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GNOSIS 2/2010
Un racconto*

 articolo redazionale


La ‘roba’ dei Casalesi





Foto da http://spiritoeuropeo.files.wordpress.com

 
Per questo non aveva lasciato passare un minuto della sua vita che non fosse stato impiegato a fare della roba… Della roba ne possedeva fin dove arrivava la vista, ed egli aveva la vista lunga.
(Giovanni Verga da Novelle rusticane (1883))

I “Mazzoni” sono una distesa fertile che raccoglie il sudore di tante generazioni di campani.
Terra irrigata, graffiata da aratri, tagliata da canali che s’intrecciano come una ragnatela.
Alla geometria delle colture si è saldata con il tempo quella del cemento che sembra sparigliare le prospettive, imponendo un colore acido e rinnovando la storia del contado ruvido e sapiente in dolorosi sacrifici.
Di questo cambio di colori e di profumi il parassita camorrista si è nutrito impietosamente, imponendo un giogo sottile e pervasivo che ha avvelenato le radici, che si è impastato nel cemento del nuovo scenario casertano.
Osa il camorrista casalese.
Interpreta un ruolo più moderno, più mirato e veloce rispetto ai criminali napoletani ancorati allo stigma dei vicoli e dei quartieri.
Si apre verso finti arcobaleni, tingendosi di futuro, parte d’ “o sistema” che pretende d’incarnare il potere nel luogo, il regime sociale ed economico cui tutti dovrebbero ossequio.
Nasce e cresce sotto il lume opaco dell’affarismo, senza coppola e lupara ma con la giacca e la cravatta di imprenditore … e, sotto l’ascella, la pistola.
E’ un cielo senza angoli, quello casalese.
Il capostipite, Antonio Bardellino sembra averli smussati, quegli angoli, trasferendo nei “mazzoni” un po’ di Sicilia e di Cosa Nostra, così da innestare nella violenza centrifuga campana il senso strategico dell’unitarietà organizzativa e della priorità crimino-economica.
Alla sua morte per mano dei suoi gregari, si sono succeduti altri re, si sono ripetuti i regicidi, sino alla triarchia degli Schiavone, degli Iovine e dei Bidognetti.
Tutti con la stessa vocazione all’affare, ormai inscritto nel codice genetico, non bastando la mera intermediazione socio-criminale o la pressione estorsiva, perché il camorrista casalese vuole la sua “roba”, la sua impresa, il riconoscimento di essere “arrivato”.
Per questo, forse, a differenza di Cosa Nostra o della ‘Ndrangheta, la Camorra deve ostentare la sua ricchezza perché a tutti sia visibile il potere acquisito, il merito di aver “svoltato” nella vita, baciato dalla fortuna
Non basta, allora, la ricchezza, che pure è necessaria per avere un esercito personale, per armarsi al meglio, per investire in operazioni tanto illegali quanto legali… Non basta… Occorre, invece, “gestire” l’impresa, muovere le pedine economiche e in tal modo appropriarsi della scacchiera.
Per questo i casalesi oggi sembrano soffrire come non mai accaduto, nel passato. Troppi i sequestri che depauperano le casse dei boss ma, soprattutto, svelano i meccanismi di produzione della ricchezza illegale e gli spazi “borghesi” di riferimento.
Inoltre, feriscono l’immagine del clan, la sua sostanziale immunità, intaccando il carisma dei boss cui “togliendo la roba, tolgono un po’ anche l’anima”.
Esemplare il sequestro dell’aprile scorso, tra i maggiori per entità ed importanza, a carico dei familiari dell’imprenditore Dante Passarelli, negli anni ’90 noto per aver creato lo zuccherificio Ipam, leader in quegli anni nel settore, e per controllare attraverso l’immobiliare Bellavista centinaia di immobili e anche la Balzana, nota come ex Cirio.
Alla vigilia della condanna nell’ambito del processo Spartacus, nel 2004, il Passarelli moriva in circostanze misteriose, cadendo da un terrazzo senza recinzione. I beni sarebbero dovuti essere sequestrati, ma la morte azzerava l’impianto giudiziario a suo carico e le ricchezze piovvero sugli eredi.
Reiterati accertamenti sono stati più fortunati. Dal 2008, la L. 125 ha ampliato la previsione dei sequestri anche a carico degli eredi delle persone colluse con la criminalità organizzata.
La difesa disquisisce sul reale valore dell’operazione, contano i milioni di euro e cercano di ridurre l’impatto emozionale.
Sono comunque tanti, verrebbe da dire. Troppi, per la camorra che di pedine nella scacchiera ne sta perdendo molte.
Le indagini confermano la filiera di affari che si stende oltre l’area casalese e disegna la nuova geografia economico-criminale dei casalesi.
Si sono allargati da tempo, in modo silente, quasi sottovoce.
La loro spiccata iniziativa, la loro competitività hanno aperto molte porte del Centro e del Nord Italia….
Si prestano in molti settori, si dedicano ai lavori più delicati e tendono ad assicurare ai contraenti risultati sempre eccellenti a prezzi convenienti.
La forza dei casalesi – questo appare – è nell’ordalia di prestanomi affidabili che vivono ai margini del tavolo imbandito, schermando i referenti e alimentando una zona grigia alla cui ombra riposano i boss, attendendo i momenti più utili.
In quelle tane, stretti alle loro segrete ricchezze, oggi non si sentono più al sicuro.

* E' un prodotto di narrazione di fantasia per cui ogni riferimento a fatti, luoghi e/o persone è da intendersi assolutamente casuale.



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