Con il primo numero del 2014, sulla scia dell’ampio consenso manifestato dai lettori alla nuova linea editoriale, si consolida l’impegno di laboratorio privilegiato sui temi della sicurezza nazionale, offrendo momenti di riflessione sulle questioni emergenti nello scenario internazionale.
È stato affidato alla veste grafica l’onere, non secondario, di rappresentarne e valorizzarne in modo efficace il contenuto e di gratificare e sostenere l’empatia del lettore. Vengono proposti spunti di confronto secondo un approccio poliedrico ormai consolidato, focalizzando su alcune tematiche lo sguardo di diversi autori, così da offrire un ordito interpretativo variegato e compiuto, capace di cogliere quelle interdipendenze che sempre più caratterizzano la complessità moderna e costituiscono la sfida della nuova intelligence. Apriamo l’annualità con l’autorevole punto di vista sulla strategia di Cyber Defence, gentilmente concesso dal Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen. Gli interventi di Carlo Jean, Nicola Pedde e Daniele Donati fanno luce sui coni d’ombra del conflitto siriano, situazione che ha assunto i profili paradigmatici di una protracted crisis regionale con effetti destrutturanti sul piano sociale e politico. Nella trilogia emerge tutta l’intensità della ‘narrazione del conflitto’ che si esprime attraverso le logiche di potere all’interno dell’Islam e in riferimento alle Potenze Occidentali, schierate nell’area a geometrie variabili. Con un suggestivo e originale contributo Valentina Colombo definisce la corrispondenza della matrice anarchica di talune forme di ribellismo egiziano post Mubarak e di certi sedimi anarchici conosciuti nelle fasi caotiche successive alla morte di Maometto. Più strategica l’analisi di Corrado Maria Daclon sul cambiamento climatico, spesso oggetto di riflessioni accademiche di ‘mero principio’ ma che nella rivista, oggi, vogliono declinarsi sul piano dei reali rischi di cui si avvertono già le prime epifanie. In questo quadro, l’articolo di Matteo Pizzigallo sulla storia del carbone testimonia come il perenne tentativo dell’uomo di sfruttare le risorse energetiche necessarie a migliorare la produttività abbia comportato un deterioramento dell’ambiente a rischio della sua stessa sopravvivenza. Sul fronte delle minacce non tradizionali, puntuali sono gli interventi di Alessandra Rossodivita sul bioterrorismo, strumento invasivo e asimmetrico, e di Raffaele Azzarone sul cyber, ambito in cui sempre più l’intelligence deve interagire con il mondo della ricerca a tutela delle infrastrutture critiche e del pregiato know how nazionale, in un contesto di difesa sovranazionale, come, peraltro, sottolineato da Rasmussen. Nel settore della tecnica applicata all’intelligence si inserisce il contributo di Francesco Tosato sulle navi e sommergibili spia che ha colto, nel settore, l’escalation competitiva durante la Guerra fredda di cui si rinviene traccia nell’odierno scenario.
Di interesse sono le maschere presentate nelle rubriche di storia, filatelia e di cinema e spie. Alain Charbonnier ci riporta nel Settecento illuminista e rivoluzionario, in cui le gesta di Beaumarchais ben traducono sia la cinica politica del tempo (sintetizzata nell’opera Il matrimonio di Figaro) sia l’eclettismo e l’iperattivismo, ai limiti del credibile, del prototipo della spia dell’epoca. Umberto D’Arrò tratteggia il chiaroscuro della figura di Richard Sorge, considerato negli elitari circoli accademici anglosassoni il migliore agente segreto del secolo, mirabile esempio di uno spionaggio intelligente e coraggioso, capace di penetrare la fitta coltre dei sistemi informativi tedeschi e di anticipare a Stalin l’inizio imminente dell’operazione Barbarossa. Ma, come talvolta accade, la brillante operazione che costò la vita a Sorge non sortì gli effetti auspicati perché Stalin non seppe coglierne l’importanza. Solo nel 1965 la figura dell’agente sovietico è stata rivalutata con l’emissione di un francobollo commemorativo.
Giancarlo Zappoli ci consegna l’immagine claustrofobica della spia secondo Francis Ford Coppola, ‘men in grey’ naufrago tra gli specchi della coscienza e l’assurdo di un labirinto esistenziale in cui la spia che intercetta viene intercettata, in un rocambolesco cambio di ruoli e in una fitta rete di allucinazioni ed estraniamenti. Coppola ci offre un pensato e divertito confronto dell’umano, con tutti i suoi limiti e sensi di colpa, e la tecnologia, strumento che spesso sfugge al suo gestore.
Le recensioni, infine, propongono l’incontro con la felice penna di Claudio Magris che, in Segreti e no, ci accompagna nella galleria degli ‘arcana’, quelli truci del potere, quelli umbratili personali che rimangono nella tomba anche in caso di resurrezione, quelli in fondo all’anima di un romanzo, quelli che stringono, se celati, l’amore coniugale, e quelli sacri e ieratici concessi ai mystoi dai mystagoi, le guide. Sotto lo sguardo di Valerie Plame, ex agente della CIA al centro del ‘Plame affair’, già autrice del noto The Fair Game, si snoda il fitto intreccio di Blowback, scritto a quattro mani con la romanziera Sarah Lovett. Le autrici hanno saputo offrire un thriller sapiente, armonioso e dal finale inatteso. La vena autobiografica della spy story emerge con la citazione di un insegnamento paterno che la Plame eredita dal suo passato operativo: «quando le avversità ti colpiscono, tu colpiscile più forte». Questo è lo spirito che permea lo scritto che noi, con pari intensità di sentimento, porgiamo ai nostri lettori.