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GNOSIS 3/2010
LA CULTURA

RECENSIONI

Misteri italiani e intrighi internazionali


di Alain Charbonnier


È sempre difficile fare giustizia dei “luoghi comuni”. Sia per pigrizia, sia perché sono duri a morire. Un anno fa il Presidente Emerito Francesco Cossiga aveva dato alle stampe un libro che forniva il suo punto di vista, la sua visione sui cosiddetti “misteri italiani”. In troppi, superficiali e altezzosi, lo liquidarono come “le solite cose del picconatore”. Eppure è un libro da leggere e rileggere. E proprio in omaggio a Cossiga, uno che di intelligence se ne intendeva, a distanza di un anno proponiamo ai nostri lettori questo suo scritto, uno degli ultimi.


L’Italia dei misteri. O forse l’Italia senza misteri. Siamo abituati da sempre a cercare un grande burattinaio, anzi “il grande vecchio”, dietro spezzoni della nostra storia, dietro le tragedie che hanno travagliato il nostro Paese, dal dopoguerra a oggi.
La “vulgata” che va per la maggiore vuole che le scelte di politica interna e internazionale, il terrorismo rosso e quello nero, sarebbero stati manipolati ed eterodiretti a tutto danno degli interessi nazionali. Anzi, proprio per imprimere svolte contrarie alle scelte democratiche e agli interessi italiani.
Un’ipotesi scoraggiante, più adatta a quanti delineano la nostra classe politica come imbelle, inetta, asservita a interessi stranieri e a potentati economici, ostile alle svolte democratiche e alle scelte popolari.
Il fatto è che nessuno fino a oggi ha saputo dare una risposta a domande- chiave: perché l’Italia dal 1969 è stata funestata dal terrorismo e dalla violenza politica con centinaia di morti e migliaia di feriti? Perché le inchieste giudiziarie hanno dato finora molta importanza al ruolo dei Servizi segreti definiti “deviati”, della P2, della Cia, con il risultato di non approdare ad una verità giudiziaria e ad una verità storica condivisa?
Forse è ancora presto per parlare di Storia, in un Paese che non ha ancora superato il trauma e la lacerazione dell’8 Settembre e soltanto adesso comincia a fare i conti con il Risorgimento.
Il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga è morto da poco ed ha lasciato una cospicua produzione letteraria. Giusto un anno comparve il suo libro “La versione di K – Sessant’anni di controstoria “, Rizzoli – Rai Eri, pagine 210. “Anche se talvolta misteri inestricabili si sono addensati in alcuni passaggi della vicenda italiana – scriveva Cossiga – la mia impressione è che ormai nessuno creda più alla realtà così come è. E dunque c’è sempre una seconda realtà da ricercare. Non credo che sia in principio sbagliato, e non posso certo dirlo io che ancora non ho smesso di scavare, chiedere, provocare. Ma aspirare sempre alla quadratura del cerchio fa sì che spesso ombre riottose sfidino le leggi della percezione e affollino impazzite la scena fino a oscurarla del tutto.” Come dire: attenzione che le cose sono più semplici di come si crede, ma proprio perché sono semplici non vogliamo crederci e andiamo alla ricerca del retroscena e del mistero, infilandoci in un tunnel senza via d’uscita. È così che la verità, a portata di mano, finisce per allontanarsi per sempre.
Per i moderni esploratori del mistero storico-politico, la storia dell’Italia post-bellica comincia il 4 gennaio 1947, quando Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio dei Ministri, vola negli Stati Uniti. Un viaggio diplomatico che segna una svolta e che sarebbe anche all’origine di una storia nazionale a sovranità limitata, di misteri, di verità non rivelate, di poteri forti o occulti che hanno tramato contro lo Stato e nello Stato.
Eppure, tragedie come Ustica, Piazza Fontana, il caso Moro, la strage di Bologna, andrebbero rilette senza artificiosi scenari dietrologici. Molte facili convinzioni e vecchie ricostruzioni giornalistiche, e persino giudiziarie, potrebbero mostrare tutta la loro inconsistenza.
Scrive a pagina 13 il Presidente Emerito: “Ci si accanisce sulla strage di Bologna, si chiedono a gran voce giustizia e verità. Capisco. Come potrei non capire il vuoto e la disperazione prodotti da quell’esplosione del 2 agosto 1980? Ottantacinque morti, oltre 200 feriti: un bilancio insopportabile. Ma perché non credere a Giusva Fioravanti ed a Francesca Mambro che si dicono innocenti per quello che è successo a Bologna, pur dichiarandosi responsabili di altri atti criminali? … Per me fu un incidente, un drammatico incidente di percorso. Una bomba trasportata da terroristi palestinesi che non doveva essere innescata in quell’occasione e che invece, chissà perché, per un sobbalzo, una minaccia, un imprevisto, scoppiò proprio in quel momento”.
Cossiga offre anche una interessante rilettura del rapporto mafia-politica, di quella contiguità fra Cosa Nostra e la Democrazia Cristiana siciliana della quale “molto si è detto e molto si è immaginato. Forse troppo”.
La ricostruzione di Cossiga parte dalla sbarco alleato in Sicilia, e arriva alle prime elezioni amministrative, per ricordare ai troppi che lo hanno dimenticato che la mafia si presentava come apertamente antifascista e fece convergere i voti sulla più antifascista delle forze politiche: il Partito Comunista. La circostanza mise in allarme i moderati. Allora, scrive Cossiga: “Fu il cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, a mettere in guardia la DC. ‘Se volete i voti dovete andare a cercare quelli lì’ disse. E con ‘quelli li’ intendeva i mafiosi. L’ingrato compito toccò a Bernardo Mattarella, vicepresidente dell’Azione Cattolica…”.
Cossiga è convinto che non esistano “politici mafiosi”, mentre “esistono uomini vicini alla mafia, collusi, ma non mafiosi”. La spiegazione: Cosa Nostra può ammettere nelle sue fila professionisti, medici, avvocati, ma non politici, rappresentanti cioè di un altro potere organizzato. Un concetto espresso efficacemente proprio da Giovanni Falcone che sostenne che “al disopra dei vertici organizzativi non esistono ‘terzi livelli’ di alcun genere che determinino e influenzino gli indirizzi di Cosa Nostra”. Scherzando e parafrasando il gergo dei resoconti parlamentari, “clamori a sinistra”, una sinistra che non esitò a contestare Falcone e non nutriva nessun affetto per Cossiga.
E oggi che si parla tanto di Costituzione, andiamo a vedere che cosa scrive il Presidente Emerito: “La Costituzione italiana non è, a mio avviso, una delle migliori costituzioni dell’Europa del dopoguerra. Direi anche che è una Costituzione ‘immobilista’. Un ‘piccolo trattato di Yalta’, io dico. Nel senso che fu il primo grande compromesso storico che ha evitato in Italia la guerra civile”.
Non poteva sfuggire l’occasione di parlare del terrorismo, della sua origine, del contrasto, del caso Moro, la vicenda più dolorosamente umana per Cossiga che alla vicenda stessa dedica un intero capitolo.
Cossiga è fermissimo: “Sulla vicenda Moro è stata fatta molta fantascienza… La fantapolitica è stata alimentata soprattutto da un gruppo di amici di Moro, legati all’idea di un Moro progressista, i quali non potevano accettare che il leader della DC fosse ucciso ‘a sinistra’”.
In un altro punto afferma, conclusivo: “A uccidere Moro sono state le Br. Punto. E lo hanno fatto perché credevano di poter innescare la miccia della guerra civile di classe...”.
Capitolo dopo capitolo Cossiga affronta altri argomenti scottanti: la P2 e Licio Gelli, Gladio, la caduta del Muro di Berlino, tangentopoli e Berlusconi, proponendone la Sua appassionante lettura.



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