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GNOSIS 4/2011
LA CULTURA


RECENSIONI

Dal caso Battisti al Giorno del Giudizio


Alain CHARBONNIER

   
Due libri diversi, un saggio e un romanzo, che trattano argomenti diversi. Il saggio è scritto da un magistrato di lungo corso, Giuliano Turone, e si occupa della storia, dei delitti, delle condanne, delle mancate estradizioni del terrorista Cesare Battisti.
Un pretesto, di fatto, per concludere che ci sono le condizioni in Italia per chiudere con gli “anni di piombo”.
Il romanzo è, invece, opera di due giornalisti, Lucio Brunelli e Alver Metalli, e rientra nella categoria dei thriller futuribili: un attentato contro la Chiesa di Roma. Una sorta di profezia dell’assurdo che tuttavia…



Capita, a volte, di ritrovarsi fra le mani due libri contemporaneamente. E per quanto diversi, di leggerli in parallelo, di non potersene staccare fino a quando non arrivi l’ultima pagina.


Giuliano Turone, “Il caso Battisti – Un terrorista omicida o un perseguitato politico?”, pagine 178, Garzanti, Milano, fa parte della collana “Saggi” ed è una rigorosa analisi della questione Cesare Battisti, degli anni del terrorismo, dei processi, delle condanne, delle mancate estradizioni, delle difficoltà di chiudere con quel periodo della nostra storia e, soprattutto, di far comprendere agli altri quello che abbiamo vissuto, quello che è stato.

Lucio Brunelli – Alver Metalli, “Il giorno del giudizio”, pagine 283, Fazi editore, Roma, racconta un micidiale attentato contro la cristianità: un aereo fatto precipitare sulla Cappella Sistina, mentre si svolge il Conclave per eleggere il nuovo Papa.

Un saggio il primo, un romanzo il secondo. Entrambi ricchi di spunti di riflessione, di notizie offerte in modo indiretto, senza pedanteria, senza spocchia saputella.

Abbiamo conosciuto Giuliano Turone a Milano, magistrato rigoroso e attento, lo ritroviamo impegnato in un libro che s’impone per correttezza e attenzione ai fatti.
L’argomento è oltremodo spinoso: Cesare Battisti, le polemiche soprattutto suscitate da intellettuali innamorati della rivoluzione che hanno cooptato il terrorista-scrittore nella loro comunità, la protervia dell’imputato che si ritiene “vittima” del sistema giudiziario italiano, gli anni dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC), le rapine, i delitti.
Questa è la storia politico-giudiziaria di Cesare Battisti, arrestato nel 1979, in un’operazione antiterrorismo. Condannato a 13 anni e 5 mesi per l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani, ucciso nel febbraio del 1979.
Cesare Battisti evade dal carcere di Frosinone il 4 ottobre 1981 e ripara in Francia, accolto dalla comunità dei fuoriusciti italiani e dai “gauchiste” d’oltralpe.
Nel 1985 è condannato all’ergastolo nel processo contro i PAC, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991, per quattro omicidi. Nel frattempo, da Parigi, Battisti si trasferisce in Messico, a Puerto Escondido, con la compagna Laurence, dalla quale si è poi separato, che gli ha dato due figlie.
In Messico fonda il giornale “Via Libre”, che “trasferirà” a Parigi nel 1990. Appena giunto Oltralpe, Battisti viene arrestato ma, cinque mesi dopo, la Francia nega l’estradizione e torna in libertà.
Nel 1997 - affermato autore di noir per Gallimard - è uno degli “esuli” dei movimenti politici dell’estrema sinistra italiana rifugiati in Francia, riuniti nell’associazione “XXI secolo”, che chiedono all’allora presidente Oscar Luigi Scalfaro una soluzione politica “di indulto o di amnistia” dei reati loro addebitati.
Nel 2004, poco prima del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato francese che l’avrebbe estradato in Italia, Battisti fugge in Brasile. Il 18 marzo 2007, arrestato a Rio de Janeiro, Battisti afferma di essere innocente e vittima della giustizia italiana.
Dopo una serie di ricorsi e pronunciamenti della magistratura brasiliana, nel 2011 la decisione del Presidente Lula di non concedere l’estradizione mette la parola fine alla questione Battisti. Il 9 giugno 2011 il Supremo Tribunal Federal conferma la decisione del Presidente brasiliano.
A prescindere alle ricostruzioni storiche, si può dire che l’interesse del libro di Turone sta nella puntuale contestazione delle critiche elaborate dai difensori politici d’ufficio e avvocati di fiducia alla conduzione dei processi che hanno condannato Battisti, presentate dalla rivista on-line “Carmilla”.
Scrive Turone: “Alcune delle obiezioni di Carmilla sono così palesemente infondate che non varrebbe neanche la pena di confutarle, tanto più che esse sono già ampiamente e chiaramente smentite dalla ricostruzione della vicenda processuale...
Quello che colpisce, però, è il fatto che esse vengano prese per buone, recepite e ulteriormente diffuse da sostenitori di Battisti, anche di notevole prestigio e autorevolezza”.
È la fabbrica del falso e del verosimile che Turone individua, sostenuta dall’autorevolezza di intellettuali di sinistra che hanno un’immagine del tutto falsata dell’Italia.
Cita lo storico Marc Lazar per il quale ex gauchisti affascinati dalla lotta armata, “in qualche modo ammirano gli italiani perché hanno avuto il coraggio di passare all’atto. Parlano di un’Italia degli anni Settanta, vista attraverso lo sguardo di questi ex terroristi italiani… e arrivano perfino a parlare di guerra civile, cosa completamente falsa dal punto di vista storico. Questo dimostra ancora una volta la scarsa conoscenza dell’Italia… C’è un problema di ignoranza: non sanno nulla della vostra storia”.
Turone però non poteva e non voleva fermarsi all’analisi del “caso Battisti” pura e semplice. Doveva necessariamente andare oltre e così, affrontando il tema su come chiudere gli anni di piombo, non esita a sottolineare che “ci sono molte cose che la cultura e la politica italiana non hanno saputo far capire neanche all’interno del nostro Paese.
La cultura giuridica, per esempio, non si è mai curata di far capire ai non addetti ai lavori cosa significhi essere condannati a più ergastoli, nonostante la vita sia una sola…
È forse per questo che molti trovano iniquo che il latitante Battisti condannato in contumacia – sia pure dopo un processo dove era difeso da avvocati di fiducia – possa essere consegnato ‘immediatamente agli ergastoli emessi in sua assenza’(come sosteneva Rossana Rossanda n.d.r.)”.
Chiudere con il più doloroso periodo storico della Repubblica, secondo Turone, è possibile. Esistono le condizioni, ci sono stati passi importanti, “c’è una strada intelligente, civile e dignitosa per arrivare a chiudere i conti con gli anni di piombo, nel pieno rispetto della sensibilità delle vittime e nell’interesse di tutti”.
Secondo Turone, proprio Battisti potrebbe diventare il catalizzatore dell’agognato superamento di quegli anni, “qualora decidesse di mutare atteggiamento, di assumersi le sue responsabilità, di accettare quella pena che – grazie alla legge Gozzini – è meno spaventosa di quanto non sembri”.
L’ultimo capitolo del libro, è “Postilla: il perché di questo libro”. Poche pagine nelle quali Turone spiega la necessità del suo scritto, i buoni motivi che lo hanno spinto a cimentarsi con i 53 faldoni processuali ricchi anche di carte inutili, nelle quali è facile perdersi, ma che non possono essere eliminate, e costituiscono la prova della “burocrazia” giudiziaria che rende ancora lenta e antiquata la giustizia italiana.
Se Turone ragiona su come chiudere con gli anni di piombo, sulle sinistre menzogne che avvolgono il “caso Battisti”, Lucio Brunelli e Alver Metalli ci introducono in un intrigo più coinvolgente: la descrizione dell’impensabile.
Ai giovani cronisti lasciati “di guardia” al giornale, gli anziani dicevano: “Chiamami solo se sparano al Papa”. Era la notizia “impossibile”, più assurda che potesse essere pensata. Poi ad un Papa spararono per davvero. Così Tom Clancy descrisse un attentato al Campidoglio con un aereo passeggeri, e la morte del Presidente degli Stati Uniti. Un colpo mortale che si trasformò in realtà l’11 Settembre, sia pure in modo diverso.

Ora è il caso de “Il giorno del giudizio”. Brunelli, vaticanista del TG2, e Metalli, giornalista e scrittore da lungo tempo in America Latina, hanno lavorato a un’ipotesi terroristica che all’apparenza sembra assurda, ma che per la data che indicano a qualcuno è suonata profetica: 11 novembre.
Si sono scomodate cabale e alchimie, perfino la sequenza 11 11 11 11, cioè 11 novembre 2011 ore 11. Chi aveva appena letto il libro ed è scaramantico avrà anche fatto gli scongiuri.
Non racconteremo la trama, per non togliere al lettore il gusto della scoperta, pagina dopo pagina.
Ci limiteremo a sottolineare che, leggendo il romanzo oltre le righe del racconto, il lettore attento può scoprire riti, liturgie, curiosità, intrighi, retroscena dell’ambiente vaticano, come soltanto chi i Sacri Palazzi frequenta poteva descrivere.
Non è neppure troppo difficile sovrapporre a personaggi reali alcuni dei protagonisti: il giornalista, l’investigatore, il Cardinale.
Un capitolo è dedicato alla presunta profezia di Malachia sull’ultimo Papa.
Avrebbe scritto Malachia: “In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis”.
Traduzione: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli cadrà ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Amen”.
È la presunta profezia sul 112º papa, Petrus Romanus, che presagisce la fine della Chiesa e la distruzione di Roma, dopo l’ascesa al soglio pontificio.
Brunelli e Metalli ci giocano, in una sorta di divertissement, funzionale alla narrazione, regalando al lettore però scampoli di curiosità e avvertendo che “la Chiesa d’altra parte era la prima a mettere in guardia i fedeli da certe credenze popolari di sapore mistico-apocalittico”.
Un lavoro a quattro mani, dunque, con l’aiuto di tanti amici e lettori “pre opera”, come raccontano gli autori. Ma l’aspetto più interessante e apparentemente assurdo è che Brunelli e Metalli vivono separati da un oceano.
Eppure la distanza non si è rivelata un ostacolo insormontabile, per portare a compimento questo fantathriller che si è avvalso di consulenti di altissimo livello, perché, si sa, dove si parla del Papa, l’errore non è concesso.




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