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GNOSIS 2/2010
CULTURA

RECENSIONI

Eversione e mafia: due libri per capire


di Alain Charbonnier

 



È un libro che qualcuno potrebbe definire "non politicamente corretto". Questione di punti di vista. Certo è che il volume di Giuseppe Gagliano, coordinatore dello "Strategic group", network internazionale di studi strategici e politica estera, è un sicuro punto di riferimento per chiunque si trovi ad avere a che fare con la questione "eversione", sia essa violenta o non violenta, pacifista, cristiana come gandhiana. Uno studio completo e approfondito sui movimenti antagonisti che dalla fine del Novecento a oggi tentano di corrodere la società occidentale e il sistema del libero mercato. Un sistema che invece trova convinti sostenitori in un'organizzazione che ha seguito punto per punto l'evolversi dei sistemi economici dell'Est come dell'Ovest, interessata soltanto agli affari. "Sporchi" s'intende. Parliamo della prima organizzazione criminale con una struttura politico-militare: Cosa Nostra, la mafia americana. Mike Dash ha avuto libero accesso a documenti dei servizi segreti statunitensi e ha ricostruito la nascita di "Cosa Nostra" negli Stati Uniti con dovizia di particolari, molti dei quali inediti.





I primi furono i francesi. Poi vennero gli americani e via via tutti gli altri Paesi occidentali. Lo studio della "guerra rivoluzionaria" e delle tecniche di "controinsurrezione", presero il via all'indomani della sconfitta dei francesi in Indocina all'avvio delle guerre di liberazione dei Paesi coloniali.Russi e cinesi, i massimi teorici di questa strategia; il marxismo leninismo, la base ideologica; senza confini i campi di applicazione. Erano gli anni Cinquanta, la Seconda Guerra Mondiale era finita da una decina d'anni, quella di Corea da tre o quattro. Ma la pace era ancora lontana. Altre guerre erano all'orizzonte. Guerre definite "simmetriche", cioè con fronti definiti ed eserciti contrapposti.Intanto era cominciata la stagione delle "guerre asimmetriche", combattute da tanti Davide contro un Golia che di volta in volta aveva il volto della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e, negli anni Ottanta, dell'Unione Sovietica, tralasciando Paesi minori, come il Portogallo. Mao Tse-Tung, Giap, Che Guevara, Carlos Marighella, divennero i "guru" dei rivoluzionari di tutto il mondo. Così, dall'Argentina all'Uruguay, dall'Angola al Salvador, la "guerra rivoluzionaria" aveva fatto proseliti e veniva applicata su larga scala, e in altri Paesi lo viene tutt'ora, nel tentativo di rovesciare governi legittimi e non, quando il metodo democratico non è pratica corrente o comunque non procura i consensi che gli "eversori" vorrebbero, come in Italia il terrorismo delle Brigate Rosse.Ma con gli anni Novanta del secolo scorso e con l'avvento del Terzo Millennio, le "guerre asimmetriche" sono diventate appannaggio soprattutto dell'estremismo islamico. Contemporaneamente con il crollo del sistema sovietico, è venuto meno il centro di riferimento della "rivoluzione mondiale", della lotta di classe e della guerra contro il capitalismo. Gli orfani della lotta di classe hanno imboccato allora la strada dell'"antagonismo sociale", della lotta contro il capitalismo, l'inquinamento, il mercato globale, la finanza speculativa, l'ingegneria genetica e gli organismi geneticamente modificati. Giuseppe Gagliano, "Problemi e prospettive dei movimenti antagonisti del Novecento - Temi, strutture organizzative e modalità operative", pagine 258, Editrice Uni Service, Trento 2010: il titolo è lungo, ma l'autore mantiene quello che promette, nei quatttordici capitoli più due appendici che compongono il volume.L'attenzione di Gagliano, passo per passo, segue il lungo percorso che comincia dalla nascita delle strutture elementari che all'inizio incanalano il malcontento più o meno diffuso all'interno di ogni tipo di società. L'arco comprende tutte le matrici ideologiche, dal marxismo leninismo, all'anarchismo, dall'ecologismo radicale al nazionalismo, fino alle pulsioni teocratiche e al radicalismo di destra. Gli strumenti sono quotidianamente sotto i nostri occhi: disinformazione, istigazione alla disubbidienza civile, resistenza passiva, occupazione di immobili, normali manifestazioni che degenerano in vandalismi e incidenti.Una volta che la visione eversiva comincia a prendere corpo, si delineano e si articolano i passaggi successivi. Piccoli gruppi, perfino singole persone, ma anche associazioni, ong, attivisti no global, comunicano e si coordinano, utilizzando i mezzi che la moderna tecnologia mette a disposizione. Strumenti per diffondere la propaganda, le parole d'ordine, reclutare nuovi simpatizzanti. La crescita della Rete tende ad essere esponenziale e ad approdare a quella che ormai viene definita dai francesi "guerra cognitiva", cioè le tecniche dell'uso polemologico della conoscenza. Si tratta di tecniche a doppia valenza, vale a dire utilizzabili dai "buoni" come dai "cattivi", per la conquista dei cuori e delle menti delle masse: uso sistematico e pianificato dell'intossicazione informativa, nell'informazione e nella propaganda, discredito dell'avversario, sua neutralizzazione attraverso la demonizzazione mediatica. Esempi di alcune dinamiche della "guerra cognitiva" sono stati individuati nel movimento no global, da Attac al manifesto di Porto Alegre, ai Black-Block, nella strumentalizzazione delle associazioni dei cittadini, nell'uso spregiudicato e strumentale del diritto. Sono i passi preliminari di azioni che tendono a sfociare nella sovversione, nel terrorismo fino alla guerra civile dispiegata.Ma non è detto che i conflitti interni di una società, siano essi di carattere sociale, economico, etnico o religioso, sfocino in sommovimenti violenti.La non violenza può rivelarsi altrettanto eversiva e dirompente, al punto da essere annoverabile fra i metodi di conflittualità non convenzionale. La non collaborazione politica, economica, sociale, gli interventi non violenti , ma anche l'impiego della cyberwar come le mail bombing e il net-strike. La risposta, secondo l'analisi di Gagliano, senza tempestivi interventi integrati di carattere sociale, politico, psicologico, è destinata al fallimento. Non basterebbero infatti la migliore delle Intelligence, la più efficace delle forze di polizia, il più preparato degli eserciti, per arginare la nascita e la crescita di un movimento eversivo che, per dirla proprio con Mao Tse-Tung, per sua natura si impegna in una "guerra di lunga durata" contro l'organizzazione statuale che considera nemica.Alla fine della seconda appendice, "Il movimento di Antiglobalizzazione nell'analisi del Comitato del Consiglio Federale Svizzero", c'è questa raccomandazione: "In materia di estremismo politico violento, vale lo stesso principio applicabile al terrorismo: la contromisura più efficace è la prevenzione. Occorre pertanto istituire le basi legali e approntare le risorse necessarie a garantire una prevenzione efficace, e ciò prima che si sia costituito un nucleo di attivisti violenti".Un'indicazione e un indirizzo operativo che, soprattutto per motivi politici, non sempre sono stati seguiti, con conseguenze tragiche come anche il nostro Paese ha sperimentato durante quelli che sono stati definiti gli "anni di piombo".Un'indicazione e un indirizzo operativo che si sarebbero rivelati molto efficaci anche contro la mafia, per certi versi più penetrabile e meno misteriosa delle organizzazioni terroristiche.A differenza, però, degli esponenti delle Brigate Rosse che producevano documenti a getto continuo, della mafia al massimo sono stati trovati qualche decina di "pizzini" e alcuni libri mastri con i nomi di commercianti, artigiani, professionisti, imprenditori e le quote che erano costretti a versare.Una pratica durata anni, sperimentata in America, dove era stata esportata proprio dalla mafia sull'onda del flusso migratorio di fine '800, tornata in Italia dove è diventata sistema diffuso.Nei primi anni del '900, in America, operava un'organizzazione criminale denominata Mano Nera che faceva capo a Giuseppe Morello, di Corleone. Era specializzata nell'esercizio delle estorsioni in danno dei commercianti, sollecitati a versare una somma periodica con una lettera che portava come firma lo stampo annerito di una mano."Mi sono imbattuto in Giuseppe Morello leggendo Gangs di New York, il libro di Herbert Asbury datato 1928 che ha ispirato anche Martin Scorsese – racconta Mike Dash – Asbury dedica al mafioso italiano due paragrafi: abbastanza da incuriosirmi. Ho così scoperto che nessuno storico aveva ricostruito la vera storia di quel primo criminale, mentre la generazione successiva, quella di Al Capone e della strage di San Valentino, per intenderci, è studiata nei minimi particolari".Nasce così la ricerca di Mike Dash,"C'era una volta la mafia - Storia mai raccontata della nascita di Cosa Nostra", 332 pagine, Newton Compton editori, Roma 2010. La mafia, scrive Dash, " aveva attecchito e preso forma in una terra di rara bellezza, creando miseria e spesso violenza, introducendo poco a poco i suoi metodi nel tessuto sociale dell'isola, fino a esercitare un'influenza perniciosa e corruttrice su molti aspetti della vita siciliana. Per quasi un secolo, fu la più ricca e famosa organizzazione criminale al mondo. Fondamentalmente, però, rimaneva lacerata da profonde contraddizioni." E fin qui niente di nuovo. Il merito dello storico inglese Mike Dash consiste nel raccontare la nascita della mafia italiana negli Stati Uniti dal 1890 al 1920: a cominciare dalla prima cosca guidata appunto da Morello, in America, e da don Vito Cascio Ferro, in Sicilia. Avevano preso di mira esclusivamente i compatrioti, forti del terrore che i siciliani nutrivano verso i poliziotti di New York, quasi tutti irlandesi, abituati a non distinguere fra vittime e malfattori, quando si trattava di italiani.Attingendo a documenti inediti, minuziosamente elencati nelle 40 pagine di note che completano il libro, Dash ha ricostruito l'intera trama "familiare" della banda Morello, una trentina di persone, tutte arrivate dalla Sicilia con precedenti penali, fra le quali anche Tommaso Petto detto ‘the Ox’, il bue, uno dei più feroci killer dell'epoca.Dash racconta Cosa Nostra e anche del primo "pentito" che costò la condanna di Morello.William Flynn, capo della sezione di New York dei servizi segreti dal 1901 al 1917, salvo una breve interruzione, ebbe l'accortezza di agganciare Antonio Comito, uomo del capo mafioso e di convincerlo a "collaborare". La mafia di oggi è figlia e continuazione di quella di ieri. I rapporti fra le "famiglie" sono ripresi da tempo. Ma per capire il funzionamento della filiera che si estende dalla Sicilia agli Stati Uniti bisogna comunque ricominciare da allora, perché tutto è cambiato e tutto è rimasto come prima.



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