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GNOSIS 2/2010
LA STORIA

FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE

1935: la prima missione del SIM in Arabia Saudita


di Matteo Pizzigallo


Foto da www.wikipedia.org

Armi per cammelli. Storia di un’occasione perduta sull’asse Riad-Roma, alla vigilia della guerra d’Etiopia. Eppure sarebbe stato un affare vantaggioso sotto l’aspetto economico-militare ma, soprattutto, politicamente significativo. La fornitura di armi avrebbe suggellato il rapporto con l’Arabia Saudita che, unito al buon rapporto in atto con l’Imam dello Yemen, avrebbe dato all’Italia un ruolo preminente nel Mar Rosso, soprattutto in funzione anti-inglese. Purtroppo l’attività di agenti stranieri e alcuni malintesi insorti fra le Autorità militari di Asmara e l’agente del SIM che gestiva la delicata operazione, non consentì il buon esito dello ‘scambio’.




All’inizio del 1935, la tensione da qualche tempo in atto fra Italia ed Etiopia stava pericolosamente salendo e ciò creava allarme e preoccupazione nei Governi occidentali, che cercavano di mediare, tentavano altresì di incanalare i contrasti fra le due Parti nell’alveo di negoziati diplomatici in seno alla Società delle Nazioni (l’organizzazione internazionale antenata dell’ONU dei nostri giorni). Ma non era né semplice né facile contenere le forti spinte espansionistiche dell’Italia in Africa orientale, da tempo programmate, nella prospettiva di dare finalmente vita, anche a costo di una anacronistica guerra coloniale, al tanto vagheggiato sogno dell’mpero.
Il 16 gennaio 1935 il Generale Emilio De Bono (69 anni), già Ministro delle Colonie, veniva nominato da Mussolini Alto commissario per l’Africa orientale, con sede ad Asmara, munito di una sorta di pieni poteri per programmare dall’Eritrea l’invasione dell’Etiopia, che sarebbe poi scattata al momento più opportuno da un punto di vista politico e militare. Venti di guerra, dunque, cominciavano a soffiare sul Corno d’Africa e sul Mar Rosso, mettendo l’intera area geografica a rischio di forte destabilizzazione. Si intensificava, pertanto, l’attività dei diplomatici e degli agenti segreti dei vari Paesi, europei e non, che, a vario titolo, e con motivazioni diverse (e talvolta non sempre confessabili), si interessavano o, come nel caso dell’Italia, erano direttamente coinvolti nella vicenda. E così, dopo l’arrivo di De Bono in Eritrea, si decise di mandare un agente segreto: il Tenente Colonnello Celso Odello del Servizio Informazioni Militare (SIM), anche dall’altra parte del Mar Rosso, in Arabia Saudita, per sostenere ed affiancare l’azione della Rappresentanza diplomatica italiana a Gedda, all’epoca guidata da Giovanni Persico un funzionario molto attento e capace.
Persico era, infatti, riuscito a stabilire buoni rapporti personali con il sovrano dell’Arabia Saudita (il leggendario Re Ibn Saud che, armi in pugno, aveva fondato il nuovo Stato), con le più autorevoli ed influenti autorità politiche, conquistando stima e rispetto. Nella primavera del 1935, era abilmente riuscito a vanificare la missione di una delegazione etiopica di alto rango, all’uopo inviata in Arabia Saudita, dal Negus Hailè Selassiè per chiedere la solidarietà e il sostegno di Ibn Saud, mentre si acuiva l’asimmetrico contrasto con l’Italia. Anche il Tenente Colonnello del SIM Celso Odello non era stato da meno: aveva intessuto una fitta rete di rapporti con il Re e con il Sottosegretario agli Esteri Fuad Hamza; in particolare con quest’ultimo aveva, altresì, cominciato a parlare dell’argomento che, in quel periodo, stava più a cuore ai sauditi: le forniture di armi.
È proprio all’agente segreto Odello si era rivolto il Generale Emilio De Bono che, nel quadro della pianificazione dell’attacco all’Etiopia, gli aveva commissionato un consistente acquisto di cammelli sauditi per l’Eritrea, da utilizzare per i trasporti militari nelle zone impervie. Odello si attivò immediatamente e, proiettando la questione in un contesto più ampio, diede vita ad una trattativa che prevedeva una sorta di “scambio” con una fornitura di armi, cui i sauditi erano molto interessati. Il Ministero degli Esteri, il Ministero delle Colonie ed il Ministero della Guerra, ciascuno per le rispettive competenze, entrarono subito in azione assecondando il progetto dell’agente del Sim a Gedda. In estrema sintesi si trattava di scambiare, entro 45 giorni, dodicimila cammelli (che sarebbero stati estremamente utili alle nostre truppe in vista dell’imminente attacco all’Etiopia) contro armi.
“Il capo centro a Gedda - scriveva il 2 agosto 1935 De Bono in un telegramma riservato al Sottosegretario alla Guerra generale Federico Baistrocchi, incaricato di seguire la questione -raccomanda di non offrire materiali scadenti e antiquati, ma quanto di più moderno viene da noi fabbricato”. Il 7 agosto Baistrocchi rispondeva a De Bono precisando di essere in grado di cedere immediatamente ai sauditi 175 mitragliatrici, 5 cannoni, munizioni, autocarri Fiat, nonché 10 carri veloci. Intanto Giovanni Persico, in transito a Roma prima di rientrare in sede a Gedda, passava, ai primi di agosto, dagli uffici del SIM per mettere a punto i dettagli dell’operazione e sollecitare il rapido invio della fornitura di armi “in pagamento dei noti cammelli”. Dal suo canto Odello, il 20 agosto, riusciva a farsi ricevere a Riyad da Ibn Saud per proseguire il discorso sulla cooperazione militare italo-saudita. “Il sovrano - scriveva Odello nel suo rapporto - aggiunse essere suo desiderio svincolarsi dall’intollerabile predominio britannico e che avrebbe preferito rivolgersi al Governo italiano, di cui era amico e ammiratore”. Diventava, quindi, importante l’immediato invio in Arabia dei “campioni” del materiale richiesto. Il capo centro Odello ricordava a De Bono (che, a sua volta, avvertiva il Ministero della Guerra) che i Sauditi erano impazienti e desideravano “vedere urgentemente i campioni dei materiali”. Anche Persico, non appena rientrato in sede, si era subito attivato per accelerare i tempi. E così, dopo un ulteriore frenetico scambio di telegrammi fra il Ministero della Guerra, il Comando superiore in Africa Orientale, il SIM e la Legazione italiana a Gedda, finalmente, i “campioni” venivano imbarcati. Infatti il 22 settembre 1935, quasi alla vigilia dell’attacco all’Etiopia, con il piroscafo Piemonte, sotto la regia del SIM, partiva da Napoli, in missione segreta per Gedda, un drappello di militari in abiti civili, con passaporti di copertura in cui figuravano come dipendenti della Fiat e dell’Ansaldo.
A parte l’autocarro con rimorchio, tutto il materiale richiesto dai sauditi come campione (un carro assalto veloce, un cannone, una mitragliatrice pesante e due leggere, una stazione radio) era imballato e mimetizzato in apposite gigantesche casse con la scritta “ditta Ansaldo”, senza alcuna indicazione né del destinatario né del mittente.
Il 27 settembre 1935 il Sottosegretario Baistrocchi si complimentava con il generale Mario Roatta, Capo del SIM, esprimendo apprezzamento per la pianificazione della missione relativa all’invio a Gedda del consistente “campione” di armi. Purtroppo, nonostante la buona volontà e l’efficienza messa in campo dal SIM, per tutta una serie di complicazioni e difficoltà legate, in parte all’attività di agenti stranieri e in parte a sopravvenuti malintesi fra le Autorità militari di Asmara e Odello (che in seguito sarebbe entrato in contrasto anche con lo stesso Persico e, per questo, nel giugno 1936 sarebbe stato rimpatriato), l’operazione “scambio” non andò in porto.
Il 17 settembre 1935, con l’invasione dell’Etiopia ormai in atto da due settimane, De Bono annunciava al Ministero della Guerra ed al SIM: “Le trattative per i cammelli dell’Arabia Saudita sono definitivamente fallite. L’Intendenza ha rinunciato alla fornitura a causa dell’indeterminatezza del contratto e anche perché nonostante tutte le promesse e le assicurazioni, finora non si è avuto un solo cammello”. Grazie alla paziente opera di mediazione e di ricucitura dei nostri diplomatici in loco, la mancata conclusione delle trattative, fortunatamente, non ebbe ripercussioni negative sui buoni rapporti politici italo-sauditi e, soprattutto, non pregiudicò la cooperazione militare fra i due Paesi che, nei mesi seguenti (in uno nuovo scenario geopolitico segnato dalla nascita dell’Impero italiano in Africa), fu attivamente rilanciata e opportunamente diversificata in vari settori, cominciando proprio dall’invio a Gedda di una importante missione dell’Aeronautica italiana con il compito di porre le basi della nascente aviazione militare saudita.



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