GNOSIS 1/2011
LA STORIA FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE Le carte segrete dell'agente Bozino |
Alain Charbonnier |
Fra due dei grandi protagonisti del Risorgimento, Camillo Benso Conte di Cavour, Presidente del Consiglio dei Ministri, e Giovanni Maria Mastai Ferretti, Papa Pio IX, non correva molta simpatia. Cavour aveva della Chiesa un’idea secolare, mondana e la concepiva soltanto all’interno delle categorie della politica. Pio IX considerava ogni cosa, anche le questioni di natura politica, innanzitutto sotto il profilo religioso e all’interno della millenaria tradizione della Chiesa. Eppure, fra il Regno di Piemonte e Sardegna, poi Regno d’Italia, e lo Stato della Chiesa il colloquio non s’interrupe praticamente mai, con alti e bassi. Era la fine del 1860 e dal Piemonte partivano segnali tesi ad appianare i contrasti con Roma. Quello che non si poteva fare pubblicamente, per il dichiarato anticlericalismo liberale, poteva però essere fatto dalla diplomazia segreta e Cavour avviò trattative riservate con la segreteria di Stato. Gli archivi vaticani restituiscono tracce dei contatti fra il medico Diomede Pantaleoni e l’abate Carlo Passaglia, consacrati nel Memorandum, portato all’attenzione di Pio IX, per il tramite del Cardinale Vincenzo Santucci. Ha scritto Mario Sele, sull’Avvenire, il 2 Novembre 2010: “Il governo sardo, per poter indirizzare secondo il suo ambizioso progetto politico il movimento di unificazione nazionale già in atto, riteneva opportuno, per motivi di politica internazionale, fare il possibile per guadagnare alla sua causa Pio IX o almeno fare in modo che l’opinione pubblica sapesse che si era fatto di tutto per arrivare a un accordo con il Papa”. Altra documentazione si ritrova negli archivi di Cavour, considerata precisa e attendibile, come sostiene nella sua biografia di Pio IX, Padre Giacomo Martina. Ma le carte più interessanti sono proprio quelle che Martina bolla come “scritti dubbi e discutibili di persone intriganti e di pessima fama, come l’abate Antonio Isaia e l’avvocato Omero Bozino”. Due personaggi “dubbi e discutibili” ai quali però Cavour affidò la parte più segreta e meno edificante del tentativo di risolvere la questione romana. Un tentativo del quale era puntualmente informato Napoleone III che si spinse a suggerire un accordo di questo tipo: Vittorio Emanuele II avrebbe dovuto unire al titolo di re d’Italia quello di Vicario della Chiesa; le regioni meridionali, staccate dal resto dell’Italia avrebbero costituito un regno separato; l’Italia settentrionale si sarebbe annessa le regioni del centro, cioè la Romagna, cedendo in compenso al Papa la Sardegna. La città di Roma diverrebbe capitale d’Italia, sede stabile del re in Campidoglio e del Papa in Vaticano, sotto un regime municipale, cioè una specie di repubblica autonoma. Cavour puntava, però, ad azzerare il potere temporale. Così mentre Pantaleoni e Passaglia analizzavano e cercavano il modo di appianare le controversie, da uomo di molte risorse e pochi scrupoli, il Presidente del Consiglio avviava un’azione segreta parallela. Omero Bozino, avvocato di Vercelli, aveva già lavorato per Cavour che lo considerava uomo capace e di fedeltà a tutta prova. A Roma viveva il cognato di Bozino e questo giustificava il soggiorno della spia di Cavour anche per l’occhiuta polizia pontificia, consentendogli una certa libertà d’azione nell’acquisire notizie. L’obiettivo era molto, troppo ambizioso: corrompere il Cardinale Segretario di Stato. L’uomo più potente dello Stato Pontificio dopo il Papa, avrebbe dovuto convincere Pio IX a rinunciare al potere temporale. Come in ogni intrigo che si rispetti, vero e falso si intersecano. Dalle poche carte rimaste, scarsamente considerate dagli studiosi cattolici, che gli eredi di Bozino hanno consentito di consultare a Giulio Cesare Faccio, emerge un segretario di Stato sempre in caccia di denaro, nepotista senza riserve. Sono informazioni così dettagliate, quelle che Bozino era riuscito a raccogliere, da rassicurare il conte di Cavour: il problema non era la corruzione, ma avvicinare il Cardinale Antonelli senza che si spaventasse del rischio. Dalle carte lasciate da Omero Bozino emerge che l’agente segreto di Cavour riuscì ad abboccarsi con il Segretario di Stato, per il tramite dell’abate Isaia, segretario del Cardinale D’Andrea, e l’avvocato Salvatore Aguglia, uomo di fiducia di Antonelli. Secondo una sorta di preliminare d’intesa, citato nelle memorie di Pantaleoni, il Segretario di stato avrebbe favorito in ogni modo la fine del potere temporale, in cambio avrebbe ottenuto cospicui vantaggi per la sua famiglia, la garanzia del non luogo a procedere per le malversazioni compiute dai suoi congiunti, collocati al vertice di Banche e lucrosi enti, e tre milioni di scudi. A quel punto Bozino era pronto per riferire a Cavour che il 2 febbraio 1861 lo invita a Torino perché la questione è così delicata “che meglio a voce che per scritto vuolsi trattare: egli è perciò che io la pregherei a volersi recare nell’entrante settimana a Torino, per venirne meco conferire”. Due settimane dopo era Bozino a raccomandare a Cavour: “...che la parte segreta della trattativa debba andare ignorata da chicchessia pel pericolo che il cardinale Antonelli, da cui tanto dipendono le sorti dell’accordo che si tenta, si lasci spaventare dalla menoma ombra di pubblicità compromettente...”. Al “gioco delle spie” però i protagonisti giocavano su più tavoli e così mentre Bozino era a Vercelli e riferiva a Cavour, a Roma l’abate Isaia rivelava a Pantaleoni e Passaglia quanto stava succedendo alle loro spalle. Gli accordi fra Bozino e Antonelli naufragarono, anche perché il Segretario di Stato era stato informato dall’ambasciatore francese di quanto era trapelato sui suoi accordi segreti. Antonelli ostentò sorpresa e sdegno, si disse scandalizzato e reagì con grande risolutezza: fece espellere da Roma l’abate Isaia e denunciò ufficialmente a Pantaleoni il tentativo di corruzione, ma non toccò Aguglia, suo fedelissimo e tramite diretto fra lui e Bozino. Cavour non ebbe esitazioni: sconfessò il suo agente, lo fece passare per millantatore e tranquillizzò Pantaleoni che a distanza di tempo ebbe a scrivere: “Mi bastò dare una lettura superficiale a quelle proposte e carte, che il Passaglia aveva da taluno di quegli onesti negoziatori comprate, per comprenderne la futilità e quando poi nelle proposte concrete si parla di dare al cardinale Antonelli tre milioni e subornarlo e così anche di riconoscere appalti e contratti della famiglia Antonelli, non potei non sentire che il cardinale intendeva solo a montare una grossolana trappola al Cavour della quale quegli attori si facevano scioccamente intermediari”. Omero Bozino, come tutti gli agenti segreti di provata fedeltà, non soltanto accettò la sconfessione di Cavour, ma dieci anni dopo tornò a smentire ogni coinvolgimento e affermò: “la sola missione avuta personalmente dal Conte di Cavour era di studiare le condizioni finanziarie di Roma e lo spirito della popolazione e riferire”. Sono rimaste le carte a dire come andò la storia. Certo è che il fallimento dell’operazione e la morte di Cavour, a distanza di due mesi, impedirono la fine anticipata del potere temporale e nove anni dopo portarono a Porta Pia. Resta un fatto: Omero Bozino venne creato cavaliere della Corona d’Italia, con motu proprio di Vittorio Emanuele II. Bibliografia - Archivio Pio IX, Varia, n° 1706. - G. C. Faccio, I tentativi di Cavour per risolvere la questione romana nel 1860-61, in “Nuova Antologia”, giugno 1912, pp. 416-417. - D. Pantaleoni, L’idea italiana nella soppressione del potere temporale dei papi, Torino, 1884, p. 81. - La questione romana negli anni 1860-1861. Carteggio del Conte di Cavour con D. Pantaleoni, C. Passaglia, O. Vimercati, Bologna, 1929, vol.2. - G. Ratti, Bozino Omero in “Dizionario Biografico degli Italiani”, Roma, 1971, pp.567-568. |