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GNOSIS 4/2008
Il 'pacchetto sicurezza'




La sicurezza interna è attualmente oggetto di un complesso intervento legislativo, il c.d. ‘pacchetto sicurezza’, costituito da norme già approvate con le leggi del 24 luglio 2008 n.125 e del 28 novembre 2008 n.186 e da altre contenute nel disegno di legge 733/2008, tuttora all’esame del Parlamento.
Con esso si intende modificare, talvolta anche in maniera radicale, gran parte della disciplina apprestando ‘un quadro normativo più efficiente per contrastare fenomeni di illegalità diffusa, collegati all’immigrazione illegale e alla criminalità organizzata, nonché norme dirette a tutelare la sicurezza della circolazione stradale’.
Proponiamo di seguito due contributi: il primo vuole essere un sorta di ‘decalogo’ di facile lettura dell’intervento nel suo insieme; il secondo, invece, analizza, più nello specifico, i delicati e complessi risvolti tecnico-giuridici in materia di espulsione e di allontanamento degli stranieri.




UN DECALOGO DI LETTURA

di Natale ARGIRO'


Il quadro normativo che si sta via via componendo a seguito dell’approvazione della legge 125/2008 e successive modificazioni, contiene importanti novità che si possono riassumere nei seguenti 10 punti.
1) Allontanamento giudiziario dal territorio nazionale degli stranieri comunitari responsabili di gravi delitti.
2) Circostanze aggravanti del reato: stato di clandestinità, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e delitti commessi nei confronti di un ufficiale o agente di p.g. o di p.s. in servizio o a causa di esso.
3) Misure più severe per il contrasto alla criminalità organizzata estese anche a quella straniera.
4) Ampliamento dei poteri della magistratura per i reati che creano particolare allarme sociale.
5) Disposizioni rigorose per velocizzare il processo penale e per assicurare certezza alla pena.
6) Aumento delle competenze dei sindaci nel campo della sicurezza urbana e nuovi poteri alla polizia municipale.
7) Controllo del territorio con il concorso delle Forze Armate.
8) Incremento delle sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
9) Revisione della normativa in materia di incidenti stradali e di infortuni sul lavoro.
10) Inasprimento delle pene in caso di rifiuto dell’accertamento relativo allo stato di ebbrezza e di quelle previste nei confronti dei pirati della strada.

1. Allontanamento giudiziario dal territorio nazionale degli stranieri comunitari responsabili di gravi delitti
I provvedimenti per il contrasto dell’immigrazione illegale da parte dello Stato, da adottarsi nei confronti dello straniero che non appartenga ad uno dei Paesi dell’Unione europea, sono regolati dal T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero attraverso gli istituti preordinati del respingimento e dell’espulsione, sia quest’ultima di natura amministrativa che giudiziaria.
L’espulsione amministrativa (1) è adottata per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato dal Ministro dell’Interno, ovvero dal prefetto quando lo straniero sia entrato nel territorio dello Stato clandestinamente (quindi non sottoposto al respingimento), o non abbia chiesto il permesso di soggiorno nei termini consentiti dalla legge, ovvero non lo abbia rinnovato quando scaduto, o non abbia ottenuto il rinnovo, o perché è intervenuta la revoca o l’annullamento del permesso medesimo. Il provvedimento è, altresì, adottato dal prefetto se lo straniero sia ritenuto pericoloso per la sicurezza o pubblica moralità, ovvero quando sia sospettato di appartenere ad un’associazione mafiosa o camorristica.
Quella giudiziaria può essere adottata dal giudice, “fuori dei casi previsti dal codice penale”, come misura di sicurezza [ (2) , quando lo straniero sia condannato per taluno dei delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza (3) , sempre che risulti socialmente pericoloso, nonché a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione (4) per un periodo non inferiore a cinque anni, ovvero quando lo stesso giudice decida di condannare lo straniero per un reato non colposo ad una pena detentiva non inferiore a due anni e non ricorrano le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena. In questa sede va, altresì, ricordato che la misura di sicurezza dell’espulsione è applicabile anche quando lo straniero extracomunitario sia stato condannato per reati in materia di sostanze stupefacenti (5) .
L’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino comunitario (6) , invece, è disposto in via amministrativa dal Ministro dell’Interno (7) , per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ma anche nel caso di minori o di soggiornanti da più di 10 anni quando ricorrano motivi di sicurezza dello Stato e imperativi di pubblica sicurezza. Il provvedimento può essere adottato dal prefetto allorchè lo straniero risulti pericoloso per la pubblica sicurezza (8) o, anche se non ritenuto soggetto pericoloso, quando vengano a mancare i requisiti per beneficiare del permesso di soggiorno (9) .
In materia di allontanamento dello straniero dal territorio nazionale per la sicurezza interna dello Stato, occorre ricordare anche le disposizioni dettate per il contrasto del terrorismo internazionale (10) , e in particolare la nuova ipotesi di espulsione amministrativa dello straniero da parte del Ministro dell’Interno (11) o, su sua delega, da parte del prefetto, quando lo stesso ponga in essere atti preparatori, obbiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, o alla commissione dei reati con finalità di terrorismo, anche internazionale, oppure alla ricostruzione del partito fascista. L’allontanamento è, altresì, disposto quando lo straniero sia stato condannato per taluni delitti concernenti le armi, ovvero che lo stesso abbia fatto parte di associazioni politiche disciolte (12) .
Ora, con la nuova legge, si prevede una ridisciplina dell’espulsione giudiziaria (13) dello straniero e vengono apportate alle norme preesistenti sensibili modificazioni, come quelle di aver affiancato alla misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero extracomunitario quella dell’allontanamento dallo Stato dello straniero comunitario, e di aver elevato decisamente le sanzioni in esse previste. In particolare, si è stabilito che il giudice ordini dette misure in presenza di una condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni (in precedenza il tempo era non inferiore a dieci anni) ovvero ad una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti previsti in materia di misure amministrative di sicurezza. è chiaro, quindi, che anche in base al nuovo disposto normativo la misura va adottata con provvedimento giurisdizionale, e che, trattandosi di una misura di sicurezza personale, la sua applicazione non va considerata automatica, bensì essa deve essere sempre e comunque subordinata al previo accertamento della pericolosità del condannato.

2. Circostanze aggravanti del reato: stato di clandestinità, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e delitti commessi nei confronti di un ufficiale o agente di p.g. o di p.s. in servizio o a causa di esso.
Attualmente lo status di clandestino è stato previsto dalla novella come una circostanza aggravante comune del reato commesso (14) , ma l’orientamento del Governo, come si può rilevare dalle disposizioni inserite nel ddl 733/2008, sarebbe quello di prevedere l’ipotesi di ingresso illegale nel territorio dello Stato come autonoma figura di reato.
La nuova disciplina, inoltre, modificando le preesistenti disposizioni relative al favoreggiamento dello stato di clandestinità dello straniero (15) , prevede un’aggravante speciale, con pena aumentata da un terzo alla metà, quando due o più persone , al fine di trarre un ingiusto profitto da tale status ne favoriscono la permanenza nel territorio dello Stato, ovvero quando anche una sola persona favorisce la permanenza di cinque o più clandestini nel territorio dello Stato.
Di notevole importanza appare, poi, la nuova disposizione anti-clandestini, con la previsione della reclusione da sei mesi a tre anni, per chi a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio, ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione. La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti comporta la confisca dell’immobile, salvo che lo stesso appartenga a persona estranea al reato. La novella stabilisce, infine, che le somme di denaro eventualmente ricavate dalla vendita dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina.
Inoltre, al fine di accelerare l’esecuzione dell’espulsione del clandestino sottoposto a procedimento penale viene ridotto da 15 a 7 giorni (16) il periodo di tempo entro il quale l’A.G. deve comunicare al Questore, che ne abbia fatto richiesta, la eventuale cessazione delle esigenze processuali, e pertanto, in mancanza della comunicazione entro tale termine, il Questore potrà eseguire concretamente l’espulsione.
La normativa anti-clandestini sarà probabilmente arricchita, poi, dalle nuove disposizioni dettate dal disegno di legge per contrastare i c.d. matrimoni di comodo, e da quelle previste in materia di cittadinanza italiana con la revisione degli attuali termini. E, ancora, dette disposizioni dovrebbero introdurre una nuova circostanza aggravante comune del reato, quando il fatto è commesso profittando di circostanze di tempo e di luogo o dell’età avanzata di una persona, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Si prevede, invece, un aggravante speciale quando il fatto sia stato commesso nei confronti di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale.
Per tentare di arginare il triste fenomeno del “caporalato” e dell’impiego dei clandestini nel campo lavorativo, la nuova legge stabilisce, ancora, che l’ipotesi (17) in cui il datore di lavoro occupi alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto e non sia stato richiesto il rinnovo nei termini di legge, o che sia stato revocato o annullato, non costituisce più semplice contravvenzione, ma è elevata a rango di delitto, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.
E sempre nel quadro della strategia di contrasto all’immigrazione clandestina si prevede ora l’arresto in flagranza (18) per chi, con lo scopo di eludere l’identificazione (19) , fornisce al pubblico ufficiale false generalità o attesta falsamente lo stato o altre qualità proprie o di altri, ovvero altera fraudolentemente (20) parti del proprio corpo o altrui (ad esempio abradendo le impronte digitali). Per i casi di false dichiarazioni che non rientrano nelle ipotesi precedenti è comminata, invece, la pena della reclusione da uno a cinque anni (21) , mentre non è stata modificata l’attuale previsione normativa di chi fornisce semplicemente false dichiarazioni (22) .
La novella legislativa cambia anche il nome delle strutture di accoglienza degli immigrati, già definite Centro di Permanenza Temporanea ovvero Centro di Permanenza Temporanea ed Assistenza, in Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) e certamente non si tratta soltanto di una questione terminologica. Le nuove strutture, il cui approntamento è stato preannunciato dallo stesso Ministro Maroni (23) , sorgeranno probabilmente in caserme o altri edifici pubblici dismessi e verranno potenziati di numero soprattutto in vista non solo dello scontato aumento dei casi di trattenimento, ma anche tenendo conto della previsione del ddl 733/2008 circa l’allungamento del periodo di trattenimento che, in ogni caso, non dovrebbe superare i diciotto mesi.
Per l’ampliamento ed il miglioramento della disponibilità ricettiva degli attuali CIE, in attuazione della normativa europea in materia, e per la costruzione di nuove e più moderne strutture, è stata prevista un’apposita autorizzazione di spesa per l’anno in corso e per i prossimi anni (24) .
Sul piano processuale, con il dichiarato scopo di evitare il c.d. affossamento dei relativi procedimenti penali, la riforma statuisce che, nella formazione dei ruoli di udienza, sia assicurata la priorità assoluta ad alcuni reati ritenuti particolarmente allarmanti e, fra questi sono compresi anche i delitti relativi alla disciplina dell’immigrazione e alla condizione dello straniero.
La stessa riforma, poi, non poteva non recepire le istanze più volte manifestate dai tutori dell’ordine pubblico per ottenere una maggiore tutela giuridica al servizio da essi prestato e così ha introdotto una circostanza aggravante speciale al reato di omicidio doloso (25) per chi cagioni la morte di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza (compresi quindi anche i militari che concorrono con le Forze di Polizia al controllo del territorio), nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio (quindi, anche in un tempo successivo). Tale circostanza rileva anche nei casi di lesioni personali volontarie e omicidio preterintenzionale (26) (ora anche per un solo giorno di lesione si procede d’ufficio), mentre non riguarda le fattispecie colpose (per le quali si procede sempre a querela di parte).

3. Misure più severe per il contrasto alla criminalità organizzata estese anche a quella straniera
In tema di criminalità organizzata la legge 125/2008 non poteva non intervenire, con sostanziali modifiche del previgente disposto normativo e con un sensibile incremento delle pene previste, sull’istituto dell’associazione di tipo mafioso (27) . Così per la sola partecipazione all’associazione si passa dalla precedente sanzione (dai cinque ai dieci anni) all’attuale previsione dai sette ai dodici anni di reclusione, mentre per coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione la nuova disciplina normativa stabilisce un aumento della pena edittale prevista (dai sette ai dodici anni) a quella attuale che comporta la reclusione dai nove ai quattordici anni; in caso di associazione armata la pena che era comminata per il partecipante (dai sette ai quindici anni) diventa quella della reclusione dai nove ai quindici anni e, infine, si passa (dai dieci ai ventiquattro anni) agli attuali dai dodici ai ventiquattro anni di reclusione per chi promuove, dirige o organizza l’associazione medesima.
E il vigente quadro normativo potrebbe essere ulteriormente arricchito da nuove e più rigorose disposizioni per la lotta alla mafia, previste dal più volte ripetuto disegno di legge in materia di trasferimento di danaro e di custodia dei beni sequestrati ai mafiosi.
Comunque, sicuramente l’innovazione dell’istituto in esame più importante è da ritenere sia quella di aver esteso l’applicazione di dette sanzioni, al pari della camorra e di altre associazioni comunque localmente denominate, anche a quelle straniere che pur valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo, perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
Non siamo ancora di fronte ad un’autonoma figura di reato per la lotta alla criminalità organizzata transnazionale (28) , che pur rappresenta ormai uno degli obbiettivi primari della strategia dell’U.E. per la creazione e il mantenimento di uno spazio di sicurezza, di libertà e di giustizia, ma certamente è un significativo passo in avanti che questo Governo ha inteso fare nella lotta alle nuove mafie, specialmente nei confronti di quelle che più affliggono il nostro Paese, vale a dire quella russa, cinese, nigeriana, albanese e per ultima, ma non per questo meno importante delle altre, quella romena.
Per il rafforzamento dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata:
- si è incrementato il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso ed è stata prevista la possibilità da parte del Ministro dell’Interno di destinare al Fondo una quota del contributo devoluto annualmente al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto (29) ;
- sono state dettate nuove e più restrittive disposizioni relative ai divieti di accesso al predetto Fondo e alla gestione delle domande (30) ;
- sono stati esclusi dai benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata il coniuge, affine o convivente di quei soggetti comunque legati a tali “ambienti” e, in ogni caso, il beneficiario dovrà risultare del tutto estraneo ad essi, ovvero, al tempo dell’evento, già dagli stessi dissociato (31) .
Per finire, tra le misure adottate per la prevenzione e repressione dei reati, vanno, altresì, citate la razionalizzazione dell’attuale disciplina sulle indennità spettanti ai magistrati onorari (32) e quelle relative alla conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico fino al 31 marzo 2009 (33) .

4. Ampliamento dei poteri della magistratura per i reati che creano particolare allarme sociale
Quanto alle competenze del giudice (34) , la novella amplia i casi, ai delitti con finalità di terrorismo e ad altri reati che pure di recente hanno creato un certo allarme sociale (come quelli in materia di prostituzione minorile e di pornografia, nonché quelli che si consumano nel settore informatico) nei quali il Procuratore generale presso la Corte d’Appello, su richiesta del Procuratore distrettuale, può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di P.M. per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica presso il giudice competente.
Vengono altresì ampliate ai procedimenti per delitti con finalità di terrorismo le funzioni di giudice per le indagini preliminari (35) esercitate da un magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, mentre si prevede che quest’ultimo per gli altri reati (quelli che comunque hanno procurato un certo allarme sociale) eserciti le funzioni di GIP e di GUP.
Anche i poteri di coordinamento del Procuratore nazionale antimafia (36) sono ampliati, in particolare al campo dei procedimenti di prevenzione e sono varate nuove misure, sostituendo alcune fra quelle preesistenti (37) , nella lotta alla criminalità, come l’attribuzione al Procuratore della Repubblica e al Direttore della Direzione Investigativa Antimafia del potere di proporre l’adozione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.
E il ddl 733/2008 dovrebbe completare la disciplina in materia di misure di prevenzione con la previsione che il Tribunale, con l’applicazione di tali misure, dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza o che siano sproporzionati al proprio reddito (dichiarato).
La nuova disciplina prevede, poi, che l’Autorità giudiziaria proceda, anche su richiesta dell’organo accertatore e fatta salva la conservazione di elementi utili a fini probatori, alla distruzione delle cose sottoposte a sequestro nel corso di un procedimento penale, delle quali sono vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione e la commercializzazione quando le cose sono di difficile custodia, quando la custodia è particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l’igiene pubblica, e, infine, quando la violazione dei citati divieti risulti evidente anche in seguito ad eventuali accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dal P.M..
Addirittura la polizia giudiziaria, nei casi di sequestro nei procedimenti a carico di ignoti, decorsi 3 mesi dalla data del sequestro può adesso procedere alla distruzione delle merci contraffatte previa comunicazione all’A.G..
La riforma tende, così, a liberare il processo, pur nel rispetto delle garanzie di difesa dell’indagato, da quelle obbiettive e concrete difficoltà legate alla custodia e alla conservazione dei reperti in sequestro (si pensi a tutto il materiale posto in vendita da ambulanti stranieri), nonché dagli oneri economici che sono spesso molto ingenti e che raramente vengono recuperati dall’Erario.

5. Disposizioni più rigorose per velocizzare il processo penale e per assicurare certezza alla pena
La legge 125/2008 opera un’importante riforma anche nel campo dei riti alternativi; infatti con le nuove norme è stabilito che, quando l’arresto è stato già convalidato, il P.M. procede al giudizio direttissimo (38) presentando l’imputato in udienza non oltre il trentesimo giorno dall’arresto, salvo che ciò pregiudichi le indagini; allo stesso modo si procede quando l’indagato abbia reso confessione nel corso dell’interrogatorio.
Appare, quindi, chiaro come la nuova disciplina tenda a dare celerità al giudizio attraverso l’istituto del rito direttissimo, quando le esigenze investigative e processuali sono ridotte al minimo, fino quasi a ipotizzarlo come prassi ordinaria, con l’eliminazione, in capo al P.M. dei previgenti margini di discrezionalità, sempre che questi non abbia, però, ulteriori necessità di indagini.
Inoltre, quando la prova appare evidente, sempre che ricorrano gli altri presupposti normativi, la riforma ha, altresì, trasformato la facoltà che aveva il P.M. nell’obbligo di richiedere il giudizio immediato (39) , con l’innovazione di poterlo richiedere anche oltre i 90 giorni prescritti dall’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro e comunque entro 180 giorni dall’esecuzione della misura relativa, reato per il quale l’indagato si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini. In tali casi, è bene ricordare che il giudice deve rigettare la richiesta se l’ordinanza che dispone la custodia cautelare è stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (40) .
Queste disposizioni, che tendono a velocizzare il processo penale, probabilmente sono state dettate anche dalla necessità di contenere, per quanto possibile, i casi sempre più frequenti delle c.d. scarcerazioni facili per decorrenza dei termini cautelari.
La suddetta richiesta è formulata dopo la definizione del procedimento di riesame dell’ordinanza con la quale è stata disposta la misura cautelare (41) , ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame.
La novella prevede, inoltre, perentorie abrogazioni delle norme relative alle decisioni in camera di consiglio (42) e del dibattimento in appello (43) allo scopo, abbastanza evidente, di voler sopprimere il c.d. patteggiamento in appello che, secondo parte della Dottrina, aveva provocato un abnorme ridimensionamento dell’interesse degli imputati a chiedere l’applicazione di quell’istituto in primo grado.
Nuove e più rigorose misure, tendenti anche a dare concretezza al principio della certezza della pena, sono state poi previste in relazione alla possibilità di concessione della sospensione della condanna (44) e delle attenuanti generiche (45) .
Infatti, la sospensione della condanna non può essere più disposta in tutti i casi in cui vengano commessi quei reati che specialmente negli ultimi anni hanno creato particolare paura e insicurezza in larga parte della popolazione (incendio boschivo, furto e furto aggravato quando ricorrano almeno due circostanze, furto in abitazione, furto con strappo, reati commessi con l’aggravante dello stato di clandestinità) e, per quanto concerne la concessione di attenuanti generiche, è stabilito che l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione del beneficio della diminuzione della pena.
Nel quadro della filosofia innovativa in materia di celerità del processo e certezza della pena, la riforma, sostituendo la precedente normativa (46) , ha introdotto nuove norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, destinate ad assicurare la priorità assoluta ai processi che maggiormente incidono sulla sicurezza nazionale, come quelli in materia di criminalità organizzata, di terrorismo e di immigrazione. Godono, altresì, della stessa precedenza i reati relativi alla circolazione stradale e agli infortuni sul lavoro, nonchè quelli a carico di persone imputate per delitti particolarmente gravi (la cui pena sia superiore nel massimo a quattro anni), o che siano sottoposti ad arresto o fermo, ovvero a misura cautelare personale, oppure ai quali è contestata la recidiva. Ovviamente, è data priorità assoluta anche ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato.
Le nuove disposizioni affidano, inoltre, ai dirigenti degli uffici giudicanti e non più al giudice l’obbligo di adottare i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

6. Ampliamento delle competenze dei sindaci nel campo della sicurezza urbana e nuovi poteri alla polizia municipale
Coerentemente con l’intervento normativo sono state aumentate le competenze del sindaco (47) in qualità di ufficiale del Governo e infatti, alle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria (48) (ufficiale di p.g. nei comuni ove non abbia sede un ufficio della Polizia di Stato ovvero un comando dell’Arma dei Carabinieri o del Corpo della Guardia di Finanza), sono state affiancate quelle di vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico.
Inoltre, ora il sindaco, quale ufficiale del Governo, potrà adottare, con atto motivato, provvedimenti urgenti al fine di prevenire gravi pericoli per la pubblica incolumità e per la sicurezza urbana, termine quest’ultimo che è apparso alla Dottrina troppo generico, tanto da far immaginare, a prima vista, una competenza esageratamente vasta. In realtà, si deve ritenere, invece, che per sicurezza urbana si è voluto probabilmente intendere solo un particolare aspetto del più ampio concetto di sicurezza pubblica (come per la sicurezza della circolazione), e cioè quello limitato a certi comportamenti locali che incidono sul quieto vivere della popolazione di un comune.
In tale ottica si inquadrano anche le nuove misure sanzionatorie previste dal ddl 733/2008 in materia di decoro urbano, in particolare nei confronti di chi si rende responsabile di atti di deturpazione o danneggiamento di immobili e di occupazione indebita del suolo pubblico.
In ogni caso, tutti i provvedimenti adottati dal sindaco come ufficiale del Governo debbono avere carattere di straordinarietà e debbono comunque essere preventivamente comunicati al Prefetto il quale ha facoltà di disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento delle nuove attribuzioni.
Infine, le nuove norme impongono al sindaco di segnalare alle competenti Autorità, sia giudiziaria che di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero (clandestinità) o dello stesso cittadino comunitario, nei casi espressamente previsti dalle norme in materia, per l’eventuale adozione dei provvedimenti rispettivamente di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.
Nuove norme sono, poi, dettate dal disegno di legge in materia di iscrizione anagrafica che viene subordinata alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza. Per la tutela dei minori, lo stesso disegno di legge affronta anche il grave problema del loro impiego nell’accattonaggio, introducendo un’apposita figura di reato per il quale viene punito chiunque, al fine di mendicare, si avvale o consente che altri si avvalgano di un minore degli anni quattordici o comunque di persona non imputabile.
Si prevedono, con le nuove norme, novità anche per la polizia municipale che, nell’espletamento dei compiti d’istituto (49) ad essa attribuiti nel campo della polizia giudiziaria, della polizia stradale e della pubblica sicurezza, potrà contare ora su un maggior coordinamento con la polizia provinciale e gli organi della Polizia di Stato.
La novella concede, inoltre, alla polizia municipale l’accesso al centro elaborazione dati del Ministero dell’Interno, allo schedario dei veicoli rubati e dei documenti di identità rubati o smarriti, nonché alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati o rinnovati.
Allo stesso modo, concede l’accesso ai dati disponibili presso il predetto centro agli ufficiali e agenti di p.g. appartenenti al Corpo delle Capitanerie di Porto, ma limitatamente a quelli correlati alle loro specifiche funzioni.

7. Controllo del territorio con il concorso delle Forze armate
La riforma è intervenuta anche nel campo del controllo territoriale di quelle zone del Paese ritenute particolarmente a rischio, nell’intento di dare man forte alle tradizionali Forze dell’ordine, e soprattutto per liberare queste ultime dai servizi c.d. a rotazione fissa ad obbiettivi a rischio che comportano un grave dispendio di personale, sottratto peraltro alle investigazioni e agli altri compiti d’istituto. In tale ottica è stato definito l’impiego delle Forze armate nei servizi di vigilanza a siti sensibili (come ambasciate, consolati, sedi istituzionali e centri per immigrati), nonché, congiuntamente alle Forze di Polizia, in quelli di perlustrazione e di pattugliamento del territorio.
Il contingente militare, che non può essere superiore a 3.000 unità, è posto a disposizione dei prefetti e può essere impiegato per un periodo di 6 mesi, rinnovabile una sola volta. Ai militari, tranne che non facciano già parte dell’Arma dei Carabinieri, sono attribuite le funzioni di agente di pubblica sicurezza per cui potranno procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto, mentre ove fosse ravvisata la necessità di procedere ad accertamenti di p.g., dovranno accompagnare le persone nei più vicini uffici della polizia o comandi dei carabinieri.
Il primo piano di impiego di 3.000 uomini delle Forze Armate nel controllo del territorio, come previsto espressamente dalla nuova normativa, è stato varato, con il parere favorevole del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, con decreto firmato al “Viminale” dal Ministro dell’Interno Maroni e dal Ministro della Difesa La Russa il 29 luglio 2008.
L’attuazione del piano medesimo ha avuto decorrenza il 4 agosto ed è stata sottoposta al monitoraggio di un Comitato tecnico istituito presso il Ministero dell’Interno, composto dal Capo della Polizia, dal Capo di Stato Maggiore della Difesa e dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, per consentire l’eventuale adeguamento delle modalità operative.
E per un più efficace controllo del territorio soprattutto nelle zone ad alta densità criminale, come quella di “Terra di lavoro” nel casertano, ancorché non ricadenti nelle aree metropolitane o in quelle c.d. densamente popolate, è stato autorizzato (50) , fino al 31 dicembre 2008, l’impiego con le stesse modalità sopra indicate di un contingente non superiore a 500 militari delle Forze armate.

8. Incremento delle sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti
La sicurezza della circolazione stradale è senza dubbio un aspetto rilevante del più ampio concetto giuridico di sicurezza pubblica ed è per questo che la novella non poteva trascurare proprio tale aspetto, specialmente alla luce dei catastrofici bilanci che si fanno alla fine di ogni weekend (51) , sotto il triste titolo giornalistico di “stragi del sabato sera”, vere e proprie stragi, bisogna ammettere, che portano settimanalmente lutti in centinaia di famiglie italiane.
Una delle cause principali di tale fenomeno è sicuramente la guida in stato di ebbrezza sotto l’influenza dell’alcol ovvero di sostanze stupefacenti (52) , pertanto il Governo si è fatto doverosamente carico di intervenire in maniera drastica al fine di far comprendere una volta per tutte ai giovani soprattutto (e anche ai meno giovani) che quando si va a cena fuori o al bar o in una discoteca bisogna bere moderatamente e tralasciare la tentazione di assumere sostanze stupefacenti, non già per il timore di essere controllati dall’operatore di polizia stradale, bensì perché lo stato che ne deriva è quasi sempre causa primaria, diretta ed efficiente per il prodursi di eventi infortunistici, spesso mortali (53) .
Quanto al “pianeta” giovani, anzi giovanissimi, che danno al nostro Paese il non invidiabile primato europeo per i primi contatti con l’alcol (54) , forse è opportuno ricordare che il codice della strada riconosce ai minori di diciotto anni la capacità di essere soggetti attivi della circolazione, e che non tutte le età previste dallo stesso codice per guidare veicoli e condurre animali coincidono con la maggiore età. Infatti, il minorenne che guida un ciclomotore e che è titolare anche di un certificato di abilitazione, non può ritenersi incapace di essere destinatario di procedimenti di applicazione di sanzioni amministrative, anche se poi la contestazione della violazione accertata, oltre che allo stesso, andrà notificata all’esercente o agli esercenti la potestà di genitori. Se il fatto comporta atti che responsabilizzano, come il fermo amministrativo del veicolo, essi sono destinati a chi esercita la potestà genitoriale. Per la contestazione delle violazioni che derivano dalla conduzione di animali e dalla guida di veicoli per i quali non è prevista la patente, valgono i principi generali del codice civile.
In verità la disciplina della guida in stato di ebbrezza, era stata già notevolmente rinnovata (55) da una serie di disposizioni sostanziali dirette a incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione, sia rendendo più attuali le norme relative alla guida sotto l’influenza dell’alcol (56) o di sostanze stupefacenti (57) , che dettando nuove regole al fine di promuovere la consapevolezza dei rischi di incidente stradale in caso di guida in stato di ebbrezza. Le richiamate norme, com’è universalmente noto, stabiliscono che è vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche o in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, ma i precetti così enunciati, pur apparendo chiari nella loro formulazione, fanno comunque sorgere alcuni interrogativi e in particolare:
- cosa deve intendersi per ebbrezza alcolica e, in particolare, quale differenza sussiste tra essa e l’ubriachezza e se possono concorrere entrambe le ipotesi in un medesimo comportamento umano;
- cosa deve intendersi per sostanze stupefacenti;
- a quale tipo di veicolo deve essere connessa la guida sotto l’influenza dello stato di ebbrezza.
Per quanto riguarda la prima domanda, va evidenziato che l’ebbrezza consiste nel semplice annebbiamento delle facoltà mentali, provocato da un’eccessiva quantità di alcolici, che si manifesta in forma di esaltazione o stordimento, tali da produrre un significativo calo dei riflessi. L’ubriachezza (58) , invece, che si fonda su due concetti basilari: deve essere manifesta e deve essere accertata in luogo pubblico o aperto al pubblico, consiste nella temporanea alterazione mentale conseguente ad intossicazione per abuso di alcol (i medici usano il termine “intossicazione esogena acuta”) che si manifesta con il difetto della capacità di coscienza e spesso in forma molesta. Per la Cassazione, la differenza tra l’ebbrezza e l’ubriachezza sta anche nella “intensità dell’alterazione psicofisica, più grave nella seconda per la presenza di un maggiore tasso alcolemico” e, pertanto, comprende in sé e assorbe, dal punto di vista clinico, l’ebbrezza, perché ne costituisce uno stato più avanzato. Per aversi la ubriachezza manifesta, il comportamento in pubblico del soggetto attivo deve denunciare inequivocabilmente tale stato in modo da essere percepita da chiunque, con sintomi del tipo alito fortemente alcoolico, andatura barcollante, pronuncia incerta o balbettante. Si ricorda che per luogo pubblico si intende quello dove ogni persona vi può liberamente transitare e trattenersi, mentre per luogo aperto al pubblico si intende quello dove l’accesso è possibile solo dopo l’espletamento di particolari formalità (es.: pagamento biglietto, esibizione invito, ecc.). Così, non è certamente luogo aperto al pubblico l’autovettura privata e non lo sono solitamente neppure i circoli privati, anche se occorre valutare attentamente caso per caso (es.: quando per capienza è superiore a 100 posti, oppure quando in esso si può entrare subito dopo avere espletato la semplice formalità del tesseramento, allora il circolo è luogo aperto al pubblico). Quanto al reato di ubriachezza manifesta, c’è da dire che pur essendo stato depenalizzato (59) , resta comunque illecito penalmente rilevante se il soggetto attivo ha subito condanne (60) per delitti non colposi contro la vita o l’incolumità delle persone (61) , tanto perché il legislatore ha, evidentemente, ritenuto che l’eccitamento alcolico possa determinare nuove manifestazioni di delittuosa violenza. Si deve inoltre ricordare che l’ubriachezza abituale costituisce circostanza aggravante e che essa di regola non deve essere necessariamente ricavata da precedenti condanne, ma è sufficiente che il giudice accerti attraverso apposite indagini che il soggetto sia dedito al bere.
Infine, quanto all’obbligo della contestazione immediata da parte degli organi di vigilanza stradale, bisogna tener presente che mentre l’ubriachezza è considerata causa di temporanea incapacità e, pertanto, al conducente ubriaco non va contestata la violazione commessa con le normali procedure (essa potrà essere fatta in tempi successivi), l’ebbrezza alcolica, invece, non inficia la capacità di intendere e di volere e perciò, quando è accertata, deve essere subito contestata.
In relazione alle possibili ipotesi di concorso, occorre tenere presente che secondo la Suprema Corte (62) il reato di ubriachezza può concorrere con altri del codice penale (tipicamente quello di molestia o disturbo alle persone (63) e anche con la norma del codice della strada, perché “sono tutelati interessi giuridici diversi”. Infatti, si osserva che mentre il codice penale mira alla prevenzione dell’alcoolismo e alla tutela dell’ordine pubblico, quello stradale, invece, vuole solo garantire la sicurezza della circolazione sulle strade e l’incolumità di chi vi si trova.
In caso di concorso, il contravventore sarà assoggettato alle pene previste per entrambi i reati. Si ricorda, infine, che mentre non può aversi concorso formale (64) è, invece, configurabile la recidiva perché i reati sono della “stessa indole”.
Per quanto concerne il secondo interrogativo, tralasciando le disquisizioni scientifiche in materia, si ritiene di poter intendere come sostanze stupefacenti (divise comunemente in stimolanti, narcotici e allucinogeni) quelle che “per le loro proprietà chimiche e biochimiche, sono in grado di indurre variazioni sul funzionamento dei neurotrasmettitori nel sistema nervoso umano, così da alterare lo stato cosciente in modo euforico o stuporoso”.
Circa la terza questione, appare chiaro che il legislatore, nel disporre il divieto di guidare in stato di ebbrezza, non ha inteso far riferimento ad una particolare categoria di veicoli, bensì ha voluto vietare la guida in tale stato di qualsiasi tipo di veicolo e perciò a nulla rileva se si tratti di veicoli a braccia o a trazione animale, di velocipedi, ciclomotori o motoveicoli, di autoveicoli o filoveicoli, di macchine agricole o di veicoli con caratteristiche atipiche. Quando lo ha ritenuto, invece, ha ben specificato i tipi di veicoli cui la norma deve fare riferimento, come nel caso della guida di quelli per i quali è prevista la revoca della patente allorché il conducente sia sorpreso sotto l’influenza dell’alcol o di sostanze stupefacenti e cioè l’autobus, o un veicolo di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate o complessi di veicoli.
Il divieto in questione, chiaramente, è diretto a prevenire la guida in stato di ebbrezza da parte di chiunque, maggiorenne o minorenne che sia, per limitare le conseguenze dannose che possono derivare dall’uso di alcol o stupefacenti non solo alla salute delle persone singole bensì anche alla sicurezza della collettività.
è forse opportuno ricordare, anche, che la Cassazione (65) ha stabilito che non si applica la sanzione amministrativa della sospensione della patente medesima, se per la conduzione del veicolo non è richiesto il documento di guida, atteso che “non sussiste alcun collegamento diretto tra il mezzo con il quale detto reato è stato commesso e l’abuso dell’autorizzazione amministrativa in conseguenza del quale va applicata la sanzione accessoria”.
La novella, inasprendo le sanzioni previste dalla precedente disciplina normativa, punisce ora chiunque guidi in stato di ebbrezza alcolica, “ove il fatto non costituisca più grave reato”:
a) con l’ammenda da euro 500 a euro 2.000, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l); all’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi;
b) con l’ammenda da euro 800 a euro 3.200 e l’arresto fino a se mesi (e non più fino a tre mesi), qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l): all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno; in questi casi, la nuova disciplina ha stabilito che, non potendo essere affidato al trasgressore, qualora il veicolo non possa essere guidato da altra persona idonea, può essere fatto recuperare e trasportare fino al luogo indicato dall’interessato o fino alla più vicina autorimessa dove è lasciato in consegna al proprietario o al gestore di essa con le normali garanzie per la custodia; le spese per il recupero e il trasporto sono interamente a carico del trasgressore;
c) con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da tre mesi a un anno (e non più l’arresto fino a sei mesi), qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l); all’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a due anni e, pertanto, si procede al sequestro immediato del veicolo.
Alla stessa pena prevista dalla lettera c), è assoggettato, altresì, chiunque guidi in stato di alterazione psicofisica per aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope; anche in questo caso, all’accertamento del reato, cui consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi a un anno, gli organi di polizia stradale procedono al sequestro del veicolo. E per chi guidi nelle suddette condizioni il disegno di legge commina ancora più rigorose sanzioni amministrative accessorie.
Sono state, quindi, confermate anche dalle nuove disposizioni le tre diverse fasce di sanzioni penali, di entità crescente in relazione alla gravità dello stato di ebbrezza alcolica, punendo in modo ancor più pesante chi è sorpreso a circolare con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, ovvero in stato di ebbrezza dovuto a uso di sostanze stupefacenti.
Per la violazione al codice stradale di guida in stato di ebbrezza è tuttora prevista la decurtazione di 10 punti dalla patente di guida, ma per le patenti rilasciate successivamente al 1° ottobre 2003, per ogni singola violazione, essi sono raddoppiati qualora le violazioni siano commesse entro i primi 3 anni dal rilascio.
Non è consentito il pagamento in misura ridotta, pertanto, ”acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al P.M. per iscritto gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione” (66) .
La patente di guida è sempre revocata quando il reato è commesso dal conducente di un autobus o di un veicolo di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t. o di complessi di veicoli, ovvero in caso di recidiva nel biennio; ai fini del ritiro della patente si applicano le attuali disposizioni previste dal codice della strada (67) .
Secondo la vigente normativa, il prefetto ordina al conducente che ha guidato in stato di ebbrezza di sottoporsi ad una visita medica di revisione della patente presso la Commissione medica provinciale entro il termine di 60 giorni. Tale visita, in molte strutture sanitarie, consiste in una serie di esami clinici con visite a distanza di tempo l’una dall’altra, finalizzate alla verifica dell’idoneità fisica alla guida. In tali casi, la validità della patente di guida è corrispondentemente ridotta, nel senso che se il conducente risulta ubriaco abituale la patente può essere sospesa fino a quando egli non abbia compiuto un percorso riabilitativo.
Qualora dagli accertamenti risulti un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a a 1,5 il Prefetto, in via cautelare, dispone la sospensione della patente fino all’esito della visita medica presso la predetta Commissione medica provinciale.
La novella ha stabilito, infine, che, con la sentenza di condanna, ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato (68) a meno che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. In questo caso il veicolo sottoposto a sequestro può essere affidato in custodia al trasgressore, salvo che risulti che abbia commesso in precedenza altre violazioni delle disposizioni di cui trattasi.


9. Revisione della normativa in materia di incidenti stradali o di infortuni sul lavoro
Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le pene di cui alle tre ipotesi a), b) e c) sono raddoppiate e, fatto salvo quanto di nuovo è stato previsto dalla lettera c) è disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato; in ogni caso si applicano le sanzioni accessorie all’accertamento di reati (69) e il ritiro della patente in conseguenza a ipotesi di reato (70) .
Si deve poi ritenere che, siccome la norma non specifica gli esiti che dall’incidente debbono derivare, la disposizione vada estesa anche all’infortunio stradale senza feriti e, quindi, con soli danni materiali ai veicoli.
Il veicolo, salvo che sia stato condotto da persona diversa dal proprietario, è soggetto a sequestro preventivo da parte degli agenti accertatori, mentre successivamente, con la sentenza di condanna, il giudice applicherà la sanzione accessoria del fermo dello stesso per 90 giorni; a tal riguardo va evidenziato che il veicolo sottoposto a sequestro può essere affidato al trasgressore, a meno che non risulti che abbia commesso in precedenza altre violazioni delle disposizioni di cui trattasi.
In tutte le ipotesi richiamate di guida in stato di ebbrezza, il prefetto deve disporre che il conducente si sottoponga a visita medica presso la Commissione medica provinciale entro 60 giorni ai fini della revisione della patente di guida.
Quando, poi, dall’incidente, dovuto a violazioni delle norme stradali o delle norme per la prevenzione infortuni sul lavoro, siano derivate lesioni personali colpose o la morte, le pene previste per il reato di lesioni colpose (71) ovvero per omicidio colposo (72) , peraltro già aggravate con la riforma del 2006 (73) , sono state ulteriormente inasprite dalla novella come segue:
- per il reato di lesioni gravi, si passa (dalla reclusione da tre mesi ad un anno o multa da euro 500 a euro 2.000) alla reclusione da sei mesi a due anni, qualora il fatto sia stato commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, ricadente nella più grave delle tre ipotesi previste e cioè quella di cui alla lettera c);
- per il reato di lesioni gravissime, in presenza della stessa ipotesi, si va (dalla reclusione da uno a tre anni) alla reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni;
- per il reato di omicidio colposo, sempre nel caso si configuri l’ipotesi prevista dalla lettera c), la sanzione penale prevista (da due a cinque anni) è aumentata all’attuale pena della reclusione da tre a dieci anni e si prevede la sanzione amministrativa accessoria (74) della revoca della patente.
Quando sono coinvolte più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo e, in base alle nuove disposizioni, la pena della reclusione non può superare gli anni cinque per lesioni colpose e quindici per l’omicidio colposo.
È forse opportuno ricordare che le sanzioni accessorie conseguenti a reati sono disposte anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Non va dimenticato, inoltre, che gli organi di polizia stradale debbono osservare le direttive del Ministero dell’Interno (75) per l’acquisizione degli elementi utili a motivare l’eventuale accompagnamento del conducente sia presso il più vicino ufficio o comando dove sottoporlo agli accertamenti sul suo presunto stato di ebbrezza alcolica, che presso la competenti strutture sanitarie per accertare l’eventuale presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope. In tale ottica, i predetti Organi di polizia possono sottoporre il conducente ad accertamenti preliminari (qualitativi non invasivi) o a prove, da eseguirsi anche attraverso apparecchi portatili, sempre e comunque nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica del soggetto da esaminare.
Circa le modalità operative relative agli accertamenti di screening, ai quali, è bene ricordare, hanno l’obbligo di sottoporsi tutti i conducenti (non essendo richiesta la percezione di una sintomatologia legata a presunta ebbrezza alcolica) e quanto agli strumenti portatili utilizzabili che, com’è noto, non richiedono l’obbligo della omologazione, si applicano le citate direttive in materia fornite dal Ministero dell’Interno. Forse è bene ricordare che i dati ricavati dall’uso di strumenti portatili non costituiscono fonte di prova, ma che, in caso di esito positivo, essi legittimano il doveroso e successivo accertamento tecnico con l’etilometro (omologato), che oltre a visualizzare i risultati delle misurazioni e dei controlli propri dell’apparecchio, deve anche, a mezzo di apposita stampante, fornire la corrispondente prova documentale (76) .
In caso di incidente stradale, quando sono stati eseguiti sul posto gli accertamenti preliminari dai quali siano derivati esiti positivi, ovvero si abbia comunque motivo di ritenere che il conducente possa essere in condizioni di ebbrezza alcolica, gli agenti di polizia stradale intervenuti hanno facoltà di accompagnare il conducente presso il più vicino ufficio di polizia che dispone delle apparecchiature omologate (etilometro). Tale facoltà è legata, però, alla impossibilità di effettuare gli accertamenti sul posto e di farvi giungere l’apparecchiatura omologata. L’accompagnamento non richiede l’attivazione di procedure di garanzia ai fini della tutela della libertà personale, ma naturalmente va eseguito con tutte le tutele dettate a salvaguardia dell’incolumità fisica e del rispetto della dignità della persona e degli altri trasportati.
Il veicolo viene fatto recuperare ed affidato in un luogo tutelato.
Se i conducenti coinvolti sono sottoposti alle cure mediche, gli accertamenti vengono effettuati, su richiesta degli organi di polizia stradale, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate, o comunque a tali fini equiparate, che rilasciano la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando comunque il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge.
Qualora le risultanze degli accertamenti non siano immediatamente disponibili e se ricorrono fondati motivi di ritenere che il conducente si trovi in stato di ebbrezza, gli organi di polizia stradale possono disporre il ritiro della patente di guida fino all’esito degli accertamenti stessi, ma per un periodo non superiore a 10 giorni; la patente ritirata è depositata presso l’ufficio o il comando da cui dipende l’organo accertatore.



10. Inasprimento delle pene in caso di rifiuto dell’accertamento relativo allo stato di ebbrezza e di quelle previste nei confronti dei pirati della strada
In sintonia con le altre disposizioni introdotte dalla nuova legge, anche nell’ambito della circolazione stradale sono state inasprite le sanzioni, “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, in caso di rifiuto dell’accertamento relativo allo stato di ebbrezza, infatti, in luogo delle previste blande sanzioni amministrative, ora si applica l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da tre mesi a un anno.
è stato, inoltre, previsto che alla condanna per tale reato, consegua, oltre che la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni, anche quella della confisca del veicolo, salvo che appartenga a persona estranea alla violazione; dalla violazione discende, infine, la decurtazione di 10 punti della patente.
Con l’ordinanza con la quale viene disposta la sospensione del documento di guida, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica di revisione della patente presso la Commissione medica provinciale (che deve avvenire nel termine di 60 giorni) e, qualora egli non vi si sottoponga entro tale termine, può essere disposta, in via cautelare, la sospensione della patente stessa fino all’esito della visita medica.
Se il fatto è commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato, la novella dispone l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.
Quanto agli interventi normativi destinati a ridimensionare il fenomeno infortunistico, va in questa sede ricordato quello operato dal legislatore del 2007 (77) che ha introdotto più rigorose regole stradali e nuove norme volte a promuovere la consapevolezza dei rischi di incidenti stradali. In particolare, di aver aggiornato quelle relative all’insegnamento dell’educazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado e di aver introdotto l’obbligo del riferimento all’informazione sui rischi conseguenti all’assunzione di sostanze stupefacenti e psicotrope e di bevande alcoliche (78) . Ed ancora, di aver disposto che i titolari e i gestori di locali ove si svolgono, con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario, spettacoli o altre forme di intrattenimento, congiuntamente all’attività di vendita di bevande alcoliche, ne debbano interrompere la somministrazione dopo le ore 2, assicurandosi che all’uscita del locale sia possibile effettuare, in maniera volontaria da parte dei clienti, una rilevazione del tasso alcolemico. Infine, di aver previsto che detti esercenti debbano esporre all’entrata, all’interno e all’uscita dei locali apposite tabelle che riproducano sia la descrizione dei sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica nell’aria alveolare espirata, che le quantità, espresse in centimetri cubici, delle bevande alcoliche più comuni che determinano il superamento del tasso alcolemico per la guida in stato di ebbrezza, pari a 0,5 grammi per litro (da determinare anche sulla base del peso corporeo).
L’inosservanza delle predette disposizioni comporta la sanzione della chiusura del locale da 7 fino a 30 giorni, secondo la valutazione dell’Autorità competente, nonché, in caso di condanna, la revoca all’iscrizione al REC (condizione essenziale per avere l’autorizzazione amministrativa per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande) (79) ed il divieto di rilascio al condannato di una nuova licenza di polizia (80) .
Per completezza di esposizione, si ritiene di menzionare anche altri riferimenti normativi in materia che impongono ulteriori divieti ai gestori dei locali:
- il divieto di somministrazione di bevande alcoliche a minori o a infermi di mente (81) , che tende a tutelare coloro che non sono, di regola, in grado di valutare le conseguenze dell’assunzione di alcol; peraltro si ricorda che non è rilevante, ai fini della configurazione del reato se la somministrazione sia fornita a titolo gratuito ovvero dietro pagamento, né se la bevanda sia stata o meno consumata;
- il divieto di cagionare l’altrui ubriachezza (82) : in questo caso alla somministrazione deve conseguire però l’effettivo stato di ubriachezza in quanto non è configurabile il tentativo ed è comunque importante sottolineare che la punibilità non è esclusa né dal consenso della vittima, né dall’aver agito senza dolo;
- il divieto di somministrare bevande alcoliche a persona in stato di manifesta ubriachezza, la cui condotta consiste nel mettere a disposizione, a titolo gratuito o dietro compenso, bevande alcooliche a chi già si trovi in stato di ubriachezza, pertanto non esclude il reato di aver agito per colpa.
Con le nuove disposizioni di legge, infine, vengono aumentati i minimi edittali delle pene previste nei confronti di chi, in caso di incidenti con feriti, non ottemperi all’obbligo di fermarsi o di prestare assistenza (83) : nella prima ipotesi si prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni, mentre in precedenza la soglia minima era fissata in tre mesi e nella seconda si prevede la reclusione da un anno a tre anni, mentre prima la soglia minima era di sei mesi.
In materia di circolazione stradale, i cui processi, si ricorda ancora una volta, con la nuova disciplina hanno priorità assoluta, i reati di guida in stato di ebbrezza appartengono alla cognizione del Tribunale in composizione monocratica, mentre per le lesioni colpose, per le quali si procede a querela di parte, competente a giudicare è il Giudice di pace, salvo che le lesioni (superiori a venti giorni), non siano derivate dal comportamento previsto nella ipotesi più grave di cui alla lettera c), ovvero dalla guida sotto effetto di sostanze stupefacenti, ipotesi questa in cui la competenza passa al Tribunale in composizione monocratica; lo stesso organo è chiamato a giudicare quando venga commesso il delitto di omicidio colposo, nel qual caso, com’è noto, si procede d’ufficio.
Anche per fatti commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, o relative all’igiene del lavoro, dai quali ne derivi la morte o una lesione colposa, o una malattia professionale, si procede d’ufficio e competente a giudicare è il Tribunale in composizione monocratica, così come anche in questi casi ora alla trattazione dei relativi processi è assicurata priorità assoluta.








LO STRANIERO TRA ESPULSIONE ED ALLONTANAMENTO

di Giuseppe AMATO



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Premessa



Con il decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, si sono introdotte anche alcune disposizioni che concernono il regime giuridico dello straniero extracomunitario e del cittadino appartenente ad uno Stato membro della Comunità Europea.
La finalità che si è inteso perseguire è stata quella di implementare, direttamente o indirettamente, gli strumenti utilizzabili per contrastare il fenomeno dell’ingresso o della permanenza nel territorio dello Stato di soggetti che vi sono entrati abusivamente, ovvero, che ne sono stati allontanati.
Il novum normativo si sostanzia in una pluralità di interventi che, pur interessando istituti diversi, sono quindi tutti ispirati, più o meno direttamente, a soddisfare l’anzidetta finalità.
In primo luogo, si interviene sulla disciplina della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, di cui viene esteso l’ambito di applicazione, oggettivo e soggettivo, soprattutto prevedendo, accanto all’”espulsione”, riguardante lo straniero extracomunitario, la misura dell’”allontanamento” dal territorio dello Stato che concerne, invece, il cittadino appartenente ad uno Stato membro della Comunità Europea (articoli 235 e 312).
In secondo luogo, viene introdotta una circostanza aggravante comune, che fonda l’aggravamento della pena sull’avere il colpevole commesso il fatto “mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale” (articolo 61, comma 1, numero 11 bis, c.p.).
In terzo luogo, si costruisce una nuova fattispecie incriminatrice diretta a punire una particolare condotta di favoreggiamento della permanenza in Italia del soggetto ivi irregolarmente presente posta in essere da chi, per trarne ingiusto profitto, dia al medesimo alloggio o gli ceda un immobile anche in locazione (articolo 12, comma 5 bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286).
Strettamente connessi sono, poi, due ulteriori interventi che riguardano, rispettivamente, l’introduzione di un’aggravante speciale del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, allorquando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero, riguarda la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone (articolo 12, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 286 del 1998) e l’aggravamento del trattamento sanzionatorio previsto a carico del datore di lavoro che assuma lavoratori stranieri irregolari (articolo 22, comma 12, del decreto legislativo n. 286 del 1998).
Ancora, viene prevista una “accelerazione” delle modalità esecutive dell’espulsione amministrativa dello straniero clandestino, realizzata riducendo lo spatium deliberandi previsto per il nulla osta dell’Autorità Giudiziaria (articolo 13, comma 3, quinto periodo, del decreto legislativo n. 286 del 1998).
Come già anticipato si tratta di interventi che, tutti, pur con contenuto diverso, mirano a soddisfare la finalità di eliminare le condizioni favorenti la permanenza nel territorio dello Stato dei soggetti che non hanno titolo per soggiornarvi (lo straniero extracomunitario clandestinamente entrato o espulso, ma anche il cittadino comunitario allontanato o che abbia superato il termine di durata del soggiorno).
Qui, per lo spessore dell’intervento, interessa soffermare l’attenzione sulle novità pratiche che, sotto il profilo penale, ne sono derivate in tema di “espulsione”, trattandosi di una normativa che si inserisce in un sistema normativo complesso, già caratterizzato da varie figure di espulsione, con la conseguente necessità di un corretto discrimine onde evitare il rischio di sovrapposizioni.


L’espulsione e l’allontanamento dello straniero dallo Stato

La modifica riguarda, in prima battuta, la norma generale contenuta nell’articolo 235 c.p., di cui si estende l’ambito di operatività, sia oggettivo che soggettivo.
Sotto il primo profilo, viene prevista l’applicabilità dell’espulsione in caso di condanna dello straniero alla reclusione “per un tempo superiore ai due anni” mentre, in precedenza, la soglia era fissata nella reclusione per un tempo non inferiore a dieci anni.
Sotto l’altro profilo, all’espulsione dello straniero [ergo, del cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea e dell’apolide: cfr. articolo 1 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286], si accompagna la previsione dell’allontanamento, alle medesime condizioni, del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione Europea.
Si tratta, in questo caso, di una disposizione che integra la disciplina finora vigente, contenuta nel decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/ CE, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare, successivamente modificato ed integrato con il decreto legislativo 28 febbraio 2008 n. 32, laddove, per quanto direttamente interessa, limitazioni al soggiorno del cittadino comunitario sono previsti solo per motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza, altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza; con la precisazione che l’esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’allontanamento [di determinate condanne, piuttosto, si può tenere conto solo ai fini dell’apprezzamento dei motivi imperativi di pubblica sicurezza, siccome dimostrative del fatto che la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica, così da rendere urgente l’allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza] (cfr. articolo 20 del decreto cit.); nonché, quando vengano a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato (principalmente, per l’assenza di lavoro e la mancanza di risorse economiche sufficienti) (cfr. articolo 21 del decreto cit.). Il provvedimento di allontanamento ex decreto legislativo n. 30 del 2007, è di natura amministrativa ed è adottato dal Ministro dell’Interno o, in determinati casi, dal Prefetto e, come tale, è assoggettabile a ricorso davanti al giudice amministrativo, ovvero, in determinati casi, davanti al Tribunale ordinario (cfr. articolo 22 del decreto cit.).
Qui, in vero, ci si muove in un’altra prospettiva e si introduce uno strumentario non più di natura amministrativa, ma inserito nell’ambito del procedimento penale, costruendo una [ulteriore] ipotesi di misura di sicurezza personale, che ha come presupposto proprio la condanna penale del prevenuto [alla reclusione per un tempo non inferiore ai due anni], con conseguente competenza dell’Autorità Giudiziaria ordinaria. Anche il sistema delle impugnazioni è, quindi, quello ordinario previsto dal Codice di procedura penale avverso la sentenza di condanna.
Che l’espulsione dello straniero e l’allontanamento del cittadino comunitario siano misure di sicurezza personali, come del resto confermato dalla collocazione sistematica [quantomeno] dell’articolo 235 c.p., non è dubitabile.
Del resto, di tale natura giuridica si trova tuzioristica conferma nel nuovo testo degli articoli 235, comma 3, e 312, comma 2, c.p., come introdotto con la legge di conversione n. 125 del 2008, laddove, nel disciplinarsi le relative modalità esecutive dell’espulsione e dell’allontanamento, si fanno espressamente salve “le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali”.
Da ciò consegue, come si vedrà meglio infra, che l’espulsione dello straniero e l’allontanamento del cittadino comunitario, in quanto misure di sicurezza, trovano la loro disciplina in quella generale di cui agli articoli 199 e segg. c.p..
In particolare, non è in dubbio revocabile, nonostante una formula letterale che sembrerebbe far propendere per una sorta di automatismo applicativo [conseguente alla condanna “sopra soglia”], che l’espulsione e l’allontanamento possano essere applicate solo alle persone socialmente pericolose, di cui quindi venga accertata, in concreto, la pericolosità sociale, secondo quanto dettagliato nell’articolo 203 c.p.. Non può, quindi, non trovare applicazione il disposto dell’articolo 31, comma 2, della legge 10 ottobre 1986 n. 663, laddove si stabilisce che “tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui che ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa”.
Le misure di sicurezza in questione, quindi, in coerente applicazione del resto con i principi più volte espressi dalla Corte Costituzionale (basti pensare alla sentenza 24 febbraio 1995, n. 58 (84) ), possono essere ordinate dal giudice solo ove, con congrua e logica motivazione, questi accerti, alla luce dei criteri di cui all’articolo 133 c.p., la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, la quale si può manifestare principalmente con la reiterazione dei fatti criminosi.
Dalla natura di misura di sicurezza consegue, altresì, che, ai sensi dell’articolo 200 c.p., in caso di successione delle leggi penali, si applicano le disposizioni vigenti al momento dell’applicazione della misura di sicurezza.


Le violazioni all’ordine di espulsione o di allontanamento

La nuova disciplina sostanziale dell’espulsione dello straniero e dell’allontanamento del cittadino comunitario è completata da un apposito apparato sanzionatorio delle condotte violative.
Quanto all’espulsione del cittadino extracomunitario, si prevede un’apposita fattispecie delittuosa, sanzionata con la reclusione da uno a quattro anni (articolo 235, comma 3, c.p.).
Si tratta, in tutta probabilità, di una previsione inutile, almeno con riguardo alla violazione dell’ordine di espulsione [v. infra, invece, per l’allontanamento].
Infatti, il riferimento contenuto nel previgente testo del comma 2 dell’articolo 235 c.p. alle “sanzioni stabilite dalle leggi di pubblica sicurezza per il caso di contravvenzione all’ordine di espulsione emanato dall’autorità amministrativa”già doveva intendersi come riferimento al Testo Unico delle disposizioni in materia di immigrazione e norme sullo straniero di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, laddove, all’articolo 14, comma 5 ter, si punisce con la medesima pena [reclusione da uno a quattro anni] la violazione dell’ordine del Questore di allontanamento dal territorio nazionale e ciò, a ben vedere, anche nel caso che l’ordine impartito dal Questore di lasciare il territorio dello Stato sia stato emesso a seguito di espulsione disposta dal giudice, ai sensi dell’articolo 235 c.p., e non di espulsione disposta dal Prefetto (85) . Ed in ogni caso, anche a non voler ritenere applicabile il disposto dell’articolo 14, comma 5 ter, all’espulsione di che trattasi, questa avrebbe già avuto la sua sanzione in quella configurata in termini generali dall’articolo 13, comma 13 bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998 che, appunto, punisce con la stessa pena [reclusione da uno a quattro anni] il trasgressore del divieto di reingresso “nel caso di espulsione disposta dal giudice”. In tutta probabilità, per chiarezza e per evitare inutili problemi di concorrenza tra disposizioni sanzionatorie della stessa condotta, è corretto pensare che il novum normativo debba trovare esclusiva applicazione in ossequio al principio di specialità (articolo 15 c.p.).
è evidente, invece, l’aggravamento del trattamento sanzionatorio per la violazione dell’ordine di allontanamento, ove si apprezzi la sanzione prevista dall’articolo 235, comma 3, c.p. rispetto a quelle, più miti, previste dall’articolo 20 del decreto legislativo n. 30 del 2007.


L’arresto obbligatorio e il giudizio direttissimo

Importanti sono le novità concernenti le modalità di definizione del reato di violazione dell’ordine di espulsione o di allontanamento.
è espressamente introdotta la previsione, in caso di accertata violazione dell’ordine di espulsione o di allontanamento, dell’arresto obbligatorio dell’autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, accompagnata dall’ulteriore previsione del giudizio direttissimo quale modalità di definizione del procedimento penale (articoli 235, comma 3, ultimo periodo, c.p.).
Si tratta di una disciplina che richiama quella già prevista dall’articolo 14, comma 5 quinquies, del decreto legislativo n. 286 del 1998, per le ipotesi di inottemperanza all’ordine di espulsione.
Poiché la previsione del giudizio direttissimo, quale modalità definitoria, è obbligatoria, discende che si dovrà comunque procedere in tal modo, anche con l’imputato a piede libero, allorquando il pubblico ministero, dopo l’arresto, abbia disposto l’immediata liberazione dell’arrestato e chiesto la convalida a piede libero (cfr. articolo 121 disp. att. c.p.p.), ciò anche decorso il termine di cui all’articolo 449, comma 4, c.p.p. (86) .
Analogamente, proprio per la medesima ragione, deve ritenersi che il giudizio direttissimo, in quanto obbligatorio, può e deve essere attivato, pur nell’assenza del consenso dell’imputato, anche nel caso in cui l’arresto in flagranza non sia stato convalidato, risultando tout court inapplicabili le condizioni generali previste dall’articolo 449 c.p.p. (87) .
Ed ancora, proprio la previsione dell’obbligatorietà del giudizio direttissimo implica l’ulteriore conseguenza che questo può essere attivato anche al di fuori del termine fissato in generale dall’articolo 449, comma 4 c.p.p., essendo affermazione pacifica, in giurisprudenza, quella secondo cui ogni qualvolta particolari disposizioni di legge prevedano come obbligatorio tale giudizio, ciò implica una deroga anche ai presupposti “temporali” di ammissibilità del rito previsti, in via generale, dall’articolo 449 c.p.p. (88) .
L’introduzione dell’obbligatorietà dell’arresto e del conseguente giudizio direttissimo ha suscitato, peraltro, alcune perplessità nel Consiglio Superiore della Magistratura che (89) ha sottolineato, con preoccupazione, le rilevanti ricadute organizzative che discenderanno dalla necessità di dover “far fronte alle convalide degli arresti (verosimilmente in numero consistente) e alla successiva gestione del procedimento con il rito direttissimo”.
Si tratta di uno strumentario che, specie negli uffici giudiziari di piccole dimensioni, potrebbe portare, se non ad una paralisi, ad un surplus di lavoro preoccupante, se non di per sé, quanto piuttosto per l’effetto negativo indiretto rappresentato dall’inevitabile sottovalutazione di altri ben più importanti fenomeni criminosi.


La competenza a decidere sull’arresto

In proposito l’unica valvola di sicurezza, per gli uffici di piccole dimensioni, risiede nella corretta applicazione dei principi che presiedono l’arresto, l’individuazione del momento in cui questo può e deve considerarsi effettuato e la conseguente individuazione del giudice competente per la convalida.
Ebbene, non è dubitabile che l’arresto deve intendersi effettuato nel momento della materiale apprensione del soggetto da parte della polizia giudiziaria.
Perché si abbia la materiale apprensione occorre che il soggetto sia stato “fermato” dalla polizia giudiziaria in un contesto che non lasci dubbi di sorta circa la commissione del reato.
Ciò che si verifica, appunto, quando il soggetto è colto nella flagranza, o quasi flagranza, del reato.
Più complessa è la situazione in ordine a quei reati [come quelli di che trattasi] per i quali sia previsto l’arresto [obbligatorio] anche fuori della condizione di flagranza, allorquando risulti necessario svolgere accertamenti preliminari – dopo che il soggetto è stato sottoposto a controllo - per verificare la sussistenza delle condizioni dell’arresto.
Una delle ipotesi tipiche è proprio quella che interessa.
Il reato, infatti, non è immediatamente “autoevidente”, ma per poterlo ritenere sussistente occorre procedere alla compiuta identificazione del prevenuto, con fotosegnalamento, e verificare così l’adozione del provvedimento espulsivo, onde poterne fare discendere il giudizio positivo in ordine all’avvenuta inottemperanza.
Ciò implica – di norma – la necessità di procedere a fermo di identificazione, ex articolo 349 c.p.p..
In tal caso, l’apprensione del soggetto si avrà solo quando, in esito anche agli accertamenti eseguiti ex articolo 349 c.p.p., risulterà dimostrata la trasgressione dell’ordine di espulsione pronunciato dal giudice.
è in tale momento che la polizia giudiziaria può e deve procedere all’arresto.
è a tale momento che occorre avere riguardo per l’individuazione del giudice competente per la convalida, di guisa che, se gli accertamenti [come di norma] dovessero essere effettuati accompagnando il prevenuto, fino a quel momento fermato a fini identificativi, presso i competenti uffici di polizia all’uopo attrezzati per le verifiche fotodattiloscopiche [uffici non capillarmente diffusi, ma di regola collocati presso le sedi provinciali], il giudice della convalida sarà quello competente sul luogo in cui detta verifica è stata effettuata ed ha avuto esito positivo. Giudice che è incardinato, quindi, in un ufficio giudiziario di dimensioni quantomeno medie o medio-grandi, più in grado di assolvere organicamente agli incombenti conseguenti alla convalida dell’arresto.
Non può rilevarsi ai suddetti fini (individuazione del luogo dell’arresto), invece, il fermo di identificazione cui abbia proceduto la polizia giudiziaria, trattandosi di provvedimento avente diversa natura e diversa finalità [oltre che diverse regole di garanzia].
Quindi, il giudice competente ai fini della convalida va individuato, secondo del resto inequivoca indicazione normativa, in base al luogo in cui l’arrestato è stato privato della libertà personale, anche se poi il relativo verbale sia stato redatto in un luogo diverso [il verbale, come si è detto, è mero adempimento esecutivo] (90) .
Resta solo da aggiungere, però, che la competenza per la convalida non esclude che competente a conoscere poi del reato sia altro giudice.
In tal caso troverà applicazione il disposto dell’articolo 27 c.p.p..
Il giudice della convalida dell’arresto, identificato inderogabilmente con quello del luogo in cui l’arresto è stato eseguito, adotterà quindi i provvedimenti sullo status libertatis in via di urgenza, rimettendo poi gli atti alla Autorità Giudiziaria competente (91) .
A tal riguardo, con riferimento ai reati di interesse, mentre per quanto attiene alla convalida vale quanto detto [rileva il luogo di esecuzione dell’arresto: ergo, il luogo ove la polizia giudiziaria apprezza la sussistenza delle condizioni per l’arresto], per la individuazione del giudice territorialmente competente a conoscere del reato nel merito dovrebbero valere le seguenti regole.
Il luogo di consumazione del reato de quo è quello in cui lo straniero colpito dal provvedimento di espulsione e, quindi, accompagnato coattivamente alla frontiera, secondo quanto prescritto dall’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998, fa reingresso abusivo sul territorio nazionale: si tratta di reato permanente, giacché la condotta omissiva illecita inizia nel momento e nel luogo in cui lo straniero espulso rientra in Italia e si protrae per tutto il tempo in cui questi rimane nel territorio dello Stato in situazione antigiuridica (articolo 8, comma 3, c.p.p.).
Peraltro, allorquando si tratti di luogo non conosciuto [come si verifica nella normalità dei casi] e, quindi, ai fini della determinazione della competenza per territorio, non sia possibile fare ricorso al criterio di cui all’articolo 8, comma 3, c.p.p., vanno applicate, nell’ordine, le regole suppletive dettate dall’articolo 9 c.p.p..
In particolare, va fatto richiamo alla prima regola suppletiva prevista dall’articolo 9, comma 1, c.p.p., secondo cui è competente il giudice dell’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione, ossia il giudice del luogo ove lo straniero inottemperante è stato tratto in arresto.


La misura di sicurezza in caso di condanna per reati contro la personalità dello Stato

L’articolo 235 c.p., nel prevedere l’espulsione dello straniero o l’allontanamento dal territorio nazionale del cittadino comunitario, come norma di carattere generale, fa espressamente salvi gli “altri casi” preveduti dalla legge.
Tra questi, rientra l’ipotesi di cui all’articolo 312 c.p., alla stregua del quale [secondo il testo originario] è espulso lo straniero condannato ad una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti contro la personalità dello Stato previsti dal titolo I del libro II del c.p. [ergo, dagli articoli dal 241 al 313 c.p.].
Anche l’articolo 312 c.p. è stato coerentemente modificato con l’intervento normativo in commento, attraverso l’estensione della relativa applicazione al cittadino comunitario il quale, alle medesime condizioni, va allontanato dal territorio dello Stato.
Per la disciplina sanzionatoria della trasgressione dell’ordine di espulsione od allontanamento, nell’innovato comma 2 dell’articolo 312 c.p. si prevede la punibilità a titolo di delitto punibile da uno a quattro anni di reclusione.
Valgono in toto le considerazioni sviluppate supra a commento del novum normativo che ha riguardato l’articolo 235 c.p., in particolare, quelle relative alla previsione innovativa, contenuta nella legge di conversione, dell’arresto obbligatorio del trasgressore, anche fuori flagranza, e dell’obbligatorietà di definire il procedimento con il rito direttissimo (articolo 312, comma 2, ultimo periodo, c.p.).
Così come valgono le considerazioni sviluppate a proposito della individuazione dell’Autorità Giudiziaria competente a conoscere della convalida e, poi, del processo.


Le altre ipotesi di espulsione

Per completare la disamina degli “altri casi” di misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero [come accennato nella premessa, infatti, plurime sono le forme di “espulsione” e di ciascuna va individuato il corretto ambito di applicazione, onde evitare il rischio di sovrapposizioni], vanno menzionate le ipotesi dettagliate negli articoli 15 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, laddove si prevede la possibilità per il giudice di ordinare “fuori dei casi previsti dal codice penale” [ergo dagli articoli 235 e 312 c.p.] l’espulsione come misura di sicurezza dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p., sempre che risulti socialmente pericoloso, e 86 del d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, che concerne la misura di sicurezza dell’espulsione, applicabile a chi sia condannato per reati in materia di sostanze stupefacenti.
Trattasi di ipotesi persistentemente vigenti, e non direttamente modificate dal “pacchetto sicurezza” del 2008, anche se il loro concreto contenuto applicativo è indirettamente svuotato dall’ampio ambito di operatività del “nuovo” articolo 215 c.p..
Quanto all’articolo 15 del decreto legislativo n. 286 del 1998, merita comunque di essere evidenziato che trattasi di disposizione inapplicabile al cittadino comunitario.
Può, però, trovare tuttora applicazione, nei confronti dello straniero extracomunitario, per tutti i casi di espulsione che non rientrino nell’ambito di operatività degli articoli 235 e 312 c.p.: per esempio, qualora per il reato, rientrante tra quelli per i quali è previsto l’arresto in flagranza, obbligatorio o facoltativo, venga irrogata in concreto una pena inferiore ai due anni di reclusione e non si tratti di uno dei reati contro la personalità dello Stato previsti dagli articoli dal 241 al 313 c.p..
L’altra ipotesi di espulsione prevista da leggi diverse dal codice penale, come si è visto, è quella disciplinata nell’articolo 86 del d.p.r. n. 309 del 1990, riguardante lo straniero condannato per delitti in materia di stupefacenti.
Due sono le ipotesi di espulsione ivi previste. La prima (comma 1), riguarda i casi di condanna dello straniero per uno dei reati previsti dagli articoli 73 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), 74 (associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope), 79 (agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope) e 82, commi 2 e 3 (istigazione, proselitismo e induzione all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, nelle ipotesi aggravate), del d.p.r. n. 309/90, e, nella sua formulazione originaria, ad un’interpretazione letterale, poteva in effetti essere intesa, almeno apparentemente, come obbligatoria, nel senso che il giudice nel caso di condanna per alcuno dei suindicati reati sembrava dovere applicare «automaticamente» l’ordine di espulsione, senza potere e dovere previamente accertare la sussistenza in concreto delle condizioni per un giudizio di pericolosità sociale del condannato.
La seconda (comma 2), la cui interpretazione non ha mai dato luogo a problemi di sorta, è pacificamente facoltativa e può essere adottata dal giudice nel caso di condanna dello straniero per uno degli altri delitti previsti in materia di stupefacenti (per esempio, quello di cui all’articolo 82 del d.p.r. n. 309/90, nell’ipotesi non aggravata di cui al comma 1): l’espressa previsione della facoltatività della misura induce, infatti, a ritenere tranquillamente applicabile la regola generale di cui all’articolo 31 della legge 10 ottobre 1986 n. 663, con la conseguente previa valutazione da parte del giudice della sussistenza in concreto della pericolosità sociale dello straniero condannato.
In vero, come si ricorderà, la costruzione della misura di sicurezza di cui al comma 1 dell’articolo 86 come «obbligatoria», giusta la formulazione letterale della norma, ha posto fin da subito qualche dubbio di costituzionalità alla luce, in particolare, di quanto disposto con la citata legge 10 ottobre 1986 n. 663, il cui articolo 31 ha abrogato l’articolo 204 c.p. e previsto che tutte le misure di sicurezza personali devono essere ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto sia persona socialmente pericolosa.
Il problema interpretativo e i conseguenti dubbi di costituzionalità sono stati, peraltro, sciolti dalla Corte Costituzionale, che è stata appunto chiamata a giudicare della legittimità costituzionale dell’articolo 86, comma 1, del d.p.r. n. 309/90, laddove questo veniva interpretato nel senso di imporre al giudice l’applicazione automatica dell’ordine di espulsione dello straniero condannato per alcuno dei reati ivi indicati, a prescindere, quindi, da alcun concreto accertamento della qualità di persona socialmente pericolosa del soggetto passivo.
La Corte, con la già citata sentenza 24 febbraio 1995, n. 58, ha risolto la questione e dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 86, comma 1, del d.p.r. n. 309/90, “nella parte in cui obbliga il giudice ad emettere, senza l’accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale contestualmente alla condanna, l’ordine di espulsione, eseguibile a pena espiata, nei confronti dello straniero condannato per uno dei reati previsti dagli articoli 73, 74, 79 e 82, commi 2 e 3, del medesimo d.p.r.”.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale si è formato un ormai pacifico orientamento giurisprudenziale in forza del quale la misura di sicurezza dell’espulsione de qua può essere ordinata dal giudice solo ove, con congrua e logica motivazione, accerti, alla luce dei criteri di cui all’articolo 133 c.p. e nell’ottica della finalità dell’articolo 86 del d.p.r. n. 309/90, la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, la quale si può manifestare principalmente con la reiterazione dei fatti criminosi (92) .
Anche tale previsione normativa è applicabile solo all’espulsione dello straniero condannato. Deve escludersi possa invocarsene l’applicazione per il cittadino comunitario (93) . Vi è, però, un orientamento giurisprudenziale di segno contrario secondo il quale, invece, la misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero condannato, prevista dall’articolo 86 del d.p.r. n. 309/90, è applicabile anche al cittadino comunitario, trattandosi di previsione che non contrasta con la normativa comunitaria che disciplina la libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri (cfr. articoli 18, 39 e 46 del Trattato istitutivo della Comunità Europea), giacché questa fa esplicitamente salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica ed essendo all’uopo necessario (come, del resto, statuito più volte dalla Corte di giustizia europea) solo che la misura di sicurezza non venga adottata in modo automatico, bensì previa valutazione della pericolosità della persona sottopostavi (94) .


L’accertamento della pericolosità in concreto

Con la legge di conversione n. 125 del 2008, in tutta probabilità, si è persa l’occasione di chiarire che la misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero o dell’allontanamento del cittadino comunitario, applicata ai sensi degli articoli 235 e 312 c.p., è pur sempre subordinata al previo accertamento della pericolosità del condannato.
Nonostante ciò è ovviamente da escludere qualsivoglia automatismo applicativo.
In tal senso, come si è accennato supra, è del resto inequivoco il disposto dell’articolo 31 della legge 10 ottobre 1986 n. 663, il cui comma 2 stabilisce che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento in concreto della pericolosità del soggetto.
Il giudizio sulla pericolosità sociale del condannato ha per oggetto la probabilità che questi commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati e va condotto apprezzando i parametri di cui all’articolo 133 c.p. (cfr. articolo 203 c.p.).
Per l’allontanamento del cittadino comunitario anzi, ragionevolmente, il giudizio di pericolosità deve essere più articolato, per corrispondere alle indicazioni della normativa comunitaria n. 2004/38/CE del 29 aprile 2004, recepita con il decreto legislativo n. 30 del 2007, poi modificato ed integrato dal decreto legislativo n. 32 del 2008. In particolare, a supporto dell’affermata pericolosità ci si dovrà soffermare [anche] sui comportamenti concreti tenuti dall’interessato onde apprezzare se i medesimi rappresentino una minaccia concreta ed attuale all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. Con la precisazione che, a supporto della ritenuta pericolosità, non potranno porsi né ragioni di ordine economico, né la sola sentenza di condanna (cfr. articolo 20, comma 4, del decreto legislativo n. 30 del 2007, nel testo modificato dal decreto legislativo n. 32 del 2008). Ed in vero, solo un giudizio di pericolosità siffatto sarebbe compatibile con la normativa comunitaria.
La pericolosità del condannato, una volta ricostruita nei termini suindicati, deve poi persistere fino al momento dell’esecuzione della misura di sicurezza (cfr. articolo 679 c.p.p.), che può essere [e di norma lo è] anche temporalmente lontano dal momento dell’applicazione, giacchè l’espulsione deve essere eseguita dopo l’espiazione della pena (articolo 211 c.p.).
Ciò implica che, ai fini dell’apprezzamento della persistenza della pericolosità, si debba tenere conto non solo della gravità del fatto-reato, ma anche dei fatti successivi, come il comportamento tenuto durante l’espiazione della pena quale risultante, ad esempio, dalle relazioni comportamentali e dall’eventuale concessione di benefici penitenziari o processuali (95) .
A proposito dell’ovvia necessità della pericolosità in concreto del prevenuto, sono da segnalare le preoccupazioni espresse dal Consiglio Superiore della Magistratura (96) , sulle “ricadute organizzative”, definite “assai rilevanti”, che conseguiranno ai necessari accertamenti e valutazioni sulla esistenza [e persistenza] di situazioni di effettiva pericolosità in concreto.


Misura di sicurezza e sospensione
condizionale della pena


Va ricordato che la concessione della sospensione condizionale della pena (articolo 163 c.p.) rende inapplicabile la misura di sicurezza dell’espulsione o dell’allontanamento, in quanto proprio il giudizio prognostico favorevole, che sta alla base del beneficio, depone per l’insussistenza della pericolosità sociale, che è il presupposto per l’espulsione o per l’allontanamento.
Nel riconoscimento del beneficio de quo, in altri termini, è sempre implicito un giudizio prognostico favorevole sulla personalità dell’imputato e sulla previsione che egli si asterrà dal commettere ulteriori reati: giudizio all’evidenza incompatibile con l’accertamento della sussistenza, in concreto, della pericolosità sociale del condannato che costituisce presupposto per l’applicazione della misura di sicurezza (97) .Per converso, l’adozione del provvedimento espulsivo o di allontanamento esclude il beneficio della sospensione condizionale della pena, che si fonda proprio su un motivato giudizio di prognosi favorevole all’imputato.


Misura di sicurezza e “patteggiamento”

Dalla rilevata natura di misura di sicurezza discende che l’espulsione e/o l’allontanamento non potrebbero essere disposti nel caso in cui il procedimento si concluda con sentenza di “patteggiamento” che applichi una pena detentiva non superiore ai due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria (cfr. articolo 445, comma 1, c.p.p.). Trattasi, peraltro, di ipotesi di scuola, tenuto conto dei limiti edittali che condizionano l’applicabilità degli articoli 235 e 312 c.p..
Per converso, l’espulsione e/o l’allontanamento si possono applicare (ove il giudice ritenga positivamente la sussistenza della pericolosità sociale del prevenuto), in caso di “patteggiamento allargato”, cioè con applicazione di pena detentiva superiore ai due anni (cfr. articolo 444, comma 1, come modificato con legge 12 giugno 2003, n. 134). Infatti, l’ampliamento dell’ambito di operatività del patteggiamento, avvenuto con la citata legge n. 134 del 2003, realizzato con l’elevazione del limite massimo di pena detentiva applicabile su richiesta delle parti a cinque anni, soli o congiunti a pena pecuniaria, non ha importato una correlativa estensione degli “incentivi” del patteggiamento, diversi ed ulteriori rispetto alla diminuzione della pena: per quanto interessa, quindi, l’esclusione dell’applicazione delle misure di sicurezza diverse dalla confisca è rimasta limitata all’ipotesi in cui con la sentenza si applichi una pena detentiva non superiore ai due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria (98) .



L’esecuzione dell’espulsione e dell’allontanamento

Venendo alle modalità operative della misura di sicurezza di che trattasi, va osservato che il provvedimento di espulsione o di allontanamento deve essere adottato dal giudice con la sentenza di condanna o di “patteggiamento allargato”, e viene eseguito, non solo dopo che la sentenza sia passata in giudicato, ma anche dopo che la pena sia stata integralmente espiata dal condannato (cfr. articolo 211 c.p.).
La misura di sicurezza dell’espulsione [e, è da ritenere, anche quella dell’allontanamento], ordinata con la sentenza passata in giudicato, viene messa in esecuzione dal magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero (articoli 658, 659 e 679 c.p.p., nonché articolo 69 dell’ordinamento penitenziario che indica nel magistrato di sorveglianza l’Autorità Giudiziaria che “sovrintende” all’esecuzione delle misure di sicurezza personali); anche in questa fase, come si è accennato, il magistrato di sorveglianza deve verificare l’attuale pericolosità sociale dell’interessato.
Il provvedimento positivo del magistrato di sorveglianza, poi, va rimesso, per la materiale esecuzione, al pubblico ministero cui compete rimetterne copia all’autorità di pubblica sicurezza [il Questore: v. infra] (cfr. articolo 659, comma 2, c.p.p.).


Le concrete modalità operative

La normativa innovata non si sofferma sulle modalità esecutive dell’espulsione e dell’allontanamento.
In effetti, nella legge n. 125 del 2008 ci si limita ad esplicitare che, ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza, l’espulsione e l’allontanamento sono eseguiti dal Questore [investitone dal pubblico ministero ex articolo 659, comma 2, c.p.p.] secondo le modalità di cui, rispettivamente, all’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998 [quindi, con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica], e all’articolo 20, comma 11, del decreto legislativo n. 30 del 2007 [il provvedimento è eseguito immediatamente dal Questore, previa convalida dell’Autorità Giudiziaria].
Però la disciplina presenta ancora punti oscuri, che andranno chiariti in punto di concreta applicazione. In particolare, con riferimento all’esecuzione dell’espulsione con immediato accompagnamento alla frontiera nulla di esplicito si dice per il caso in cui ciò risulti materialmente impossibile [anche se questo rischio dovrebbe essere fortemente attenuato dal puntuale rispetto della tempistica dettata dall’articolo 15, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998]. E' da chiedersi, in proposito, se non debba trovare applicazione la disciplina tratteggiata nell’articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998.
Mentre, per quanto riguarda l’allontanamento del cittadino comunitario, il richiamo alla complessa procedura dettata dall’articolo 20 del decreto legislativo n. 30 del 2007, che presuppone la convalida dell’Autorità Giudiziaria, appare francamente esorbitante rispetto ad una misura di sicurezza pur sempre [già] adottata dall’Autorità Giudiziaria, con la condanna, e poi messa in esecuzione dal magistrato di sorveglianza.


(1)Art. 13 d.lgs. 286/98.
(2) Art. 15 d.lgs. 286/98.
(3) Artt. 380 e 381 c.p.p..
(4) Art. 16 d.lgs. 286/98.
(5) Art. 86 d.p.r. 309/1990.
(6) Attuazione direttiva europea 2004/38/CE con d.lgs. 30/2007 modif. d.lgs. 32/2008.
(7) Art. 20 d.lgs. 30/07.
(8) Art. 20 d.lgs. 30/07.
(9) Art. 21 d.lgs. 286/98.
(10) Art. 3 d.l. 144/2005 convertito in L. 155/2005.
(11) I casi di espulsione previsti riguardano: a) l’espulsione amministrativa ai sensi dell’art. 13 T.U; b) l’espulsione come misura di sicurezza prevista dall’art. 15 T.U; c) l’espulsione come sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione ex art. 16 T.U.; d) il respingimento alla frontiera come disciplinato dall’art. 10 T.U..
(12) Art. 18 l. 152/75.
(13)Artt. 235 e 312 c.p.
(14) Art. 61 n. 11-bis c.p.
(15) Art. 12, comma 5 d.lgs.286/98.
(16) Art. 15, comma 3 d.lgs. 286/98.
(17) Art. 22, comma 12 d.lgs. 286/98.
(18) Art. 381 c.p..
(19) Art. 495 c.p..
(20) Art. 495-ter c.p..
(21) Art. 496 c.p..
(22) Art. 495-bis c.p..
(23) Viminale, 11 novembre 2008, in conferenza stampa.
(24) Art. 3 legge 186/2008.
(25) Art. 576 c.p..
(26) Ipotesi richiamate dall’art. 585 c.p..
(27) Art. 416-bis c.p.
(28) Secondo la definizione che emerge dalla Convenzione sulla criminalità organizzata transnazionale, che nel dicembre del 2002 la Conferenza delle Nazioni Unite ha aperto a Palermo alla firma degli Stati membri, perché siano integrati gli estremi di reato di natura transnazionale, “non è necessaria una predisposizione di una struttura ad hoc con una imponente organizzazione interna (coma “Cosa nostra” siciliana), ma è sufficiente utilizzare una struttura preesistente con un impianto rudimentale di mezzi e persone”.
(29) Art. 2-bis legge 186/2008.
(30) Art. 2-ter legge 186/2008.
(31) Art. 2-quinquies legge 186/2008.
(32) Art. 3-bis legge 186/2008.
(33) Art. 1 legge 186/2008.
(34) Art. 51 c.p.p..
(35) Art. 328 c.p.p..
(36) Art. 371-bis c.p.p..
(37) L. 575/1965.
(38) Art. 449 c.p.p.
(39) Art. 453 c.p.p..
(40) Art. 455 c.p.p..
(41) Art. 309 c.p.p..
(42) Art. 599 c.p.p..
(43) Art. 602 c.p.p..
(44) Art. 596 c.p.p..
(45) Art. 62-bis c.p..
(46) Art. 132-bis d.lgs. 271/1089.
(47) Art. 54 d.lgs 267/2000.
(48) Art. 57 c.p.p..
(49) Art. 5 L. 65/86.
(50) Art. 2 Legge 186/2008.
(51) Si ricorda, a titolo drammaticamente esemplificativo, la strage della passata notte di Halloween (31 ottobre 2008) con 14 morti: 7 ragazzi hanno perso la vita in 5 diversi incidenti (Asti, Avellino, L’Aquila, Alessandria e Roma) e poi 1 anziano investito sulla Milano-Meda, 2 vittime travolte da pirati della strada datisi alla fuga (Pescara e Foggia ), 2 persone uccise da automobilisti in stato di ebbrezza alcolica e per uso di stupefacenti (ai quali era stata ritirata la patente di guida) a Bollate e Brescia, e, infine, altre 2 persone (madre e figlia) morte in un incidente provocato da un’auto non fermatasi allo stop a Chiari.
(52) Il dato più recente (53%) emerso dalla Conferenza di Roma del 20 ottobre 2008 - sull’alcolismo si riferisce al 2006.
(53) Secondo i dati pubblicati da più quotidiani il 2 novembre 2008, sarebbero 2.500 le vittime dei fine settimana negli ultimi quattro anni.
(54) Dalla 1a Conferenza nazionale sull’alcol organizzata a Roma il 20 ottobre 2008 dai Ministeri del Lavoro, Salute e Politiche sociali, è emerso che bevono alcol ben 740.000 minori tra gli 11 e i 17 anni (nostante il divieto di vendere alcolici ai minori di anni 16) e che di essi 470.000 sono ragazzi e 270.000 ragazze.
(55) L. 160/2007.
(56) Art. 186 CdS.
(57) Art. 187 CdS.
(58) Arrt. 688 c.p.
(59) D.lgs. 507/99.
(60) Anche se il reato o la pena sono estinti.
(61) Omicidio, infanticidio, istigazione o aiuto al suicidio, percosse, lesione personale e anche la rissa.
(62) Cass.Pen.Sez.Un.sent. del 5.2.96 n. 1299.
(63) Art. 660 c.p..
(64) Art. 81 c.p..
(65) Cass.Pen. IV sent. Del 27.9.01 n. 35121.
(66) Art. 347 c.p.p.
(67) Art 223 c.d.s. …l’agente o organo accertatore della violazione ritira immediatamente la patente e la trasmette, unitamente al rapporto, entro dieci giorni, tramite il proprio comando o ufficio, alla Prefettura del luogo della commessa violazione. Il Prefetto, ricevuti gli atti, dispone la sospensione provvisoria della patente di guida, fino ad un massimo di un anno. Il provvedimento è iscritto sulla patente e comunicato all’Ufficio della Direzione generale della M.C.T.C..
Se il ritiro immediato non è possibile, per qualsiasi motivo, il verbale di contestazione è trasmesso, senza indugio, al Prefetto che ordina all’autore della violazione di consegnare la patente entro cinque giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, presso il proprio ufficio.
Il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza o il decreto divenuti irrevocabili ai sensi dell’art. 648 del codice di procedura penale, nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica al Prefetto.
(68) Art. 240 c.p..
(69) Art. 222 c.d.s..
(70) Art. 223 c.d.s..
(71) Art. 590 c.p..
(72) Art. 589 c.p..
(73) L. 102/2006.
(74) Art. 222 c.d.s..
(75) Circolare ministeriale 300/A/1/42175/109/42 del 29.12.2005.
(76) Art. 379 Regolamento c.d.s..
(77) L. 160/2007.
(78) Art. 230 c.d.s..
(79) Art. 4, 2° comma, lett. c), L. 287/1991.
(80) Art. 92 TULPS.
(81) Art. 689 c.p..
(82) Art. 690 c.p.
(83) Art. 189 c.d.s.
(84) Che può leggersi in Foro it., 1995, I, 1757, con nota di Amato.
(85) Così, Cassazione, Sezione I, 7 aprile 2006, P.M. in proc. Puvialame, in CED Cass., 234441.
(86) Cfr., per riferimenti, Cassazione, Sezione I, 16 novembre 2007, P.M. in proc. Patru, in CED Cass., 238142; nonché, Cassazione, Sezione I, 13 ottobre 2005, P.M. in proc. Sarpong, ivi, 232686.
(87) Cfr., per riferimenti, Cassazione, Sezione I, 16 giugno 2005, Proc. Rep. Trib. Velletri in proc. Manea, inedita.
(88) Cfr., per riferimenti, Cassazione, Sezione I, 30 maggio 2007, P.M. in proc. Zancanella, in CED Cass., 237024; Cassazione, Sezione I, 11 febbraio 2004, P.M. in proc. Arboit ed altri, ivi, 227231.
(89) Nel parere reso, in data 1° luglio 2008, sul decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92.
(90) Cfr., per riferimenti, Cassazione, Sezione III, 8 novembre 2000, Lleshai ed altro, in CED Cass., 217395; Cassazione, Sezione IV, 19 dicembre 2006, P.M. in proc. Clementi ed altro, ivi, 236507.
(91) Cfr. Cassazione, Sezione II, 16 novembre 2006, Lomanto, in CED Cass., 235813.
(92) Di recente, efficacemente, Cassazione, Sezione IV, 3 novembre 2004, Nwobodo ed altri, inedita; nonché, Cassazione, Sezione IV, 25 ottobre 2007, P.G. in proc. Cekodhima, in CED Cass., 238359.
(93) Per riferimenti, Cassazione, Sezione I, 9 marzo 2000, Alejos Mendez, in CED Cass., 216191; Cassazione, Sezione I, 15 giugno 1998, Giamples, ivi, 211166.
(94) Cfr. Cassazione, Sezione IV, 3 maggio 2007, Bleta ed altri, in CED Cass., 237029; Cassazione, Sezione VI, 17 settembre 2004, El Mezoughi, ivi, 230262.
(95) Cfr. Cassazione, Sezione I, 30 aprile 2003, Nwarie, in CED Cass., 224838.
(96) Nel citato parere reso il 1° luglio 2008.
(97) Cfr., di recente, Cassazione, Sezione VI, 18 aprile 2007, P.M. in proc. Samuel ed altro, in CED Cass., 236452.
(98) Cfr., di recente, Cassazione, Sezione VI, 12 giugno 2006, Mahboubi ed altro, in CED Cass., 235063.

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