GNOSIS
Rivista italiana
diintelligence
Agenzia Informazioni
e Sicurezza Interna
» ABBONAMENTI

» CONTATTI

» DIREZIONE

» AISI





» INDICE AUTORI

Italiano Tutte le lingue Cerca i titoli o i testi con
GNOSIS 3/2010
Sicurezza nazionale e supporto agli Enti locali


Intelligence economico-finanziaria
contro il ‘virus’ dei derivati


 articolo redazionale

 
La diffusione della “finanza derivata” nei bilanci degli Enti locali rappresenta un aspetto sconosciuto della crisi finanziaria, più persistente negli effetti rispetto a riflessi macroeconomici della crisi stessa (connessi alla disoccupazione e alla congiuntura), sicuramente più comprensibili e più noti in quanto quotidianamente oggetto di dibattito pubblico. L’ammontare di contratti in essere è all’origine di un intreccio economico-finanziario, nel quale l’Ente locale viene “guidato”, nella sua scelta, da consulenti (advisor) non sempre indipendenti nelle loro valutazioni, i quali danno vita a transazioni in cui spesso gli interessi finanziari delle pubbliche amministrazioni e quelli delle banche di investimento proponenti i contratti, divergono. Tale squilibrio finanziario viene compensato dal “ricavo” politico – tale per gli amministratori dell’ente locale – di ottenere liquidità immediata, oppure di rinviare le scadenze di rimborso relative a contratti di mutuo, in essere, sottoscritti da gestioni amministrative precedenti. La vulnerabilità della situazione attuale è elevata: improvvisi default da parte degli Enti locali sottoscrittori (causati da insolvenze o mancate consegne) potrebbero determinare effetti negativi (in termini di problemi di liquidità o creditizi) e comportamenti di panico a catena, gravemente pregiudizievoli per la stabilità della finanza pubblica non solo locale, ma anche nazionale. Il problema connesso ai derivati sottoscritti da Amministrazioni pubbliche è sì finanziario ma anche politico per la presenza di costi occulti che acuiscono le forti pressioni che la sostenibilità dei debiti pubblici nazionali sta subendo. Aldilà di modifiche normative (che hanno effetti solo sui comportamenti futuri) è necessaria una gestione “corrente” e “territoriale” del problema qui presentato. In tal senso, una capacità di intelligence finanziaria da parte dei Servizi di Informazione nazionali che affianchi le Amministrazioni locali e gli Organismi di vigilanza potrebbe fornire un apporto rilevante nel tutelare il sistema di finanza locale.




Un germe silenzioso e persuasivo

Il 26 agosto scorso, la Giunta Comunale di Ariano Irpino, in provincia di Avellino, ha deliberato il versamento alla Banca Nazionale del Lavoro (BNL) di 285mila euro per estinguere contratti di swap stipulati nel 2002.
Rimandando ai successivi paragrafi una maggiore comprensione dell’operazione, l’esempio serve per introdurre il tema al quale rivolgeremo l’attenzione, ossia la diffusione della “finanza derivata” nei bilanci degli Enti locali (1) , evidenziandone da subito la capillarità geografica trattando un comune di 23mila abitanti, ma anche circoscrizioni molto più contenute.
Per fare altri piccoli esempi della galassia di Enti locali implicati nel business dei derivati, anche il Comune di Pollutri (2.300 abitati in provincia di Chieti), nel gennaio 2010 ha deciso, prudentemente, di chiudere il derivato sottoscritto nel 2005 con Intesa Sanpaolo, fino ad oggi in attivo per l’Ente, ma a rischio in uno scenario di tassi di interesse in ascesa.
Analogamente, il contratto swap sottoscritto dal Comune di Lecco con Deutsche Bank per coprire l’emissione di un’obbligazione di 36,5 milioni di euro, fino ad oggi ottimo strumento di copertura nei confronti di rialzi dei tassi, secondo alcuni periti presenterebbe “costi occulti” per 1 milione di euro (pari al 3% del nozionale) (2) .
Il Comune di Acqui Terme, sulla base di un calcolo “teorico” di tali costi, avrebbe presentato una denuncia per truffa contrattuale nei confronti di Unicredit in relazione a “commissioni occulte” per 1 milione di euro (causate da inadeguatezza del prodotto finanziario e da finanziamenti impliciti) connesse ad un derivato emesso dalla banca su un debito nozionale di 36 milioni di euro.
Il caso di Ariano Irpino (che utilizzeremo in questa sede in quanto segnalato sia da Il Sole 24 Ore sia dalla pubblicazione, in maniera trasparente, sul web degli atti relativi da parte del Comune in questione (3) ), così come gli altri sopra accennati, sono l’emblema di un aspetto della crisi finanziaria – la sottoscrizione da parte di Enti locali di contratti in strumenti derivati –, più persistente rispetto a riflessi macroeconomici della crisi stessa (connessi alla disoccupazione e alla congiuntura), sicuramente più comprensibili e più noti in quanto quotidianamente oggetto di dibattito pubblico.
I rischi, in termini di riduzione nella capacità di spesa dell’Ente locale, connessi alle sottoscrizioni di tali contratti, sono conosciuti.
L’11 marzo 2010, la Commissione Finanze del Senato ha terminato l’indagine conoscitiva su derivati e cartolarizzazioni nelle Pubbliche Amministrazioni rilevando come “la conclusione di operazioni di particolare complessità da parte di enti territoriali, non solo di ridotte dimensioni anche organizzative, susciti forti perplessità, essendo emerse particolari criticità in relazione ai contratti da essi conclusi”.
Contestualmente, la Banca d’Italia, nella sua recente valutazione della situazione dei contratti derivati stipulati da privati e da enti pubblici italiani, ha evidenziato come, nel primo trimestre 2010, il valore di mercato (Mark-to-Market) di tali contratti sia negativo e sia aumentato a 57,5 miliardi di euro, dai 47,9 del periodo 30 settembre - 31 dicembre 2009.
In pratica, ciò significa che sono quasi 60 i miliardi che più di 42mila operatori (tra imprese, Enti locali, famiglie e società finanziarie) dovrebbero versare nelle casse delle banche italiane (o in quelle estere che operano in Italia) nel caso in cui volessero estinguere anticipatamente (o fossero costrette a farlo dalla congiuntura economica) i contratti di swap stipulati a copertura di rischi contro le variazioni dei tassi d’interesse (o di cambio).
Secondo la Banca d’Italia, nel primo trimestre 2010, le perdite per le amministrazioni pubbliche dalla stipula di contratti derivati sono aumentate (2,5 miliardi di euro +10% rispetto al 2009), e si sono maggiormente concentrate (da 470 amministrazioni pubbliche sottoscrittrici a 404).
Una stima non molto diversa da quella del Senato al 31 dicembre 2009 (35,3 miliardi di euro) è quella del Ministero dell’Economia che, nel 2008, stimava un valore nozionale dell’esposizione in derivati delle amministrazioni locali pari a circa 36 miliardi di euro, ripartiti tra circa 600 enti.
Questo ammontare di contratti è all’origine di un intreccio economico-finanziario, nel quale l’Ente locale viene “guidato” nella sua scelta da consulenti (advisor) non sempre indipendenti nelle loro valutazioni, i quali danno vita a transazioni spesso “viziate” da condizioni di disequilibrio tra gli interessi finanziari delle pubbliche amministrazioni e quelli delle banche di investimento proponenti i contratti.
Tale squilibrio finanziario viene compensato dal “ricavo” politico – tale per gli amministratori dell’Ente locale – di ottenere liquidità immediata, oppure di rinviare le scadenze di rimborso relative a contratti di mutuo, in essere, sottoscritti da gestioni amministrative precedenti.
La vulnerabilità della situazione attuale è elevata: improvvisi default da parte degli Enti sottoscrittori (causati da insolvenze o mancate consegne) potrebbero causare effetti negativi (in termini di problemi di liquidità o creditizi) e comportamenti di panico a catena, gravemente pregiudizievoli per la stabilità della finanza pubblica non solo locale, ma anche nazionale.
Il problema connesso ai derivati sottoscritti da Amministrazioni pubbliche è sì finanziario ma anche (e soprattutto) politico per la presenza di costi occulti che acuiscono le forti pressioni già in atto sulla sostenibilità dei debiti pubblici nazionali sta subendo. Aldilà di modifiche normative (che hanno effetti solo sui comportamenti futuri), è necessaria una gestione “corrente” e “territoriale” del problema qui presentato. In tal senso, una capacità di intelligence finanziaria da parte dei Servizi di Informazione nazionali che affianchi le Amministrazioni locali e gli Organismi di vigilanza potrebbe fornire un apporto rilevante nel tutelare – a livello territoriale – il sistema di finanza locale.
L’obiettivo dell’analisi di intelligence finanziaria, qui proposta, non è la “demonizzazione” della finanza derivata, la quale, se usata in maniera opportuna, consente di realizzare “coperture” efficaci dai rischi di volatilità e di variabilità dei mercati e dei suoi indicatori.
Il focus è sull’atteggiamento spesso “disinvolto” di amministratori (e loro delegati) di Comuni, Province, Regioni ed Enti pubblici a connotazione locale, i quali, in maniera assolutamente incauta e non orientata al benessere collettivo, hanno utilizzato questi contratti per finanziare politiche di debito avventate e, spesso, suggerite da consulenti direttamente interessati in palese conflitto di interesse.
A sostegno di questa tesi vi è la decisione del Comune di Milano di costituirsi parte civile nel giudizio in corso (in sede sia civile che penale) presso il Tribunale di Milano riguardante il contenzioso con quattro banche estere in relazione all’emissione dell’obbligazione “City of Milan 2005-2035” e del connesso debito sintetico. Tale decisione è, infatti, anche a discapito degli amministratori comunali che, in passato, hanno sottoscritto contratti derivati inclusi nell’inchiesta.
Per i riflessi negativi sul Bilancio pubblico, locale e nazionale, lo spreco e le inefficienze causate da un abuso di tali contratti può rappresentare un obiettivo di sicurezza economica nazionale, tanto più se inserito in un contesto “occulto” di conflitti di interesse che abbiano come intermediari consapevoli, operatori finanziari esteri.
L’enfasi sugli attori, più che sul fenomeno in sé, è sostenuta anche dai molteplici richiami effettuati dalla Corte dei Conti, la quale, in qualità di massima Autorità preposta al controllo contabile di enti pubblici, ha più volte rilevato la sproporzione tra il rischio assunto dall’ente locale rispetto a quello assunto dall’operatore finanziario, quantificata dal meccanismo di determinazione dei tassi di interesse da corrispondere. In tal senso, la Corte ha avanzato perplessità circa la “convenienza economica” di molte operazioni, in mancanza di una specifica previsione sulle condizioni e sui costi di recesso, nonché di adeguate valutazioni su possibili vizi genetici della causa e della forma del contratto.


Il tema delle ‘commissioni occulte’

Dal gennaio 2009, allorquando i due contratti swap in essere tra il Comune di Ariano Irpino e la BNL registravano un valore di mercato negativo pari a 1,1 milioni di euro, la situazione è progressivamente migliorata fino ad arrivare ad un valore Mark-to-Market (MtM) positivo di 285mila euro.
Il MtM è il valore dello strumento finanziario derivato in questione, il c.d. Interest Rate Swap. È un valore “teorico” e non “effettivo” del derivato, riferito ad una certa data, e desunto da una stima effettuata in un intervallo di probabilità. È, dunque, una valutazione soggettiva, dipendente dal modello matematico utilizzato, mutevole in base ad ogni variazione del mercato, in quanto determinata dalle aspettative sull’evoluzione dei tassi di interesse.
Seguendo quanto espresso da Mottura (4) , una definizione “normativa” di MtM può essere desunta dal comma 3 dall’art. 2427bis del codice civile (Informazioni relative al valore equo “fair value” degli strumenti finanziari), che stabilisce che il valore equo (fair value) di uno strumento finanziario è “determinato con riferimento: a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un mercato attivo …; b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo” e stabilisce inoltre che “tali modelli e tecniche di valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato”.
Consegue dalla definizione normativa che:
- se esiste un mercato “ufficiale”, il valore MtM del derivato è il prezzo di mercato;
- se non esiste un mercato ufficiale – come è nel caso dei derivati scambiati in un mercato OTC (Over-The-Counter) (5) – il valore MtM del derivato è un valore stimato, ottenuto sulla base di una valutazione matematica in condizioni di incertezza.
Dall’utilizzo di strumenti derivati, il Comune di Ariano Irpino, assicurandosi nei confronti di andamenti sfavorevoli del tasso di interesse, ha, anche, concretizzato un beneficio finanziario, dal 2002 al 2010, pari ad oltre 820mila euro, dati dalla differenza tra 1,105 milioni di euro ricevuti dal Comune nel periodo considerato e i 285mila euro pagati a BNL per estinguere gli swap. A fronte di questo vantaggio, però, i “costi occulti” applicati dalle banche negli stessi anni (stimati da due società di consulenza indipendente interpellate dal Comune in questione (6) ) sono stati pari a circa 600mila euro.
Il tema delle “commissioni occulte” è alla base della pericolosità nell’abuso di contratti coinvolgenti strumenti derivati. Il valore stesso della “commissione implicita” posta a carico del sottoscrittore-Ente locale è fortemente aleatorio essendo pari alla differenza tra il valore MtM “teorico” dello strumento derivato (alla data iniziale del contratto) ed il valore MtM del derivato risultante dal contratto. Questa modalità di calcolo, probabilistica e assolutamente soggettiva, è anche diventata oggetto di contenziosi, in sede sia civile sia penale (7) con i riflessi pericolosi in termini di giurisprudenza.


L’oggetto del contendere:
l’Interest Rate Swap


Gli strumenti derivati, proposti agli amministratori locali da intermediari finanziari nazionali ed internazionali, presentano rischi significativi riconducibili, principalmente, alla loro complessità tecnica che ne rende estremamente difficile:
- la valutazione degli effetti finanziari sulla gestione nel breve-medio periodo (8) ;
- la potenziale distorsione degli equilibri finanziari nell’iscrizione in bilancio dell’Ente stesso.
Tecnicamente, gli strumenti derivati sono attività finanziarie il cui valore “deriva” dall’andamento e dalla performance di un’attività sottostante, che può essere di natura finanziaria (tasso d’interesse, tasso di cambio, prezzo di un bene) o reale (un ammontare prodotto). Il risultato finanziario (pay-off) dello strumento dipende dalla relazione che lega il valore del contratto derivato al valore del bene/attività (asset) sottostante (9) .
I contratti derivati sono scambiati in mercati OTC, quindi non esiste – come accade per tutti i contratti non quotati in mercati ufficiali – un prezzo di mercato unico e uguale per tutti gli operatori del mercato.
La CONSOB (con Regolamento 11522/1998) ha stabilito che “alla stipula del contratto, il valore di uno swap è sempre nullo”. Il contratto, dunque, deve essere equo, ossia il derivato, alla data di stipula, deve essere strutturato in modo da attribuire alle parti la stessa “probabilità a priori” di guadagnare oppure di perdere. Se ciò non fosse, la parte avvantaggiata deve corrispondere alla parte svantaggiata un premio (up-front) che riporti in equilibrio il contratto.
Le finalità per cui si utilizzano gli strumenti derivati sono:
- copertura (hedging) dal rischio finanziario (ad esempio, mediante la trasformazione di un mutuo a tasso variabile in un mutuo a tasso fisso): è rappresentativa di un comportamento avverso al rischio (risk-adverse);
- speculazione (scalping), assumendo esposizioni rischiose finalizzate al conseguimento di elevati profitti: è rappresentativa di un comportamento propenso al rischio (risk-seeking);
- arbitraggio, ricercando profitti privi di rischio mediante transazioni combinate sul derivato e sul sottostante: è rappresentativa di un comportamento neutrale nei confronti del rischio (risk-neutral).
Esistono diverse tipologie di strumenti derivati. Le forme più comuni sono:
- future e forward, laddove le parti si impegnano – al momento della stipula del contratto – a scambiarsi un determinato bene, ad una data futura e ad un prezzo prefissato. I future sono scambiati sui mercati regolamentati secondo schemi standard (10) e prevedono la liquidazione presso una Camera di compensazione (clearing house), contrariamente ai forward la cui liquidazione si svolge su mercati OTC (Over-The-Counter) non regolamentati, secondo schemi stabiliti bilateralmente e privatamente, con l’assistenza di intermediari (dealer);
- opzioni, che attribuiscono ad un operatore, dietro corresponsione di un premio, la facoltà di acquistare (opzioni call) o di vendere (opzioni put), ad una certa data, una determinata attività (asset) sottostante;
- swap, in cui le parti si impegnano a scambiarsi flussi di cassa a date prestabilite e secondo uno schema convenuto. Lo scambio di detti flussi assume come riferimento un’attività finanziaria o reale (c.d. principal) o aspetti della stessa (tassi di interesse, rapporti di cambio). Anche gli swap sono negoziati su mercati OTC, su base bilaterale e personalizzati a seconda delle esigenze.
Come suggerisce una letteratura autorevole (11) , possono essere inclusi tra i derivati semplici anche i repo (o “contratti di riporto” o “pronti contro termine”), ossia operazioni in cui una delle parti si impegna a vendere a pronti un’attività di portafoglio e a riacquistarla a termine a prezzi maggiorati. Non è necessario che le operazioni di vendita e di riacquisto si realizzino materialmente, pur fungendo da riferimento per l’operazione.
Lo strumento maggiormente utilizzato nella gestione finanziaria degli Enti locali è lo swap strutturato per coprire il rischio di tasso di interesse (c.d. Interest Rate Swap o IRS). Per la sua enorme diffusione nei contratti riguardanti Enti locali (e per ovvi motivi di spazio), ci concentreremo solo su questa forma di contratto derivato.
L’IRS è un contratto con il quale due controparti si impegnano a scambiarsi, per un certo periodo di tempo (tenor), flussi di interessi. I principali elementi di un contratto IRS sono:
- la personalizzazione, che rende difficile una previsione anticipata di scambio della propria posizione contrattuale con un altro operatore;
- la simmetria, ovvero al guadagno di una parte corrisponde una perdita speculare per l’altra;
- l’assenza di uno scambio fisico di capitale, ossia il capitale nozionale non viene trasferito tra le parti ma utilizzato esclusivamente come ammontare di riferimento per il calcolo degli interessi.
La tipologia più elementare di Interest Rate Swap (IRS) è la “plain vanilla” che prevede lo scambio (alle date t=1, 2, 3, …, T) di interessi variabili contro interessi fissi, calcolati facendo riferimento ad uno stesso capitale nozionale, X. Gli interessi fissi vengono calcolati in base al c.d. tasso swap, mentre gli interessi variabili vengono calcolati in base al tasso LIBOR (12) osservato nel periodo (t-1) precedente lo scambio. Come esemplificazione, si utilizza un caso tratto dal testo di Rubinstein, citato in nota 9.

 

Per le esigenze di un Ente locale, questa tipologia è particolarmente vantaggiosa. L’Ente locale è l’acquirente dello swap, ossia il soggetto che paga un interesse a tasso fisso e riceve un interesse a tasso variabile. Il tasso variabile è, invece, pagato dal venditore del prodotto a fronte di un tasso fisso ricevuto dall’acquirente.
In tal modo, un Ente locale che ha precedentemente contratto un mutuo a tasso variabile con la banca X e che, per coprirsi da oscillazioni dei tassi, decide di stipulare un Interest Rate Swap (IRS) con la banca Y, alla scadenza di pagamento degli interessi, si troverà a:
- corrispondere alla banca X un ammontare pari al capitale nozionale moltiplicato per il tasso di interesse variabile;
- ricevere dalla banca Y un ammontare pari al capitale nozionale moltiplicato per il tasso di interesse variabile;
- corrispondere alla banca Y un ammontare pari al capitale nozionale moltiplicato per il tasso di interesse fisso contrattualizzato.
I contratti di Interest Rate Swap (IRS) possono prevedere un contenuto opzionale. In tali casi la determinazione dei flussi di cassa dipende da condizioni che si potranno verificare in momenti successivi alla stipula del contratto. Le opzioni da integrare all’IRS principale possono assumere le seguenti forme:
1. Opzione “Cap”
Con tale opzione l’Ente locale paga un premio (o commissione) a fronte del quale acquisisce il diritto di ricevere, nel caso in cui il tasso di interesse di riferimento (LIBOR o EURIBOR (13) ) superi un determinato tetto (Cap), la differenza tra gli interessi calcolati con il tasso di interesse di riferimento e quelli calcolati con il tetto percentuale.
In tal modo, l’Ente locale che ha precedentemente contratto un mutuo a tasso variabile con la banca X e che oggi stipula un IRS con opzione Cap con la banca Y, alla prossima data di pagamento degli interessi si troverà a:
- corrispondere alla banca X un ammontare pari al capitale nozionale moltiplicato per il tasso di interesse variabile di riferimento;
- corrispondere alla banca Y un premio per l’acquisto dell’opzione Cap;
- se il tasso di interesse di riferimento eccede una determinata soglia allora l’Ente riceverà da Y la differenza tra gli interessi calcolati sul nozionale con il tasso di interesse di riferimento e gli interessi calcolati sul nozionale con il tasso Cap.
In sintesi, l’Ente locale, a fronte del pagamento di un premio iniziale alla banca Y, si tutela dal maggior costo ipotetico che potrebbe sostenere nei confronti della banca X per effetto dell’incremento dei tassi oltre un certo Cap. Tale maggior onere verrebbe, infatti, compensato dagli incassi degli interessi differenziali da ricevere dalla banca Y per effetto dell’acquisto dell’opzione Cap.
2. Opzione Floor
In base a tale opzione, l’Ente locale riceve un “premio” a fronte del quale acquisisce l’obbligo di pagare, nel caso in cui il tasso di interesse di riferimento (LIBOR o EURIBOR) scenda oltre un determinato minimo (Floor), la differenza tra gli interessi calcolati con il Floor percentuale e quelli calcolati con il tasso di riferimento.
In tal modo l’Ente locale, che ha precedentemente contratto un mutuo a tasso variabile con la banca X e che oggi stipula un IRS con opzione Floor con la banca Y, alla prossima data di pagamento degli interessi si troverà a:
- corrispondere alla banca X un ammontare pari al capitale nozionale moltiplicato per il tasso di interesse variabile di riferimento;
- ricevere dalla banca Y un premio per la vendita dell’opzione Floor;
- se il tasso di interesse di riferimento scende sotto una determinata soglia percentuale Floor allora l’Ente pagherà a Y la differenza tra gli interessi calcolati con il Floor percentuale e quelli calcolati con il tasso di interesse di riferimento.
In sintesi, l’Ente locale riceve immediatamente un incasso per effetto della vendita dell’opzione Floor a Y, a fronte dell’annullamento del risparmio ipotetico che potrebbe realizzare nei confronti della banca X per effetto della discesa dei tassi oltre una certa soglia. Tale risparmio verrebbe infatti compensato dai pagamenti di interessi differenziali da corrispondere alla banca Y per effetto della vendita dell’opzione Floor.
3. Opzione Collar
Tale opzione è costituita dalla combinazione fra l’acquisto di una opzione Cap e la contestuale vendita di una opzione Floor. L’efficacia dello strumento dipende, quindi, dalla definizione della banda di oscillazione del tasso.
Prendendo come riferimento quanto espresso da Mottura (2008) (14) , un Collar Swap è un contratto nel quale una banca e un ente locale decidono di scambiarsi periodicamente un interesse a tasso fisso contro un interesse a tasso variabile, compreso (quest’ultimo) tra un livello minimo (floor) e un livello massimo (cap). Gli interessi scambiati tra le parti sono calcolati su un uno stesso capitale di riferimento (esigibile a scadenza) o su capitali residui diversi (com’è, ad esempio, nel caso di un Collar Swap con fondo di ammortamento). Il valore di mercato dello swap (il c.d. Mark-to-Market “quotato” iniziale):
- è uguale a zero se, alla data di stipula, i valori di mercato dei due flussi generati dal derivato, con segno contabile opposto, sono uguali;
- è pari al c.d. upfront (differenza tra l’importo pagato dalla parte che riceve il flusso con valore maggiore (15) ) se i valori di mercato dei due flussi sono diversi.


Quadro normativo di riferimento

Nel corso degli anni Novanta si è delineato il quadro normativo che ha permesso agli Enti locali di rivolgersi al mercato dei capitali privati per reperire le risorse necessarie per il finanziamento degli investimenti. La flessione dei tassi di interesse e l’avvio di una politica di risanamento dei conti pubblici hanno indotto il Legislatore a inserire elementi di maggiore flessibilità nelle politiche di bilancio degli Enti locali.
Di seguito una rassegna dei principali momenti normativi:

1. Legge Finanziaria 1995
La Legge Finanziaria del 1995 (16) ha eliminato, in tema di accesso al credito da parte di Regioni, Province e Comuni, il monopolio della Cassa Depositi e Prestiti, riconoscendo agli Enti locali la facoltà di accedere direttamente al mercato dei capitali anche mediante l’emissione di titoli obbligazionari. Il regolamento attuativo della Finanziaria ha previsto, per la prima volta, il ricorso a strumenti derivati come copertura obbligatoria al rischio di cambio nel caso di emissioni obbligazionarie in valuta, mediante l’attivazione di un currency swap (17) .

2. Legge Finanziaria 2002
La Finanziaria 2002 (18) ha arricchito gli strumenti di finanziamento possibili, nonché introdotto una maggiore flessibilità nella gestione delle passività di bilancio.
Per quel che attiene il primo aspetto, le Amministrazioni locali sono state autorizzate a emettere obbligazioni o contrarre mutui e prestiti con rimborso del capitale a scadenza in un’unica soluzione (c.d. bullet). In quest’ultima fattispecie contrattuale, l’ente locale versa gli interessi passivi al creditore, accantonando le singole quote di capitale in un fondo di ammortamento reinvestibile (sinking fund), o stipula uno swap d’ammortamento (19) al fine di evitare che l’onere della restituzione del prestito gravi interamente sul bilancio dell’anno di scadenza del prestito.
Nel caso del sinking fund, non rientrando nel sistema di tesoreria unica (essendo gestito da un intermediario con adeguato merito creditizio), viene alimentato da apporti periodici di attività finanziarie da parte dell’Ente (20) , può produrre interessi attivi e ridurre così il costo effettivo dell’operazione.
Attraverso uno swap d’ammortamento, invece, l’Ente locale si impegna a effettuare pagamenti periodici all’intermediario comprensivi di capitale e interessi. L’intermediario, dal canto suo, si impegna a pagare un flusso di interessi calcolati sul valore nozionale originario e una somma finale che l’Ente utilizza per il rimborso dell’obbligazione alla scadenza.
Per quanto riguarda la gestione del debito, l’art. 41 della Finanziaria ha ammesso il ricorso da parte degli Enti locali a strumenti derivati diversi da quelli già consentiti per la copertura del rischio di cambio.
La Legge Finanziaria 2002 ha, inoltre, demandato al Ministero dell’Economia il compito di coordinare l’accesso al mercato dei capitali da parte degli Enti locali e di definire i criteri sull’utilizzo di strumenti derivati.

3. Decreto Ministeriale n. 389/2003
Con il D.M. n. 389/2003 sono state specificate le operazioni consentite in materia di derivati per gli Enti locali. I principali nuovi vincoli all’operatività sono così sintetizzabili:
- l’utilizzo dei derivati è consentito solo in relazione alla gestione di passività effettive, e quindi per finalità esclusivamente di copertura dei rischi, escludendo pertanto qualsiasi intendimento speculativo;
- le operazioni a copertura del rischio di tasso di interesse possono essere solo di tipo “plain vanilla”;
- il ricorso a derivati è ammesso in operazioni di ristrutturazione del debito, entro alcune specifiche condizioni e secondo requisiti ben definiti. Ad esempio, è vietato l’incasso di premi di liquidità alla stipula del contratto (up-front) superiori all’1% della passività sottostante (21) ;
- le operazioni in derivati sono possibili solo con intermediari dotati di merito di credito (rating) adeguato;
- la copertura del rischio di cambio (currency swap) nelle operazioni in valuta estera è obbligatoria.
Tali disposizioni sono state poi ulteriormente chiarite nella Circolare n. 27 del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 maggio 2004, nella quale è stato specificato che:
- le opzioni Cap e Collar dei contratti swap devono essere finalizzate esclusivamente alla copertura dal rischio di tasso di interesse;
- eventuali soglie all’Interest Rate Swap devono essere coerenti con i tassi vigenti sui mercati e con il costo originario delle passività;
- nel caso di importi superiori ai 100 milioni di euro, una banca non può detenere più del 25% delle operazioni di un medesimo ente.

4. Legge Finanziaria 2007
La Legge Finanziaria 2007 (22) ha incrementato ulteriormente la trasparenza delle operazioni, definendo regole più rigorose in materia di utilizzo di derivati. In particolare, è stato disposto:
- l’obbligo di comunicazione preventiva dei contratti in strumenti derivati al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze, tenuto a verificarne la conformità alla normativa vigente;
- la comunicazione alla Corte dei Conti dei contratti sottoscritti senza il preventivo invio al Dipartimento del Tesoro per l’adozione dei provvedimenti di competenza;
- l’obbligo di comunicazione trimestrale al Ministero dell’Economia e delle Finanze delle operazioni insieme ai dati relativi all’utilizzo netto del credito bancario a breve termine, ai mutui accesi presso soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione;
- la conservazione da parte degli Enti locali per almeno cinque anni di appositi elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento.

5. Legge Finanziaria 2008
La Legge Finanziaria 2008 (23) ha ribadito il principio della massima trasparenza sulle operazioni in derivati effettuate dagli Enti locali (24) :
- demandando al Ministero dell’Economia l’emanazione di un decreto esplicativo del contenuto informativo che i contratti devono presentare per consentire una più agevole valutazione e lettura del documento sottoscritto da parte delle Pubbliche Amministrazioni;
- prescrivendo l’assunzione di responsabilità da parte degli amministratori dell’Ente locale, che devono attestare di aver preso coscienza piena delle caratteristiche delle operazioni finanziarie intraprese e degli eventuali rischi connessi;
- disponendo l’obbligo di attestare espressamente, in una nota allegata al bilancio, gli oneri e gli impieghi finanziari connessi ai contratti derivati, in particolare indicando:
1. i flussi differenziali dal momento della stipula (25) #;
2. i flussi potenziali previsti# (26) ;
3. il Mark-to-Market del contratto;
4. una relazione sull’andamento finanziario dell’operazione.

6. Legge Finanziaria 2009
Con l’art. 3, la Legge Finanziaria 2009 (27) ha disposto il divieto agli Enti locali di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati fino all’entrata in vigore di un nuovo regolamento e comunque per almeno 12 mesi dalla promulgazione della legge. Resta tuttavia ferma la possibilità per gli Enti di ristrutturare il contratto derivato già esistente ad alcune condizioni. I contratti derivati stipulati in violazione dei regolamenti da emanarsi in materia o privi di attestazione di presa conoscenza dei rischi possono essere dichiarati nulli da parte dell’Ente sottoscrittore.
Il blocco ha limitato enormemente l’attività in derivati di comuni, province e regioni. Ad agosto 2010, erano quasi 200 gli Enti locali e territoriali che avevano chiuso (per scadenza o per estinzione anticipata) contratti swap e altre tipologie di derivati su un debito nozionale sottostante per oltre 3 miliardi di euro (28) .
Questa decisione ha i suoi pro e i suoi contro. L’estinzione anticipata (“chiusura”) di un derivato con un valore MtM di mercato negativo – per l’Ente sottoscrittore – trasforma, infatti, una minusvalenza “virtuale” in un deflusso di cassa effettivo. Non vi può essere, dunque, alcuna convenienza, né politica né economica, a realizzare un simile risultato operativo. Viceversa, la chiusura di un derivato con valore MtM di mercato positivo – per l’Ente sottoscrittore – può rappresentare uno strumento politico di realizzazione immediata di cassa, anche se può avere, in certe condizioni operative, ricadute finanziarie. L’amministratore comunale, infatti, incassa un’entrata corrente senza vincoli di destinazione. In tal modo, però, annulla sia la “copertura” contro un andamento futuro negativo dei tassi (rispetto al debito sottostante), sia la convenienza di un flusso di interessi pagato sul debito con lo swap, minore di un flusso senza swap.

Direttiva MiFID (29)
Il quadro normativo applicabile al collocamento di strumenti derivati è stato ulteriormente integrato con l’entrata in vigore della direttiva MiFID, la quale ha previsto una gradazione delle tutele a seconda della tipologia di clientela con cui l’intermediario creditizio si relaziona.
Al fine di garantire scelte di investimento consapevoli, si è introdotto l’obbligo in capo alle banche di fornire ai clienti informazioni adeguate alla loro qualifica. La suddivisione in classi di investitori (retail, investitori professionali e controparti qualificate) risponde all’esigenza di evidenziare il diverso livello di “sofisticazione finanziaria” a cui associare obblighi informativi differenziati. La categoria di clienti professionali di diritto include gli Enti pubblici, che il Ministero dell’Economia e delle Finanze dovrà individuare con apposita disciplina, sentita la Consob e la Banca d’Italia.
Nei servizi di collocamento e negoziazione dei derivati, secondo la Direttiva, l’intermediario deve accertare che il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi connessi all’operazione proposta, ma non è tenuto a valutare la coerenza delle caratteristiche degli strumenti o dei servizi offerti rispetto alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento del cliente.

Lo schema di regolamento, previsto con la Finanziaria 2009, è stato redatto dal Ministero dell’Economia ed il 22 settembre 2009 è stata avviata un’ampia consultazione pubblica della bozza con circa venti Enti. La sua struttura include l’elenco delle operazioni in derivati ritenute ammissibili e quali caratteristiche debbano contenere. Una specifica è prevista anche per le controparti con cui vengono stipulati i contratti. In materia di trasparenza delle operazioni viene contemplato, per i contratti, l’inclusione di un allegato “redatto in lingua italiana” che spieghi dettagliatamente il valore del contratto, la struttura del portafoglio finanziario e, soprattutto, una rappresentazione “sia grafica che numerica” del costo implicito dell’operazione in derivati. Chiunque sottoscriva il derivato per conto dell’ente deve anche dichiarare di aver compreso fino in fondo le caratteristiche dell’operazione. È anche prevista una fitta rete di controlli preventivi: il Ministero dell’Economia verifica la presenza di tutti gli elementi informativi previsti per legge; successivamente, i contratti vengono trasmessi alla Banca d’Italia e alla CONSOB per ulteriori controlli.


Il mercato dei derivati per gli Enti locali

Il ricorso a strumenti di finanza derivata da parte degli Enti locali è stato, in particolare, connesso all’aumento della raccolta sul mercato obbligazionario ed alla ristrutturazione del debito esistente.
Relativamente all’aumento della raccolta sul mercato obbligazionario, lo sviluppo degli strumenti derivati si è associato, alternativamente:
- all’introduzione delle obbligazioni tipo bullet (con rimborso del capitale a scadenza), in relazione alle quali – abbiamo visto – la normativa ha previsto l’obbligo di costituire un fondo ammortamento (sinking fund) per distribuire in maniera uniforme nel tempo l’onere del rimborso del prestito obbligazionario (30) , oppure di effettuare uno swap di ammortamento (amortizing swap (31) ) per trasformare l’emissione obbligazionaria in un titolo con ammortamento;
- alla diffusione delle emissioni obbligazionarie, prevalentemente a tasso variabile, la quale ha favorito il ricorso agli Interest Rate Swap (IRS).
In relazione alla ristrutturazione del debito esistente, tale attività si colloca nell’ambito della gestione attiva dello stock (32) di debito esistente, mediante l’eventuale ridefinizione delle condizioni finanziarie contrattualizzate.
Una corretta amministrazione degli stock, infatti, consente all’Ente locale di non subire passivamente le oscillazioni del mercato relative ai tassi di interesse ma di sfruttarle a proprio vantaggio modificando, in base alle esigenze e alle aspettative sull’evoluzione del mercato, la struttura dei propri debiti. La gestione attiva dell’indebitamento viene realizzata tramite operazioni di ristrutturazione del debito, quali la rinegoziazione o l’estinzione anticipata dei mutui (attraverso l’allungamento delle scadenze di mutui e prestiti obbligazionari) o la rimodulazione dei piani di ammortamento (33) .
Secondo la Corte dei Conti (34) , dal 2000 al 2007, si è realizzata “una spirale perversa” innescata dal rialzo dei tassi d’interesse e dalla rinegoziazione di precedenti derivati in perdita, ristrutturati in nuovi derivati a condizioni “sempre più rischiose, squilibrate e opache”, con reiterate perdite dilazionate con effetto a cascata sulle gestioni future e con esposizioni finanziarie progressivamente crescenti e insostenibili.
In particolare, nel 2007, sempre secondo la Corte, la maggiore operatività è stata quella delle Regioni del sud Italia (con una incidenza media del 45,1% del nozionale swap rispetto ai debiti totali) rispetto alle Regioni del Centro (che presentano una incidenza media del 22,8% del nozionale swap rispetto ai debiti totali) e del Nord (con una incidenza media del 42,1%). La stessa Corte ha rilevato come siano gli enti di minori dimensioni ad aver privilegiato strumenti di finanza derivata nelle operazioni di ristrutturazione del debito piuttosto che la rinegoziazione e la conversione dei mutui in essere. Queste risultano, infatti, maggiormente costose e le conversioni dei mutui in prestiti obbligazionari, dati gli importi modesti, risultano difficilmente rinegoziabili.
Una fotografia dell’esposizione in derivati per gli Enti locali è desumibile dai dati forniti dal Dipartimento del Tesoro che, per il 2010, indicano un valore nozionale dei contratti swap stipulati dagli Enti locali di 35 miliardi di euro (35) .

 

L’Autorità di controllo contabile ha distinto le criticità connesse alla diffusione dei derivati tra criticità strutturali e criticità specifiche.
Le criticità strutturali si riconducono alla complessità di valutazione degli effetti degli strumenti e, conseguentemente, alla distorsione degli equilibri finanziari di lungo periodo. Nella prassi contrattuale, la valutazione delle operazioni in derivati è resa estremamente complicata da clausole difficili, e la confusione aumenta in assenza di competenze adeguate, da parte dell’Ente locale, nel valutare correttamente le caratteristiche e il profilo temporale degli effetti degli strumenti finanziari più sofisticati. Questa carenza è all’origine, ad esempio, di operazioni di rinegoziazione dei contratti derivati connessi a debiti pregressi che hanno spesso presentato condizioni molto sfavorevoli già in partenza per l’Ente (36) .
È stato riscontrato come Enti locali, pur senza una formale qualifica di “operatori professionali” (37) (in quanto privi di specifiche professionalità nel settore), abbiano comunque sottoscritto contratti derivati. I loro amministratori (o, meglio, i delegati in materia finanziaria) difficilmente possiedono conoscenze tecniche tali da poter prevedere con sufficiente grado di attendibilità il verificarsi, la consistenza ed il costo economico degli eventi futuri ed incerti che influenzano il contratto (38) . Nonostante ciò, la Corte dei Conti ha spesso denunciato la sottoscrizione, da parte dei responsabili degli Enti locali di piccole e medie dimensioni, della clausola contrattuale di “operatore qualificato” (39) . In alcune occasioni, la magistratura contabile ha addirittura individuato contratti derivati stipulati da parte degli amministratori cui non erano stati conferiti i poteri necessari da parte dei Consigli di riferimento.
La stessa Corte ha rilevato anche la stipula di contratti derivati con banche straniere redatti unicamente in lingua inglese, la cui disciplina del rapporto era stata fatta rientrare nella sfera del diritto anglosassone. La sottoposizione del contratto sui derivati alla giurisdizione anglosassone pone problemi di diritto internazionale privato, e presuppone una specifica conoscenza della legislazione e della giurisprudenza di riferimento. Una siffatta scelta richiede, dunque, più attenta ponderazione che tenga conto anche degli eventuali maggiori oneri, in caso di controversia, per adire le Corti estere.
Una criticità specifica riguarda, invece, un’eccessiva articolazione dell’operazione, motivo di verosimile alterazione degli equilibri finanziari degli Enti locali. Questo aspetto è rilevante, soprattutto, quando lo strumento sottoscritto presenti un premio di liquidità (up-front), pagato dalla banca. Infatti, in tal caso, il contratto derivato assume, nell’intenzione dell’Ente locale, le caratteristiche di un finanziamento sottoscritto al fine di ottenere l’up-front ed espandere la propria spesa corrente.
Analogamente, l’utilizzo dello strumento derivato per spostare in avanti il profilo degli oneri delle operazioni è suscettibile di determinare uno “scollamento” tra l’amministrazione che le promuove e quella che dovrà gestirne e sostenerne il carico, con un forte rischio di deresponsabilizzazione dell’operato. Questo aspetto aggiunge al danno finanziario un rischio politico non indifferente nell’uso di strumenti derivati. Rimandando potenziali ingenti perdite, questi contratti creano un condizionamento dell’azione delle future amministrazioni locali (40) . Tale condizione è suscettibile di tradursi in perdita di autonomia politica degli Enti grazie al fatto che le banche, assumendo il ruolo di “azionisti di riferimento” degli Enti locali, si potrebbero arrogare il potere di influenzarne le decisioni sia politiche che economiche facendo leva sulla loro debolezza contrattuale.
La Corte dei Conti ha più volte ribadito che la motivazione alla base del contratto deve essere riconducibile alle sole due finalità di “riduzione del costo finale del debito” o di “riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato”. Motivazioni diverse sono suscettibili di generare elementi critici specifici con relativi sviamenti dalle cause tipiche e conseguenti abusi della fattispecie contrattuale.
La finalità istituzionale degli Enti locali di tutelare gli interessi degli amministrati, ossia delle collettività locali, è totalmente incompatibile con contratti derivati eccessivamente sofisticati, data l’eccessiva aleatorietà alla base degli stessi. Una particolare attenzione va riservata al concetto, già affrontato in precedenza, del Mark-to-Market (MtM).
Qualsiasi stima di un MtM di un derivato è da considerare “arbitraria” in quanto, principalmente, dipende dal modello di valutazione utilizzato per la sua determinazione e, dato il modello, dalle ipotesi sui parametri del modello alla data di valutazione. In questi contratti, piccole differenze nelle ipotesi possono determinare significative differenze nel MtM “teorico”, così come è possibile determinare diversi insiemi di ipotesi che producono lo stesso MtM.
In questo quadro, l’attività dei c.d. Consulenti Tecnici d’Ufficio può contribuire a generare incomprensioni, distorcendo la “vera” natura di “valore stimato” dei derivati in sede di dibattimento civile e penale.
Ad esempio, pur essendo riferiti allo stesso oggetto di indagine (stesse operazioni e medesime date di valutazione), nel sopra citato processo sui derivati stipulati dal Comune di Milano, i danni a carico dell’Ente locale come calcolati dalla Procura (41) risultano, per tutte le operazioni, significativamente diversi da quelli calcolati dal Comune (42) .
L’esempio del Processo di Milano sui derivati stipulati dal Comune, in qualità di “processo pilota” (43) , introduce un’ulteriore criticità, laddove vi sia la possibilità che un Tribunale possa decidere sulla corretta metodologia per la valutazione del danno derivante da contratti derivati.
Il Tribunale di Milano, infatti, nel giudicare in sede sia civile che penale se il Comune di Milano sia stato truffato dalle banche in relazione all’emissione dell’obbligazione “City of Milan 2005-2035” e del connesso debito sintetico, può adottare modalità e ipotesi per la valutazione del danno che, qualora utilizzate come giurisprudenza, verrebbero a costituire un pericoloso precedente, avviando de facto una omogeneizzazione delle tecniche di valutazione sia in sede processuale che nel mercato di riferimento, attribuendo dignità normativa a tecniche di valutazione di per sé probabilistiche e da chiunque opinabile. Tale omogeneizzazione potrebbe generare un rischio di sistema nel caso in cui numerosi altri Enti locali o le banche stesse, alla luce delle stime calcolate sulla base dei criteri di valutazione così definiti, ritenessero di poter adire ad un contenzioso penale.
Allorquando il motivo principale della sottoscrizione di contratti in finanza derivata da parte di Enti locali sia stato proprio la possibilità di ottenere liquidità immediata, tramite up-front, la Corte ha rilevato come, invece, l’up-front debba essere considerato vero e proprio indebitamento, e la sua destinazione a copertura della spesa corrente costituisca un illecito finanziario.
Le decisioni, in sede di redazione dei bilanci di previsione dell’Ente locale, devono essere assunte tenendo conto delle potenziali passività e delle conseguenti risorse necessarie per farvi fronte. Nella maggior parte dei casi analizzati dalla Corte dei Conti, è stato, invece, rilevato un MtM negativo dei contratti derivati, ciò vuol dire – alternativamente – che l’Ente locale potrebbe essersi assunto dei rischi eccessivi in relazione all’andamento di mercato di alcune variabili finanziarie, oppure che l’up-front inizialmente ricevuto alla stipula del derivato è stato troppo basso rispetto ai rischi accettati dall’Ente.
In ordine alla contabilizzazione degli importi differenziali, dovuti in base alle clausole dei contratti derivati, la Corte dei Conti ritiene corretto che l’up-front sia destinato esclusivamente a spese di investimento, attesa la natura straordinaria del “premio” di liquidità. Il differenziale negativo (44) , invece, da cui deriva un onere di competenza dell’esercizio, dovrebbe essere iscritto in un apposito stanziamento da imputare a spese correnti, e non rimandato di anno in anno (45) .
Ulteriore profilo problematico riguarda l’applicazione da parte della banca di “commissioni implicite” alle operazioni, derivanti dall’insufficiente corresponsione dell’up-front all’Ente locale.
È verosimile che taluni istituti, italiani ed esteri, possano aver realizzato pressioni – sia commerciali che personali – sugli amministratori degli Enti locali al fine di indurli a rinegoziare i contratti derivati a condizioni vantaggiose per le banche. Le stesse banche potrebbero aver fatto leva sulla debolezza contrattuale degli Enti (minacciando, ad esempio, ritorsioni su altri fronti commerciali), ma anche sulla errata valutazione degli effetti finanziari di lungo periodo dei contratti stipulati (i quali, ad ulteriore conferma, spesso, sono stati predisposti solo in lingua inglese).
La prova di questo stato di cose è nell’avvio da parte degli Enti locali (anche sensibilizzati dalla recente azione del Dipartimento del Tesoro e della Corte dei Conti) di azioni per portare in giudizio i vertici di molti istituti di credito. La Corte dei Conti ha, tuttavia, ritenuto che spetta agli Enti locali provare il rapporto di causalità tra il danno subito e il comportamento della banca lesivo dei doveri di informazione previsto dai regolamenti Consob e dai princìpi del Testo Unico della Finanza (46) . Peraltro, nel caso di violazione dei doveri di informazione e di corretta esecuzione del contratto, si potrebbe in ogni caso avere il risarcimento dei danni e non la nullità dei contratti.


Conseguenze e ruolo dell’Intelligence

Secondo il procuratore aggiunto Alfredo Robledo (Pubblico Ministero nel già citato processo di Milano contro le quattro banche straniere, con le quali il Comune di Milano ha sottoscritto prodotti finanziari derivati finalizzati alla “trasformazione” del tasso fisso di un prestito da 1,8 miliardi in tasso variabile) “il problema dei derivati in Italia è più grande di quello della Grecia” (47) .
Secondo Robledo, in Italia, la diffusione dei derivati è capillare riguardando comuni, province, regioni e piccoli enti, tutti soggetti che, in tempi diversi e con modalità diverse, dovranno affrontare le loro difficoltà di bilancio.
Il caso di Milano è esemplare. Alla stipula le banche hanno incassato, secondo l’accusa, “commissioni occulte” per 100 milioni di euro, esponendo il Comune ai rischi del mercato, e tralasciando la consulenza tecnica che avrebbero dovuto prestare loro per legge. Oggi il Comune di Milano, con la trasformazione dei tassi da fissi a variabili, guadagna tra i 20 e i 30 milioni di euro, ma con il credit default swap (48) sottoscritto è anche esposto a un potenziale default da 150 milioni di euro (49) .
In linea generale, spesso, le operazioni di swap di ammortamento sono accompagnate da accordi contrattuali con cui gli Enti garantiscono le banche nel caso in cui uno degli emittenti dei titoli depositati nel collateral account (50) fallisca, configurando – de facto – operazioni di credit default swap. In presenza di accordi di questo tipo, nonostante l’Ente non sia giuridicamente proprietario dei titoli custoditi nel collateral account (come invece accade in un sinking fund), il rischio di credito relativo a questi titoli ricade in capo all’Ente stesso, la cui posizione, pertanto, diventa analoga ad una posizione speculativa.
In questi casi esiste, pertanto, un rischio non solo teorico che un Ente locale A che garantisce l’“assicurazione” del credit default swap fallisca, mettendo l’Ente locale B – che ha stipulato il derivato – nelle condizioni di dover remunerare la banca oltre i limiti economicamente e finanziariamente accettabili, creando le condizioni per un collasso dell’Ente stesso.
Nonostante le recenti innovazioni normative in direzione di una maggiore trasparenza e responsabilità in materia di derivati, e la maggiore regolamentazione prudenziale dell’operatività, sussistono, dunque, molteplici aree di rischio, principalmente in relazione alla efficace trasparenza e comunicazione degli Enti locali nei confronti degli organi di controllo, ed alla possibilità, in vigore in capo agli Enti locali, di rinegoziare i contratti derivati precedentemente stipulati secondo schemi potenzialmente speculativi.
In tal senso, da gennaio 2008 la Guardia di Finanza ha sviluppato, su delega dell’Autorità Giudiziaria, 27 filoni d’indagine concernenti prodotti derivati, per un valore di circa 10 miliardi di euro. In particolare, 16 inchieste ordinate dall’Autorità Giudiziaria ordinaria e contabile hanno come destinatari 44 Enti territoriali (ossia due Regioni, una Provincia, nove Comuni capoluogo e 32 Comuni non capoluogo) ed una società pubblica, che, tra il 2002 ed il 2006, hanno stipulato contratti derivati su tassi d’interesse collegati a sottostanti valori nozionali pari complessivamente a 9 miliardi di euro.
L’intreccio economico-finanziario generato dalla massa di contratti derivati attualmente in essere è suscettibile di determinare un rischio sistemico afferente la sicurezza economica-finanziaria dello Stato.
Le prospettive di evoluzione della congiuntura economica nel medio e nel lungo periodo, che prevedono un progressivo rialzo dei tassi di interesse di riferimento secondo un andamento ciclico, lette congiuntamente alla lunga durata media dei contratti swap, fa emergere, infatti, una situazione di instabilità finanziaria prospettica nella quale potrebbero potenzialmente trovarsi numerosi Enti locali. Tali Enti verrebbero severamente penalizzati da un rialzo dei tassi di interesse, implicando – quest’ultimo – maggiori oneri a fronte degli impegni assunti attraverso la stipulazione degli swap.
Al di là delle normative esistenti, dunque, un forte inserimento organico di professionalità proprie (che siano in grado di opporsi – in termini di conoscenza – alle Business Unit delle banche di investimento internazionali che si occupano di derivati) può compensare l’estrema debolezza degli equilibri di bilancio regionale (foriera dei rischi sistemici evidenziati) nel far fronte agli impegni debitori a breve conseguenti ad un contratto derivato.
In tal senso, una forte azione di intelligence economico-finanziaria, a tutela della sicurezza nazionale, può fornire un ausilio fondamentale in materia di vigilanza sulla contabilità e sui bilanci degli Enti locali territoriali, in modo da favorire la comprensione dei meccanismi di diffusione sul territorio di queste tipologie di prodotti e, soprattutto, degli effetti finanziari che questa espansione può avere sulle politiche di bilancio dello Stato, centrale e locale.


(1) Nel presente articolo con il termine “Enti locali” si fa riferimento a Regioni, Province, Comuni e società municipalizzate operative nel settore dei servizi di pubblica utilità.
(2) Oggi se il Comune volesse uscire dal contratto derivato dovrebbe pagare alla banca un valore per il derivato pari a circa un milione di euro perdendo sia quanto accumulato per il rimborso del 2026, sia la protezione contro il rischio di tasso di interesse.
(3)Deliberazione della Giunta Comunale n. 214 del 26.08.2010 avente come oggetto “Chiusura operazioni di Interest Rate Swap (I.R.S.) - indirizzi gestionali”. Cfr. www.comune.ariano-irpino.av.it/delibere/2010_gm_0214.pdf.
(4) Cfr. C.D. Mottura, “Derivati e enti locali: commissioni o ipotesi implicite? Il caso del Long Term Collar Swap”, WP n. 99, Università Roma-3 (2008).
(5) Un mercato Over-The-Counter (OTC, o fuori borsa) è un mercato non regolamentato nel quale ogni transazione viene realizzata (per telefono o via terminale) direttamente con l’intermediario che si occupa, successivamente, di riversarla sul mercato ufficiale. Sono, dunque, reti di mediatori (dealer). I mercati OTC sono “non regolamentati” non tanto rispetto all’attività dei broker e dei dealer che vi operano (soggetta a monitoraggio da parte delle Autorità di vigilanza nazionali), ma per quanto concerne la qualità dei titoli venduti e comprati. I titoli negoziati sui mercati OTC, infatti, non hanno, generalmente, i requisiti per quotarsi sui mercati ufficiali, mancando i controlli e le garanzie assicurate da piattaforme ufficiali di negoziazione.
(6) La situazione dei c.d. “costi occulti” per quanto concerne i contratti swap sottoscritti dal Comune di Ariano Irpino è stata quantificata, in media, pari all’1,2102% del nozionale complessivo swap (secondo IFA Consulting srl) e all’1,4358% (secondo Martingale Risk srl). Detti valori sono stati, comunque, ritenuti inferiori al limite ritenuto patologico (pari al 75% del capitale nozionale di riferimento). Cfr. www.comune.ariano-irpino.av.it/determine/area-finanziaria/2010/AF-det-159-2010.pdf.
(7) Cfr. Mottura (2008) op. cit.
(8) I contratti derivati sono normalmente stipulati su periodi variabili tra 5 e 30 anni.
(9) La letteratura sui derivati è estesissima. Non rientrando nello scopo del presente articolo una disamina di tutte le forme esistenti, si suggeriscono, per ogni approfondimento, i lavori di J.C. Hull, Opzioni, Future e altri Derivati, Pearson Prentice Hall (2009) e di M. Rubinstein, Derivati. Futures, opzioni e strategie dinamiche, Edizioni Il Sole 24 Ore (2005), qui utilizzati come riferimento.
(10) Tali meccanismi presentano caratteristiche omogenee in termini di prezzo, ammontare ed in termini contrattuali, seguendo regole uniformi che regolamentano i soggetti autorizzati a scambiarle e che definiscono le competenze di controllo, la struttura dei contratti e le modalità di formazione dei prezzi.
(11) P. Savona, Sugli effetti macroeconomici dei contratti derivati, LUISS University Press (2010).
(12) Il LIBOR è il tasso di interesse interbancario medio al quale alcune banche concedono prestiti tra loro nel mercato monetario di Londra. Il LIBOR esiste per 15 periodi (da overnight a 12 mesi) e in 10 diverse valute. I tassi LIBOR ufficiali vengono pubblicati intorno alle ore 11,45 (ora di Londra) dei giorni lavorativi dalla British Bankers’ Association (BBA).
(13) L’EURIBOR è il tasso al quale i depositi interbancari a scadenza fissa denominati in euro sono offerti da una banca di primaria rilevanza nazionale ad un’altra analoga all’interno della zona Euro. La scelta delle banche nella formazione dell’EURIBOR è basata su criteri di mercato, preferendo istituti con uno standing internazionale molto elevato (first-class market standing).
(14) Op. cit..
(15) In pratica, l’up-front è la somma che la banca riconosce alla controparte al momento della stipula di un contratto swap.
(16) Legge del 23 dicembre 1994, n. 724.
(17) Sullo stesso schema dell’Interest Rate Swap, il Currency Swap permette la copertura dell’Ente del rischio di deterioramento del tasso di cambio nel periodo di esposizione.
(18) Art. 41 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448.
(19) Nella pratica, gli Enti locali hanno preferito ricorrere a swap piuttosto che a fondi di ammortamento, in particolare per la relativa semplicità e rapidità di esecuzione dello swap di ammortamento.
(20 )La proprietà di tali attività rimane dell’ente, che ne sopporta i rischi di mercato e di insolvenza e ne riceve i frutti in termini di interessi.
(21) La legge impone all’Ente locale di distribuire l’onere del rimborso del capitale su tutta la vita del prestito. Le operazioni di swap non possono, pertanto, prevedere un profilo di rimborso in cui l’onere della restituzione del capitale sia concentrato verso la scadenza della passività.
(22) Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
(23) Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, c. 385.
(24) Alla luce delle nuove disposizioni previste dalla Finanziaria 2008, nel febbraio 2008 la Sezione di controllo della Lombardia della Corte dei Conti, nel disciplinare la rinegoziazione degli swap da parte di un Ente locale, con Delibera n. 19/2008, ha espressamente indicato che le operazioni di ristrutturazione dello strumento derivato sono sottoposte agli stessi obblighi di controllo a cui sono soggetti i nuovi contratti. L’Ente locale deve, quindi, effettuare tutte le valutazioni di convenienza ed assumere le relative delibere autorizzative, nonché rendere la gestione corrente coerente con gli impegni finanziari assunti.
(25) Saldo tra incassi e pagamenti di interessi connessi all’operazione swap.
(26) Stima delle entrate e uscite future sulla base delle previsioni di andamento dei tassi di interesse.
(27) Legge 22 dicembre 2008, n. 203, art. 3.
(28) I. Bufacchi, Già usciti dai derivati quasi 200 enti locali, Il Sole 24 Ore, 2.9.2010.
(29) Direttiva del Parlamento Europeo 2004/39/CE “Markets in Financial Instruments Directive”, recepita con il Decreto Legislativo n. 164 del 17 settembre 2007.
(30) Ad esempio, prendendo a debito X euro per 10 anni, con le obbligazioni bullet l’Ente deve costituire un fondo ammortamento nel quale accantonare X/10 euro ogni anno, e procedere al rimborso del debito X alla fine del decimo anno.
(31) Sulla base di tale contratto, la banca si impegna a pagare il capitale a scadenza dell’obbligazione al posto dell’Ente locale, e riceve dall’Ente le quote di ammortamento periodiche.
(32) Ammontare della quota capitale (non comprensiva degli interessi) del debito finanziario contratto e ancora da rimborsare.
(33) Piano di rimborso della quota capitale del mutuo.
(34) Cfr. Rischio derivati per i Comuni - Urgenti nuove regole, Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2008.
(35) Tale stima si riferisce al valore nominale iniziale dell’operazione e non tiene conto di eventuali rimborsi già operati.
(36) Molte criticità rilevate dalla Corte dei Conti sono state relative proprio alla fase di rinegoziazione degli strumenti derivati stessi. La rinegoziazione in passato sarebbe stata proposta dalle banche in base alla richiesta degli Enti locali di cautelarsi rispetto al rischio di tasso di interesse dei debiti, ma in realtà sarebbe stata eseguita dalle banche ricorrendo a prodotti connotati da profili marcatamente speculativi. Nel 2004 la CONSOB stimava che oltre il 70% dei contratti risultava in perdita già in partenza. Cfr. Audizione del Direttore Generale della Consob, Dott. Antonio Rosati, Indagine conoscitiva sulla diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle Pubbliche Amministrazioni, 6ª Commissione Finanze e Tesoro, Senato della Repubblica (18 marzo 2009).
(37) Diversamente dal Governo nazionale e da quelli regionali, in base alla Direttiva comunitaria MIFID.
(38) La potestà di adottare gli atti che vincolano l’utilizzo delle risorse finanziare per più esercizi è riservata, in linea generale, al Consiglio Regionale, Provinciale o Comunale, mentre rientra nella competenza della Giunta, quale organo esecutivo, l’indicazione dei principali obblighi e vincoli finanziari che l’ente intende assumere, nonché la predisposizione degli indirizzi operativi che devono condurre alla conclusione dell’operazione da parte del dirigente responsabile di settore.
(39) Cfr. La necessità di controllare la ristrutturazione del debito locale attraverso i derivati per evitare una nuova pericolosa minaccia alla sostenibilità della finanza nazionale, Corte dei Conti - IX Global Working Group Marrakech (2-5 aprile 2008).
(40) Cfr. Regioni e Comuni in mano alle banche, Libero Mercato, 15 maggio 2008.
(41) Ai fini del procedimento penale.
(42) Ai fini del procedimento civile.
(43) Le Procure ed i periti interessati seguono con attenzione l’evoluzione del processo di Milano, da cui dovrebbero scaturire delle linee guida per la valutazione di posizioni analoghe da parte di altri Comuni.
(44) Quando l’Ente debba corrispondere alla banca dei flussi monetari connessi al contratto derivato.
(45) La Corte ha rilevato, in alcuni casi, l’errata determinazione dell’up-front in misura superiore al limite massimo consentito dalla legge pari all’1% del nozionale sottostante.
(46) Tale orientamento sarebbe ulteriormente confermato dalle sentenze della Corte di Cassazione 26724 e 26725 del dicembre 2007.
(47) Cfr. W. Galbiati, Derivati italiani, bomba a orologeria i nostri enti locali peggio della Grecia, Repubblica, 20 maggio 2010.
(48 )Tra gli strumenti adottati dagli Enti locali vi sono anche i derivati su crediti stipulati per trasferire il rischio di insolvenza relativo ad una determinata attività finanziaria da un soggetto ad un altro. La tipologia contrattuale maggiormente diffusa è rappresentata dai credit default swap (CDS), che attribuiscono all’acquirente il diritto a ricevere dal venditore il valore nominale di un titolo emesso da una determinata società o Ente, qualora quest’ultima risulti insolvente. Per una maggiore comprensione del problema, cfr. “Credit Default Swap: effetti sull’Italia”, GNOSIS, n. 1 (2009).
(49) Nel Bilancio 2008, il Comune di Milano ha registrato perdite su tassi per 12 milioni di euro. Per compensarle ha venduto alle stesse banche con cui aveva stipulato i derivati sui tassi una polizza mediante la quale, a fronte di un premio da 14 milioni di euro (utilizzato per finanziare spese correnti), il Comune assicurava le banche contro il rischio di fallimento dello Stato Italiano e delle stesse banche. Attualmente, qualora una di queste fallisse, il Comune dovrebbe pagare all’eventuale curatore 150 milioni di euro.
(50) Nell’ambito del contratto di swap può essere previsto che l’intermediario detenga le somme ricevute dall’ente in un apposito conto vincolato a garanzia della prestazione finale cui l’intermediario è tenuto (collateral account). Tali somme possono essere detenute come liquidità o investite in titoli. I titoli depositati presso questo conto di garanzia sono di proprietà dell’intermediario che giuridicamente è beneficiario anche dei frutti prodotti dai titoli stessi.

© AGENZIA INFORMAZIONI E SICUREZZA INTERNA