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GNOSIS 2/2012
Nuove frontiere della criminalità

Un riciclaggio ‘tutto d’oro’


Ranieri RAZZANTE


Negli ultimi anni si è assistito ad una massiccia affermazione su base nazionale di attività comunemente denominate ‘Compro Oro’, specializzate nell’acquisto di preziosi da parte di privati dietro pagamento in denaro.
Purtroppo, però, dalle numerose operazioni di polizia – riferibili ad associazioni a delinquere, anche di stampo mafioso – è stato riscontrato un crescente livello di connivenza, per l’appunto, tra talune di queste attività e la criminalità organizzata – di piccole e grandi dimensioni – che fanno presagire come tale commercio sia potenzialmente esposto al pericolo di infiltrazione criminale.
Foto Ansa


Molti gestori di negozi ‘Compro Oro’ assumono in toto le funzioni e le competenze commerciali proprie di un operatore professionale, pur non rispettando minimamente i requisiti imposti dalla legge operando, quindi, in modo del tutto abusivo. Si pensi al forte incremento del fenomeno: solo ad aprile del 2011 i ‘Compro Oro’ in Italia erano 20 mila, a novembre 2011 se ne contavano più di 28 mila, ad oggi la situazione sembra essere sfuggita di mano. Si sta, quindi, assistendo ad un incremento esponenziale e galoppante del fenomeno, mentre gli operatori professionali in oro, regolarmente iscritti alla Banca d’Italia, sono attualmente pari a 380 contro i 291 di un anno fa.
I dati Eurispes 2012 sull’aumento dei ‘Compro Oro’ e sul metodo di finanziamento a cui sono ricorsi i cittadini italiani, vendendo il proprio oro, conferma quanto sino ad ora due associazioni, una di settore (ANOPO – Associazione Nazionale Operatori Professionali in Oro) e l’AIRA – Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio – hanno sostenuto (1) . L’attività in questione è un’attività finanziaria e, come tale, dovrebbe essere adeguatamente normata. Nel concreto, l’8,5% degli intervistati ha dichiarato di avervi fatto ricorso per ‘ottenere danaro in modo rapido’. Questo è un dato importante e che deve far riflettere.
Il giro d’affari medio di un negozio ‘Compro Oro’ si può stimare intorno ai 500 mila euro annui, il che vuol dire che il giro d’affari totale è pari a 14 miliardi di euro (si consideri la stima del mese di aprile 2011 pari a 7 mld di euro, che significa 300-350 mila euro annui per negozio). Se, inoltre, si osserva che il prezzo di vendita dell’oro è salito in soli 6 mesi da 30 euro al grammo a 40 euro e ci si focalizza su questi altissimi numeri, si può immaginare come questo settore faccia gola alle associazioni mafiose ed alla criminalità organizzata.
Proprio per questo le indagini hanno portato alla luce come il 60% di questi negozi siano dediti anche ad attività delinquenziali, come riciclaggio ed evasione fiscale e, di questi, un buon 20% sia coinvolto in fenomeni di criminalità organizzata (2) .
Il fenomeno non è limitato ad alcune zone del Paese, ma si estende su tutto il territorio. Basta fare una rapida ricerca su internet per imbattersi in notizie di cronaca nera collegate a ‘Compro Oro’, da Milano a Bari, fino a Messina. Non da ultima anche la provincia di Arezzo, dove proprio qualche tempo fa, durante il ‘Piano di Controllo Economico del Territorio’, la Guardia di Finanza ha ispezionato 12 ‘Compro Oro’. Per 1/3 di questi sono state accertate gravi irregolarità per reati di ricettazione e riciclaggio. Durante le indagini sono stati trovati 9 kg di oggetti di oro e argento e 44 orologi pregiati mai registrati nei libri di Pubblica Sicurezza, il che ne ha impedito l’identificazione e la provenienza. Ancor più grave la falsa segnalazione di alcuni oggetti a nome di clienti onesti e regolari che non avevano mai venduto i loro preziosi, registrati a loro nome dai ‘Compro Oro’, per un valore complessivo di 100 mila euro. Questo fatto di cronaca è solo l’ultimo di una serie di episodi che vanno avanti da diversi anni.
Di recente anche il Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, ha voluto sottolineare la ‘pericolosità’ e l’esponenziale crescita di fenomeni delinquenziali. Usando le parole del Ministro, nei negozi ‘Compro Oro’ c’è una carenza di trasparenza a cominciare dalla ‘oggettiva difficoltà per la tracciabilità dei passaggi di mano, in ragione di un quadro normativo che necessiterebbe di un intervento di attualizzazione, anche a beneficio di una maggiore trasparenza fiscale’. Si tratta, infatti, di un settore non controllato, in continua crescita, che si basa anche sul fenomeno del ‘traffico delle licenze’. Si pensi che solo nel 2011 e nella sola Capitale sono state date dalla Questura 211 nuove licenze, di cui il 33% relative a cambi di proprietà. Le licenze vengono scambiate ogni 2-3 mesi, un cambio troppo rapido per non destare sospetti. A garanzia di ciò non è peraltro necessario alcun attestato o competenza particolare, se non la (ovvia) fedina penale pulita.


Definizioni e quadro normativo


Quando si parla del mercato dell’oro è bene, innanzitutto, chiarire taluni aspetti niente affatto secondari: nel settore si registrano spesso difformi e distorte interpretazioni, sia dal punto di vista normativo, sia fiscale e, di conseguenza, operativo. Innanzitutto, non tutti sanno che con il termine ‘Compro Oro’ vengono indicati una serie di soggetti che operano sul mercato a diverso titolo: comunemente per ‘Compro Oro’ si intendono negozi muniti di licenza di vendita all’ingrosso (talvolta anche al minuto) rilasciata dalla Questura, e che per attività principale o prevalente si occupano di ritiro oro da privati dietro pagamento in denaro. Accanto a questi, oramai diffusi capillarmente in tutto il territorio nazionale e, come vedremo più oltre, anche a livello internazionale, vi sono una serie di soggetti che svolgono le medesime funzioni. Tra tutti, gli operatori professionali in oro, autorizzati a svolgere tale attività dalla Banca d’Italia previo il conseguimento di una serie di requisiti dettagliati dalla legge. Infine, vanno ricompresi anche altri operatori che svolgono l’attività di ritiro oro da privati come attività secondaria o non prevalente quali, a titolo di esempio, le gioiellerie, le oreficerie, gli antiquari. Anche per tali attività è necessario il rilascio di apposita licenza da parte della Questura.
Il commercio di oro in Italia è regolamentato da un’apposita normativa denominata “Nuova disciplina del mercato dell’oro, anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio, del 12 ottobre 1998” emanata con Legge 17 Gennaio 2000, n. 7 (3) ..Questa stabilisce cosa debba intendersi per oro (4) e quali siano i requisiti richiesti per effettuare tale commercio in via professionale.
Pertanto, sono operatori professionali nel mercato dell’oro coloro che sono autorizzati ad esercitare, per l’appunto in via professionale (giova ribadirlo), il commercio dell’oro: le banche, nonché previa comunicazione all’UIC (ora Banca d’Italia per competenza, non l’UIF) e qualunque altro soggetto che possieda tre requisiti: forma giuridica di società di capitali – società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperativa, dotate di un capitale sociale interamente versato non inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni – oggetto sociale che, coerentemente, comporti il commercio di oro; e, infine, ‘il possesso, da parte dei partecipanti al capitale, degli amministratori e dei dipendenti investiti di funzioni di direzione tecnica e commerciale, dei requisiti di onorabilità previsti dagli articoli 108, 109 e 161, comma 2, del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385’.
Altra norma di riferimento è quella contenuta agli artt. 127 e 128 del Tulps (5) , le cui specifiche sono nel regolamento di attuazione.


Il mercato dell’oro tra sviluppo e crisi: cenni


Il settore orafo italiano, dopo la forte ascesa degli anni ‘90, ha subìto, a partire dal biennio 2001-2003, un crollo verticale, seguìto da una caduta del fatturato e dell’export superiore al 28%. Ad oggi non si avvertono significativi segnali di ripresa. Un risultato, questo, che penalizza notevolmente uno dei settori più tipici e significativi del made in Italy e dell’export italiano (6) .
Il prezzo dell’oro viene fissato giornalmente sulle principali piazze finanziarie ma, a guidare l’andamento del mercato, è il cosiddetto fixing di Londra, dove ha luogo la maggior parte delle transazioni. Ogni giorno i rappresentanti dei cinque mercati più grandi del mondo (7) ne stabiliscono la quotazione internazionale, che si riflette in tal modo sui mercati interni.
La quotazione viene stabilita in base agli ordini di acquisto e di vendita raccolti in tutto il mondo: le oscillazioni del prezzo risentono della richiesta e dell’offerta. I più vari elementi contribuiscono a formare il prezzo (8) .
Attualmente vengono estratte nel mondo circa 2.200 tonnellate d’oro all’anno. Il principale produttore è il Sudafrica (con oltre 700 tonnellate). Altri grandi produttori sono gli Stati Uniti (300 tonnellate), l’Australia (248 tonnellate), la Russia (230 tonnellate). In tutta Europa non si estraggono più di 28 tonnellate d’oro l’anno mentre, in Italia, solo 5 kg l’anno (9) .
Attualmente, nei depositi della Banca d’Italia sono presenti circa 2.452 tonnellate d’oro, per un valore complessivo di 98.9 miliardi (10) . A fine 2009, secondo i bilanci della Banca d’Italia, essi avevano un valore di 60 miliardi di euro, sintomo del fatto che l’oro, soprattutto in epoca di crisi, è considerato il bene rifugio per eccellenza.
L’Italia, nel 1998, è stata il maggiore trasformatore di oro al mondo, con una media di 450-500 tonnellate lavorate ogni anno (per il 70% l’oro è stato esportato). In questo settore operavano circa 10.000 aziende di produzione e distribuzione con un fatturato che, in quell’anno, arrivò a 11.000 miliardi di vecchie lire. Ad Arezzo si trasforma la maggior parte dell’oro trattato nel paese e le imprese sono ben 1.270, anche se il settore è sviluppato in altre regioni italiane (11) .
L’Italia, fino al 2000, è stata, con la Spagna e la Grecia, l’unico paese europeo dove era vietato ai privati comprare oro per investimento, cioè non era possibile acquistare un lingotto (neppure all’estero) per uso privato o custodia in cassette di sicurezza; si potevano, inoltre, acquistare solo oro lavorato o monete (12) . Da queste restrizioni venivano esentate, previa autorizzazione ministeriale, talune banche (Popolare Vicentina, Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banco Ambrosiano Veneto), situate in aree dove si concentra la più alta densità di laboratori d’oreficeria (gli orafi, infatti, sono autorizzati ad acquistarlo per il proprio lavoro).
Dal febbraio 2000, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 7/2000, è stato abolito il monopolio sull’oro, il che ha permesso anche ai risparmiatori privati di acquistare monete e lingotti in esenzione da Iva.
Un terzo di tutto l’oro del mondo è attualmente conservato presso le banche centrali (circa 30.000 tonnellate), mentre il resto viene trasformato in gioielli o applicato nell’industria elettronica, spaziale e medica (l’8% dell’oro mondiale finisce in protesi dentarie).
Ancora oggi l’oro può essere venduto dagli Stati per effettuare pagamenti, per saldare i deficit delle bilance dei pagamenti o come bene da offrire in garanzia.
Con la liberalizzazione del mercato italiano dell’oro e l’abolizione dell’Iva, i privati hanno avuto libero accesso all’acquisto di lingotti da investimento, fino a quel momento preclusi al grande pubblico.
Diverse sono le modalità di investimento sull’oro: il più comune è quello del metallo fisico, come monete d’oro o lingotti.
I lingotti rappresentano lo scalino successivo alle monete nel possesso diretto di oro fisico. Rispetto ad esse hanno il vantaggio di essere più economici (al crescere del peso diminuisce l’incidenza delle spese di produzione) al costo però di una minore liquidabilità (13) .
La forma tradizionale di acquisto d’oro è, comunque, costituita dalle monete da investimento: il vantaggio, anzitutto, è che il loro prezzo non subisce il rincaro dei costi di manifattura – che invece sono da sostenere nel caso dei prodotti di gioielleria (da non confondere con l’oro) (14) – visto che il prezzo riguarda solo l’oro fino contenuto. In secondo luogo, così come nel caso dei lingotti, la transazione è esente da Iva.
Per non sostenere costi di stoccaggio o di assicurazione di lingotti o monete da investimento si fa ricorso a strumenti finanziari quotati, come gli Etp (Exchange Traded Products): alla Borsa di Milano sono circa una quindicina, tra Etf, Etc ed Etn (15) , i veicoli che a costi contenuti replicano più o meno fedelmente l’andamento dell’oro quotato a Londra.
Acquistando una quota degli Etc (Exchange Traded Fund) si acquista una pari quantità d’oro accantonata nel caveau bancario dall’emittente. In caso di default della controparte, l’investimento è garantito, quindi, dai lingotti fisici. L’imposizione fiscale è del 12,5%.
Infine, comuni sono anche gli investimenti sulle aziende aurifere, ma in questo caso ci si espone anche a fattori esogeni, come l’indebitamento societario o i cicli azionari.
Con la legge n. 7 del 2000, come si diceva, è stato abolito il monopolio aureo e l’Iva, in misura del 20%, ad aliquota ordinaria, è rimasta soltanto sulla manifattura dei lingotti. Pertanto, attualmente chiunque può comprare e vendere oro in Italia e all’estero e detenerlo in qualsiasi forma senza limiti. L’esercizio professionale del commercio in oro è riservato però a pochi operatori (l’elenco aggiornato è facilmente reperibile sul sito dell’UIF). È a tali operatori che si suole rivolgersi per le garanzie di qualità e di purezza dell’oro.
In ogni caso chiunque effettui operazioni in oro anche a titolo gratuito o trasferimenti all’estero di valore pari o superiore a 12.500 euro deve dichiararlo all’UIF. Le sanzioni in caso di omessa comunicazione variano dal 10% al 40% del valore.
Esistono forme di investimento finanziario che consentono di lucrare sulla stabilità dell’oro pur senza la detenzione materiale del metallo prezioso, sotto forma di fondi specializzati o gli Etf disponibili sulle borse internazionali. Si segnalano, a questo riguardo, una serie di strumenti finanziari auriferi quali future, warrant, gold swaps.


I Compro Oro


Nonostante il loro recente sviluppo, è possibile far ricollegare l’esordio dei primi ‘Compro Oro’ alla nascita dei Monte di Pietà.
Sorti alla fine del XV secolo in Italia, su iniziativa dei frati Francescani, questi erano finalizzati alla erogazione di prestiti di limitata entità a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato, in cambio di un pegno. Di fatto, si diede inizio a quello che oggi è comunemente conosciuto come ‘microcredito’. Al tempo, i clienti dovevano dare in pegno oggetti che valessero almeno un terzo in più del valore del prestito. La funzione del Monte di Pietà era quella di finanziare soggetti in difficoltà, fornendo loro la necessaria liquidità; al termine del periodo pattuito di pegno, se la somma non era restituita, il pegno poteva essere ceduto all’asta.
È difficile stabilire con certezza la causa ultima dello sviluppo territoriale delle attività commerciali comunemente denominate negozi ‘Compro Oro’ (d’ora in avanti, Compro Oro): si ritiene, forse a ragione, che le motivazioni stesse vadano ricercate in una molteplicità di elementi che, combinati insieme, hanno fornito la motivata spinta a che tale attività trovasse il giusto humus sul quale attecchire.
Ci riferiamo, in particolar modo, alle giustificazioni sociologiche, oltre che logiche e di opportunità (nel senso più ampio del termine), le quali hanno permesso a molti esercenti di aprire, nelle proprie città, attività di questo genere e di proporsi sul mercato in maniera convincente, tanto da suscitare in pochissimi anni l’interesse della criminalità organizzata per la quantità di denaro contante movimentato nei singoli negozi.
Attualmente la procedura (burocratica e pratica) di apertura di un negozio compro oro non risulta essere nient’affatto dispendiosa, grazie a costi di ingresso molto contenuti e a requisiti poco stringenti.
Qualora si intendesse aprire un negozio compro oro al solo fine di rivendere il materiale prezioso a grossisti/intermediari o per vendere direttamente ai privati, ci si dovrebbe assoggettare solo all’obbligo di autorizzazione di pubblica sicurezza fornito dalla questura, previa comunicazione al Comune di inizio attività, e apertura di partita Iva.
Se invece si vuole vendere direttamente alle società di fusione si devono rispettare una serie di obblighi e vincoli dettati dalla legge 7/2000 unitamente a requisiti di onorabilità e assenza di condanne penali.
L’acquisto dell’oro può essere effettuato solo presso clienti che abbiano conseguito la maggiore età, muniti di documento di riconoscimento: una volta liquidato il prezioso questo non può essere ceduto prima che sia scaduto il termine di 10 giorni previsto dalla legge, per consentire eventuali controlli da parte delle autorità (16) ; è prassi quella di far firmare al cliente un contratto che sollevi dalla responsabilità di comprare oggetti rubati (quale sia l’utilità di questa prassi, è circostanza che meriterebbe una considerazione a sé stante).
Infine, è fatto obbligo di tenere il registro delle antichità, preziosi e beni usati vidimato dalla questura. I locali nei quali si svolge attività di acquisto di oro sono normalmente locali commerciali di modeste dimensioni, dai 20 ai 35 metri quadrati, arredati in maniera piuttosto sobria. Le vetrine dovrebbero essere coperte (anche se non integralmente) da manifesti pubblicitari anche ai fini di tutela della privacy delle transazioni. A ciò si aggiungono i sistemi di sicurezza: parete antisfondamento di divisione dal pubblico, allarmi, video sorveglianza, cassaforte. I “ferri del mestiere” consistono in pochi ed essenziali strumenti: bilancia di precisione, minuteria del caso, prodotti per la valutazione dei preziosi e naturalmente l’insegna.
L’attività può essere svolta da una sola persona, senza necessità di una particolare formazione professionale.
Nella maggior parte dei casi, le attività ‘Compro Oro’ sono legate a marchi in franchising, in considerazione del fatto che il franchising rappresenta la forma di lavoro in proprio ideale per introdursi nel mondo del commercio, riducendo l’investimento iniziale e parte dei rischi.
L’attuale normativa prevede per chi vende l’oro l’identificazione per mezzo di un documento del soggetto cedente: gli estremi devono essere riportati su apposito registro, compresa la descrizione degli oggetti acquistati. La merce deve restare dieci giorni in giacenza per permettere di verificarne la provenienza (17) .
Si stima che a livello di distribuzione territoriale i negozi ‘Compro Oro’ siano passati da 2mila ad oltre 5mila unità nell’arco di un solo biennio su tutto il territorio nazionale anche se, ad oggi, un dato più preciso non può essere delineato dal momento che, per loro, non esiste una categoria specifica (nella stragrande maggioranza dei casi usufruiscono della medesima licenza dei gioiellieri per ‘vendita di preziosi’).
Secondo i dati della Guardia di Finanza, i sequestri di pietre preziose nei settori di falso, truffa, contraffazione, usura, ricettazione e violazione delle leggi di pubblica sicurezza ammontano (anno 2009 e primi dieci mesi del 2010) a oltre due milioni di euro e, vicini alla stessa cifra, sono quelli relativi alla minuteria e ad oggetti di gioielleria.
L’Osservatorio regionale sulla legalità in Puglia (18) ha rilevato che dove proliferano i ‘Compro Oro’ si registra un’impennata del 70% di furti, scippi e rapine; solamente a Bari sono 40, tra piccoli laboratori e negozi in franchising, gli esercizi commerciali che comprano metalli preziosi; nella città di Napoli invece si stima che siano aumentati del 30% in due anni.
Nel Lazio ed in Sicilia tali esercizi negli ultimi tre anni sono aumentati del 60 per cento, mentre in Piemonte e Veneto del 30%. La media nazionale è del 22,5 per cento (19) .
Attualmente si stima che i cd. compro oro siano presenti su territorio nazionale con circa 20.000 unità (20) e che il giro di affari mediamente sia stimato (per difetto) sui 300.000 euro annui.
Un negozio compro oro, in un’epoca di crisi come quella attuale, riesce a spendere fino a 40mila euro all’anno di pubblicità: nel solo comune di Bologna ci sono 162 attività di gioiellieri e orafi registrate alla Camera di commercio, ma visto che i gioiellieri ‘puri’ sono circa 120-125 la differenza è dovuta tutta ai mercanti dell’oro che sono, dunque, una quarantina.
I dettaglianti orafi che hanno registrato un incremento del numero di oggetti venduti sono passati dal 14 al 18%, ma quelli con un bilancio invariato rispetto all’anno precedente sono crollati dal 47 al 19% e quelli “in territorio negativo” sono saliti dal 39 al 63%. Addirittura il 50% dei gioiellieri intervistati ha denunciato un calo di pezzi venduti oscillante fra l’11 e il 30% (21) . Dati questi ultimi che dimostrano come il settore oro sia in crisi, mentre l’unico esercente capace di mantenere alti i guadagni e budget di spesa altrettanto ingenti è il compro oro.
Secondo dati statistici nazionali, un’agenzia ritira circa 1600 gr di oro usato al mese, con una media di utile lordo di 5€ x gr. Quindi, volendo esemplificare: 1600 gr X 5€ = 8000€ – 900€ di spese = 7100€ di utile.
Da rilevare, poi, il livello di esportazione delle imprese che, nel biennio 2009-2010 hanno esportato, con documentazione doganale e finanziaria, volumi consistenti di ‘metalli preziosi e relativi semilavorati (22) .
Le esportazioni italiane di metalli preziosi nel biennio 2009-2010 sono cresciute, in quantità, di circa il 40%, avvicinandosi a 1.000 tonnellate: esse sono dirette prevalentemente (58% in valore) verso quella Svizzera dalla quale l’Italia importa un terzo degli stessi metalli preziosi. Per contro, le importazioni si sono ridotte del 6%, a 1.400 tonnellate. Le prospettive di guadagno stimate dagli stessi operatori di settore, spesso organizzati sotto forma sociale di franchising, sono invitanti: fino a 390mila euro l’anno. La Sicilia conta la percentuale più alta d’Italia, con un aumento del 60%.
Secondo i proprietari di alcune di queste attività, non c’è un vero e proprio target di clientela. I clienti hanno un’età che va dai 20 ai 60 anni e il più delle volte cambiano i propri ‘preziosi’ per necessità di liquidità immediata. Diverse sono le esigenze che spingono i clienti a vendere il proprio oro: se da un lato gli anziani cambiano le collane o gli anelli, per riuscire a integrare i loro redditi troppo spesso inadeguati al sostentamento, i giovani, invece, perché spesso preferiscono accessori moderni o per l’acquisto di droga o, infine, per avere la liquidità necessaria da investire in giochi e scommesse.
Lo sviluppo di questi negozi, però, ci deve fare riflettere, soprattutto sulla tipologia dei loro clienti. L’Osservatorio sulla criminalità per la Campania ha rilevato come dal 2008 al 2010 in Puglia, regione particolarmente sensibile al fenomeno, i reati contro il patrimonio, in particolar modo scippi e furti di appartamento, sono cresciuti di circa il 70 per cento. Nello stesso periodo si è assistito a un boom equivalente di ‘Compro Oro’ che, nel solo capoluogo sono passati da 416 a 700. Pur stando attenti a non cadere nel tranello che gli psicologi chiamano ‘correlazione illusoria’, e quindi a giudicare una categoria in modo pregiudizievole, la sincronia è suggestiva.
Guardando al panorama nazionale, secondo il noto economista Stefano Zamagni ‘I Compro Oro sono una forma di usura legalizzata, a cui lo Stato dovrebbe porre un rimedio efficace, come per esempio il microcredito (23) .
Insomma la presenza di ‘Compro Oro’, secondo gli esperti, coincide con l’aumento della microcriminalità, con il disagio sociale ed economico; ma siamo convinti che si tratti in genere di una forma di business che non crea vantaggi per le fasce deboli rispetto alle forme di credito socialmente accettabili come appunto il microcredito (24) .


Altre attività potenzialmente a rischio


A fianco dei ‘Compro Oro’ è interessante anche il fenomeno dei ‘Vendo Oro’, ossia attività dedite alla vendita di oro usato a privati senza mutarne la natura.
Ai sensi dell’art. 247 del “Regolamento per l’esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931, n. 773 delle Leggi di Pubblica Sicurezza” (25) , il registro di chi fa commercio di cose antiche od usate o di chi commercia o fabbrica oggetti preziosi deve, ai sensi dell’art. 128 della Legge, indicare, di seguito e senza spazi in bianco, il nome, cognome e domicilio dei venditori e dei compratori, la data dell’operazione, la specie della merce comprata o venduta ed il prezzo pattuito. Fatte salve le disposizioni in materia di prevenzione del riciclaggio, quelle degli articoli 126 e 128 della Legge si applicano al commercio di cose usate quali gli oggetti d’arte e le cose antiche, di pregio o preziose, nonché al commercio ed alla detenzione da parte delle imprese del settore, comprese quelle artigiane, di oggetti preziosi o i metalli preziosi o recanti pietre preziose, anche usati. Esse non si applicano per il commercio di cose usate prive di valore o di valore esiguo.
Il sistema così come strutturato si presta facilmente a raggiri di tipo fraudolento, per l’elusione delle norme fiscali. È facile intuire come, talvolta, il compro oro acquisti senza richiedere la dovuta documentazione (profilatura del cliente) o acquisti pagando cifre in contanti superiori ai limiti di legge (ricordiamo, di 1.000 euro), nonché possa registrare sul registro di pubblica sicurezza informazioni non veritiere o artatamente contraffatte (26) . Il compro oro che voglia poi rivendere l’oro così artefatto alla fonderia (ignara o compiacente) lo farà facendo figurare una cessione di oreficeria e non nella forma di rottame come, invece, nella realtà dei fatti. Anche l’aspetto del regime dell’Iva applicabile è del tutto superfluo in tal caso, potendo immaginare l’applicazione del sistema cd. di reverse charge o di esportazione (27) . La mancata tracciabilità dell’oro dal momento dell’acquisto sino alla fusione consente a chi necessita di violare la legge senza che vi possano essere effettivi sistemi di prevenzione, dei quali l’attuale sistema non dispone.


Qualche osservazione sociologica


La povertà familiare è un fenomeno consolidato, che non accenna a diminuire. Diversamente da altri paesi, in Italia più alto è il numero di figli, maggiore è il rischio di povertà: se in famiglia c’è un solo figlio minore, l’incidenza della povertà relativa sale dal 10,8%, che è il dato medio, al 12,1% al secondo figlio, mentre se ci sono tre o più figli l’incidenza è del 26,1%.
Accanto ai poveri ufficiali, ci sono le persone impoverite che, pur non essendo povere, vivono in una situazione di forte fragilità economica. Sono persone che, soprattutto in questo periodo di crisi, hanno dovuto modificare, in modo anche sostanziale, il proprio tenore di vita, privandosi di una serie di beni e di servizi, precedentemente ritenuti necessari. Il fenomeno è confermato anche da alcuni dati: nel 2009 il credito al consumo è sceso dell’11%, i prestiti personali hanno registrato un -13% e la cessione del quinto a settembre 2009 ha raggiunto il +8%. Facendo una media di questi indicatori, si può calcolare un 10% in più di poveri, da sommare agli oltre 8 milioni stimati.
Nella vita di tutti i giorni la crisi si traduce in difficoltà a pagare la spesa, il mutuo, le cambiali (+14% nel 2009). Nei primi mesi del 2010 alcuni sostenevano che la crisi economica era in via di superamento, ma ancora oggi il problema appare in tutta la sua gravità, ci presenta le difficoltà delle persone disoccupate, delle famiglie impoverite, di quelle che sanno che prima o dopo finiranno gli ammortizzatori sociali. Lo sanno le Caritas, i Centri di ascolto, le parrocchie. Gli ammortizzatori sociali non bastano, sono costati nel 2009 ben 18 miliardi di euro, una cifra enorme per un argine utile, ma fragile’ (28) .
Per quanto riguarda l’Italia, in particolar modo si è notata anche una crescita della disparità tra le classi medie e quelle più ricche: ciò è avvenuto in realtà anche in altri paesi, come Canada, Finlandia, Germania, Norvegia e Stati Uniti. Anche la mobilità sociale è in diminuzione, al pari di Regno Unito e Usa. Paradossalmente, ma fino a un certo punto, la mobilità tra classi è – rileva il rapporto – maggiore negli Stati con minore disuguaglianza sociale, come quelli nordici.
In aumento anche i fenomeni di povertà che colpiscono i minorenni. Al contrario, i pensionati hanno visto migliorare le loro condizioni medie. Rispetto a vent’anni fa, oggi i giovani e i minori hanno il 25% in più di possibilità di trovarsi in una situazione di povertà rispetto alla media. Per le famiglie monoparentali, la probabilità di trovarsi in una situazione di deprivazione è tre volte maggiore rispetto al resto della popolazione, nonostante i paesi Ocse spendano oggi tre volte di più nelle politiche per la famiglia rispetto a due decenni fa. Però, senza questo incremento – sostiene l’Ocse – la situazione sarebbe ben peggiore.
Dinnanzi a un quadro del genere, per necessità sinottica ma propedeutica alle riflessioni che stiamo facendo, l’oro riveste oggigiorno sia la caratteristica di bene ‘rifugio’, alternativo ai giochi di borsa e agli investimenti immobiliari, sia la peculiarità di bene di ‘ultima speranza’ per quel vasto strato di popolazione appartenente alla fasce più deboli, trovatesi in temporanea difficoltà in ragione delle contingenti ristrettezze dovute all’aggravarsi della crisi economica.
Il potere di acquisto delle famiglie, ridottosi sensibilmente nel giro di pochi anni, ha comportato uno spostamento delle priorità delle famiglie stesse e degli individui, passati da una mentalità legata al risparmio ad altra legata alla sopravvivenza o al faticoso mantenimento del tenore di vita.
Oltre a tagliare sui consumi, sulla spesa alimentare e sulle vacanze, sta crescendo notevolmente la tendenza a ricorrere ai compro oro, presenti in ogni città, con maggiore preferenza per i quartieri più disagiati delle città stesse.
I cittadini costretti a ricorrere a tali esercizi sono però esposti ad innumerevoli rischi, seppur inconsapevoli; oltre ad essere costretti a vendere i propri gioielli, spesso ricordi di famiglia o simboli affettivi, i cittadini devono prestare estrema attenzione, se non vogliono incorrere in qualcuno che vuole speculare su tale fragilità. I negozi ‘Compro Oro’, il cui dilagare ha messo in allarme molte associazioni che si occupano della difesa dei consumatori, proliferano e approfittano dell’aumento del valore dell’oro e della crisi economica che ha colpito il nostro Paese talvolta solo per motivi speculativi, spesso per commette truffe o riciclaggio (29) .


L’aspetto criminologico


Episodi di cronaca hanno fatto emergere in questo settore una serie di irregolarità, tra le quali quella relativa alla elusione della (seppur incompleta) regolamentazione legislativa, al riciclaggio, all’incremento di fenomeni delinquenziali e l’infiltrazione di organizzazioni mafiose; tutti fenomeni che trovano sbocco naturale anche con la complicità di alcuni ‘Compro Oro’.
Al di là delle considerazioni meramente tecniche sullo sviluppo e crisi del settore aurifero, è necessario in questa sede affrontare un altro argomento di rilievo ai nostri fini, ossia le sue implicazioni criminologiche.
Lungi dal voler proporre considerazioni semplicistiche e retoriche, è necessario osservare come negli ultimi anni il settore dell’oro sia sotto l’osservazione della criminalità organizzata, la quale ha trovato in esso un ottimo sistema per ripulire denaro e beni derivanti da reato. Questo non sta certo a significare che tutti i negozi ‘Compro Oro’ abbiano come unica funzione quella di generare flussi di denaro e beni illeciti; anzi, siamo fermamente convinti che la stragrande maggioranza degli esercenti svolga onestamente la propria attività commerciale, nel pieno rispetto delle regole. Ma fin quando ci sarà anche solo un esercente che utilizzi tale sistema per ripulire denaro sporco, le considerazioni di questo scritto saranno valide.
Il primo elemento da osservare è senza dubbio la crescita esagerata di queste attività, aumentate ad esempio a Roma e provincia del venti per cento in un anno. E chi ha osservato il fenomeno è convinto che dietro l’insegna ‘Compro Oro’ ci sia un mondo, un sommerso che viaggia sul filo della legalità ma che sia legato con l’illegalità a vario titolo (30) . Quel business ha un nome, a cui corrispondono reati: usura, riciclaggio, ricettazione.
La maggiore difficoltà nel controllo sta nella velocità con cui taluni di essi aprono, chiudono e cambiano proprietario nel giro di una decina di giorni.
L’inganno sta proprio in questo: in quei dieci giorni. Proprio come la criminalità organizzata di grandi dimensioni – ‘ndrangheta, mafia, camorra – acquista grandi attività commerciali, pagandole il triplo del valore reale, intestandole a prestanome, anche nelle attività ‘Compro Oro’ è attivo un sistema che si avvale di teste di ponte, intestatari di società quasi sempre estere, che nel giro di una settimana passano ad altri soggetti, attraversando paesi fino a far perdere le tracce del primo acquirente.
Va ricordato che la legge dice che i proprietari devono tenere in giacenza l’oro per 10 giorni con la fonte di provenienza segnata in un apposito registro. Se i proprietari prendono un grosso quantitativo da una banda di malavitosi, lo rivendono e una volta che si sono sbarazzati del bottino ‘sporco’ chiudono subito, è impossibile fare un controllo per la polizia amministrativa, ed è impossibile scoprire da dove proveniva il ‘tesoro nero’. Così il negozio passa nelle mani di un nuovo proprietario, al quale veri e finti indigenti continuano a portare oro e oggetti di valore.
Il sistema utilizzato ricalca sempre il medesimo schema: quando l’organizzazione ha esigenza di ripulire del denaro mediante oro, questa apre attività o rileva quelle esistenti, ne assume grossi quantitativi, pagandoli al 10% a chi lo consegna, chiude in seguito l’attività al termine dell’operazione, per poi cederne la proprietà. Il tutto nell’arco di soli pochi giorni.
La difficoltà per le Forze di polizia è proprio quella di riuscire a comprendere e dimostrare quanto la criminalità muova le fila di questo business legalizzato (non certo con la compiacenza) dalle licenze rilasciate dalle autorità competenti.
Diversi sono i reati che potenzialmente (e non solo) possono commettere i compro oro. Il più comune è certamente il reato di evasione fiscale. L’Iva viene nella maggior parte dei casi evasa sfruttando il sistema del reverse charge, strumento previsto dalla legge per il settore oro.
Ad oggi il titolare di un ‘Compro Oro’, non iscritto alla Banca d’Italia, non potrebbe beneficiare del reverse charge.
L’Inversione contabile (nota per l’appunto come ‘reverse charge’) è definita dall’articolo 17, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il quale stabilisce che sia applicabile soltanto a due categorie di beni, ovvero:
1) cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’articolo 10, n. 11 di cui allo stesso D.P.R. 633;
2) cessioni di materiale d’oro e cessioni di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi.
Quindi, trattasi di quei beni che, ai sensi dell’art. 1 comma 1 lettere a) e b) legge 7/2000, possono essere esclusivamente commerciati dagli ‘operatori professionali in oro’ regolarmente iscritti all’Albo istituito presso la Banca d’Italia a norma dell’art. 1 comma 3 legge 7/2000.
È bene ricordare che, oltre i semilavorati, rientrano nella classificazione del ‘materiale d’oro’ anche i ‘rottami di gioielli’, ovvero l’oreficeria danneggiata e irreparabile, come stabilito dalla citata Risoluzione 375/E del 28/11/2002 dell’Agenzia delle Entrate la quale afferma che “rientrano nella nozione di ‘materiale d’oro’ tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un ‘semilavorato’ è costituita dall’essere un prodotto privo di uno specifico uso e funzione, dichiarando altresì che ‘(si) ritiene, pertanto, che la predetta vendita di rottami di gioielli d’oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d’oro o semilavorato”.
Quindi, visto che i ‘rottami di gioielli’ rientrano nella nozione di ‘materiale d’oro’, ed essendo noto che i soli qualificati ad effettuare questo tipo di commercio, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, legge 7/2000, sono i soggetti regolarmente iscritti all’‘Albo degli operatori professionali in oro’, è da escludere qualsiasi tipo di attività esercitata in tal senso da soggetti autorizzati al solo commercio di preziosi, quindi oggetti finiti, come i ‘Compro Oro’. Non è pertanto ipotizzabile che un soggetto non iscritto all’Albo possa cedere rottami auriferi ad aziende specializzate nel recupero di metalli preziosi, quali materie prime secondarie.
Per quanto riguarda invece le cessioni di ‘oggetti finiti’, anche se queste destinate ad aziende che poi li reimpiegheranno in processi di trasformazione, esse non potranno essere effettuate beneficiando del reverse charge, come stabilito dalla Risoluzione 161/E del 26/10/2001 dell’Agenzia delle Entrate, la quale asserisce che “i prodotti come le montature di anelli o le chiusure per collane e bracciali hanno completato il loro specifico processo produttivo e debbono essere considerati prodotti finiti e non materia prima destinata alla lavorazione”.
Quindi, considerato che i manufatti in questione non possono essere ricompresi nell’ambito dei semilavorati, si deve concludere che per essi “non possa trovare applicazione il meccanismo di cui all’articolo 17, comma 5; l’imposta, pertanto, deve essere assolta nei modi ordinari”.
Risulta estremamente chiaro che un compro oro sprovvisto dell’iscrizione all’albo degli ‘operatori professionali’, non potendo in alcun modo commerciare in ‘semilavorati’ o ‘rottami di gioielli’ e applicare a queste cessioni il reverse charge – rientrando le due categorie dei beni nella ‘nozione di materiale d’oro’ – è obbligato a cedere i preziosi usati applicando alle cessioni i ‘metodi ordinari’, ovvero le aliquote Iva al 21% o a margine, come concesso ai beni usati.
La legge consente ad un semplice compro oro di poter acquistare gioielli classificabili come ‘rottami’ purché ciò avvenga ‘occasionalmente’ e non in modo ‘professionale’, ovvero che questo genere di acquisti non rappresenti per l’attività prassi costante e continuativa.
Per poter trasformare in ‘rottami’ degli oggetti ‘finiti’ è necessario che venga attestata l’effettiva trasformazione degli stessi attraverso regolare fattura rilasciata da apposito laboratorio autorizzato. Infatti un ‘Compro Oro’, quindi, un’azienda autorizzata al solo commercio di oggetti finiti, non può attuare l’alterazione, trasformazione e lavorazione di metalli preziosi (31) .
Altro problema rilevabile nel settore è l’utilizzo da parte di molti esercenti di bilance non regolamentari, che falsano a danno del cliente il peso dell’oro. Il fatto inoltre che la bilancia non sia di fatto monitorabile da parte del venditore di oro comporta uno squilibrio che a nostro avviso viola i diritti del consumatore, di fatto privo di ogni tutela.
Molti sono i casi segnalati alle autorità competenti e alle associazioni dei consumatori (come Federconsumatori e Adusbef), che hanno rilevato dalle segnalazioni ricevute come spesso il rischio di incorrere in un esercente che voglia speculare su tale situazione sia elevato.
Le bilance elettroniche, se omologate, sono consentite (32) purché sottoposte alla verificazione periodica contemplata dall’art. 12 del testo unico delle leggi metriche, successivamente sostituita dalla L. 182 del 28/03/2000.
Gli strumenti per la vendita diretta al pubblico devono fornire chiaramente al cliente tutte le informazioni essenziali sull’operazione di pesatura e, nel caso di strumenti a indicazione del prezzo, il calcolo del prezzo del prodotto che dev’essere acquistato.
Sono state rinvenute bilance dei ‘Compro Oro’ in grado di falsare il peso del prodotto, addirittura del 50 per cento, con conseguenze per il cliente (che per una collana di circa 17 grammi rischia di essere defraudato di almeno 170 euro).
Le due associazioni hanno elencato una serie di consigli per rendere queste operazioni più vantaggiose. Anzitutto, bisogna conoscere in modo chiaro quali sono le reali quotazioni dell’oro a livello internazionale, evitando il rischio di ricevere meno denaro di quanto dovuto: il prezzo attuale più giusto si aggira attorno ai 38 euro al grammo, ma come visto la quotazione varia giornalmente. In aggiunta, è sempre bene pesare il proprio oro prima della pesatura del rivenditore, così da capire immediatamente se si ha a che fare con delle bilance truccate.

Riciclaggio e abusivismo: il vantaggio competitivo del ‘Compro Oro’


L’abitudine diffusa è quella di acquistare oggetti preziosi usati dai privati cittadini o da altri compro oro e rivenderli direttamente a fonderie o aziende specializzate nel recupero di metalli preziosi. Nulla potrebbe vietare questo comportamento se i beni ceduti fossero qualificati per quello che realmente sono, ovvero oreficeria usata, ma nella più ampia casistica vengono invece qualificati come ‘rottami’. Questo espediente, di mutare cioè arbitrariamente la natura dei beni, mira ad eludere l’Iva beneficiando di quanto stabilito dalla Legge n. 633/77 (articolo 17, comma 5).
Con questa disposizione viene, quindi, concessa la non imponibilità a quei beni che, a causa della loro natura, non possono avere altra destinazione che la lavorazione industriale. Di conseguenza le cessioni di semilavorati e rottami non sono imponibili Iva perché equiparati a quei beni inutilizzabili per scopi diversi dalla lavorazione industriale, quindi del tutto differenti dall’oreficeria usata che può invece avere infiniti cicli di vita e, conseguentemente, soggetta al pagamento dell’imposta.
Il gestore di un semplice ‘Compro Oro’, intenzionato ad operare secondo la legge, dovrebbe cedere i preziosi per quelli che realmente sono, ovvero beni usati, specificando nella fattura la reale natura degli oggetti (ovvero ‘oreficeria usata’) ed applicare, quindi, all’importo della fattura l’aliquota Iva ordinaria o, come concesso per i beni usati, a margine. Invece in molti casi l’operatore abusivo acquista i preziosi (non rottami) da privati cittadini e successivamente li rivende direttamente alle fonderie o altre aziende specializzate, attribuendo alla natura dei beni ceduti, sia sul Documento di Trasporto e poi sulla Fattura, la qualifica di rottami. Anche il più sprovveduto dei revisori, operando un controllo, potrà domandarsi che fine abbiano fatto i preziosi acquistati dall’esercente e registrati regolarmente sul Registro del Commercio (es: 1 bracciale, 1 collanina ecc.) e dove, invece, ha preso i rottami che dichiara di aver ceduto alla fonderia.
La legge 7/2000 sanziona all’art. 4 chiunque svolga tale attività (articolo 1, comma 3), senza averne dato comunicazione all’UIF, ovvero in assenza dei requisiti richiesti, ed è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque svolga l’attività prevista dall’articolo 2, comma 1 (Operazioni finanziarie in oro), senza esservi legittimato.
Riassumendo quanto sinora esposto, deduciamo quindi che il semplice titolare di una ditta individuale, gestore di un ‘Compro Oro’, non può assumere le attribuzioni di operatore professionale e commerciare in modo continuativo beni a carattere industriale quali appunto rottami o semilavorati. Così come non può alterare la natura dei beni (oreficeria usata) e trasformarla in rottami (operazione anch’essa riservata esclusivamente agli operatori professionali) con l’unico intento di evitare l’imposizione dell’Iva.


Ricettazione e Riciclaggio (648 - 648 bis c.p.)
(33)

Quello della ricettazione e del riciclaggio è forse il pericolo più concreto, oltre che quello maggiormente preoccupante. La possibilità di utilizzare negozi compro oro come vere centrali di lavaggio di beni o denaro provenienti da furto, usura, estorsione, o altre attività criminose di vario genere, è balzata prepotentemente agli onori delle cronache per la percentuale crescente di casi registrati.
Oltre che fonte di liquidità, negli ultimi anni i ‘Compro Oro’ sono diventati – per una sorta di proprietà transitiva – ‘attività-rifugio’.
È, dunque, evidente la doppia valenza che attività di questa natura possono avere per la criminalità organizzata. Una volta ripulito, infatti, il denaro segue due strade: da una parte viene nuovamente inserito nel circuito dei traffici illegali che terminerà con un successivo ‘lavaggio’, dall’altro viene investito in settori economici ‘puliti’ (ad es. edilizia, attività commerciali, e così via). Altro sistema di riciclaggio riguardante le gioiellerie, parzialmente riconvertite all’attività di acquisto di oro da privati, prevede la permuta di tale oro in cambio di prodotti di gioielleria usata sempre da privati, proveniente da furto (34) .
Per quanto sopra esposto è facile immaginare come chi svolga attività di riciclaggio possa pensare di utilizzare le attività ‘Compro Oro’ per far passare sotto copertura ingenti somme di denaro e preziosi derivanti da rapine o altri reati presupposto. Allo stesso modo, chi manipola denaro sporco può utilizzare lo stesso sia investendolo in questa attività, attraverso l’apertura di catene di negozi in franchising (o singole agenzie), sia inquinando i bilanci degli stessi annacquandoli con denaro illecito.
La mancanza di adeguati strumenti di tracciabilità, di settaggio e di monitoraggio dei preziosi che giungono nei ‘Compro Oro’ per essere liquidati, in aggiunta al fatto, che sempre più spesso i negozi ‘Compro Oro’ sono innestati in quartieri periferici e, dunque, maggiormente esposti a fenomeni delinquenziali riduce, di fatto, le possibilità di controllo. La mancanza di tali informazioni, unita alla troppo spesso lacunosa preparazione tecnica e giuridico-fiscale degli esercenti stessi, non consente al titolare dell’attività di essere in grado di fornire alcuna informazione sui preziosi, oltre che di accertare la loro probabile provenienza illecita.
Senza dire poi che un esercente che utilizza fondi illeciti per aprire o finanziare la propria attività non solo compie un reato sanzionato dal codice penale ma commette un’irregolarità nei confronti degli altri esercenti onesti, che finanziano la propria attività con flussi leciti (canali bancari ordinari), generando un danno agli stessi e al mercato.
È forse anche questa una delle motivazioni per cui alcuni esercenti possono utilizzare, nonostante la crisi generalizzata, forme di pubblicità proibitive per i più, tra le quali spazi pubblicitari su quotidiani oltre a cartelloni pubblicitari di notevoli dimensioni.


Usura e associazione a delinquere


Altro caso di utilizzo fraudolento dell’attività di ‘Compro Oro’ riguarda il reato di usura: in sostanza più volte presso i negozi si recano persone in difficoltà finanziaria che lasciano in pegno oggetti, percependo in cambio un importo in denaro nettamente inferiore al valore reale; quando, poi, però si recano a riscattarlo sono costretti a versare cifre superiori con l’applicazione, di fatto, di interessi usurari, accertati a volte anche oltre il 1000% annuo.
L’avanguardia della criminalità organizzata si avvale di negozi compro oro, non necessariamente tutti recanti la medesima ragione sociale o appartenenti alla medesima rete commerciale (marchi in franchising, ad es.) per espandere la propria attività criminosa in una più possibile ampia porzione di territorio, così da controllare flussi maggiori di denaro e preziosi, derivanti dai suddetti reati.
Un effetto totalizzante sul territorio con evidente danno nei confronti dei consumatori, costretti loro malgrado a rivolgersi ad attività illecite, e all’ordinamento in generale per il danno sociale generato (35) .
Dal lato consumistico, viene raccomandato alla clientela potenziale di questi negozi di prestare estrema attenzione nei confronti di quegli esercenti disonesti che applicano tariffe non congrue rispetto al reale valore dell’oro al momento della cessione, ovvero che si avvalgono di strumenti artatamente ‘taroccati’ al fine di occultare il reale peso dell’oggetto della vendita. Tali affermazioni provengono, purtroppo, dalla prassi e dall’esperienza di quanti costretti, seppur a malincuore, ad accettare condizioni di vendita inique e disoneste pur di ottenere in cambio la necessaria liquidità, cedendo alla speculazione di dettaglianti disonesti (36) .


Situazione all’estero: cenni


Quello dei compro oro è un fenomeno di ampia diffusione che tocca, in particolar modo, gli Stati che hanno mostrato maggiore sensibilità agli effetti della crisi economica. Tra questi certamente Italia, Spagna, Grecia e Francia.
Dai dati ufficiali emerge un incremento delle richieste di licenze: il 90% dei 224 banchi che operano nella penisola ellenica è stato registrato presso le competenti autorità nel solo 2011 (37) . La vendita degli oggetti di valore, già iniziata nel 2010, è stata accelerata dai prezzi dell’oro dei preziosi, beni rifugio durante ogni congiuntura difficile dell’economia mondiale. Lo scorso anno, come riferisce un quotidiano ellenico, l’oro è salito a più di 1500 dollari l’oncia, facendo segnare il picco storico. L’impennata è stata senza precedenti, se si considera che il metallo giallo, all’inizio della crisi, nel 2008, viaggiava sugli 800 dollari l’oncia (38) . Anche in Grecia il fenomeno ha coinvolto non solo i banchi metalli, comunque diffusi su tutto il territorio e in particolar modo nei quartieri a particolare rischio di indigenza, ma anche le gioiellerie che hanno convertito la loro attività. Legato al fenomeno dei compro oro è quello dell’evasione: senza un’adeguata regolamentazione fiscale, la Grecia attualmente risente dell’incertezza normativa in termini di mancato gettito fiscale, quantificabile in quindici miliardi di euro annui, per il solo comparto aurifero. Si ritiene infatti che l’80% dei banchi metalli non comunichi la totalità delle operazioni effettuate (39) .
Anche un Paese come la Spagna che, dopo anni di crescita, oggi risulta pesantemente colpito dalla crisi, è interessato dal fenomeno compro oro. L’aumento della presenza dei compro oro non è altro che la reazione normale del mercato all’aumento della richiesta di un servizio, un fenomeno che va valutato in sé come un normale effetto dietro il quale si celano cause ben più gravi e importanti di non facile soluzione. Anche qui, l’oro che viene acquistato dai privati viene nella stragrande maggioranza dei casi rivenduto non al consumatore finale, bensì venduto in blocco alle fonderie per poi essere riutilizzato come oro puro per la realizzazione di lingotti o altri usi industriali. Tale processo di riciclo dell’oro dà vita ad una richiesta del metallo pressoché inesauribile. In riferimento alla normativa in vigore, è da rilevare come la ‘Legge Organica’ 1/1992 sulla protezione della sicurezza pubblica, all’art. 13,1 stabilisce che ‘il Ministero degli Interni può ordinare, come da disposizioni prescritte, l’adozione di misure di sicurezza negli stabilimenti industriali, commerciali e di servizi al fine di prevenire la commissione di atti’. L’articolo di cui sopra, si riferisce in primo luogo a tutti gli istituti coinvolti nel commercio di gioielli e argenteria, non specificando o differenziando il tipo di commercio che si svolge all’interno di essi; in secondo luogo, si riferisce ad altri stabilimenti per la produzione e la mostra di gioielli.
La Francia, infine, ha emanato una serie di misure per limitare lo sviluppo di tali attività, considerate pericolosamente vicine alla criminalità. Sull’esempio del governo austriaco (40) a restringere le vendite dei metalli preziosi ad un massimo di controvalore di 20.000 dollari per transazione – in quel momento corrispondente a sole 11 once – le autorità francesi, per scoraggiare l’acquisto di oro ed argento, hanno approvato una disposizione ancor più draconiana.
Una legge francese modificata di recente stabilisce che qualsiasi transazione di compravendita al dettaglio di metalli ferrosi e non ferrosi deve essere fatta con assegni circolari, bonifici postali o carta di credito; l’importo totale della transazione non può superare l’importo stabilito per decreto. La non osservanza di tali disposizioni è punibile con una sanzione ‘di quinta classe’, con ciò confermando che qualunque importo superiore ai 450 € od ai 600 $ «deve essere pagato con bonifico bancario». «Secondo osservatori indipendenti, la legge è stata approvata con lo scopo di mettere un freno alle vendite illegali di metalli rubati quali rame e acciaio. La nuova legge rende di fatto in Francia proibite compravendite di oro e di argento sopra i 600 $, illegale l’acquisto in contanti anche di una sola oncia di oro – o di 18 di argento»; oltre detto valore l’acquisto sarà possibile solo mediante bonifico bancario (41) .
Gli Stati Uniti, duramente colpiti dalla crisi economico-finanziaria del 2007, sono celermente corsi ai ripari per fornire una regolamentazione adeguata al settore, anche qui in forte ascesa grazie alla crescita costante del prezzo dell’oro.
La normativa approvata nel 2009 a livello federale (Gold Act Legislation), che muove dallo schema dettato dalla normativa statale della Florida, approvata nel 2008 (Florida cash for gold law), individua un duplice profilo: da un lato una maggiore difesa del consumatore, spesso vittima di raggiri e comunque posto in condizione di subalternità dovuta alla necessità di contante; dall’altro una regolamentazione specifica per le vendite di oro on line, molto diffuse negli Stati Uniti ma che possono nascondere insidie riferibili all’adeguata verifica ed in generale ai presidi antiriciclaggio.


Conclusioni


Per rendere effettivo, nel nostro Paese, quanto si è sostenuto risulterebbero necessari alcuni imprescindibili strumenti:
- un intervento normativo che sia adeguato alle esigenze di un settore in forte ascesa (dall’introduzione dell’obbligo dei presidi antiriciclaggio per tutti gli operatori nel mercato dell’oro, a requisiti più stringenti per l’ingresso nel settore, al conferimento di maggiori poteri ispettivi all’Autorità di vigilanza);
- un adeguato monitoraggio degli operatori del mercato dell’oro attraverso l’introduzione di un albo per i cd. ‘Compro Oro’, affinché possano essere censiti i movimenti di ingresso e di uscita degli operatori del settore, onde fronteggiare il fenomeno del cd. “balletto delle licenze”.
Per fare ciò è necessario, a nostro avviso, operare con urgenza una ‘mappatura’ capillare di tutto il territorio nazionale, per ottemperare a quell’esigenza di trasparenza dal Ministro dell’Interno manifestata nel corso della recente audizione in Commissione Antimafia.
Dalla Rappresentazione sinora operata emerge come i dati raccolti (nel periodo compreso tra gennaio e febbraio 2012) mostrino due elementi: il primo, la non rispondenza tra quanto emerge dalla ricerca per mezzo di banche dati e quanto effettivamente riscontrato con un controllo sul territorio; il secondo, è che i dati emersi non possono essere più considerati validi poiché divenuti obsoleti. Si ritiene, infatti, che già nel momento dell’elaborazione dei dati stessi, questi siano in continua mutazione ed il dato emerso pertanto fornisce la riprova di una dei ‘Compro Oro’ che possiamo definire ‘senza controllo’.


Per approfondimenti l’autore suggerisce:


- Eric Czotscher, Oro: guida all’investimento, 2008 FAZ-Institut.

- R. Campanini e F. Cappio, Investire in oro. Un’alternativa per il piccolo risparmiatore: guida all’investimento, Il Sole 24 Ore, 2012.

- R. Razzante: Oro amaro: brevi osservazioni sul settore dei compro oro, Wall Street Italia, 26 settembre 2011; L’oro della criminalità organizzata, Wall Street Italia, 25 novembre 2011; Compro-oro: qui ci vuole un albo d’oro, Il Mondo, 4 maggio 2012; Quanto nero c’è nel metallo giallo?, Il Fatto quotidiano, 7 maggio 2012; Compro oro, tra truffa e racket, l’Espresso, 11 giugno 2012; Evasori e mafie sulle tracce dell’oro, Panorama, 17 giugno 2012.


(1) AIRA ed ANOPO hanno recentemente collaborato alla stesura di un rapporto sul settore e ad una indagine conoscitiva presentati rispettivamente alla Commissione parlamentare antimafia e al Ministero dell’Interno.
(2) Stime AIRA - ANOPO.
(3) Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2000.
(4) La Legge n. 7 del 17 gennaio 2000, chiarisce all’art. 1 cosa debba intendersi per oro, stabilendo ai commi 1 e 2 che debba trattarsi di oro da investimento intendendo, per tale, l’oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato dell’oro ma, comunque, superiore ad 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi, rappresentato o meno da titoli; le monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi nonché le monete aventi le medesime caratteristiche; il materiale d’oro diverso da quello di cui alla lettera a), ad uso prevalentemente industriale, sia in forma di semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, sia in qualunque altra forma e purezza.
(5) Ai sensi dell’art. 127 “I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, hanno l’obbligo di munirsi di licenza del Questore. Chi domanda la licenza deve provare d’essere iscritto, per l’industria o il commercio di oggetti preziosi, nei ruoli della imposta di ricchezza mobile ed in quelli delle tasse di esercizio e rivendita ovvero deve dimostrare il motivo della mancata iscrizione in tali ruoli. La licenza dura fino al 31 dicembre dell’anno in cui è stata rilasciata. Essa è valida per tutti gli esercizi di vendita di oggetti preziosi appartenenti alla medesima persona o alla medesima ditta, anche se si trovino in località diverse. L’obbligo della licenza spetta, oltreché ai commercianti, fabbricanti ed esercenti stranieri, che intendono fare commercio, nel territorio dello Stato, degli oggetti preziosi da essi importati, anche ai loro agenti, rappresentanti, commessi viaggiatori e piazzisti. Questi debbono provare la loro qualità mediante certificato rilasciato dall’autorità politica del luogo ove ha sede la ditta, vistato dall’autorità consolare italiana.”; mentre l’art. 128 stabilisce come “I fabbricanti, i commercianti, gli esercenti e le altre persone indicate negli articoli 126 e 127 non possono compiere operazioni su cose antiche o usate se non con le persone provviste della carta di identità o di altro documento munito di fotografia, proveniente dall’amministrazione dello Stato. Essi devono tenere un registro delle operazioni di cui al primo comma che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute e le altre indicazioni prescritte dal regolamento. Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta. Le persone che compiono operazioni di cui al primo comma con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti. L’esercente, che ha comprato cose preziose, non può alterarle o alienarle se non dieci giorni dopo l’acquisto, tranne che si tratti di oggetti comprati presso i fondachieri o i fabbricanti ovvero all’asta pubblica”.
(6) L’Italia è attualmente il maggiore esportatore di gioielleria all’estero.
(7) Johnson Matthey, Mocatta & Goldsmith, Samuel Montagu, Rothschild e Sharps Pixley.
(8) Molteplici sono gli elementi che possono influire sull’andamento del prezzo dell’oro: basti pensare che ad es. uno sciopero in una miniera estrattiva può rallentarne la produzione.
(9) ‘The wacky world of gold’, The Economist - 2 giugno 2011.
(10) La crisi di agosto fa rivalutare l’oro di Bankitalia di 9 miliardi, F. Ninfole – Milano Finanza 08.09.2011.
(11) Le imprese orafe aretine che hanno rinunciato a svolgere la propria attività nell’ultimo biennio sono il 3,7%. Da un dato iniziale di 1.400, esse sono scese a 1.320 nell’aprile dello scorso anno, a metà anno le cessazioni hanno finito per ridimensionare una volta di più il loro numero e sono scese a 1.292; l’ultimo scivolone ha dato un ulteriore colpo di grazia all’imprenditoria locale, facendo precipitare le aziende ad un livello ancora più basso, 1.271 unità. Il polo orafo di Alessandria si è fermato a meno 2% con sole 900 ditte e Vicenza a meno 4,62% con 723 aziende (‘Oro, il prezzo sulle montagne russe paralizza ancora il settore’ La Nazione – Arezzo, 30.09.2011).
(12) Decreto Legislativo luogotenenziale del 17 maggio 1945, n. 331, art. 2: - ‘1. L’Ufficio ha per iscopo di acquistare e di vendere a pronti ed a termine oro, divise estere, biglietti di Stato e di banca esteri, titoli esteri ed italiani emessi all’estero, titoli italiani emessi in valuta estera e di eseguire in genere tutte le operazioni collegate ai suoi fini. - 2. L’Ufficio ha il monopolio del commercio dell’oro, per quanto si riferisce agli acquisti ed alle vendite dell’oro all’estero. Esso può proporre al Ministro per il tesoro norme intorno al commercio dell’oro all’interno, volte ad assicurare il suo monopolio del commercio dell’oro con l’estero’.
(13) Al vertice di questa categoria vi sono i lingotti da 400 oz, 12,5 kg, lo standard per le transazioni internazionali utilizzato da istituzioni finanziarie, grandi società, Stati e banche centrali, ma accessibili anche al singolo investitore capace di pagare i circa 200.000 € necessari ad acquistare un singolo pezzo alle quotazioni odierne.
(14) L’oro differisce dall’oreficeria in quanto la seconda consiste in manufatti realizzati mediante metalli preziosi come leganti per la produzione di gioielli con gemme.
(15) Etf, exchange-traded fund; Etc, exchange-traded-commodity; Etn, Exchange-Traded-Notes.
(16) Art. 128 Tulps.
(17) Vedi nota precedente.
(18) La Puglia è una regione particolarmente interessata dal fenomeno dei compro oro e in molti casi ha evidenziato una connotazione criminale dell’attività. Ne sono testimonianza le inchieste degli organi di Polizia che hanno portato all’arresto di numerose persone con l’accusa di riciclaggio, ricettazione, usura, e alla chiusura di molte attività.
(19) Dati Movimprese – Infocamere.
(20) Il dato è riferito alla somma dei negozi ‘Compro Oro’ e delle gioiellerie che hanno anche parzialmente convertito la propria attività all’acquisto di oro da privati (dati ANOPO).
(21) Dati Federdettaglianti Orafi (www.orafidettaglianti.it).
(22) Denominazione Istat.
(23) «Si compra oro a un prezzo inferiore rispetto al suo valore di mercato – continua Zamagni – e il fenomeno è legalizzato perché chi si rivolge a queste persone ha l’acqua alla gola e non riesce ad arrivare a fine mese. Il “Compro Oro” è una diretta conseguenza del fatto che in uno stato di crisi l’accesso al credito delle banche è sempre più limitato. Per tamponare il fenomeno e porre un rimedio efficace occorre sviluppare forme di microcredito, perché certe situazioni non si combattono con piagnistei e moralismi, ma con iniziative capaci di aumentare il credito al consumo» – Associazione Microfinanza Bologna onlus.
(24) Ne ha fotografato la situazione in maniera molto chiara uno studio dell’Ambulatorio Antiusura, che afferma come “La diffusione dei ‘Compro Oro’ è un fenomeno che si osserva, oramai, da qualche tempo. Spesso, ci si rivolge a tali attività in situazioni di bisogno e debolezza e con un potere contrattuale nullo. Dove c’è sofferenza e la norma latita, lì s’insinua il crimine”. I ‘Compro Oro’, secondo l’Associazione, sono “simboli di una disperazione diffusa, per la quale non si esita a svendere il valore affettivo, prima ancora che economico, degli oggetti che passano di mano sui banconi di queste attività. Disperazione che significa solitudine, sofferenza economica e sovraindebitamento. Un disagio che il crimine ha saputo rendere redditizio, insinuandosi in un contesto di penombra normativa che i fatti di cronaca hanno reso insostenibile e privo di giustificazione in una società che vuole definirsi civile. Troppo spesso dietro queste attività si nascondono i nuovi usurai”.
(25) Pubblicato sulla Gazz. Uff. del 26 giugno 1940, n. 149, Suppl. Ord.
(26) In alcune recenti indagini è emerso come alcuni compro oro avessero registrato operazioni inesistenti nei confronti di soggetti ignari, talvolta presi dagli elenchi pubblici (come quelli telefonici) o dal proprio data base di clienti abituali, senza che questi avessero compiuto l’operazione e al solo scopo di occultarne la reale provenienza.
(27) Vedi sul punto quanto disposto dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 375/E del 2002.
(28) In caduta libera - X Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, a cura di Caritas Italiana – Fondazione Zancan, Il Mulino 2010. Purtroppo i dati più recenti sono ancora meno ottimistici.
(29) Palermo, Bari, Roma, Arezzo, Milano, Genova, sono solo alcune delle città in cui negli ultimi mesi sono emersi casi di truffa e riciclaggio imputabili ai negozi ‘Compro Oro’.
(30) “La criminalità organizzata, quella piccola, quella che sta lottando e rivaleggia oggi a Roma per impossessarsi del territorio, ripulisce il proprio denaro attraverso queste attività commerciali”, denuncia Gianni Ciotti, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil di Roma. Ciò emerge altresì dall’audizione del Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, presso la Commissione Parlamentare Antimafia, il 28 settembre scorso.
(31) L’acquisto “occasionale” è riferito a quei beni che appartengono alla classe dei “semilavorati”, “oro da investimento” e “materiale d’oro”. Beni che in via “professionale”, possono essere acquistati e rivenduti esclusivamente dai soggetti iscritti all’apposito Albo istituito presso la Banca d’Italia. Il commercio di “oggetti finiti”, come l’oreficeria usata, può essere invece svolto senza alcun limite dai comuni compro oro.
(32) Ai sensi del D.lgs. 29 dicembre 1992, n. 517, art. 10.
(33) Per una recente ricostruzione delle fattispecie si rinvia, su tutti, a R. Razzante, Il riciclaggio nella giurisprudenza, Giuffrè, Milano, 2011.
(34) Attualmente è in attesa di discussione alle Camere una Proposta di legge (N. 4281) che ha per scopo la razionalizzazione del settore al fine di porre un freno al dilagare del fenomeno criminale ad esso connesso. Eppure, a nostro avviso, la Proposta di legge così come concepita sembra non rispondere alle esigenze di tale settore, soprattutto nel momento in cui in essa si esclude l’attività di acquisto di oro da privati svolta in via secondaria (ad esempio, dalle gioiellerie parzialmente riconvertite) dai presidi richiesti agli operatori professionali e ai compro oro. Tale lacuna non è giustificabile alla luce dell’occasionalità dell’attività, poiché l’interesse della criminalità è quello di sfruttare tutti i canali possibili per ripulire beni o denari provento di reato, senza destare alcun tipo di sospetto. L’esclusione di alcune attività dagli obblighi antiriciclaggio (e dagli altri presidi nel disegno di legge esposti) consente a chi detiene un interesse criminale di agire con la compiacenza o meno dell’operatore, sfuggendo ad ogni tipo di controllo finanziario.
(35) Vedi ad esempio il caso dell’operazione denominata ‘Oro amaro’ eseguita dalla Guardia di Finanza di Terni il 22 settembre 2011.
(36) Al riguardo, le Associazioni AIRA e ANOPO hanno stilato una serie di ‘consigli’ per i consumatori al fine di evitare possibili raggiri:
- Quotazione. Prima di effettuare la vendita dei propri preziosi è necessario confrontare il valore attuale dell’oro. Il prezzo dell’oro è in continua variazione ed il suo valore viene ogni giorno stabilito dal fixing di Londra. Le quotazioni sono pubblicate quotidianamente sui giornali e sul web.
- Qualità (purezza dell’oro). È importante conoscere la qualità del proprio oro, ossia la quantità di oro puro contenuto negli oggetti che si intende vendere. Le pubblicità dei ‘Compro Oro’ spesso appaiono fuorvianti, perché si riferiscono al prezzo dell’oro puro (24 o 22 k) mentre nella maggior parte dei casi, i gioielli contengono una quantità inferiore di oro (18 k, ovvero composti di 75 parti di oro ed il restante di altri metalli). Per conoscere quindi quanto realmente sarà pagato il nostro oro, è necessario sottrarre il 25% al prezzo pagato per l’oro puro.
- Peso effettivo. Rivolgersi a chi compra oro solo dopo essersi accertati del reale peso dell’oggetto (ancorché impreciso). In molti casi, chi acquista oro sfrutta la buona fede del venditore falsando il valore dell’offerta con bilance ‘truccate’, ossia manomesse in modo da fornire una valutazione inferiore rispetto a quella reale.
- Confrontare le offerte. Non fermarsi alla prima offerta, ma confrontare le offerte di vari compratori. Questo perché la valutazione non è univoca ed in molti casi può variare anche dell’80% rispetto al prezzo di partenza. Cercate il ‘Compro Oro’ che applica le condizioni più vantaggiose.
- Professionalità. Che ci si rivolga ad un ‘Compro Oro’, alla gioielleria di fiducia o ad un operatore professionale è importante esigere la massima professionalità da chi acquista il nostro oro, intesa come onestà e capacità di lavorare bene. Pretendere trasparenza e completezza dell’informativa è presupposto di legalità e di qualità.
- Pagamenti in contante. Dal dicembre 2011 è in vigore il limite all’uso del contante di mille euro. Alcuni esercenti che acquistano oro continuano a pagare importi oltre la soglia imposta dalla legge. Questo, oltre a violare la legge, comporta una sanzione amministrativa il cui valore può ammontare fino al 40 per cento dell’operazione. Per cui, quando il valore del monile venduto è superiore a mille euro, l’esercente dovrà obbligatoriamente pagare con un mezzo tracciato (assegno, bonifico, etc.).
- Documenti di identificazione. La legge impone, inoltre, che il ‘Compro Oro’ debba registrare l’operazione di acquisto ed i dati identificativi del cedente sul registro di pubblica sicurezza. Diffidare da chi non vi chiede il documento di identità. Sta violando la legge.
- Ricevuta. Sebbene la legge attualmente non imponga a chi acquista oro l’obbligo di rilascio della ricevuta, molti operatori autonomamente hanno introdotto questa misura che, a nostro avviso, è un ottimo sistema per valutare la trasparenza dell’operazione. In questo modo il cliente potrà avere certezza della valutazione, del peso e del prezzo di acquisto.
- Privacy. È importante che il cliente prenda visione dell’informativa sulla privacy che riguarda i dati personali forniti al ‘Compro Oro’. Questi dovrà registrare obbligatoriamente i dati del cliente (vedi punto 7) che, a sua volta, ha diritto di sapere sull’utilizzo e sulla eventuale divulgazione dei propri dati per fini commerciali.
- Permuta. In caso di permuta del proprio oro “usato” con dell’oro “nuovo” fare attenzione alla valutazione. Normalmente nella permuta il valore stimato dell’oro vecchio “rottamato” viene detratto dal prezzo di acquisto dell’oro nuovo, ma la valutazione viene effettuata in base alla percentuale di oro puro ivi contenuto. Molto spesso il ‘Compro Oro’ avrà più convenienza con il sistema della permuta che con il metodo classico di valutazione dell’oro in contanti, poiché gli oggetti in vendita hanno già incorporato nel prezzo il margine del venditore. A questo punto il ‘Compro Oro’ potrà recuperare quel maggior prezzo al quale valuta il tuo oro, sottoforma del guadagno che avrebbe fatto nel rivendere un suo prodotto.
(37) Vedi “Gold buyers tempt Greeks facing hard time” - New York Times, 10 dicembre 2011.
(38) Vedi “Gold, silver tumble as Greek deadlock drives dollar higher”, in Ekathimerini, 9 maggio 2012.
(39) Vedi “Oro, gioielli, i greci adesso per vivere si vendono tutto”, in Linkiesta, 28 gennaio 2012.
(40) Secondo la nuova politica austriaca un privato che volesse comprare oro sarà limitato a comprarne per un valore di 15.000 euro alla volta, rendendo l’oro ufficialmente una commodity “restricted”.
(41) Article L112-6 modifié par LOI n° 2011-900 du 29 juillet 2011 - art. 51 (V).
I. - Ne peut être effectué en espèces le paiement d’une dette supérieure à un montant fixé par décret, tenant compte du lieu du domicile fiscal du débiteur et de la finalité professionnelle ou non de l’opération.
Au-delà d’un montant mensuel fixé par décret, le paiement des traitements et salaires est soumis à l’interdiction mentionnée à l’alinéa précédent et doit être effectué par chèque barré ou par virement à un compte bancaire ou postal ou à un compte tenu par un établissement de paiement.
Toute transaction relative à l’achat au détail de métaux ferreux et non ferreux est effectuée par chèque barré, virement bancaire ou postal ou par carte de paiement, sans que le montant total de cette transaction puisse excéder un plafond fixé par décret. Le non-respect de cette obligation est puni par une contravention de cinquième classe.
II. - Nonobstant les dispositions du I, les dépenses des services concédés qui excèdent la somme de 450 euros doivent être payées par virement.
III. - Les dispositions qui précèdent ne sont pas applicables :
a) Aux paiements réalisés par des personnes qui sont incapables de s’obliger par chèque ou par un autre moyen de paiement, ainsi que par celles qui n’ont pas de compte de dépôt ;
b) Aux paiements effectués entre personnes physiques n’agissant pas pour des besoins professionnels;
c) Au paiement des dépenses de l’Etat et des autres personnes publiques.
IV. - Les dispositions qui précèdent ne sont pas applicables :
a) Aux paiements réalisés par des personnes qui sont incapables de s’obliger par chèque ou par un autre moyen de paiement, ainsi que par celles qui n’ont pas de compte de dépôt ;
b) Aux paiements effectués entre personnes physiques n’agissant pas pour des besoins professionnels.

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