico, alimentano l’esercizio della loro politica: i servizi segreti. «Il potere ha sempre bisogno del segreto; non c’è Stato, per quanto liberale e democratico possa essere, che non abbia i suoi servizi segreti e l’operare di questi ultimi, certo molto diverso nei diversi contesti statali e nelle diverse situazioni storiche, è sempre avvolto da un’aura tenebrosa in cui la lotta col male si confonde, nell’immaginario ma spesso anche nella realtà, col male stesso».
La riflessione è vigorosa e importante perché, talvolta, storicamente riscontrabile. Pare frutto di una rassegnazione riconducibile alla solitudine del cittadino dinnanzi alla pratica mistificatrice del segreto, al netto della legalità e della morale. Eppure, in essa traspare la finissima sensibilità del letterato di razza che sa lanciare moniti e auspici a un invisibile governante affinché informi adeguatamente la propria politica al rispetto dei diritti universali dell’uomo… perché, a dispetto di Vico, la storia può anche non incorrere negli stessi errori.
Per questi e altri motivi, il libro non può essere letto in fretta solo perché fatto di cinquantacinque ‘piccole’ pagine, ma deve essere meditato a tutto tondo. Ci induce a riflettere sulla fragilità dell’individuo e delle istituzioni che lui stesso crea.
È un assegno in bianco quello che Magris ci regala, forse dopo aver fatto una ‘segreta’ camminata sul Carso, culla della sua dimensione culturale.