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GNOSIS 2/2010
LA STORIA

FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE

Un ‘monsignore’ fra codici e segreti


di Alain Charbonnier


Foto da www.foto-blog.it

Il bisogno di segretezza ha indotto soprattutto i governi e le grandi istituzioni, pubbliche o private, a creare uffici di comunicazioni con il compito di trasmettere messaggi e di impedire che siano letti da persone diverse dai destinatari. Veri e propri "uffici cifra" che utilizzano, quando non escogitano in proprio, sistemi di scrittura segreta.Fra le grandi istituzioni c'è anche il Vaticano che ancora oggi si serve di chiavi cifranti inventate da un personaggio conosciuto nella storia dell'intelligence, ma ignoto al grande pubblico: Monsignor Francesco Capaccini, romano, per anni segretario del Dipartimento crittografico del Vaticano. Inventore di sistemi di cifratura, il monsignore creò anche la rete dei corrieri speciali, detti popolarmente "messaggeri di Dio".




Nelle stanze vaticane, dove il segreto si fa più segreto, in una fredda giornata di fine inverno del 1829, il Papa Pio VIII, al secolo Francesco Saverio Castiglioni, cagionevole di salute, ma di carattere determinato, convocò il cardinale Bartolomeo Pacca, coordinatore del servizio d'informazione dello Stato della Chiesa.
"Quel nostro monsignore che abbiamo alla nunziatura d'Olanda, Francesco Capaccini, mi preoccupa un po'. Certi suoi metodi mi sembrano un po' troppo spregiudicati per un diplomatico. Veda lei di tenerlo a briglia".
Il navigato cardinale, che sotto Napoleone aveva soggiornato qualche tempo come prigioniero nell'inospitale fortezza di Fenestrelle, sospirò sommessamente e sussurrò: "Santità, monsignor Capaccini ha contribuito a negoziare il concordato con la Corte d'Olanda, dove la sua opera è molto apprezzata. In quelle terre è un prezioso difensore della fede e della Chiesa. Lasciamolo lavorare. È grano di buona radice."
Il Papa aggrottò le ciglia e assentì gravemente: la fede e la Chiesa prima di tutto. E poi quel monsignore romanaccio aveva inventato uno dei migliori sistemi di cifratura che consentiva viaggi sicuri ai messaggi da e per Roma. Sì, per il bene della Chiesa era meglio lasciarlo lavorare.
Passarono le settimane e nella tarda estate dall'Olanda arrivò in Vaticano un messaggio segretissimo, inviato da Monsignor Capaccini. Appena messo in chiaro, il Cardinal Pacca si fece ricevere dal Segretario di Stato, Cardinale Giuseppe Albani.
"Risulta – diceva il messaggio – che una cospirazione sovversiva è stata organizzata a Spa. I cospiratori viaggeranno separati fino al porto di Livorno. Come pellegrini entreranno nello Stato della Chiesa per fare opera di sovversione e fomentare moti rivoluzionari" (1) . Non c'era tempo da perdere.
Fra ottobre e dicembre del 1829 agenti al servizio del Vaticano entrarono in contatto con i cospiratori e i soldati pontifici ne arrestarono quattordici. Identificati e processati, i capi furono impiccati.
Uomo della diplomazia, Monsignor Capaccini coltivava l'arte del segreto e la passione di inventare "chiavi" per rendere illegibili i messaggi. Del resto, comunicare notizie riservate senza che ne vengano a conoscenza persone diverse dai destinatari è problema di antica data. Appena inventati i primordiali sistemi di crittografia, ebbe inizio la corsa alla decrittazione.
Da allora non si è più fermata la gara fra chi cifra e chi decifra.
Per migliaia di anni faraoni, re, condottieri, grandi mercanti e banchieri hanno avuto bisogno di comunicazioni efficienti e sufficientemente riservate per la sicurezza dei governi, delle armate e degli affari. Nell'arte della crittografia si cimentarono Giulio Cesare e Leon Battista Alberti, lo scienziato e filosofo Gerolamo Cardano e il diplomatico Blaise de Vigenère che nel suo Traicté des Chiffres ou Secrètes Manières d'Ecrire descrive il primo metodo di cifratura non banalmente accessibile.
Dovranno passare oltre tre secoli, prima di arrivare ai sistemi di cifratura automatica di Enigma e al suo antagonista, il calcolatore Colossus, installato a Betlechey Park. Poi verrà l'elettronica e il digitale e cambieranno i sistemi di comunicazione segreta.
L'uso di scritture segrete, codici e cifrari è stato spesso associato alla divinazione, alla magia e considerato a livello di arti diaboliche.
La credenza popolare non impensierì più di tanto i Papi e le sacre stanze, che di comunicazioni riservate hanno sempre avuto bisogno.
Ma le chiavi cifranti che il Vaticano ha usato per anni, qualcuna è addirittura utilizzata ancora oggi, sono proprio quelle che il monsignore "romano de Roma" aveva inventato nella prima metà dell'’800.
Francesco Capaccini, ordinato sacerdote a 23 anni, fu destinato alla Segreteria di Stato e divenne uno dei più stretti collaboratori del Cardinal Consalvi. Dopo l'episodio di Spa, il Papa si rese conto dell'importanza di una rete d'informazione efficiente. Monsignor Capaccini e il Nunzio a Monaco di Baviera e Vienna, Monsignor Saverio De Luca, sostennero la creazione di un corpo diplomatico che raccogliesse informazioni segrete e soprattutto di un sistema di comunicazione a prova di intrusioni.
Tanto per fare un esempio, tutte le lettere fra il Segretario di Stato Cardinale Consalvi e il suo ambasciatore, nel corso dei negoziati per il concordato con Parigi, furono regolarmente intercettate, e lette. Ancora, durante le guerre napoleoniche, l'intelligence di Bonaparte, diretta da Joseph Fouché aveva come priorità la corrispondenza diretta al Papa. E così gli austriaci durante il Congresso di Vienna. La Spagna, e il Piemonte nel suo piccolo, non erano da meno.
Proprio nel 1829 monsignor Capaccini cominciò a dedicarsi a un sistema di codificazione inattaccabile. Chiamato a Roma, spiegò al Papa come aveva cifrato il messaggio inviato da Spa.
"La cifratura – spiegò Capaccini – cambia le parti che compongono le parole, mentre il codice rappresenta il linguaggio segreto. Ogni parola del messaggio originale deve averne una equivalente nel messaggio del codice utilizzato".
Affinché il sistema funzioni, chi invia il messaggio e chi lo riceve deve essere in possesso dello stesso libro dei codici.
C'era un sistema più semplice, "l'alfabeto traslato" da utilizzare per i messaggi ordinari, uno più complesso per i messaggi speciali.
Nominato sostituto della Segreteria di Stato e segretario del Dipartimento crittografico, monsignor Capaccini ebbe accesso a tutti i libri e ai manoscritti specializzati in materia e cominciò ad applicare i sistemi di cifratura già impiegati nel Medio Evo. Dopo aver cifrato messaggi con chiavi da lui inventate, si dedicava poi a romperle per verificarne la tenuta.
Una di queste analisi delle frequenze era costituita da un tipo di cifratura che un secolo dopo sarebbe stato conosciuta come "omofonica" (2) . Capaccini aveva scoperto i primi cenni sul sistema in un manoscritto del 1401, conservato nella biblioteca Vaticana.
Un'altra trovata di Capaccini fu l'introduzione dei caratteri nulli nell'alfabeto cifrato. Si tratta di simboli semplici che, utilizzati nella codifica del messaggio, non hanno però una lettera corrispondente nell'alfabeto in chiaro né un significato.
In sostanza, si sostituisce ogni lettera dell'alfabeto chiaro con un numero fra 1 e 99, lasciando però senza significato 73 numeri, disposti poi casualmente nel testo cifrato, con frequenza variabile. I caratteri nulli non rappresentano un problema per il destinatario del messaggio, perché ha la chiave per riconoscerli. Il decrittatore, invece, si trova in difficoltà perché la decifratura si basa sull'analisi della frequenza che così risulta del tutto falsata.
Ancora a monsignor Capaccini viene attribuita la rete dei messaggeri segreti, ribattezzati dalla fantasia popolare "messaggeri di Dio": semplici credenti, ma anche professionisti, commercianti, banchieri (3) .
Primo responsabile del Dipartimento Crittografico del Vaticano, monsignor Capaccini ricoprì l'incarico fino all'11 luglio 1836, ma fino alla sua morte, nel 1845, fece parte dei consiglieri papali per la sicurezza delle comunicazioni.


(1) M. Nijhoff, Lettres de Francesco Capaccini, agent diplomatique et internonce du Saint Siège au Royaume Uni des Pays Bas, Amsterdam 1983.
(2) Simon Singh, Codici & Segreti, BUR, Milano, 2001.
(3) D. Alvarez, The professionalization of the Papal Diplomatic Service, in Catholic Historical Review 1989, n. 72.

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