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GNOSIS 2/2008
Il "trade-off" tra competitività e sicurezza economica

Costi ed opportunità della finanza islamica in Italia


articolo redazionale

Il mondo arabo ha sempre dimostrato grande attenzione nei confronti dell’economia italiana, come documentano diversi investimenti di rilievo. Questa stessa propensione non ha, però, mostrato profili di continuità a causa dei noti motivi di rigidità strutturale che caratterizzano il Sistema-Paese nazionale (l’eccessiva burocrazia, la qualità delle infrastrutture, l’inefficienza della rete distributiva, gli assetti proprietari delle imprese e le loro dimensioni, la fiscalità ingerente, il forte influsso del sindacato, la scarsa produttività dei fattori impiegati). Forti limitazioni sono anche derivate dal supporto finanziario-creditizio per la scarsa internazionalizzazione del sistema italiano. In prospettiva, quest’ultima criticità potrebbe accentuarsi con la crescente richiesta, nel finanziamento dell’investimento arabo, di peculiarità tecniche legate al rispetto della religione islamica.
Relativamente a quest’ultimo aspetto l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e l’Unione delle Banche Arabe (UAB, Union of Arab Banks) stanno disegnando un progetto di federazione bancaria italo-araba finalizzato ad agevolare l’introduzione nel sistema bancario-creditizio italiano dei contratti finanziari islamici (ossia di contratti impostati sui precetti della Shariah, la Legge Islamica), come fattore di competitività nella raccolta e nell’impiego fondi, sia retail sia wholesale.
L’attività finanziaria legata ai precetti religiosi della Shariah rappresenta un fenomeno ancora sconosciuto in Italia ma estremamente diffuso all’estero. In Medio Oriente e nei Paesi a forte componente islamica, la sua dimensione è in forte crescita rappresentando un riferimento non solo finanziario, ma soprattutto strutturale ed etico.
Standard & Poor’s ha stimato nel 2007 l’esistenza nel mondo di asset finanziari Shariah-compliant pari a circa 500 miliardi di dollari. Una stima più estesa è quella dell’istituto di Londra "International Finance Services"che, già alla fine del 2006, valutava gli asset mondiali Shariah compliant in 531 miliardi di dollari. Una rilevazione di The Banker ha indicato l’Iran come il Paese leader nella detenzione di asset Shariah-compliant, seguito da Arabia Saudita e Malaysia. Unica eccezione europea è la Gran Bretagna, presente tra i primi dieci Paesi al mondo.
La diffusione di tali strumenti finanziari in Italia è sicuramente un’esigenza per la competitività del Sistema-Paese. Ma la loro introduzione ed il loro utilizzo richiedono una adeguata gestione e supervisione per le molteplici difficoltà connesse alla loro interpretazione. Un tale processo, infatti, ha anche riflessi sulla sicurezza economica interna.
Esiste, infatti, una relazione inversa (trade-off) tra competitività e sicurezza economica per la quale è necessa
rio considerare un approccio istituzionale olistico (ossia legato agli aspetti di vigilanza bancaria-finanziaria, ma anche economici e sociali) per il quale un intervento governativo potrebbe assicurare una maggiore copertura degli aspetti coinvolti. Un approccio, dunque, simile a quello sperimentato in Gran Bretagna con l’Islamic Finance Expert Group (istituito, in seno all’HM Treasury che coinvolge membri del Parlamento, enti statali, importanti banche d’investimento, banche islamiche autorizzate, società di consulenza internazionale, enti di ricerca in materia, rappresentanti della collettività musulmana, rappresentanti dell’industria dei servizi finanziari), dove interessi diversi, anche contrapposti, possano trovare un loro equilibrio ed una loro compensazione.
Nella considerazione del trade-off tra

La Moschea di Roma
gli aspetti di incremento competitivo vi sono il maggiore investimento estero complessivo; una maggiore (e maggiormente osservabile) raccolta bancaria dei fondi originati dalla Comunità islamica in Italia; un maggiore (e migliore) impiego degli stessi fondi dal sistema bancario nazionale verso l’investimento diretto arabo in Italia; le potenziali sinergie (in termini di esperienze, di conoscenza e di strumenti) con altre esperienze europee; la maggiore capacità di internazionalizzazione delle imprese, in particolare rivolta verso i Paesi a religione islamica, grazie ad un supporto "esperto" del sistema bancario-finanziario nazionale.
Esistono però anche aspetti di tutela della sicurezza economica, tra cui la presenza di rischi tipici (Shariah risk, moral hazard); l’assenza sia di un tribunale di ultima istanza sia di un prestatore Shariah-compliant di ultima istanza; la preoccupazione relativa ai requisiti patrimoniali necessari in occasione della procedura autorizzativa; i forti costi di apprendimento della materia; la competizione nella raccolta bancaria in Europa; un’attenta e costante vigilanza da parte degli organismi preposti.
Lo sviluppo, nel medio termine, della finanza Shariah-compliant in Italia non risponde solo ad esigenze di investimento ma anche di risparmio da parte della collettività islamica presente nel nostro Paese. Il progressivo incremento della presenza islamica ha determinato, infatti, una moltiplicazione sia di società commerciali, sia di luoghi di culto, spesso in locali già ad uso privato o commerciale. Con il consolidamento della presenza sul territorio, la Comunità islamica ha avviato operazioni di acquisto di proprietà immobiliari, finanziate da fondi raccolti tra fedeli, da donazioni private o pubbliche (per lo più provenienti da Stati islamici), da sostegni finanziari da organizzazioni religiose islamiche e da attività commerciali connesse ai luoghi di culto, nonché da soluzioni estemporanee offerte da istituti di credito nazionali.
Gli strumenti finanziari utilizzati sono stati quelli bancari convenzionali (conti correnti, depositi, mutui), oppure quelli informali, tipo hawala. La scelta di questi ultimi è stata adottata da molti musulmani nella ricerca di riservatezza, rapidità, etica e rispetto dei precetti religiosi, in assenza di servizi finanziari da parte del sistema bancario-creditizio nazionale che favorissero l’uso da parte della Comunità islamica di forme di liquidità e prestito consentite dal Corano.
L’adozione del sistema hawala ha mostrato -talvolta- vulnerabilità in relazione ad infiltrazioni illecite finalizzate a scopo di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Ciò ha spinto a preferire la più agevole strada della repressione (con l’inasprimento delle norme di contrasto ai fenomeni illeciti) invece di più complesse (ma durature) soluzioni di prevenzione, mirate all’integrazione di questa liquidità nel sistema economico-finanziario interno (così da averne garantito il monitoraggio).
L’avversione della Comunità musulmana nei confronti dell’uso di canali bancari tradizionali, ed i sospetti legati all’uso di reti hawala, favoriscono oggi la tendenza ad avviare nuove strutture finanziarie nel rispetto di precetti religiosi dell’Islam. Molteplici iniziative si stanno sviluppando nell’Unione Europea, in particolare in Francia, in Germania, in Olanda, in Svizzera, in Belgio ed in Gran Bretagna. Queste decisioni sono foriere, tramite il meccanismo comunitario del "passaporto europeo", di favorire un flusso di risparmio creato in Italia dalla comunità musulmana interna verso sistemi bancari stranieri, in base ad una sorta di "arbitraggio basato sull’etica" (ossia una strategia di "asset allocation" che contempli tra le variabili di scelta l’offerta di servizi finanziari Shariah-compliant).
L’attività finanziaria, per essere Shariah-compliant, deve porsi obiettivi sia nel senso economico (massimizzazione dei guadagni, equilibrio tra liquidità e profittabilità) sia religioso (rispetto dei precetti della Shariah, limitazione delle alternative a beni legittimi evitando le attività proibite). Tra le difficoltà principali per le banche islamiche, causata dalla proibizione degli interessi (riba), vi è la gestione della liquidità a causa dell’assenza di un mercato interbancario Shariah-compliant, unita all’impossibilità di investire nei titoli convenzionali a breve scadenza e a basso rischio.
La soluzione offerta per il rifinanziamento delle banche islamiche è rappresentata dai sukûk, definiti come "obbligazioni islamiche" emessi dallo Stato o da altre amministrazioni pubbliche, mediante lo schema della cartolarizzazione.
Gli aspetti positivi del binomio "maggiore raccolta di liquidità dalla Comunità musulmana/forte messaggio di integrazione sociale" alla base della strategia di Londra, di Berlino, di Parigi, di Amsterdam, dovrebbero essere colti anche dall’Italia. Va mantenuta l’attenzione anche agli aspetti economici e sociali. Nel parlare di "integrazione bancaria", ad esempio, vi è un "problema" culturale non indifferente da tenere in considerazione: mentre nel caso di clienti islamici, i principi religiosi valgono sia nel profitto sia nella perdita, nel caso di una clientela non musulmana, l’abitudine a schemi tipici occidentali potrebbe creare difficoltà nel comprendere gli aspetti distintivi della banca islamica in caso di esito negativo degli investimenti.
La grande incertezza, che permea l’introduzione di contratti finanziari islamici nella prassi comune bancaria italiana, va affrontata dunque ad un livello di tutela sia degli aspetti di sicurezza economica e finanziaria, sia degli aspetti scientifici ed industriali. Laddove la contrattualistica islamica possa diventare uno strumento di finanziamento allo sviluppo di questi settori, la poca conoscenza della materia aprirebbe a distorsioni nel "normale comportamento" degli operatori coinvolti. Una gestione, rispettosa e prospettica, è, dunque, necessaria non solo a livello normativo, ma soprattutto a livello sistemico e sociale (nella protezione dei suoi riflessi inerenti la religione) anche mediante strumenti di prevenzione, ossia di intelligence, ritenuti più convenienti.



Finanza islamica come fattore di competitività

Le relazioni economiche tra l’Italia ed i Paesi arabi sono agevolate da una partnership quasi naturale. Al di là dei vantaggi di contiguità geografica, l’Italia rappresenta l’interlocutore ottimale nello sforzo dei Paesi arabi di ampliamento della base produttiva, grazie alla specializzazione italiana in produzioni a bassa e media intensità di capitale ed alla flessibilità del sistema produttivo nazionale favorita dall’elevata densità di piccole e medie imprese.
Successi nella partnership possono essere ritenuti gli investimenti della emiratina Mubadala Development Company in Ferrari ed in Piaggio Aero Industries; della Libyan Arab Foreign Investment Company (LAFICO) in Juventus, in FIAT e in Tamoil (1); dell’omanita State General Reserve Fund (che fa capo alla Famiglia Reale dell’Oman) nel progetto di costruzione della nuova sede di Milano di RCS Media Group; della Qatar Investment Authority (fondo sovrano del Qatar) nell’Excelsior Hotel Gallia di Milano; del Dorchester Group(società di investimento nel settore immobiliare della Brunei Investment Agency) nell’Hotel Principe di Savoia di Milano.
A questi investimenti vanno aggiunte le trattative recenti tra la Limitless (sussidiaria del gruppo Dubai World dedicata al real estate) ed il Comune di Palermo (per la riqualificazione del centro storico della città, la gestione del porto, gli appalti per le infrastrutture e la possibilità di creare nuove aree turistiche); tra Risanamento (Gruppo Luigi Zunino), Limitless e Mubadala Development Company per condividere progetti di sviluppo relativi all’ex area Falck di Sesto San Giovanni e al nuovo quartiere di Milano-Santa Giulia (2); l’interesse ad investimenti economici (3) in particolare nella zona della Valle d’Itria, in Puglia, da parte del Sultano dell’Oman, Qaboos Bin Said, il quale ha visitato -in forma privata- la regione nella seconda metà del maggio 2008 (4).
Il forte interesse verso l’Italia è, dunque, chiaro anche se manca una strategia di espansione che mostri profili di continuità dell’investimento. L’attenzione degli investitori arabi verso il nostro Paese è, infatti, frustrata da una struttura del Sistema-Paese italiano che lo rende ancora scarsamente attrattivo per i noti motivi legati all’eccessiva burocrazia; alla qualità delle infrastrutture; ai servizi di trasporto e all’inefficienza della rete distributiva; agli assetti proprietari delle imprese ed alle loro dimensioni; alla fiscalità ingerente; al forte influsso del sindacato; alla scarsa produttività dei fattori (lavoro e capitale impiegato). Forti limitazioni si riscontrano anche nel supporto finanziario-creditizio per la scarsa internazionalizzazione del sistema italiano. In prospettiva, quest’ultima criticità potrebbe accentuarsi per la crescente richiesta, nell’investimento arabo, di peculiarità tecniche legate al rispetto della religione islamica.
Relativamente a quest’ultimo aspetto, l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e l’Unione delle Banche Arabe (UAB, Union of Arab Banks) (5) stanno disegnando un progetto di federazione bancaria italo-araba (6), finalizzata ad agevolare l’introduzione nel sistema bancario-creditizio italiano dei contratti finanziari islamici (ossia di contratti impostati sui precetti della Shariah, la Legge Islamica (7)), come fattore di competitività nella raccolta e nell’impiego fondi, sia retail (8) sia wholesale (9).
In tal senso, nel settembre 2007, in occasione della firma di un memorandum tra ABI e UAB (10) è stata annunciata la volontà di istituire entro la fine del 2008 una realtà bancaria operante stabilmente in Italia secondo regole della Shariah (11).
L’attività finanziaria islamica (12) rappresenta un fenomeno ancora sconosciuto in Italia ma estremamente diffuso all’estero.
Complessivamente, gli asset finanziari Shariah-compliant (13) nel mondo sono stimati pari ad oltre 500 miliardi di dollari nel 2007, con un tasso di crescita medio annuo (per gli ultimi dieci anni) del 10%.(14)
E se i fondi sovrani mediorientali sono sempre più interessati all’acquisizione, anche con strumenti Shariah-compliant, di asset strategici nel panorama economico e finanziario internazionale (15), anche l’industria del risparmio gestito Corano-compatibile è in piena espansione. Secondo il report di Ernst&Young presentato in Bahrein nel maggio 2008, attualmente sono circa 500 i fondi di investimento Shariah-compliant (rispetto ai 22 del 2003) (16), la maggior parte dei quali si pone come benchmark di rendimento, indici che replicano l’andamento delle blue chip internazionali che operano in maniera Shariah-compliant .
Di fronte a questa "potenza di fuoco", la diffusione di tali strumenti finanziari anche in Italia diventa un’esigenza più che di competitività, di adeguamento del Sistema-Paese al trend internazionale.Ma come e perché l’introduzione e l’uso della finanza islamica può essere ritenuta un fattore di competitività per un Sistema-Paese? L’interesse verso la finanza islamica si pone come una questione di posizionamento

foto da http://info.rsr.ch/
strategico-politico, anche in vista della nascita dell’Union pour la Mediterranée (UPM). Il 14 luglio 2008 i Capi di Stato e di Governo di 43 Paesi (17) si riuniranno a Parigi per avviare il progetto con cui il Presidente francese Nicolas Sarkozy intende affermare l’egemonia di Parigi sul Bacino meridionale dell’Europa e nei confronti del quale la Commissione Europea ha già espresso riserve (18).
Al contrario dell’approccio comunitario nei confronti del Mediterraneo adottato nel 1995, il c.d. Processo di Barcellona, oggi Parigi promuove un sistema basato su progetti economici imponenti per produrre risultati politici utili. L’idea è coinvolgere economicamente i Paesi del Mediterraneo meridionale e orientale, ricercando la loro partecipazione in specifiche attività del settore pubblico e privato. Il progetto francese si coniuga con la particolare attenzione alla finanza islamica riservata da Christine Lagarde (a lato), Ministro del
le Finanze, francese (19). La volontà francese di proporsi come hub mondiale della finanza Shariah-compliant risponde ad esigenze sì legate all’UPM, ma anche e soprattutto a fabbisogni retail della comunità musulmana presente in Francia (circa 6 milioni di persone) ancora senza risposta da parte delle poche grandi banche nazionali (BNP Paribas (20), Société Générale, Credit Agricole), i cui servizi sono limitati al segmento wholesale (21).
Mentre nel passato, infatti, le banche arabe hanno importato la maggior parte dei prodotti finanziari dall’Europa, oggi sono le banche europee ad importare prodotti finanziari dal mondo arabo per rispondere ad una domanda che proviene non solo da grandi clienti che ricercano il rispetto di precetti religiosi, ma - in maniera progressivamente sempre più significativa - dalla crescente popolazione musulmana in Europa (22).
L’idea di una UPM può spiegare, anche in una prospettiva italiana, perché la finanza islamica possa essere ritenuta un fattore di competitività. L’Italia ha sostenuto in maniera decisa la proposta di Parigi. Il Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso, ha definito la partnership tra Italia e Francia un "asse commerciale", nel recente incontro con la sua omologa francese Anne Marie Idrac (23). La maggiore conoscenza ed integrazione del sistema bancario-finanziario nazionale con i precetti religiosi dell’Islam può consentire, allora, il rafforzamento della collaborazione economica tra Italia e Paesi arabi.
Contestualmente, l’intensificazione dei rapporti finanziari, mediante il rafforzamento dello scambio di informazioni, dati e esperienze manageriali, può consentire l’individuazione sia delle criticità sia delle opportunità di investimento da cogliere (24).


Integrazione tra sistemi bancari come fattore di sicurezza

L’intenzione di creare una federazione bancaria italo-araba è connessa ad esigenze di sviluppo, nel medio termine, della finanza Shariah-compliant in Italia, orientate non solo a favorire un consolidamento degli investimenti arabi in Italia, ma anche a fornire nuove forme di risparmio e di finanziamento alla collettività islamica presente nel nostro Paese.
Il progressivo incremento della comunità islamica (25) ha determinato, infatti, una moltiplicazione sia di società commerciali (circa 60-70mila, registrate da musulmani, associazioni e centri islamici), sia di luoghi di culto in locali già ad uso privato (abitazioni) o commerciale (capannoni, magazzini, scantinati) (26).
Con il consolidamento della presenza sul territorio, si è sentita l’esigenza di avviare operazioni di acquisto di proprietà immobiliari (uscendo dalle condizioni di precarietà logistica) finanziate da fondi raccolti tra fedeli, da donazioni private e pubbliche (per lo più provenienti da Stati islamici), da sostegni finanziari assicurati da organizzazioni religiose islamiche, da attività commerciali connesse ai luoghi di culto,(27) nonché da soluzioni estemporanee offerte da istituti di credito nazionali (28).
Gli strumenti finanziari utilizzati sono stati quelli bancari convenzionali (conti correnti, depositi, mutui), oppure quelli informali, tipo hawala(29). La scelta di questi ultimi è stata adottata da molti musulmani nella ricerca di riservatezza, rapidità, etica e rispetto dei precetti religiosi, in assenza di servizi finanziari da parte del sistema bancario-creditizio nazionale che favorissero la ricerca da parte della Comunità islamica di forme di liquidità e di prestito consentite dal Corano.
L’adozione del sistema hawala ha mostrato - talvolta - vulnerabilità in relazione ad infiltrazioni illecite finalizzate al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo. Ciò ha spinto a preferire la più agevole strada della repressione (con l’inasprimento delle norme di contrasto ai fenomeni illeciti(30)) invece di più complesse (ma durature) soluzioni di prevenzione, mirate all’integrazione di questa liquidità nel sistema economico-finanziario interno (così da averne garantito il monitoraggio).
L’avversione della Comunità musulmana nei confronti dell’uso di canali bancari tradizionali, ed i sospetti legati all’uso di reti hawala, favoriscono il processo di apertura a nuove strutture finanziarie basate sui precetti religiosi dell’Islam, anche per trarre vantaggio dai "cluster" islamici (31) presenti sul territorio nazionale.
Ad oggi la succursale di Roma dell’iraniana Bank Sepah è l’unica banca islamica presente in Italia (32), mentre la sensibilità degli istituti di credito italiani nei confronti di questo mercato è stata finora scarsa.
Al "vuoto" italiano corrispondono molteplici iniziative nell’Unione Europea, in particolare in Francia, in Germania (33), in Olanda (34), in Svizzera (35), in Belgio (36) e nel Regno Unito.
Queste decisioni sono foriere, tramite il meccanismo comunitario del "passaporto europeo" (che vedremo successivamente nei dettagli), di favorire un deflusso - differente dalle comuni rimesse effettuate verso i Paesi di origine - di risparmio creato in Italia dalla comunità musulmana interna verso sistemi bancari stranieri, in base ad una sorta di "arbitraggio basato sull’etica", ossia una strategia di asset allocation che contempla tra le variabili di scelta l’offerta di servizi finanziari Shariah-compliant (37).


La visione islamica dell’economia e della finanza

La finanza islamica deve essere spiegata partendo dai principi religiosi che la governano. Al contrario del pensiero capitalista (38), l’economia islamica parte da giudizi di valore ben precisi, sviluppando un sistema logico coerente con i precetti della Shariah.
Nel mondo occidentale l’economia convenzionale, in quanto scienza, fornisce spiegazioni circa il funzionamento del sistema economico in termini di squilibrio, ingiustizia o ineguaglianza. Viceversa, l’economia islamica non nasce per "correggere" fenomeni.
Per gli islamisti il problema, che è alla base di tutta la teoria economica occidentale (sia essa liberista o marxista) ovvero la scarsità delle risorse rispetto ai bisogni della popolazione, è un problema dell’homo oeconomicus occidentale, ma non dell’homo islamicus. Secondo il Corano, Dio ha creato ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani, quindi la scarsità è frutto del comportamento umano e dell’avarizia dell’accumulazione. Per questa ragione, l’homo islamicus attraverso la rinuncia e il comportamento altruistico (contrapposto al comportamento egoistico, di tipo massimizzante, dell’homo oeconomicus) può ovviare al problema della scarsità delle risorse.
Il Corano nomina gli esseri umani come custodi di Dio nel mondo. All’interno di questo mandato, la proprietà privata è consentita anche se ogni attività patrimoniale detenuta da chiunque è da intendersi come un "prestito" da parte di Dio. Ne deriva che la gestione di ogni bene da parte dei musulmani deve seguire una guida morale, evitando, senza alcuna eccezione, taluni comportamenti vietati.
L’attività finanziaria, per essere Shariah-compliant, deve porsi obiettivi sia nel senso economico (conservazione del capitale, massimizzazione dei guadagni, equilibrio tra liquidità e profittabilità) sia religioso (rispetto dei precetti e degli standard comportamentali del Corano e della Shariah, considerazione dei soli beni legittimi -halal- evitando le attività proibite -haram). Da ciò, i cinque pilastri della finanza islamica:
- divieto di percepire interessi. L’interesse sul capitale prestato (riba(39)), così come inteso nel sistema bancario convenzionale, è considerato sfruttamento, usura, in quanto applicato in assenza di un asset produttivo sottostante. Secondo il credo islamico, il profitto è legittimato solo (I) dall’esistenza di un rischio, e (II) dalla sua condivisione tra le parti. La nozione classica di interesse come "remunerazione per il differimento del consumo" è quindi rigettata: può essere remunerato solo lo sforzo fisico e intellettuale delle persone, e non la mera attesa (40). Nella visione islamica, il risparmio non è più una scelta di "consumo intertemporale" ma una scelta operata per far fronte a necessità future e quindi non merita il pagamento di un prezzo, ovvero l’interesse (41).
Il divieto islamico posto sull’interesse non significa che nel sistema economico islamico il capitale non abbia un suo costo. L’Islam riconosce il capitale come un fattore di produzione, in quanto l’approccio islamico distingue tra il valore intertemporale della moneta (come misura dell’efficienza dell’investimento) ed il mezzo di determinazione di guadagno. Gli studiosi islamici ritengono si possa includere nella definizione di riba non solo l’usura, ma anche qualsiasi tasso di rendimento, positivo, fisso e predeterminato, che venga garantito a prescindere dalla performance di un investimento (42);
- divieto di introdurre elementi di incertezza o di speculazione nelle condizioni contrattuali. L’investimento in attività economiche coinvolgenti forme di gharar (rischio, incertezza, azzardo) (43) è proibito. L’assunzione del rischio è consentita quando i termini e le condizioni della transazione sono definiti e noti alle parti;
- divieto di finanziare settori banditi dalla Shariah. Lo svolgimento di attività aventi (diretto o indiretto) legame con business relativi all’alcol, alle armi, al tabacco, all’utilizzo di taluni animali (suini), alla pornografia, sono proibite;
- principio dell’asset-backing. Ogni transazione finanziaria deve far riferimento ad un asset sottostante, tangibile ed identificabile;
- purificazione della ricchezza. Ciascuno che possieda un ammontare minimo di ricchezza è obbligato a purificare sé stesso, o il suo patrimonio, con il pagamento di un’offerta (44). Le due tipologie di offerta sono la zakat (obbligatoria, calcolata sul reddito e sul profitto)(45) e la sadaqat (volontaria, a discrezione del donatore).
Nel sistema bancario islamico vige uno schema associativo tra banca e cliente che rappresenta l’alternativa eticamente lecita al calcolo degli interessi, tanto nel dare quanto nell’avere (46). La cooperazione (partnership), che legittima l’ottenimento di profitti da asset sottostanti alla transazione, tende a sostituire la concorrenza, concetto alla base dell’economia di mercato.
Nella Tabella 1, le principali differenze tra finanza convenzionale e finanza islamica (47).


Tabella1
Principali differenze tra Finanza Convenzionale e Finanza Islamica
Finanza convenzionale
Finanza islamica
Basata sul tasso di interesse
Il tasso di interesse è proibito
Strutturata e formalizzata
Ancora non strutturata e, per certi versi, informale
Standard definiti in termini di rischio e contabilità
Standard in corso di definizione in termini di rischio e contabilità
Normativa legale stabilita
Normativa legale in corso di definizione con dubbi ancora esistenti in molte aree
Esistenza di un mercato monetario convenzionale
Assenza di un mercato monetario convenzionale
Disponibilità di finanziamento interbancario
Assenza di finanziamento interbancario
Mercato secondario strutturato
Assenza di un mercato secondario

Più che competere, le imprese costituiscono partnership basate sul principio del profìt-loss sharing (PLS), tramite il quale il rischio di impresa viene condiviso. Lo schema del profit-loss sharing è applicato sia alle operazioni di provvista e di gestione del risparmio, sia nell’ambito degli impieghi. Dal lato della raccolta, pur non potendovi essere una remunerazione convenzionalmente pattuita, alla fine di ogni anno finanziario e a discrezione della banca, i clienti che hanno aperto conti correnti di una determinata entità possono essere ricompensati con doni in natura (hadiyya), con piccole donazioni (hiba), con alcune condizioni privilegiate nell’accesso al credito (tamwil) per l’acquisto di beni di consumo durevoli o strumentali. Come conseguenza teorica della generale applicazione del principio partecipativo e della conseguente idea di rischio che influenza tutta l’attività bancaria islamica, non è teoricamente consentita alcuna forma di garanzia sul capitale depositato (48). Dal lato degli impieghi, il finanziamento può assumere le seguenti forme (49): - prestiti sintetici (debt-based), realizzati con accordi di vendita-riacquisto di asset, o di vendita di asset detenuti da terzi per conto del debitore (back-to-back). Salam e Murabahah sono tipologie di prestito sintetico; - contratti di lease (asset-based), realizzati con un accordi di vendita-riacquisto in leasing (lease operativo) o mediante lease di asset acquisiti da terze parti con obbligazione al riacquisto (lease finanziario). Ijarah è una tipologia di lease; - contratti profit-loss sharing (PLS, equity-based), nei quali solitamente una banca fornisce il finanziamento e l’imprenditore tempo e sforzo. Al termine di un periodo predeterminato, in caso di profitto, questo viene ripartito nella proporzione stabilita, mentre se ci sono perdite, queste vengono assunte in carico dalla banca (a meno che non vi sia stata una palese negligenza da parte dell’imprenditore). Mudarabah e Musharakah sono contratti PLS. La struttura contrattuale della maggior parte dei prodotti finanziari islamici (sia dal lato della raccolta sia dal lato degli impieghi) fa riferimento a sette caratterizzazioni generali (50):

- musharakah
è un accordo di partnership tra banca e cliente in cui il capitale è conferito congiuntamente (in termini di beni o liquidità) e suddiviso in azioni. Il profit-sharing ratio dell’operazione viene deciso al momento della stipula dell’accordo. In caso di perdita, la ripartizione è funzione delle quote di partecipazione;



Esempio di Musharakah c.d. permanente

Un cliente X della Banca Y pianifica lo start-up di un impianto di produzione per la manifattura di piastrelle di ceramica, chiedendone alla Banca Y il finanziamento. La banca Y stipula un contratto con il cliente X in base al quale l’apporto al capitale è del 40% a carico della banca e del 60% a carico del cliente X. La delega alla gestione del progetto viene affidata al cliente. L’accordo sulla condivisione di profitti e perdite è così impostato: il profit ratio è 1:4 (il 20% dei profitti va alla banca e l’80% al cliente), mentre il loss ratio è 2:3 (il 40% delle perdite è a carico della banca ed il 60% a carico del cliente).
Partendo dall’assunto che la banca è già posta in una situazione negativa (causata dalla svantaggiosa condivisione sia dei profitti sia delle perdite), l’istituto è esposto al rischio operativo insito nel business specifico che potrebbe tradursi in perdite di esercizio causate da un qualsivoglia evento esterno legato al mercato (tipo una caduta nella domanda delle piastrelle di ceramica). Se il cliente X, amministratore delegato alla conduzione del progetto, fallisce nel fornire il profitto richiesto, la banca incorre anche in un rischio di credito.



- mudarabah
è una partnership in cui un partner (rabb-ul-mal) apporta capitale e altri (mudarib) apportano il management. Il partner investitore non partecipa alla gestione d’impresa, e può vincolare la transazione solo richiedendo che i fondi siano investiti in un business specifico (c.d. mudarabah ristretto). Con il mudarabah, la parte che subisce interamente l’onere delle perdite economiche è il finanziatore, mentre l’imprenditore risponde solo con la perdita del proprio tempo e del proprio sforzo. Viceversa, in caso di utile, questo viene ripartito tra l’imprenditore ed il finanziatore secondo quote prestabilite.



Esempio di Mudarabah

Un cliente X propone alla Banca Y l’investimento in uno start-up di produzione di piastrelle di ceramica, affermando però di non avere alcun capitale da apportare. Ritenendo profittevole il progetto, la banca accetta il contratto con il cliente X in base al quale l’istituto apporta il 100% del capitale ed il cliente X apporta il management del progetto.
Il rischio operativo a cui è esposta la banca è desumibile da eventi sopravvenuti sia interni sia esterni. Nel caso di incapacità da parte del cliente X di generare i profitti, la Banca Y può essere esposta ad un rischio di liquidità. Qualora la banca non fosse in grado di rifinanziare il business, questo potrebbe rischiare la chiusura della società.



Mentre il contratto mudarabah può essere paragonato a una società in accomandita, il contratto musharakah è assimilabile ad una joint venture dove l’apporto di capitale da parte dell’imprenditore gli consente di rivendicare una maggiore quota di profitto rispetto al mudarabah(51) (Tabella 2)(52).



Tabella2
PRINCIPALI DISTINZIONI
Caratteristica
Musharakah
Mudarabah
Tipologia di partnership
Unica
(tutti i partner apportano capitale e contribuiscono alla gestione d’impresa)
Duplice
(rabb-ul-mal apporta capitale, mudarib cura la gestione)
Diritti inerenti la gestione di impresa
Tutti i partner hanno diritto alla gestione, nonché ad attribuire la delega ad altri
rabb-ul-mal non può essere parte del management. Tale funzione resta esclusiva del/dei mudarib
Condivisione di profitti e perdite
Tutti i partner condividono i profitti (in proporzioni predefinite) e le perdite (in proporzione alla loro partecipazione)
Non definito
Responsabilità sociale
Tutti i partner hanno una responsabilità illimitata.
La responsabilità dei rabb-ul-mal è limitata al capitale sottoscritto. I mudarib hanno una responsabilità illimitata.
Proprietà degli asset
Tutti gli asset della partnership sono controllati in maniera congiunta da tutti i partner.
La proprietà degli asset è solo del rabb-ul-mal


- murabahah
È una tipologia di contratto che opera in due fasi:
a. un cliente chiede ad una banca di acquistare a pronti per suo conto un determinato bene, promettendo di riacquistarlo a termine dalla banca stessa. La promessa è una condizione non vincolante dalla quale il cliente può recedere (a spese della banca);
b. dopo aver detenuto il bene per un periodo di tempo sufficiente ad assumersi il rischio dell’acquisto, la banca lo rivende al cliente ad un prezzo prestabilito dato dal suo costo (il prezzo di acquisto) aumentato di un margine di profitto (mark-up) predeterminato.
Un importante requisito da rispettare è la netta distinzione tra le due transazioni che lo compongono. Un contratto murabahah può riguardare (i) l’accordo di vendita-riacquisto di un asset detenuto dal debitore ("negative short sale") oppure (ii) l’acquisto da parte del prestatore di un asset tangibile da una terza parte per conto del debitore ("back-to-back sale"). Il caso più comune riguarda il finanziamento commerciale a breve termine (short-term trade), spesso richiesto per coprire il gap temporale tra la fatturazione e il pagamento di una transazione. L’indebitamento (che si determina dalla differenza tra contratto di acquisto e contratto di rivendita di un asset, esistente o futuro) è limitato dal prezzo di acquisto dell’asset sottostante.

Esempio di Murabahah

Un cliente X della Banca Y desidera acquistare per 25.000 dollari una macchina da un concessionario. Il cliente X propone alla sua Banca l’acquisto anticipato, fornendo dettagli relativi al tipo di autovettura, al modello e al concessionario dove effettuare l’acquisto.
La Banca Y accetta la proposta e la formalizza in un contratto preliminare, nel quale il cliente X promette di acquistare la stessa auto dalla Banca Y in una certa data, ad un prezzo maggiorato di un mark-up (in questo caso, 32.000 dollari), funzione di diversi parametri, tra cui il valore totale, il periodo di finanziamento le condizioni di rimborso, l’affidabilità del cliente. Il pagamento viene stabilito in rate mensili.
La Banca Y acquista l’autovettura dal concessionario a 25.000 dollari e conclude un contratto di vendita con il cliente X, nei termini stabiliti nel primo contratto. La Banca Y è esposta ad un rischio operativo nel caso in cui il cliente non onori la sua promessa di riacquisto dell’autovettura. Inoltre, come nel caso di contratti Murabahah non vincolanti, con l’esercizio dell’opzione di rifiuto da parte del cliente di consegna della macchina, la Banca si espone anche ad un rischio di mercato, insito nella possibilità di oscillazione del prezzo del bene. La Banca è esposta, inoltre, ad un rischio di credito nel caso di insolvenza del cliente relativamente alla sua capacità di onorare l’impegno finanziario del pagamento rateale.

Essendo murabahah un contratto di vendita, e non di prestito, deve onorare tutti i requisiti di validità previsti, quali:
* esistenza del bene. L’oggetto del contratto non deve essere disponibile in futuro (da produrre o da coltivare);
* proprietà del bene da parte del venditore al momento della transazione;
* la vendita non deve essere condizionata;
* valore del bene stabilito in maniera certa al momento della transazione (ciò si pone in contrasto rispetto all’uso del trading su index future nella finanza islamica);

- salam
è un contratto di vendita a termine (forward) con pagamento a pronti (spot). Rappresenta un’eccezione alla condizione di "piena disponibilità del bene oggetto della transazione", essenziale per la validità di un contratto di vendita. Il compratore è rabb-us-salam e il venditore è muslam ilaih(53). Le condizioni perché una transazione salam possa aver luogo sono:
* il pagamento del prezzo deve essere completo e spot;
* il bene oggetto della transazione deve essere specificato in qualità e quantità;
* momento e luogo della consegna devono essere definiti;
* non sono ammesse contropartite in beni (non vale per il baratto);

Esempio di Salam c.d. parallelo

Un cliente X propone ad una Banca Y un accordo di vendita forward dei prodotti delle sue coltivazioni. La banca accetta e stipula un contratto salam iniziale, in cui fornisce al cliente X il finanziamento richiesto, accettando di acquistare i prodotti delle coltivazioni dopo un tempo specificato. La situazione principalmente apporta benefici ad entrambe le parti: il cliente è sollevato dall’onere del rimborso del prestito (in quanto ripagato con i beni prodotti), e dall’incertezza della vendita della sua produzione nel futuro (avendone già venduta una parte o tutto).
A questo punto la banca stipula un altro contratto salam per vendere ad una terza parte i prodotti frutto della coltivazione, minimizzando così il rischio della possibile fluttuazione del prezzo della coltivazione.
La Banca Y è soggetta ad un rischio operativo e ad un rischio di credito, in funzione di eventi esogeni che ritardino la consegna della produzione. Dopo che la banca ha accettato la consegna, nel caso in cui il prezzo della coltivazione sia aumentato in maniera sostanziale, il compratore può non essere più solvibile, lasciando la Banca Y con costi di immagazzinamento, rischi di credito e commodity risk.


- istisnã
Si applica ai beni prodotti su commessa, ai contratti forward relativi a beni manufatti, al finanziamento di attività di costruzione e manifatturiere, al finanziamento immobiliare, ed al finanziamento di beni la cui produzione è ad elevato impiego di capitale (capital-intensive). Consente sia il pagamento spot con consegna differita sia il differimento del pagamento e della consegna.
Le differenze tra salam ed sono essenzialmente riconducibili alle seguenti:
* salam può essere usato per quasi tutti i tipi di beni (esclusi oro, argento e valute). Istisnã può essere usato solo per beni manufatti, che richiedono una produzione;
* il prezzo nel contratto salam è sempre spot (a pronti), mentre il prezzo nel contratto istisnã può essere anche forward (a termine);
* il pagamento in una transazione salam è sempre completo, mentre nel caso di istisnã può essere anche rateale;
* nei contratti salam non sussiste la rescissione unilaterale, al contrario di istisnã;
* la data di consegna è fissa in salam e variabile in istisnã;
* il materiale e la manufattura possono essere fissate dal compratore solo nell’istisnã, al contrario del salam.

Esempio di Istisnã

Un cliente X intende acquistare una barca. Per questo richiede un finanziamento alla Banca Y, la quale (concluse le istruttorie di rito) si rende disponibile a finanziare l’acquisto mediante un contratto istisnã. Per tale motivo, la Banca Y stipula un contratto con il costruttore della barca per la realizzazione di un prodotto che abbia precise specifiche e si accorda per fornire il finanziamento in modo rateale, dilazionando il pagamento sul periodo di costruzione della barca. Contestualmente, la Banca Y stipula con il cliente Y un contratto di vendita della barca ad un prezzo specificato.
La Banca Y è esposta ad un rischio operativo nel caso il costruttore non riesca a consegnare la barca nel tempo concordato. La sopravvenuta incapacità del cliente di pagare il prezzo di vendita espone la Banca al rischio di credito al momento della consegna della barca.


- ijarah
comunemente nota come leasing. La connotazione del contratto ijarah nella giurisprudenza islamica è relativa alla locazione di asset e proprietà immobiliari, acquistando un usufrutto mediante pagamento di un premio (reward). La finanza islamica fa ampio uso della tipologia contrattuale di ijarah, in particolare, tra le banche le quali si servono del leasing islamico per garantirsi la disponibilità di diversi tipi di asset (attrezzature, macchinari, autoveicoli)(54). I requisiti del contratto ijãrah sono:
* un valore utile per il bene oggetto del contratto;
* la proprietà dell’asset in capo al locatore, il quale concede all’utilizzatore il diritto ad usare l’asset a fronte del pagamento di un canone periodico, determinato nella fase iniziale del contratto;
* le passività relative alla proprietà dell’asset in capo al locatore, mentre quelle collegate all’uso a carico dell’utilizzatore;
* la definizione certa del periodo di lease;
* nel caso di asset a proprietà congiunta, la ripartizione del canone di locazione in base alla partecipazione alla proprietà dell’asset;
* l’inizio del periodo di lease in corrispondenza della consegna materiale dell’asset, oggetto della transazione, e non dell’uso dello stesso. Il contratto ijãrah può essere relativo anche ad un impiego futuro dell’asset, a condizione che il pagamento del canone inizi solo dopo la consegna dell’asset oggetto della transazione(55).

Esempio di Ijarah

Una compagnia aerea richiede ad una Banca Y di finanziare l’acquisto di un velivolo Airbus il cui prezzo è pari a circa 80 miliardi di dollari. La Banca Y si accorda per acquisire l’aeromobile in leasing mediante una transazione Ijarah e lo cartolarizza mediante l’emissione di certificati Ijarah.
Se la compagnia aerea non paga il canone di noleggio, ciò espone la Banca al rischio di credito. Nel caso in cui la compagnia decidesse di uscire dal lease prima della scadenza, la Banca è esposta al rischio di credito. Analogamente, la Banca è esposta ad un rischio operativo, nel momento in cui un evento esogeno dovesse influenzare negativamente l’aeromobile. Alla data di scadenza la Banca Y è esposta al rischio operativo dai danni che possono essere stati provocati all’asset durante il suo uso.

Il contratto ijarah trova ampia applicazione nell’aviazione civile e può essere combinato con fonti di finanziamento convenzionali e con il finanziamento di società di credito all’esportazione (come nel caso dell’emissione Emirates del 2001(56)). Nei casi di lease a lungo termine la banca può applicare canoni variabili, basati su un incremento percentuale costante dopo un certo periodo di tempo, sulla rinegoziazione periodica delle condizioni contrattuali (dividendo, per la circostanza, il contratto in più periodi), oppure ancorandoli ad un tasso di riferimento (di inflazione o di interesse)(57). Nel caso di contratti ijãrah ad elevato valore, la banca può emettere certificates rappresentativi di quote fisse di partecipazione, in modo da suddividere proporzionalmente il canone di locazione tra i detentori dei certificati stessi.
è importante precisare che l’islamic banking non rappresenta un’industria senza scopi di lucro. In alcuni casi è addirittura emerso come il profit rate di un finanziamento di una banca islamica sia risultato più elevato del tasso di interesse applicato da una banca convenzionale. Questo aspetto non deve essere visto come un elemento di distorsione rispetto a quanto affermato in precedenza. Semplicemente risponde ad una logica di mercato alla quale anche le banche islamiche devono far fronte, pur nel rispetto dei principi religiosi. Nella Tabella 3, un sunto della contrattualistica esaminata.

Tabella3
PRINCIPALI CONTRATTI ISLAMICI
 
Mudarabah
Musharakah
Murabahah
Salam
Istin'a
Ijarah
Tipologia
di contratto
Partnership in PLS (investment financing)
Partnership in PLS (joint-venture financing)
Vendita con markup (normalmente con pagamento differito)
Vendita a termine (forward), con pagamento a pronti (spot), ad una specifica data nel futuro.
Finanziamento progressivo o acquisto su commessa per beni manufatti.
Leasing
Parti
del contratto
Rabb-ul-mal (colui che apporta il capitale)
Mudarib (colui che apporta il management)
Ogni partner è Musharik (investitore e business manager)
Principale (venditore del bene, normal-
mente una ban-
ca islamica). Utente finale (compratore del bene)
Muslam ilaih (venditore salam, normalmente in cerca di liquidità) riceve soldi in anticipo.
Rabb-us-salam
(acquirente salam
normalmente un investitore o banca islamica) riceve il bene alla scadenza
Investitore
finanzia una produzione in
modo progres-
sivo, sulla base
di un calendario
predefinito.

Produttore produce i beni e viene pagato dall’investitore
Locatore
(proprietario dell’asset)

Utilizzatore
(beneficiario dell’asset)
Tipologia
del contratto nella prassi
Mudarib, che ha un business da sviluppare, e contatta gli investitori per ottenere finanziamenti
oppure
Arbab al Mal, contattano un Mudarib (banca islamica) per avviare un investimento Shariah-compliant con il loro finanziamento
L’apporto può essere in termini di asset o in contanti
La banca acquista a pronti (spot) il bene dall’acquirente (prima vendita: pagamento spot)
+
la banca islamica vende lo stesso bene all’acquirente (vendita murabahah: pagamento differito)
Il compratore salam (normal
mente una ban
ca islamica) anticipa denaro al venditore salam
+
il venditore salam fornisce il bene alla banca islamica a scadenza.
L’investitore contatta un produttore di manufatti per la produzione di un bene nuovo, che
non esiste ancora alla stipula del contratto, formalizzando nel dettaglio le specifiche dell’oggetto che deve essere prodotto o costrui
to (contratto utilizzato nel project financing).
Il locatore (possessore dell’asset prestato) noleg
gia un asset Shariah-compliant all’affittuario (beneficiario dell’asset prestato) contro il pagamento di un canone perio
dico al locatore.
Come
avviene la
condivisione dei profitti tra le parti?
Mudarib e Rabb-ul-maltraggono profitto in base ad una percentuale definita nell’accordo.
Ogni partner trae profitto sulla base di una percentuale concordata nell’accordo.
Non vi è condivisione (markup, o margine di profitto, sono del principale, ossia generalmente la banca islamica)
Il profitto dell’investitore si basa sulla scadenza e sulla qualità del credito.
Normalmente ha come benchmark il LIBOR.
I profitti degli investitori sono stabiliti inizialmente (includendo il materiale, il lavoro, i margini di profitto e i costi di progetto). I mudarib hanno una responsabilità illimitata.
L’affittuario paga un canone predeterminato per l’intera durata del contratto.
In caso di perdita, quale controparte se ne fa carico?
Rabb-ul-mal si assume l’onere delle perdite (a meno che il contratto sia un Mudarabah bilaterale o il Mudarib abbia mostrato palesi negligenze)
La responsabilità è limitata al capitale sottoscritto
In teoria non vi è nessuna perdita (a meno di un’insolvenza del cliente). Non è prevista una penalità a beneficio del principale
In teoria non vi è nessuna perdita (a meno di un’insolvenza del venditore salam, nel cui caso l’acquirente salam deve concedere un tempo supplementare per la consegna dei beni)
Non è prevista una penalità a beneficio dell’acquirente salam.
In teoria non vi è nessuna perdita (a meno che il produttore non sia in grado di completare il lavoro)
I danni e le perdite sono sostenute dall’investitore a meno di una palese negligenza del produttore.
Sostenuto dal locatore (a meno di una palese negligenza del locatario)
Cosa succede alla scadenza del progetto?
Termina il contratto.
Il Rabb-ul-mal ha diritto a ricevere il rimborso del suo investimento. Gli eventuali profitti sono distribuiti tra Mudarib e Rabb-ul-mal, sulla base del contratto.
Le eventuali perdite sono sostenute dal Rabb-ul-mal
Termina il contratto.
I partner ricevono il rimborso del loro investimento in conto capitale. Gli eventuali profitti sono suddivisi sulla base di un rapporto predefinito. Le eventuali perdite sono suddivise sulla base della partecipazione al capitale
L’utente finale completa il rimborso al principale (banca islamica)
Il venditore salam fornisce i beni al compratore salam.
Il produttore fornisce i beni prodotti all’investitore contro denaro.
Gli asset ritornano al locatore
Tempi di
vendita e di
pagamento?
Il Rabb-ul-mal paga a pronti
Sono decisi dai partner (spot o differiti)
Vendita con consegna immediata, pagamento differito
I beni non esistono al momento del contratto.
Il prezzo spot, sul quale le parti si accordano, è pagato completamente
. La consegna è differita.
Il pagamento può essere spot e in un’unica soluzione; progressivo; alla consegna o a rate dopo la consegna.
Vengono definite in anticipo penali per la consegna ritardata.
Non applicabile

Il mercato dei sukuk La proibizione di un tasso d’interesse crea difficoltà per le banche islamiche nella gestione della liquidità a causa dell’assenza di un mercato interbancario Shariah-compliant , unita all’impossibilità di investire nei titoli convenzionali a breve scadenza e a basso rischio (quali i titoli di Stato). La soluzione offerta per il rifinanziamento delle banche islamiche è rappresentata dall’ultima tipologia di contratti islamici, i sukûk (58), spesso definiti come “obbligazioni islamiche” (anche se una traduzione più accurata del termine arabo sarebbe "certificati azionari di investimento islamico") emessi dallo Stato o da altre amministrazioni pubbliche mediante lo schema della cartolarizzazione di beni pubblici. I sukûk sono titoli di debito Shariah-compliant , garantiti dall’esistenza di asset sottostanti, a reddito stabile (fisso o a variabilità definita)(59). I sukuk appartengono alla categoria dei titoli garantiti da attività (c.d. Asset-Backed Securities , ABS), ma, diversamente dalle strutture convenzionali di ABS, richiedono una presenza di asset tangibili, in proprietà o in usufrutto, ma non in debito. I sukuk rappresentano, dunque, un diritto di proprietà sull’asset sottostante, diritto che prende forma tramite la cartolarizzazione dell’asset stesso, la cui proprietà viene suddivisa in unità di uguale valore e incorporata nei certificati sukuk . L’unitarietà del rapporto fa sì che mentre i detentori di obbligazioni convenzionali non condividono le perdite dell’emittente, i detentori di sukuk condividono sia i profitti (generati dagli asset sottostanti, o dai proventi di una loro eventuale liquidazione) sia le perdite(60). Il mercato dei sukuk è in fortissima crescita. Secondo i dati dell’Islamic Finance Information Service (IFIS), nel 2007 sono stati emessi 206 sukuk per quasi 47 miliardi di dollari e nel 2008 altri 44 per 2,4 miliardi (61). L’agenzia di rating Moody’s ha stimato per il 2010 un volume complessivo di 200 miliardi di dollari (62). Nel 2007, 50 transazioni sukuk sono state realizzate nel Golfo Persico, di cui 28 in Bahrain, 12 negli Emirati Arabi Uniti, cinque in Arabia Saudita, quattro in Kuwait ed una in Qatar. Originariamente il mercato dei sukuk era di dominio degli Stati sovrani (Malaysia, Qatar, Pakistan e Bahrein), dopo la loro legittimazione da parte della Fiqh Academy dell’Organization of the Islamic Conference nel Febbraio 1988. Più di recente, anche aziende private hanno cominciato ad utilizzare il mercato dei sukuk (63).
La maggior parte delle emissioni di sukuk si basa sulla costituzione di uno Special Purpose Vehicle (SPV)(64) per acquisire asset ed emettere titoli di debito rappresentativi del valore dell’asset . Il valore del sukuk rimane pertanto sempre agganciato al valore dell’asset sottostante. Come esempio di strutturazione viene proposto (a lato) il caso del Global Sukuk emesso dal Qatar nel 2003.

Qatar Global Sukuk QSC
(ottobre 2003)

Nell’ottobre 2003, il Governo del Qatar ha emesso il Qatar Global Sukuk QSC del valore complessivo di 700 milioni di dollari con scadenza 2010. Il valore di questa emissione è stato destinato al finanziamento della costruzione e dello sviluppo della Hamad Medical City, situata a Doha, in Qatar.
In occasione dell’emissione è stata costituita una Società per Azioni a Doha (che ha agito come SPV nell’emissione) partecipata dal Governo del Qatar, Qatar International Islamic Bank (QIIB) ed HSBC.
Le fasi dell’emissione sono state le seguenti:
a. il Governo del Qatar ha venduto allo SPV porzioni di territorio, destinato al complesso medico, valutate complessivamente 700 milioni di dollari;
b. lo SPV le ha rivendute ai sottoscrittori dei sukuk, i quali hanno così acquistato diritti reali di godimento. Lo SPV ha conservato tali partecipazioni (come fosse un trust), e su questa base ha emesso trust certificates, ossia i sukuk;
c. lo SPV, per conto dell’investitore, ha concesso in leasing, con un contratto Ijarah, la porzione di terreno al Governo del Qatar contro pagamento di canoni di leasing semestrali;
d. i sottoscrittori dei sukuk vengono remunerati periodicamente dallo SPV, il quale viene finanziato dai pagamenti governativi del canone sulle porzioni di territorio.
I rendimenti sono stati garantiti dal Governo del Qatar, replicando strumenti di debito sovrano del Qatar a tasso variabile. I titoli sono stati valutati A+ da Standard & Poor’s (S&P) e quotati sia presso la Borsa del Lussemburgo sia presso la Labuan International Financial Exchange malaysiana.

L’Accounting and Auditing Organisation of Islamic Financial Institutions (AAOIFI) ha emesso gli standard per 14 tipi di sukuk, raggruppabili in categorie che richiamano i contratti finanziari esaminati in precedenza:
- Musharakah Sukuk, a cui appartengono quasi la metà dei sukuk emessi tra il 2004 e il 2006;
-Ijarah Sukuk, un’esempio del quale è l’emissione avvenuta il 31 luglio 2004 sul listino della Borsa di Lussemburgo di 100 milioni di euro da parte dello Stato federale della Sassonia-Anhalt (65). La scadenza del sukuk è cinque anni con un rendimento variabile basato sull’EURIBOR semestrale + 1 punto base. Gestore capofila è stata Citigroup, assistita da Kuwait Finance House. Lo Shariah Board di City Islamic Investment Bank ha certificato la conformità con i dettami religiosi. La garanzia fornita dall’intera federazione della Germania ha consentito al sukuk di ricevere il rating di -AAA da Fitch e di -AA da Standard&Poor’s. L’asset sottostante è costituito da un certo numero di edifici di proprietà del Ministero delle Finanze, dati in usufrutto per 100 anni alla fondazione olandese Stichting (66), utilizzata come SPV, che, a sua volta, lo ha rilocato per cinque anni al Ministero. La rendita (variabile calcolata secondo il parametro di riferimento per il periodo di cinque anni) rappresenta il beneficio per i detentori del certificato;
- Istisna Sukuk, un esempio del quale è il sukuk Durrat (valore pari a 120 milioni di dollari), emesso dal Bahrain, a parziale finanziamento del progetto statale (del valore di 1,2 miliardi di dollari) per la creazione di strutture di lusso per il divertimento e il turismo (67). La società responsabile del progetto Durrat, Khaleej Al Bharain BSC, è di proprietà congiunta del Governo del Bahrain e della Kuwait Finance House. La scadenza del sukuk è a cinque anni e la rendita è trimestrale. Il prezzo dell’emissione è stato fissato ad un valore pari a (LIBOR trimestrale + 125 punti base). L’organizzatore e l’agente collocatore per la raccolta di fondi è stato il Liquidity Management Centre (LMC), con sede nel Bahrain. L’International Islamic Financial Market, con sede nel Bahrain, ha svolto funzioni di Shariah advisor. Il sukuk è quotato nella Borsa Valori del Bahrain(68);
- Murabahah Sukuk, su cui è basato il Sukuk Bithaman al Ajil, popolare in Malaysia (69);
- Mudarabah Sukuk;
- Salam Sukuk, molto utilizzato in Bahrain come sostituto dei titoli di Stato.
Nella Tabella 4 si elencano le dieci emissioni di sukuk più rilevanti in base alla loro dimensione (70) .

Tabella4
Top 10 delle emissioni Sukuk
EMITTENTE
TIPOLOGIA DI EMISSIONE
DATA
ADVISOR
VALORE (Mln $)
MARGINE
SCADENZA
Nakheel Sukuk
(Emirati Arabi Uniti)
Corporate
Novembre 2006
Dubai Islamic Bank
Barclays Capital
3.520
LIBOR + 1,2%
1 anno
PCFC Sukuk
(Emirati Arabi Uniti)
Corporate
Gennaio 2006
Dubai Islamic Bank
3.500
7,125-10,125%
2 anni
Al Dar
Properties Sukuk
(Emirati Arabi Uniti)
Corporate
Gennaio 2007
Barclays Capital
Credit Suisse
National Bank of
Abu Dhabi
2.530
5,676%
5 anni
Dubai Global Sukuk
FZCO
(Emirati Arabi Uniti)
Governativo
Novembre 2004
Dubai Islamic Bank
Standard Chartered
HSBC
GIB
Kuwait Finance Hous
Arab Bank
1.000
LIBOR a 6
mesi + 0,45%
5 anni
ADIB Sukuk
Company
(Emirati Arabi Uniti)
Corporate
Dicembre 2006
HSBC
Amanah
800
LIBOR a 6
mesi + 0,4%
5 anni
SABIC Sukuk
(Arabia Saudita)
Corporate
Luglio 2006
HSBC
Saudi Arabia LtdHSBC
Amanah
800
SIBOR + 0,4%
 
DIB Sukuk
Company

(Emirati Arabi Uniti)
Corporate
Febbraio 2007
Barclays Capital
Citigroup
Standard Chartered Bank
750
LIBOR a 3
mesi + 0,33%
5 anni
Dubai Electricity &
Water Authority
(DEWA)

(Emirati Arabi Uniti)
Governativo
Maggio 2008
Barclays Capital
Citigroup
Dubai Islamic Bank
Emirates Bank International
749
EIBOR +
1,25%
5 anni
Governo del Qatar
Governativo
Settembre 2003
QIIB
HSBC Amanah
HSBC Bank Middle East
700
LIBOR a 6
mesi + 0,4%
7 anni
DAAR
International Sukuk
Company

(Arabia Saudita)
Corporate
Gennaio 2007
ABC Islamic Bank
Arab National Bank
Standard Bank
Unicorn Investment Bank
600
LIBOR a 3
mesi + 0,2%
3 anni

Il settore sukuk non è confinato a Paesi nel mondo musulmano, né è di dominio esclusivo delle istituzioni finanziarie islamiche. Sempre più sukuk, infatti, vengono strutturati e collegati ad asset residenti nel Regno Unito, nell’Europa continentale e negli Stati Uniti, grazie ad emittenti non islamici interessati a trarre vantaggio dalla maggiore liquidità presente nel mondo islamico. La diversificazione del rischio offerta dai contratti islamici, rispetto ai sistemi finanziari convenzionali, è tra i principali fattori di attrazione. Alcune analisi, infatti, hanno mostrato che la presenza in portafoglio di questi strumenti riduce di circa un terzo il value-at-risk(71) rispetto ad un portafoglio composto solo da obbligazioni convenzionali(72). La forte diffusione dei sukuk ha reso importante poter disporre di piattaforme diffuse di trading Shariah-compliant. La Borsa di Dubai (Dubai Financial Market, DFM), ad esempio, ha iniziato ad operare nel dicembre 2006 come la prima Borsa Valori al mondo interamente Shariah-compliant. Per disporre di questo requisito la piattaforma borsistica si è rivolta solo a società interamente Shariah-compliant, consentendo l’accesso alle negoziazioni anche a società non completamente Corano-compatibili a condizione che pagassero una tassa speciale di "purificazione"(73). La “purezza” islamica (Tazkiya) della Borsa di Dubai è stata approvata dallo Shariah Board dell’AAIOFI(74). Inoltre, per fornire agli investitori un riferimento di performance dei prezzi di sukuk internazionali e di obbligazioni convenzionali mediorientali, da ottobre 2007, Hong Kong and Shanghai Banking Corporation (HSBC) e Dubai International Financial Exchange (DIFX) hanno avviato un nuovo gruppo di indici(75), concentrati su tre categorie (sukuk internazionali, obbligazioni convenzionali mediorientali ed aggregato Medio Oriente). Gli indici includono oltre 100 emissioni da Paesi del Medio Oriente (dal 31 Dicembre 2004), di dimensione almeno pari a 100 milioni di dollari.


Prospettive: opportunità e rischi

La finanza Shariah-compliant non è un fenomeno di nicchia. In Medio Oriente e nei Paesi a forte componente islamica, la sua dimensione è in forte crescita rappresentando un riferimento non solo finanziario, ma soprattutto strutturale ed etico.
Standard&Poor’s ha stimato nel 2007 l’esistenza nel mondo di asset finanziari Shariah-compliant pari a circa 500 miliardi di dollari. Una stima più estesa è quella dell’International Finance Services di Londra che, già alla fine del 2006, valutava gli asset mondiali Shariah-compliant in 531 miliardi di dollari. Di quest’ultimo ammontare, il 75% era nella disponibilità di banche commerciali islamiche (397 miliardi di dollari), il 13% nella disponibilità di banche di investimento (66 miliardi di dollari), ed il restante da suddividere tra emissioni di obbligazioni islamiche (sukuk, 44 miliardi di dollari), investimenti in fondi azionari ed altri strumenti finanziari extra-bilancio (14 miliardi di dollari) ed asset assicurativi islamici (takaful(76), 10 miliardi di dollari).
Una rilevazione di The Banker(77) ha fornito, poi, un’indicazione in termini di composizione dell’industria dei servizi finanziari islamici. Alla fine del 2006, il Paese leader nella detenzione di asset Shariah-compliant era l’Iran, seguito da Arabia Saudita e Malaysia (Tabella 5).

Tabella5
Top 15 per asset Shariah-compliant detenuti (mld $)
Posizione
Paese
Banche
Takaful
Totale
%
1
Iran
152,9
2,0
154,9
32,8
2
Arabia Saudita
68,5
1,6
70,1
14,8
3
Malaysia
64,1
1,2
65,3
13,8
4
Kuwait
37,3
1,2
38,5
8,1
5
Emirati Arabi Uniti
34,9
1,0
35,9
7,6
6
Bahrein
25,6
0,8
26,4
5,6
7
Pakistan
15,9
----
15,9
3,4
8
Libano
14,3
----
14,3
3,0
9
Gran Bretagna
10,4
----
10,4
2,2
10
Turchia
10,1
----
10,1
2,1
11
Qatar
9,1
0,3
9,4
2,0
12
Bangladesh
4,3
0,3
4,6
1,0
13
Sudan
4,1
0,7
4,8
1,0
14
Egitto
3,8
0,1
3,9
0,8
15
Giordania
2,6
0,1
2,7
0,6


Come si evince dalla tabella, l’industria si mantiene concentrata soprattutto nella regione mediorientale. L’eccezione europea è la Gran Bretagna. La cifra complessiva di 525 istituzioni finanziarie islamiche rilevate da The Banker comprende 292 banche (sia pienamente islamiche sia ibride, ossia con islamic windows separate dedicate alla vendita di prodotti finanziari islamici(78)), 115 tra banche di investimento e società finanziarie islamiche, e 118 compagnie di assicurazione. Isolando una graduatoria delle prime 15 banche islamiche al mondo (Tabella 6), le banche iraniane occupano sei dei primi 15 posti.

Tabella 6
Prime 15 Banche islamiche al mondo per
asset Shariah-compliant
Pos.
Banca
Paese
Valore totale
degli asset Shariah-compliant
detenuti (mld $)
1
Bank Melli
Iran
35,493
2
Bank Saderat
Iran
34,840
3
Takaful IBB Berhad
Brunei
31,535
4
Al Rajhi Bank
Arabia Saudita
28,093
5
Bank Mellat
Iran
25,128
6
AmIslamic Bank Berhad
Malaysia
22,263
7
Kuwait Finance House
Kuwait
21,836
8
Bank Tejarat
Iran
18,945
9
Dubai Islamic Bank
EAU
17,544
10
Blom Bank
Libano
14,219
11
Bank Sepah
Iran
13,913
12
Parisian Bank
Iran
10,483
13
Abu Dhabi Islamic Bank
EAU
9,881
14
HSBC Amanah
Regno Unito
9,725
15
National Commercial Bank Ltd.
Arabia Saudita
9,175

Dati gli elenchi della Tabella 5 e della Tabella 6 sorgono due considerazioni. La prima riguarda la Cina, Paese a forte tasso di crescita economica nonché origine e destinazione di consistenti investimenti esteri (dapprima diretti, recentemente anche finanziari). La Cina è anche il Paese il cui consumo di energia cresce a ritmi superiori a qualsiasi altro al mondo. Per questo, una relazione più stretta con i Paesi del Golfo è strategica per Pechino, ed in tal senso anche l’interesse per la finanza Shariah-compliant, nella prospettiva che, in futuro, ogni contratto stipulato con questi Paesi potrebbe essere basato sul rispetto dei dettami religiosi dell’Islam. Dal 2006 sono iniziati i primi investimenti Shariah-compliant in Cina: la Shamil Bank, con sede in Bahrein, ha lanciato il suo Shamil China Realty Mudarabah (con una dotazione pari a 100 milioni di dollari), primo fondo immobiliare islamico dedicato a investimenti nel mercato immobiliare cinese; DWS Investments, branca di Deutsche Bank specializzata in fondi comuni a carattere globale, ha lanciato la sua prima famiglia di fondi comuni di investimento Shariah-compliant; Al Rajhi Investments ha introdotto il proprio Shariah Investment Fund nel mercato cinese, in partnership con China Resources, conglomerato statale dominante nel mercato immobiliare cinese. Recentemente Mayfair Pacific Asset Management(con sede ad Hong Kong ed esperienze pregresse di investimento sull’area Pacifico) ha creato il Mayfair Islamic Greater China Segregated Portfolio, fondo comune Shariah-compliant (domiciliato alle Cayman Islands) da 300 milioni di dollari principalmente rivolto agli indici del Dow Jones Islamic Market, e geografi camente orientato verso la regione della Grande Cina (area comprendente i territori amministrati dalla Cina, inclusi Hong Kong e Macao, nonché il territorio di Taiwan).(79) Amministratore e Custode del fondo è Deutsche Bank, Ernst & Young è il revisore e la malaysiana ZI Shariah Advisory Services è Shariah agent. Questa esperienza, come altre che seguiranno, forniranno indicazioni su quanto sia possibile utilizzare il fertile mercato cinese, considerato il grande interesse che Pechino rivolge verso il mercato della finanza islamica. La seconda considerazione riguarda la Gran Bretagna. La sua leadership tra i Paesi occidentali nell’industria mondiale della finanza islamica non rappresenta, infatti, un fenomeno casuale. Nel tempo, il Governo di Londra ha consentito alla comunità musulmana (circa il 3% del totale) l’accesso a servizi finanziari offerti da banche nazionali, coerenti con i precetti religiosi della Shariah(80). Fin dai primi anni 2000, la strategia impostata da Londra si è orientata verso: - il rafforzamento della competitività della City mediante il consolidamento della posizione del Regno Unito di gateway globale per la finanza islamica(81); - la creazione di un "equo terreno di confronto" (level playing field) per la finanza Shariah-compliant sul mercato britannico, nei settori bancari retail(82) e wholesale. Funzionale a questo obiettivo è stata l’introduzione di modifiche fiscali e legislative per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo della finanza islamica, quali gli sgravi introdotti con il Finance Act del 2003 per prevenire una doppia imposizione sui mutui ipotecari islamici(83), le misure di armonizzazione del trattamento fiscale dei prodotti islamici a quello dei prodotti finanziari convenzionali introdotte dai Finance Act del 2005 e del 2006, nonché una prima ipotesi di fiscalità per la creazione di un mercato interno di sukuk introdotta con il Finance Act del 2007.
A livello di policy governativa, in seno all’HM Treasury britannico è stato istituito l’Islamic Finance Experts Group (IFEG). Questo gruppo di lavoro rappresenta un esempio di rilevanza mondiale nella trattazione della materia, coinvolgendo al suo interno membri del Parlamento, enti statali, importanti banche d’investimento, banche islamiche autorizzate, società di consulenza internazionale, enti di ricerca in materia, rappresentanti della collettività musulmana, rappresentanti dell’industria dei servizi finanziari.

Islamic Finance Experts Group (IFEG)
Composizione

Shahid Malik, Membro del Parlamento
Sadiq Khan, Membro del Parlamento

Andrew Cahn, UK Trade & Investment
Clive Briault, Financial Services Authority
Raquel Hughes, London Stock Exchange
David Lewis, City of London
Robert Gray, International Capital Markets
Association

Mulham Alwani, Royal Bank of Scotland
Peter Burnett, UBS
Arul Kandasamy, Barclays Capital
Afaq Khan, Standard Chartered Bank
Amjid Ali, HSBC Amanah
Usman Ahmed, Citigroup
Miyan Mansur, Credit Suisse
Neil Miller, Norton Rose
Yavar Moini, Morgan Stanley
Abid Shakeel, Lloyds TSB
Walid Sarieddine, West LB

Gerry Deegan, Islamic Bank of Britain
John Weguelin, European Islamic Investment Bank

Khursid Ahmed, British Muslim Forum
Iqbal Khan, Muslim Council of Britain

Mohammed Amin, PriceWaterhouseCoopers LLP

Stella Cox, DDCAP Ltd
Keith Leach, Alburaq, ABC International Bank

Il primo obiettivo che l’IFEG si è posto è stata la valutazione della fattibilità di un’emissione da parte dell’HM Treasury di sukuk denominati in sterline, in termini di opzioni di emissione, parametri, benefici potenziali per la City finanziaria e per gli investitori privati, integrazione con la politica di gestione del debito pubblico, dimensione e natura della domanda potenziale, costi potenziali e caratteristiche di rischio, esperienze di altri emittenti di sukuk. Il 19 maggio 2008 Kitty Ussher, Sottosegretario al Tesoro britannico, ha confermato l’intenzione del Governo di Londra di emettere sukuk, al fine di raccogliere liquidità dalla Comunità musulmana, inviando al contempo un forte messaggio di integrazione(84).
L’8 giugno scorso il Governo britannico ha diffuso gli esiti di una consultazione relativa al progetto di emissione di sukuk(85). Il Sottosegretario Ussher ha affermato che, pur non avendo ancora fissato una scadenza certa, si è prossimi alla concretizzazione del piano di raccolta. Entro la fine del 2008, il Governo di Londra pubblicherà un paper di aggiornamento della strategia britannica in materia di finanza islamica, sia per il settore statale sia per l’industria privata. L’equilibrio tra rischi e vantaggi risiede in alcune scelte riguardanti:
- la scadenza del sukuk: Londra opterebbe per un "bill-like"sukuk (scadenza inferiore ad un anno) piuttosto che per un "bond-like"sukuk (scadenza tra 5-10 anni), in quanto una struttura a breve consentirebbe una piena integrazione con la struttura del Treasury bill convenzionale (a 1, 3 e 6 mesi);
- la struttura contrattuale: la preferenza di Londra è rivolta verso un contratto Ijarah(86);
- l’ammontare dell’emissione: l’orien- tamento di Londra è arrivare a 2 miliardi di sterline (poco meno di 4 miliardi di dollari).
Un aspetto di rilievo è dato dalla futura accettabilità del sukuk governativo come garanzia collaterale nelle operazioni di mercato aperto effettuate dalla Bank of England. Le previsioni della City sono per un rating AAA(87) con l’obiettivo non solo di attrarre flussi di capitale dai Paesi arabi, bensì di stabilire un benchmark da utilizzare come pricing base per future emissioni corporate di sukuk sulla piazza di Londra(88).
Intanto, cinque istituti di credito interamente islamici hanno già ottenuto l’autorizzazione dalla Financial Services Authority (FSA) ad operare sul territorio britannico. Questi sono la Islamic Bank of Britain (IBB), che ha avviato le proprie operazioni nel settore retail nel 2004(89), la European Islamic Investment Bank, autorizzata per il settore wholesale nel 2006, la Bank of London and the Middle East, autorizzata anch’essa per il settore wholesale nel 2007(90), la European Finance House, autorizzata nel Gennaio 2008 e la Gatehouse Bank, autorizzata nell’Aprile 2008. La FSA ha anche autorizzato un hedge fund islamico, lo Sharia-equity Opportunity Fund (realizzato dalla statunitense Meyer Capital) e nel settore delle assicurazioni nel Maggio 2008 ha autorizzato l’operatività di Principle Insurance, la prima compagnia assicurativa islamica (takaful provider).
Una componente fondamentale nella strategia di Londra di espansione della finanza islamica è stata, dunque, l’integrazione con il sistema bancario convenzionale, che rappresenta il maggiore problema soprattutto in aree geografiche tradizionalmente di religione diversa.
In ogni strategia di integrazione una delle criticità più rilevanti è costituita dall’armonizzazione dei rischi tipici di gestione. Generalmente le banche islamiche fronteggiano gli stessi rischi degli istituti finanziari operanti nel sistema convenzionale (il rischio legato alle insolvenze - credit risk, il rischio legato alle fluttuazioni del prezzo delle materie prime - commodity risk, il rischio connesso alla gestione della liquidità del sistema - liquidity risk, il rischio di mercato - market risk, i rischi legali e regolamentari - legal and regulatory risk), nonché altri derivanti dal principio di condivisione del rischio (moral hazard) e dalla conformità ai precetti religiosi (shariah risk ).
Tralasciando i rischi più comuni, ci si può soffermare su quelli più specifici del sistema bancario-finanziario Shariah-compliant, partendo dal rischio di "azione nascosta" (moral hazard) che rappresenta uno degli aspetti collegati al modus operandi dell’intermediario finanziario. Nella "relazione di agenzia" (nota in economia come "problema agente/principale") l’agente, lavorando per conto di un principale, può perseguire interessi diversi da quelli del suo committente e porre in essere comportamenti opportunistici a danno del principale. In un contratto di tipo PLS, la presenza di asimmetria informativa determina un duplice rischio di "azione nascosta":
- tra l’agente (l’imprenditore) e il principale (la banca). Mentre nella fase pre-contrattuale l’imprenditore è incentivato a mantenersi trasparente per ottenere i fondi richiesti, nel corso dell’attività di impresa può subentrare il rischio di sub-reporting (in particolare, in assenza di clausole di incentivo nel contratto) per nascondere un utilizzo inefficiente (o addirittura illegale) dei fondi ricevuti. Poiché l’utile della banca islamica è direttamente proporzionale al risultato dell’attività legata ai progetti finanziati, i manager dovranno anche monitorare con attenzione l’attività sottostante i prestiti erogati;
- tra l’agente (i manager della banca) e il principale (i clienti della banca)(91). La sostituzione del tasso d’interesse con il meccanismo di PLS crea un incentivo per il cliente di una banca islamica nel monitorare il comportamento dei manager in quanto il primo può vedere aumentato (o decurtato) il suo deposito in base ai profitti (o alle perdite) realizzati dal secondo. Ciò al contrario del cliente tipico della banca occidentale il quale, a meno di grossi fallimenti del sistema, ha la garanzia del proprio capitale e la remunerazione ad un tasso prefissato, indipendentemente dal risultato economico conseguito dalla banca nel periodo di riferimento(92).
Vi è poi un rischio tipico della finanza islamica, il rischio di non conformità con le regole della Shariah (shariah risk). Questo può creare seri danni reputazionali, che possono indurre un deflusso di fondi da parte di investitori islamici, causando fallimenti e rischi sistemici.
Con riferimento alle caratteristiche tipiche dell’attivo patrimoniale di una banca islamica, l’obbligo di rispetto dei vincoli imposti dalla Shariah si sostanzia nell’imposizione di criteri essenzialmente negativi (filtro di primo livello: divieto di investire in taluni settori) ed onerosi ratio di bilancio (filtro di secondo livello: il passivo non deve eccedere un terzo degli asset totali). Tale prassi restringe l’universo degli investimenti con conseguenze sia micro (minor grado di diversificazione del portafoglio) sia macro (in termini del ruolo delle banche nello sviluppo del sistema economico)(93).
I prodotti dell’ingegneria finanziaria strutturata, che caratterizzano il sistema finanziario convenzionale, sono ad elevato shariah risk. Questo restringe i margini per l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi
(esigenza intimamente connessa allo sforzo di fronteggiare le difficoltà nella gestione della liquidità e del rischio) e può costituire un elemento di svantaggio per la competitività delle banche islamiche rispetto alle istituzioni finanziarie convenzionali(94).
Per favorire l’attività di copertura del rischio anche nel settore degli hedge fund si stanno creando occasioni di investimento Shariah compliant[(95). Barclays Capital e Dubai Multi Commodities Centre Authority </i>](DMCCA) hanno preannuciato la disponibilità dei primi hedge fund, strutturati con modalità rispettose della Legge Islamica, da parte di un trust indipendente con sede alle Cayman Island, Al Safi Trust. DMCCA si è impegnato ad investire 250 milioni di dollari in cinque che investono hedge fund in materie prime

tramite un fondo di fondi Shariah-compliant offerto da Dubai Shariah Asset Management (DSAM), una partnership tra DMCCA e Shariah Capital.
Lo Shariah Board di quest’ultima si occuperà della certificazione della conformità alla Legge Islamica, mentre Barclays Capital sarà prime broker e distributore dei prodotti strutturati di Al Safi Trust. Le altre investment firm autorizzate da DMCCA per il lancio dei cinque hedge fund sono BlackRock, Ospraie Management, Tocqueville Asset Management, Lucas Capit al Management, Zweig-DiMenna International Managers(96).



Prospettive ed opportunità in Italia

L’assenza in Italia di esperienze concrete in tema di istituzioni finanziarie islamiche rende astratta una valutazione delle opportunità e dei rischi legati all’introduzione di una banca islamica. Questo ostacolo può essere parzialmente rimosso osservando esperienze vissute nella cornice normativa comunitaria in considerazione del fatto che la disciplina europea sui servizi finanziari ha, di fatto, creato un mercato unico anche per l’industria bancaria islamica.
La verifica di una potenziale compatibilità tra regole della Shariah e ordinamento italiano può giovarsi dell’esperienza della Gran Bretagna che dimostra come la costituzione di una banca islamica sia possibile in un contesto dove si applicano alle banche regole di vigilanza derivate dalle direttive comunitarie. Vanno considerati, però, tempi di apprendimento commisurati alle difficoltà che il problema introduce. Forzare i tempi potrebbe risultare alquanto dannoso per il sistema nel suo complesso(97).
L’introduzione della finanza islamica non è solo maggiore competitività. Un tale processo, infatti, ha anche riflessi sulla sicurezza economica interna.
La gestione della relazione inversa (trade-off) tra competitività e sicurezza economica (Tabella 7) richiede un approccio istituzionale olistico (ossia che contempli aspetti di vigilanza bancaria-finanziaria, ed aspetti economici e sociali), per i quali un intervento governativo potrebbe assicurare una maggiore copertura. Un approccio, dunque, simile a quello britannico dell’Islamic Finance Expert Group britannico (istituito in seno all’HM Treasury), dove interessi diversi, anche contrapposti, possano trovare un loro equilibrio ed una loro compensazione.

Tabella 7
IL TRADE-OFF TRA COMPETITIVITA’ E SICUREZZA ECONOMICA
Fattori
Aspetti Positivi
(COMPETITIVITA’)Banca
Aspetti Negativi
(SICUREZZA ECONOMICA)
Attrattività
del Sistema-Italia per gli investitori arabi
Maggiori investimenti
Ingerenza nel Sistema economico
Innovazione nell’intermediazione
finanziaria
Maggiore raccolta fondi dalla
Comunità Musulmana (retail)

Maggiore impiego fondi con finanziamenti del sistema bancario nazionale all’investimento infrastrutturale arabo in Italia (wholesale)
Necessità di vigilanza Forti costi di apprendimento
Consolidamento posizione Euro-Mediterranea dell’Italia
Potenziali sinergie con altre esperienze europee (Francia e Gran Bretagna)
Competizione non trasparente con altre esperienze europee
Capacità di Investimento del Sistema-Italia nel Bacino geografico di riferimento
Maggiore supporto bancario-finanzario all’internazionalizzazione delle imprese
Shariah risk e Moral Hazard

Assenza di un tribunale di ultima istanza

Assenza di un prestatore Shariah-compliant di ultima istanza

Nella considerazione della relazione inversa tra competitività e sicurezza economica, tra gli aspetti di incremento competitivo, vi sono il maggiore investimento estero complessivo; una maggiore (e maggiormente osservabile) raccolta bancaria dei fondi originati dalla Comunità islamica in Italia(98); un maggiore (e migliore) impiego degli stessi fondi tramitati dal sistema bancario nazionale verso l’investimento diretto arabo in Italia; le potenziali sinergie (in termini di esperienze, di conoscenza e di strumenti) con altre esperienze europee (soprattutto Francia e Gran Bretagna); la maggiore capacità di internazionalizzazione delle imprese, in particolare rivolta verso i Paesi a religione islamica, grazie ad un supporto "esperto" del sistema bancario-finanziario nazionale.
Un esempio importante dell’internazionalizzazione riguarda il vantaggio competitivo in un settore fondamentale dell’economia, quale quello dell’energia, che una conoscenza delle caratteristiche della finanza islamica potrebbe garantire. Investimenti arabi Shariah-compliant nel settore sono già in fase di avvio a livello mondiale e dall’aprile 2008 è presente anche la prima banca Shariah-compliant dedicata al settore dell’energia, First Energy Bank (FEB). Il 24 giugno scorso la Banca Centrale del Bahrain ha fornito una licenza per lo svolgimento di attività wholesale, ed attualmente sono in atto le fasi costitutive e di raccolta del patrimonio (dai previsti 750 milioni si potrebbe arrivare ad un miliardo di dollari)(99).
Tra gli aspetti di tutela della sicurezza economica che richiedono un’attenta e costante vigilanza da parte degli organismi preposti; forti costi di apprendimento della materia; la protezione da una competizione potenziale non trasparente nella raccolta bancaria da parte di altre esperienze europee; la copertura di rischi tipici (Shariah risk, moral hazard); l’assenza sia di un tribunale di ultima istanza (100) sia di un prestatore Shariah-compliant di ultima istanza; la preoccupazione relativa ai requisiti patrimoniali necessari in occasione della procedura autorizzativa.
In un interessante studio, Mohamad Bakkar (101) ha considerato le principali sfide che l’Italia si trova a dover affrontare nell’introduzione e nell’uso di strumenti di finanza islamica. I fattori critici sono stati individuati nei seguenti:
- regolamentazione e tassazione.
Esempi di regime autorizzativo e fiscale per le banche islamiche sono già presenti in alcuni Paesi europei (Gran Bretagna, Svizzera, Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi) (102) e negli Stati Uniti. In gran parte, l’impostazione è basata sulla tassazione dell’aspetto economico delle transazioni, mentre nel solo sistema britannico è l’aspetto giuridico delle transazioni a guidare il trattamento fiscale applicato. In molti casi, comunque, le transazioni di finanza islamica avvengono mediante un semplice adattamento della legislazione esistente(103). Questo rende la qualità e la trasparenza del financial reporting nell’industria finanziaria islamica differente significativamente tra giurisdizioni, ed inadeguata per l’assenza di una standardizzazione con i principi contabili internazionali. Organismi regolatori islamici internazionali, quali l’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions -AAOIFI -(104), l’Islamic Financial Services Board - IFSB -(105) e gli Shariah boards interni alle imprese (106), hanno elaborato standard, due dei quali sono stati definiti nel 2006 (Capital Adequacy(107) e Guiding Principles of Risk Management(108));
- funzione di controllo bancario islamico (Shariah Governance).
I principi fondamentali sottostanti i prodotti finanziari islamici, pur con un vasto consenso legato al loro contenuto formale, restano interpretati in maniera differente ed utilizzati nella pratica in maniera altrettanto diversa. Secondo Moody’s (2008) la carenza di standard (tecnica e contrattuale) rappresenta un notevole ostacolo allo sviluppo della finanza islamica, sia come modello di investimento sia in termini di finanziamento alternativo. Peraltro, anche le differenti vedute da parte di diversi Shariah Board alimentano l’incertezza: una transazione può essere accettata da un Consiglio ma rifiutata da un altro. Due esempi delle conseguenze di una carenza di standard sono rappresentati dall’importante dibattito sulla "purezza" dei sukuk, sviluppato da una critica espressa nel 2007 dallo Sheikh Muhammad Taqi Usmani, Presidente dello Shariah Standard Council dell’AAOIFI, eminente studioso indiano di origine deobandi, appartenente alla Scuola Hanafi pachistana, che ha suscitato effetti negativi nell’industria dei sukuk, al punto tale da sospendere la realizzazione di molte transazioni in attesa che la questione religiosa trovasse una soluzione (109), nonché dalla fatwa negativa espressa nel 2007 dal religioso Mohammed al-Ossaimi contro alcuni investimenti effettuati dalla Kingdom Holding del Principe saudita Alwaleed bin Talal, e contro l’Offerta Pubblica Iniziale realizzata nel 2006 dalla saudita Red Sea Housing Services Co., sussidiaria del Dabbagh Group di Jeddah;
- formazione e addestramento sull’Islam del management bancario.
Esiste una forte carenza di qualificazione nel settore, non solo a livello di studiosi, ma anche di operatori dell’industria dei servizi finanziari. Un’interessante iniziativa di formazione, al riguardo, è quella della Banca Popolare di Milano (BPM) che ha previsto, in collaborazione con l’Accademia di Studi Interreligiosi di Milano, un ciclo di formazione da Settembre 2008 per il proprio staff. L’obiettivo è l’approfondimento di tematiche interculturali, con particolare riferimento all’Islam. Inizialmente, il format dei corsi sarà dedicato ai manager, per poi estendersi successivamente ai dipendenti, e spazierà da tematiche prettamente religiose (come il significato del velo) a tematiche economiche (come l’islamic banking) (110);
- concorrenza con le banche convenzionali.
Le transazioni finanziarie Shariah-compliant riguardano sia mercati convenzionali globali sia mercati islamici regionali o locali. In tali contesti sono rilevanti:
* nei confronti di clienti musulmani, il rispetto dei precetti religiosi e la garanzia di riservatezza;
* nei confronti di clienti non musulmani, il rendimento comparato dei prodotti Shariah-compliant rispetto ai prodotti di finanza convenzionale.
Obiettivo della nuova generazione di prodotti finanziari islamici è, dunque, garantire rendimenti competitivi Shariah-compliant, dunque, rispondendo ad un fabbisogno etico, confessionale (111), ma anche di profitto, affermandosi nel confronto con la finanza convenzionale. Un esempio di espressione di capacità competitiva Shariah-compliant è il BNP Paribas Islamic Equities Optimiser, unico fondo comune di investimento Shariah-compliant autorizzato in Italia. Nel prospetto semplificato di Febbraio 2006, il Fondo, di diritto lussemburghese, si dice essere "offerto indifferentemente ad investitori islamici e non islamici". Pur riconoscendo che "non è ammesso che il Fondo paghi o riceva interessi", si ritengono possibili "la riscossione ed il pagamento di dividendi da titoli azionari" (112);
- canali di trasferimento di liquidità e fondi tra banche convenzionali e banche islamiche.
Sono molteplici i fattori che rendono problematica la gestione della liquidità in una banca islamica: l’eccessiva dipendenza dai conti correnti per la loro disponibilità liquida; le restrizioni esistenti sulla rinegoziazione del debito; l’assenza di un mercato di strumenti di rifinanziamento Shariah-compliant; l’assenza di un "prestatore di ultima istanza" islamico (113).

Riassumendo graficamente:



L’apertura di una banca islamica in Italia è, dunque, possibile ma a condizione che vengano rispettate le regole e i controlli richiesti in caso di costituzione di una nuova banca o di stabilimento di una succursale di banca straniera. Un requisito specifico, rispetto a quelli tradizionali previsti dalla legge italiana, è la chiara definizione del ruolo e delle responsabilità dello Shariah Board, al quale non dovranno essere attribuite funzioni legate alla gestione ed al controllo (114). Esistono altre due strade per svolgere attività di islamic banking in Italia:
a. l’apertura di una succursale di una banca islamica di un Paese extra-comunitario, il cui procedimento autorizzativo è in gran parte simile a quello previsto per la costituzione di una nuova banca islamica;
b. la presenza di una succursale di una banca islamica già costituita in un Paese comunitario, la cui procedura autorizzativa si basa sui principi comunitari del "passaporto europeo" e del "riconoscimento della vigilanza sulla casa-madre", limitandosi a richiedere la notificazione da parte dell’Autorità di vigilanza del Paese di origine.

Passaporto Europeo

Il meccanismo del "passaporto europeo" è stato introdotto con la Direttiva 93/22/CE (c.d Investiment Service Directive -ISD) che prevedeva un’autorizzazione unica per l’esercizio di servizi di investimento rilasciata dall’Autorità di vigilanza del Paese d’origine e valevole (in linea di principio) per gli altri Paesi dell’Unione.
Con l’entrata in vigore della Direttiva 2004/39/CE (c.d. Market in Financial Instruments Directive - MiFID), recepita in Italia con D.Lgs. n. 164 del 17 settembre 2007, uno dei principali obiettivi è stato armonizzare "al massimo" il regime per le imprese di investimento.
Le imprese che prestano servizi di investimento (come occupazione o attività abituale a titolo professionale) sono tenute, ai sensi della MiFID, a richiedere l’autorizzazione preventiva al proprio Stato Membro di Origine. Una volta autorizzata, l’impresa sarà abilitata, avvalendosi del regime del passaporto europeo, a stabilire una succursale o a prestare i servizi in regime di libera prestazione in ogni Stato Membro.
A differenza di quanto previsto dalla ISD, sia la regolamentazione prudenziale sia quella riguardante le regole di condotta saranno esercitate dallo Stato Membro di Origine, con la sola eccezione delle attività svolte dalle succursali, nel qual caso alla sede secondaria si applicheranno le regole di condotta fissate dallo Stato Membro Ospitante.

Un’ipotesi di applicazione del meccanismo comunitario del "passaporto europeo" è quella della britannica European Islamic Investment Bank (EIIB), la quale, avente sede legale in Gran Bretagna, intenderebbe stabilirsi, o prestare i suoi servizi, in Italia (115).
Relativamente ad una tale ipotesi, nella prassi consolidata le Autorità di vigilanza non consentono ad una banca appena costituita di espandersi immediatamente all’estero, per ragioni attinenti alla stabilità e alla sana e prudente gestione della banca costituita. Solo il consolidamento di una banca islamica in un Paese dell’Unione Europea, sotto tutti i profili tecnici al pari di ogni altra, può consentirne l’espansione in altri Paesi senza che le Autorità di vigilanza degli Stati membri ospitanti possano avere motivo di opporsi.


Conclusioni

La progressiva crescita del mercato finanziario islamico va analizzata da un duplice punto di vista: per il musulmano, è legata all’attrattiva della liceità etico-religiosa della prassi bancaria e finanziaria, nonché alla possibilità di sostenere, con il proprio contributo, il recupero e l’affermazione di principi islamici nel contesto economico contemporaneo; per il Paese che offre prodotti rispettosi delle regole della Shariah , è connessa alla possibilità di usufruire di un accesso privilegiato alla domanda aggregata Shariah -compliant, attualmente riferita ai Paesi del Golfo o del Sud-Est asiatico, in futuro da riferirsi principalmente alla popolazione islamica residente in Europa (116).
L’esaltazione del profilo religioso-ideologico volto a consolidare quote di mercato non sembra, però, sempre accompagnata da un adeguato livello di tutela effettiva e di trasparenza, importante, invece, nel verificare la reale capacità competitiva delle banche islamiche, qualora si rivolgano ad una clientela diversa da quella musulmana.
Il mondo arabo ha sempre dimostrato grande attenzione nei confronti dell’economia italiana, come documentano diversi investimenti di rilievo. Per l’Italia aprirsi alla finanza islamica rappresenta un’opportunità di business che richiede, al contempo, sia l’approfondimento di bisogni di tipo etico e religioso, sia un’interazione con la Comunità islamica nazionale che non può prescindere da una conoscenza della sua composizione e delle sue esigenze etiche, prima ancora che economiche e finanziarie.
L’attenzione nei confronti della liquidità, effettiva e potenziale, originata dalla Comunità islamica non può concretizzarsi solo in soluzioni di repressione. Laddove possibile, va, piuttosto, avviata una più complessa (ma duratura) soluzione di prevenzione, mirata all’integrazione di questa liquidità nel sistema economico-finanziario interno.
Gli aspetti positivi del binomio "maggiore raccolta di liquidità dalla Comunità musulmana/forte messaggio di integrazione sociale" alla base della strategia di Londra, Berlino, Parigi, Amsterdam, dovrebbero essere colti anche dall’Italia. Va, però, mantenuta l’attenzione anche agli aspetti economici e sociali. Nel parlare di "integrazione bancaria", ad esempio, vi è un "problema" culturale non indifferente da tenere in considerazione: mentre nel caso di clienti islamici, i principi religiosi valgono sia nel profitto sia nella perdita, nel caso di una clientela non musulmana, l’abitudine a schemi bancari tipici occidentali potrebbe creare difficoltà nel comprendere gli aspetti distintivi della banca islamica in caso di esito negativo degli investimenti.
Analogamente, la grande incertezza che permea l’introduzione di contratti finanziari islamici nella prassi comune bancaria italiana va affrontata anche in termini di tutela sia degli aspetti di sicurezza economica e finanziaria, sia degli aspetti scientifici ed industriali. Laddove la contrattualistica islamica possa diventare uno strumento di finanziamento allo sviluppo di questi settori, infatti, la poca conoscenza della materia aprirebbe a distorsioni nel "normale comportamento" degli operatori coinvolti. Una gestione, rispettosa e prospettica, è, dunque, necessaria non solo a livello normativo, ma soprattutto a livello sistemico e sociale (nella protezione dei suoi riflessi inerenti la religione) anche mediante strumenti di prevenzione, ossia di intelligence, ritenuti più convenienti.



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- Porzio, Claudio, Commento a Vogel, in Gimigliano, Gabriella e Rotondo, Gennaro, La Banca islamica e la disciplina bancaria europea, Giuffré Editore (2006).
- -Salim, Nora, China’s scope for Islamic Finance, Islamic Finance news (2007).
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- Timewell, Stephen; DiVanna Joe, Top 500 Islamic Institutions, The Banker (2007).
- Vadalà, Emilio, Capire l’economia islamica, Yorick Editore (2005).
- Vogel, Frank E., Islamic Finance: Personal and Enterprise Banking, in Gimigliano, Gabriella e Rotondo, Gennaro, La Banca islamica e la disciplina bancaria europea, Giuffré Editore (2006)
- Wilson, Rodney, Islamic Finance in Europe, RSCAS Policy Papers n.2, European University Institute (2007).


(1) La società libica Oilinvest (di diritto olandese, controllata dalla National Oil Corporation libica e dalla LAFICO) è proprietaria di una partecipazione nella Tamoil Italia Spa.
(2) Cfr. Carlo Festa, Risanamento e Aedes sondano gli sceicchi, Il Sole 24 Ore Plus 24, 31.5.2008.
(3) Il fondo di investimento del Qatar, Barwa Real Estate, sarebbe in trattative con Monte Paschi Siena per l’acquisto dell’immobile sito in Via dei Normanni a Roma, 36.000 m2 con affaccio sul Colosseo.
(4) Cfr. Alfredo Sessa, Il sultano dell’Oman attracca in Puglia, Il Sole 24 Ore, 21.5.2008. In precedenza il 16 maggio il Presidente della Provincia di Bari, Vincenzo Divella, ha incontrato l’Ambasciatore in Italia del Sultanato dell’Oman, Said Nasser Al-Harthy, per illustrare il quadro socio-economico del territorio barese. Cfr. Antonio Scotti, Vendola invitato a cena dal sultano dell’Oman, www.barilive.it, 23.5.2008.
(5) L’UAB comprende più di 300 istituzioni bancarie e finanziarie arabe, e rappresenta il più grande consorzio bancario e finanziario nella regione, nonché il portavoce della comunità bancaria araba. I membri dell’UAB si dividono in membri attivi (tutte le istituzioni finanziarie e bancarie, arabe e arabo-straniere) e membri osservatori (Banche centrali arabe, associazioni bancarie arabe e istituzioni finanziarie arabo-straniere nelle quali la presenza araba è minore del 51% ma maggiore del 25%). Cfr. www.uabonline.org.
(6) Cfr. Claudio Tucci, Nel 2008 in Italia la prima banca islamica, Il Sole 24 Ore, 25.9.2007.
(7) L’Islam si basa su tre elementi: Aqidah (Fede e Credo); Akhlaq (Moralità ed Etica); Shariah (Pratiche e Attività). Quest’ultima è la legge divina come rivelata dal Corano e dalla Sunnah. La Shariah si compone in due insiemi di regole: Ibadah (riguarda la pratica obbligatoria di preghiera), e Muamalat (riguarda gli aspetti di vita quotidiana ulteriori rispetto agli obblighi dell’Ibadah). Parte della Muamalat è relativa ai comportamenti da tenere nell’economia e nella finanza. Se la Shariah è la Legge islamica, Fiqh è la sua interpretazione. La gerarchia delle fonti nel diritto islamico prevede:

a. il Corano (testo di Allah), fonte primaria per la comprensione delle leggi di Dio;
b. la Sunnah (parole o atti del Profeta), fonte secondaria basata su quanto è stato trasmesso dal Profeta Maometto tramite le sue Parole (la loro funzione è trasmettere la legge come principio, nonché assicurare guida morale), Atti (che hanno un contenuto legale) e Tacite Approvazioni (equivalgono al silenzio-assenso del Profeta sulle azioni svolte in Sua presenza o delle quali il Profeta era a conoscenza);
c. Ijma’ (Consenso), consta nel consenso su una regola di diritto islamico da parte di giuristi indipendenti (mujtahids) appartenenti alla Ummah del Profeta Maometto, dopo la sua morte, in un determinato periodo;
d. Qiyas (Analogia), attribuzione di validità legale ad un fatto di vita quotidiana, rilevato nei testi del Corano o della Sunnah, o ijma’ su un caso la cui validità legale non derivi da queste fonti, ma da illah, ossia da una razionalità sottostante la regola legale;
e. Ijtihad (Interpretazione), un esercizio di studio e ricerca che conduce ad un accordo comune, allorquando vi sia una soluzione innovativa ad un problema proposta da uno o più ricercatori, e successivamente questa venga condivisa da tutti.

(8) Il retail banking fa riferimento all’attività bancaria svolta nei confronti di clienti privati (conti correnti, mutui ipotecari, prestiti personali, carte di debito e di credito).
(9) Il wholesale banking fa riferimento a servizi forniti dall’industria bancaria a medie e grandi aziende, investitori e developers immobiliari, clienti statali ed istituzionali e clienti commerciali rilevanti a livello internazionale (fondi pensione ed enti statali). Le attività svolte riguardano l’underwriting, il market making, la consulenza, fusioni e acquisizioni ed il fund management.
(10) Il memorandum di collaborazione tra ABI e UAB prevede la creazione di alcuni comitati tecnici ristretti per lo studio delle differenze nel funzionamento dei due sistemi bancari (convenzionale ed islamico) e nelle opportunità di sviluppo di business congiunti.
(11) Cfr. Tucci (2007). Il nuovo veicolo finanziario (costituito come Società per azioni di diritto italiano) avrebbe Al-Baraka Group (ABG) come azionista di maggioranza (60% del capitale), mentre per il rimanente 40% si starebbe cercando un partner italiano. Se dovesse mancare la disponibilità, ABG entrerebbe con l’intero pacchetto azionario. Cfr. Sbarca a Roma la banca islamica, Il Sole 24 Ore, 16.4.2008.
(12) Nel presente lavoro, i termini "banca islamica" ed "istituzione finanziaria islamica" sono utilizzati in maniera intercambiabile per far riferimento ad istituzioni finanziarie operanti in Paesi dove tutte le transazioni finanziarie sono impostate secondo i precetti della religione islamica, così come ad istituzioni specializzate e "islamic windows" di banche convenzionali che offrono prodotti finanziari islamici in Paesi dove coesistono sistemi convenzionali e Shariah-compliant.
(13) Per attività finanziaria (asset) Shariah-compliant si intende quella in regola con i dettami della Shariah, e certificata da un Consiglio di autorità religiose (Shariah Board) nella sua correttezza rispetto ai dettami del Corano.
(14) Cfr. Standard&Poor’s (2008).
(15) Per una visione di sicurezza nazionale delle strategie dei fondi sovrani di investimento, cfr. Fondi Sovrani e Sovranità Nazionale, Gnosis, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna, n. 1 (2008).
(16) Questa espansione sta riguardando anche il Continente africano. Di particolare rilievo, la partnership tra sudafricana Investec Asset Management e la saudita Jadwa Investment nell’avvio del primo fondo Shariah-compliant diretto ai mercati azionari africani. Shariah-advisor del fondo è la società di investimento saudita, mentre a Investec sono attribuite le strategie di stock selection relative al portafoglio.
(17) Tutti i 27 stati membri dell’Unione Europea saranno membri dell’UPM. A essi si aggiungeranno i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, oltre alla Giordania e alla Mauritania.
(18) Dei circa dodici settori d’intervento proposti dalla Francia come terreno d’azione per la futura Unione per il Mediterraneo, la Commissione ha invitato a concentrarsi solo su tre grandi aree: infrastrutture (in particolare, autostrade del mare e collegamento autostradale attraverso tutto il Maghreb, dalla Mauritania alla Libia); il disinquinamento del Mediterraneo; il piano solare mediterraneo (in applicazione di una decisione dei Ministri dell’Energia).
(19) "This government’s objective is to make France more competitive and one aspect of that is Islamic finance". Cfr. Shyamantha Asokan, French aiming for Paris to be islamic finance centre, Financial Times, 14.5.2008.
(20) Di particolare rilievo la recente partnership in Libano (per la quale è in corso il procedimento di approvazione da parte della Banque du Liban) tra BNP Paribas ed Emirates Lebanon Bank (ELB, sussidiaria libanese, interamente controllata, di Bank of Sharjah). Gli accordi prevedono l’incorporazione da parte di Emirates Lebanon Bank (già Banque de la Bekaa) delle attività della filiale libanese di BNP Intercontinentale (BNPI), sussidiaria interamente controllata di BNP Paribas. La nuova composizione di ELB vede una partecipazione all’81% di Bank of Sharjah, mentre BNPI mantiene il 19%. In prospettiva Bank of Sharjah intende offrire fino al 30% del capitale di ELB ad un gruppo selezionato di investitori privati libanesi e dei Paesi del Golfo, con i quali intende realizzare “sinergie eccezionalmente forti". Cfr. BNP Paribas and Bank of Sharjah in Lebanese joint venture, www.cpifinancial.net, 23.6.2008.
(21) Recentemente Société Générale ha seguito il rifinanziamento dell’impianto di desalinizzazione Taweelah di Abu Dhabi mediante la sua islamic unit di Dubai assicurando la provvista di 150 milioni di dollari da fonti Shariah-compliant e 390 milioni di dollari da obbligazioni convenzionali e prestiti corporate. Credit Agricole, tramite Calyon, sussidiaria dedicata all’investment banking, è specializzata nel finanziamento sindacato Shariah-compliant. La transazione più importante svolta da Calyon, tramite la sua affiliata saudita Banque Saudi Fransi, ha riguardato un accordo di finanziamento Shariah-compliant da 2,9 miliardi di dollari a beneficio di Mobily, sussidiaria saudita della telefonica emiratina Etisalat dedicata alla telefonia mobile. Non disponendo Calyon di un proprio Shariah Board, la certificazione religiosa dell’operazione è stata fornita da Abu Dhabi Islamic Bank. Cfr. Wilson (2007).
(22) Cfr. Wilson (2007).
(23) Cfr. Guy Dinmore, Italy-France form "trade axis" to counter emerging nations, Financial Times, 12.6.2008.
(24) L’accordo prevede una serie di iniziative congiunte, il cui calendario sarà fissato entro ottobre 2008, l’avvio di due seminari tecnici focalizzati per area geografica, uno relativo ai Paesi del Golfo e l’altro sui Paesi dell’Africa del Nord, e la produzione di un ciclo di pubblicazioni sui diversi sistemi bancari. Cfr. "ABI: accordo con Unione Banche Arabe" su http://www.tuttosullafinanza.com/abi-accordo-banche-arabe.htm.
(25) La Comunità musulmana in Italia è composta da 1,2 milioni di cittadini legalmente residenti, circa il 32% dei 3,7 milioni di stranieri residenti nel nostro Paese. A questa cifra vanno aggiunti 100-150mila immigrati irregolari, 50mila cittadini stranieri in attesa della cittadinanza italiana; circa 10mila sono inoltre gli italiani convertiti all’Islam. Dunque, il numero totale di musulmani residenti in Italia è pari a 1,4 milioni. Questa cifra rappresenta circa il 2,3% della popolazione italiana (distribuito in maniera eterogenea, 55% nel nord Italia, 25% nel centro e 20% nel sud), una percentuale inferiore a quella di altri grandi Paesi dell’Unione Europea. La dimensione relativamente ridotta e la giovane età della comunità musulmana nazionale comporta che l’impatto dell’Islam sulla vita pubblica non è ancora significativo. Ma vi sono indicazioni che il trend si sta modificando.
(26) Sarebbero più di 500 le strutture distribuite su tutto il territorio nazionale, con una maggiore concentrazione nel polo lombardo-emiliano-veneto.
(27) Le attività commerciali sono esercitate sia in maniera "accessoria" in alcuni luoghi di culto (macellerie islamiche, negozi alimentari), sia all’interno degli stessi (mediante la vendita di generi alimentari, libri e audiovisivi islamici), sia mediante cointeressenze dei responsabili in attività commerciali ed imprenditoriali.
(28) Nel 2000 il Monte dei Paschi di Siena ha stipulato un accordo con il Centro Islamico Italiano che prevede conti correnti agevolati per gli immigrati di religione musulmana e la devoluzione degli interessi al Centro Islamico. Nel luglio 2004 la Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana ha lanciato il primo deposito privo di interessi ma fruttuoso di premi in natura e rapportati alla giacenza del conto e, più recentemente, il "Mutuo Extragentile" strutturato come un leasing immobiliare con una durata di 20-35 anni al termine del quale il cliente può decidere se riscattare il bene.
(29) Sistema informale di trasferimento valutario basato sulla fiducia riposta nei confronti di una rete di agenti fiduciari (money brokers), localizzati principalmente nel Medio Oriente, in Africa ed in Asia.
(30) Anche in questo senso vanno considerate le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore (introdotte dal Decreto Legislativo 231 del 21 novembre 2007) con effetti fortemente restrittivi sulle attività di money transfer, definite, dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare del febbraio 2008, come “un sistema bancario alternativo che rischia di mettere in crisi anche quello legale, essendo stati identificati circa 25 mila punti di raccolta di denaro presenti in Italia, dei quali si stima che il 30% (circa 8 mila) siano illegali".
(31) Il "distretto o filiera religiosa" (a seconda della tipologia di integrazione) è un sistema di relazioni che caratterizza una sotto-economia islamica (composta da soggetti che seguono i precetti islamici) all’interno del più ampio sistema economico nazionale. Si tratta di un aggregato di imprese che si favoriscono vicendevolmente, con forti riduzioni nei costi di transazione insite nell’esistenza di interrelazioni basate sulla fiducia reciproca.
(32) Con riferimento alla Risoluzione ONU 1737/2006, il 16.3.2007, la Banca d’Italia ha disposto l’applicazione alla succursale italiana di Bank Sepah (ex art. 53, comma 3, lettera d, del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) del divieto di intrattenere rapporti con soggetti inseriti nella lista di nominativi, enti e società coinvolti in programmi di proliferazione nucleare emanata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e con soggetti a qualunque titolo agli stessi collegati. Con provvedimento del 26.3.2007, la Banca d’Italia ha disposto la gestione provvisoria della succursale italiana di Bank Sepah ai sensi del combinato disposto degli artt. 76 e 77 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nominando Commissari il dott. Luciano Di Paolo e il prof. Raffaele Lener. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, 03/2007. Con decreto del 26.5.2007 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta della Banca d’Italia, la succursale italiana di Bank Sepah è stata posta in amministrazione straordinaria, ai sensi degli artt. 77 e 70, comma 1, lett. a), del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, 05/2007. Con decreto del 20.7.2007 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta della Banca d’Italia, è stata disposta la prosecuzione dell’amministrazione straordinaria della succursale italiana di Bank Sepah per la durata ordinaria di un anno dall’emanazione del Decreto Ministeriale del 26.5.2007, che ha disposto l’avvio della procedura per un periodo di sessanta giorni, ai sensi dell’art. 70, comma 5, del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, 07/2007.
(33) Lo Stato federale tedesco di Sassonia-Anhalt nel 2004 è stato, in Europa, tra i primi emittenti di sukuk, ossia obbligazioni islamiche, per 100 milioni di dollari. Il Ministro delle Finanze della regione tedesca pose alla base della scelta di uno strumento compatibile con la Shariah una duplice motivazione: "Da un lato, per motivi economici. Ci sono investitori là fuori, ed è ragionevole offrire loro un prodotto. Dall’altro, per una questione di cortesia internazionale. Noi vogliamo lanciare un messaggio di rispetto per altre culture che hanno una diversa regolamentazione sugli investimenti".
(34) Il 16 luglio 2007 il Ministro delle Finanze olandese Wouter Bos ha annunciato in Parlamento la volontà di incoraggiare l’espansione della finanza islamica nei Paesi Bassi, "in primo luogo, perché l’islamic banking soddisfa una domanda da parte della Comunità musulmana olandese; in secondo luogo, perché rappresenta un’opportunità per il settore finanziario olandese; in terzo luogo, perché porre barriere all’islamic banking nella prospettiva di contrastare il terrorismo avrebbe un effetto controproducente". Cfr. http://www.nisnews.nl/public/170707_1.htm.
(35) Dal 2006 è operativa a Ginevra la Faisal Private Bank, prima banca Shariah-compliant in Svizzera. Attualmente la National Bank of Kuwait è in procinto di avviare (insieme ad un partner saudita) una seconda banca.
(36) Nel dicembre 2007 Fortis Bank, prima banca belga, ha lanciato il fondo di investimento Shariah-compliant Fortis B Fix 2008 Islamic Index 1, legato all’indice Dow Jones Islamic market Titans 100, sotto la supervisione del DJIM Sharia Supervisory Board e composto da azioni, selezionate dall’indice Dow Jones, che non trattano alcol, tabacco, a
rmi,giochi d’azzardo e carne di maiale.

(37) L’idea di arbitraggio si collega alla situazione nella quale in un mercato finanziario, in un certo istante, senza assumere alcun rischio, si ha la possibilità di realizzare un guadagno certo (a differenza della speculazione). A parità di fattori, in base alle diverse offerte di "etica" si pongono in essere opportuni portafogli, funzione di un guadagno in termini di moralità e rispetto di precetti religiosi.
(38) L’analisi economica neoclassica insegna che il libero funzionamento del mercato conduce ad una allocazione ottimale, in senso paretiano, delle risorse. La scelta tra diversi equilibri pareto-ottimali dipende dal tipo di "funzione di utilità sociale" prescelta dal policy maker, e rimane quindi una scelta indeterminata. In un’economia islamica questa indeterminatezza non c’è perché la funzione di utilità sociale deve essere improntata ai principi della legge islamica.
(39) Il significato letterale di riba è "eccesso". La giurisprudenza islamica ha diviso la riba in due tipologie:

- Riba al-Naseeyah (anche Riba al-Quran o Riba al-Jahiliyyah). È la forma primaria di riba. È definita come il prodotto di un interesse predeterminato, applicato su un certo capitale preso (o ottenuto) a prestito, per un dato periodo;
- Riba al-Fadl (anche Riba al-Hadith o Riba al-Byuoo). La sua proibizione deriva dalla Sunna. è definita come un saldo in eccesso (rispetto al valore nominale della transazione) derivante da uno scambio o da una vendita di beni. Il concetto è applicabile a molti contratti riguardanti materie prime (commodities), laddove al rendimento viene associato uno specifico rischio.

(40) "God has permitted trade and prohibited riba." (Surat Al Baqara versetto 275). L’intermediazione bancaria tradizionale tra risparmiatori ed imprese è basata sul deposito bancario dei risparmiatori e sul prestito delle banche alle imprese. Il guadagno intertemporale ottenuto dai depositanti e dalle banche è considerato riba.
(41) Le teorie keynesiane, e persino il modello IS-LM, in un sistema economico islamico non funzionano più. Non esiste un tasso di interesse che spieghi le scelte di investimento e la domanda di moneta, che nel modello keynesiano è funzione oltre che del reddito anche dei tassi di interesse e non risente dell’andamento del mercato del credito e dei tassi di interesse. Secondo la Shariah la moneta è solo un mezzo di scambio e non ha valore in sé.
(42) Cfr. Iqbal, Mirakhor (2006).
(43) Esempi di gharar possono essere, ad esempio, consigliare l’acquisto di azioni di una particolare società, soggetta ad una scalata ostile, sulla base delle aspettative di crescita del prezzo delle azioni stesse; consigliare l’acquisto di un dipinto di un pittore sconosciuto, sulla base di aspettative (non chiare) di futura fama dello stesso; proporre l’acquisto di una casa, senza specificarne, all’atto della proposta, il prezzo.
(44) "they ask you about what they should spend (in charity), say, ‘whatever you spend on good’ (let it be first) on your parents, and (then) your close relatives, the orphans, the poor, and the children of the path.’ And, whatever good you do, surely God knows." (Surat Al Baqara versetto 215).
(45) La zakat è uno dei cinque pilastri dell’Islam. Gli altri quattro sono la shahada (testimonianza della fede), la salat (preghiera cinque volte al giorno con lo sguardo verso la Mecca), la sawm (astinenza e digiuno durante il Ramadan) e la hajj (pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita).
(46) Cfr. Piccinelli (2006).
(47) Tratta da Akkizidis e Khandelwal (2008).
(48) La mancanza di un espresso obbligo di rimborso dei fondi raccolti presso il pubblico potrebbe rappresentare uno dei principali elementi di "incompatibilità" con la disciplina bancaria europea. Cfr. Piccinelli (2006).
(49) Cfr. Jobst (2007).
(50) Tutte le applicazioni concrete riportate nei box fanno riferimento a Akkizidis e Khandelwal (2008).
(51) Cfr. Dalla Pellegrina (2004).
(52) Tratta da Akkizidis e Khandelwal(2008).
(53) Il contratto salam è utile nel finanziamento al settore agricolo (attività commerciali, costi operativi e beni capitali).
(54) Il locatore è chiamato mu ‘jir, mentre l’utilizzatore è chiamato musta ‘jir.
(55) Cfr. Freshfields Bruckhaus Deringer (2006).
(56) L’industria dell’aviazione civile è Shari’ah-compliant nei suoi principi fondamentali ed il finanziamento è asset-based. Come Emirates, anche altri vettori (Thai Airways, Syrianair e Royal Brunei Airlines) hanno usufruito di forme di lease islamico per aeromobili di loro interesse.
(57) Quest’ultima soluzione è stata oggetto di dibattito tra gli studiosi di finanza islamica. Alle molte critiche all’utilizzo di un benchmark rate (soprattutto, se posto in funzione del tasso di interesse bancario o interbancario, tipo LIBOR), i moderatori hanno proposto una soluzione di compromesso basata sulla definizione di un limite massimo e un limite minimo per la variabilità del canone, tale da rimuovere l’incertezza (gharar) ed assicurare alle parti trasparenza nelle passività contrattuali.
(58) Plurale di sakk.
(59) La definizione di sukûk fornita dall’AAOIFI è "certificates of equal value representing, after closing subscription, receipt of the value of the certificates and putting it to use as planned, common title to shares and rights in tangible assets, usufructs and services, or equity of a given project or equity of a special investment activity."
(60) Cfr. Box e Asaria (2005). Nella moderna giurisprudenza islamica, gli investitori possono ricevere pagamenti periodici grazie ad un’emissione di sukuk, il cui prezzo di riferimento viene stabilito in base al LIBOR. Per questo il prezzo dei sukuk viene frequentemente fissato usando le stesse tecniche di determinazione del prezzo delle obbligazioni convenzionali.
(61) Il primo sukuk fu emesso nel 1990 e il secondo dieci anni dopo, nel 2000. Quell’anno, secondo l’IFIS, sono state realizzate solo 3 emissioni, per un totale di 336 milioni di dollari. Tre anni dopo sono aumentate a 37, per un ammontare di 5,7 miliardi. Nel 2006 sono stati emessi invece 199 sukuk, per un valore di 27,17 miliardi.
(62) Cfr. Moody’s (2008).
(63) Nella strategia di espansione del proprio business in Malaysia, Toyota ha pianificato anche l’emissione di sukuk. Al riguardo, le Autorità finanziarie malaysiane hanno già fornito a UMW Toyota Capital (controllata al 70% dalla nipponica Toyota Financial Services, branca finanziaria di Toyota Motor), con sede in Petaling Jaya (Malaysia), l’autorizzazione ad emettere certificates fino ad 1 miliardo di ringgit (circa 312 milioni di dollari). Toyota già opera nell’industria della finanza islamica malaysiana dal 2005, quando ha iniziato ad offrire prestiti Shariah-compliant, avviando forme di ijarah nell’agosto 2007. Un’emissione di sukuk rappresenterebbe per Toyota la prima forma di provvista secondo la Shariah. CIMB Group, società malaysiana di servizi finanziari, dovrebbe fungere da lead manager nell’emissione. Cfr. Martin Foster, Toyota considers Shariah bond to help Malaysian business, International Herald Tribune, 12.5.2008.
(64) Lo Special Purpose Vehicle (SPV) è una società creata appositamente per realizzare una o più operazioni di cartolarizzazione (securitization) cui è demandato il duplice compito di acquisire dall’originator (o cedente) i crediti da cartolarizzare e di emettere successivamente strumenti finanziari rappresentativi dei portafogli ceduti. Mediante uno SPV, infatti, l’originator trasforma contratti di finanziamento non negoziabili in valori mobiliari da collocare presso investitori privati o istituzionali. Il servizio del debito è assicurato dal cash flow derivante dal rimborso di capitale e dagli interessi dei crediti originari. Il collocamento dei titoli viene curato dall’arranger (che può essere un intermediario finanziario o una banca di investimento), il quale seleziona, insieme all’originator, il pacchetto di crediti da cartolarizzare, si occupa della costituzione dello SPV e spesso svolge la funzione di lead manager nel collocamento dei titoli.
(65) Cfr. Gassner (2006).(66) La soluzione di istituire una fondazione corrisponde al concetto di waqf , l’equivalente islamico del concetto di trust tipico nel common law. La differenza è che una dotazione religiosa waqf è a tempo indeterminato. L’ente è stato registrato nei Paesi Bassi, visto che la legge tedesca non è ancora pienamente sviluppata in materia di securitization, soprattutto da un punto vista fiscale.
(67) Cfr. Gassner (2006).
(68) Un Istisna Sukuk non è un titolo negoziabile secondo la Shariah (in quanto l’asset sottostante non esiste ancora). La sua negoziabilità può essere raggiunta con una securitization in pool, considerato che la giurisprudenza islamica contemporanea accetta un titolo come negoziabile a condizione che gli asset tangibili sottostanti rappresentino il 51% del valore di mercato del titolo stesso. I proventi dell’emissione vengono utilizzati dall’emittente per accordi di project financing (risanamento di terreni, sviluppo di infrastrutture). Quando le opere, realizzate secondo ciascun Istisna, vengono completate dall’appaltatore e consegnate al soggetto emittente, l’emittente lo notifica alla società responsabile del progetto e l’infrastruttura viene resa disponibile sulla base di una transazione per acquisto in leasing. Se il sukuk è quotato durante il periodo degli Istisna, gli Istisna esigibili (somme detenute come liquidità) saranno negoziati solo ad un valore alla pari. Qualsiasi apprezzamento o deprezza
mento nel valore del sukuk rappresenterà un relativo cambiamento nel valore delle infrastrutture.

(69) La struttura del sukuk malese è controversa nell’industria finanziaria islamica. Essa, infatti, corrisponde ad un debito e pertanto non può essere negoziato, se non al valore nominale.
(70) Tratta da www.lmcbahrein.com.
(71) L’approccio Value-at-Risk misura il rischio di ribasso di una posizione di portafoglio come la perdita massima che può determinarsi ad una data futura predeterminata con una data probabilità dovuta a cambiamenti negativi negli asset rilevanti e nei prezzi delle passività. L’applicazione di questa metodologia alle obbligazioni richiede una decomposizione dei titoli ed una stima di varianze e covarianze dei rendimenti su questi titoli. Formalmente, l’approccio VaR misura la perdita attesa peggiore di un portafoglio valutata nell’arco di un certo periodo di detenzione ad un dato livello di confidenza statistica, nell’ambito di condizioni normali di mercato. VaR è un’espressione del rischio di mercato del portafoglio, rappresentando l’ammontare massimo che può essere perso, durante un periodo di possesso, nell’1% dei casi. Per esempio, il metodo VaR può definire l’1% della probabilità o il 99% del livello di confidenza statistica che un certo ammontare di dollari sarà perso in un dato giorno, mese, an
no.

(72) Cfr. Cakir, Raei (2007).
(73) Cfr. Islamic conversion boosted DFM IPO, archive.gulfnews.com (2006). L’esistenza di una tassa di "purificazione" aiuta nell’espansione delle quotazioni, ma crea un ulteriore problema. Secondo Brad Bourland, Chief Economist della saudita Jadwa Investments, il problema principale dei Paesi del Golfo non è la valutazione dei pagamenti della zakat (2,5%) o della tassa aziendale di "purificazione" (20% su residenti non sauditi e non GCC), ma la loro raccolta. Solo Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno introdotto un meccanismo sistematico per la raccolta. Riyadh ha demandato il compito al Zakat and Income Tax Department del Governo saudita. Cfr. Talal Malik, GCC can rake billions in zakat, income tax, Arabian Business.com, 12.9.2007. Analogamente Abu Dhabi, dal 2003, ha istituito un’agenzia federale indipendente per la raccolta della zakat e della tassa sui redditi imponibili di società petrolifere e banche estere quotate sul Dubai Financial Market e Abu Dhabi Securities Market.
(74) Questo significa che, de facto, il Consiglio sharaitico delli’AAIOFI rappresenta l’istanza più alta in materia.
(75) Cfr. HSBC and DIFX team up for sukuk index, www.newhorizon-islamicbanking.com (2008).
(76) I musulmani non possono utilizzare l’assicurazione convenzionale in quanto contrasta con due fondamenti dell’Islam, il divieto di incertezza (gharar) e di scommessa (maysir) nel contratto. Ad esempio, assicurare una casa equivale a trasferire il rischio ad una compagnia di assicurazione, la quale trasformerà i premi ricevuti in un reddito in assenza del verificarsi dell’evento assicurato. L’assicurazione islamica (takaful) consiste nel versamento di premi (in termini di donazione o contribuzione volontaria) da parte degli assicurati in un fondo comune, la cui gestione è delegata a un terzo, al quale viene pagata una commissione. Secondo il meccanismo contrattuale usato (mudarabah), né l’assicurato, né il gestore assumono alcun rischio singolarmente, ma vi è una condivisione dello stesso da parte dei partecipanti, nel pieno rispetto della Legge islamica. Cfr. David Oakley, Islamic insurer launch marks a first for UK, Financial Times, 2.5.2008.
(77) Cfr. Timewell, Di Vanna (2007).
(78) Circa il 90% degli asset Shariah-compliant sono concentrati nei bilanci delle istituzioni finanziarie islamiche e di banche convenzionali che offrono prodotti e servizi finanziari mediante "islamic windows", ossia business unit separate ed operanti all’interno della struttura organizzativa della casa madre convenzionale. La soluzione fornita da istituzioni "ibride" (ossia, con Shariah windows) è fondamentale nel consentire alle maggiori istituzioni finanziarie del mondo impegnate nel settore (quali, ad esempio, Citygroup, HSBC e Standard Chartered) di concentrarsi sulla finanza islamica sia nell’area retail (raccolta da risparmiatori) sia wholesale (finanziamento di grandi investitori). In molti Paesi, infatti, solo le banche islamiche monosettoriali hanno il permesso di produrre o vendere i prodotti conformi alla Shariah.
(79) Daniel Stanton, First Islamic China fund launched, www.arabianbusiness.com, 15.6.2008.
(80) Cfr. Ainley, Hicks, Mashayekhi, Rahman, Ravalia (2007).
(81) Negli uffici di Londra della banca britannica Barclays Capital (coadiuvata da Dubai Islamic Bank) sono state preparate le due più importanti emissioni di sukuk, quella da 3,5 miliardi di dollari di Ports, Customs and Free Zone Corporation (PCFC, holding di Dubai Ports World) e quella da 3,52 miliardi di dollari di Nakheel. società di sviluppo immobiliare di Dubai.
(82) Il 12 giugno scorso la società finanziaria Alburaq ha avviato, in partnership con Bank of Ireland, il primo prodotto finanziario retail Shariah-compliant alternativo ad un guaranteed equity bond (l’equivalente di un piano di risparmio a capitale garantito, con un rendimento vincolato ad una scadenza prefissata). L’investimento minimo previsto da Alburaq è 500 sterline, depositato presso Bank of Ireland per 5 anni in un conto strutturato nel principio islamico del Wakalah (Agenzia). Alla scadenza il depositante riceverà il rimborso del capitale, insieme ad eventuali guadagni legati ad un paniere di 20 azioni selezionate nel Dow Jones Islamic Titans 100 Index. Cfr. Gemma Westacott, First UK Shariah compliant capital protected savings product, FTAdviser, Financial Times, 12.6.2008.
(83) Oggi il mercato dei mutui ipotecari residenziali ammonta a 500 milioni di sterline (+50% solo nel 2006). I prodotti sono offerti nel mercato interno britannico da quattro islamic windows (Alburaq Home Finance, HSBC Amanah, Ahli United Bank ed United National Bank) le quali raccolgono i loro finanziamenti da partner del sistema bancario convenzionale. Questo aspetto ha generato diverse critiche da parte di clienti musulmani preoccup(91) Cfr. Dalla Pellegrina (2004).
(92) In questo senso il sistema islamico, invece di affidarsi ad una tutela istituzionale del risparmio, sembra orientato verso una tutela soggettiva di interessi legittimi.
(93) Cfr. Porzio (2006).
(94) Cfr. Iqbal, Ahmad e Khan (1998).
(95) Il primo hedge fund Shariah-compliant è stato creato nel Settembre 2003 dalla Saudi Economic and Development Company (SEDCO), insieme a Permal, gruppo saudita di servizi finanziari. L’investment firm Fostman-Leff di New York è responsabile della gestione del fondo. Per aggirare il divieto di gharar, il prodotto finanziario derivato si è basato sul concetto di "opzioni stipulate" (un compratore fa un pagamento parziale anticipato per la consegna differita di un prodotto, e se decide di non acquistarlo successivamente, il venditore non rimborsa l’anticipo), l’analogia più vicina ad una option.
(96) Prossimamente saranno sviluppati anche altri hedge fund, fondi real estate e private equity. Cfr. Dubai Multi Commodities Centre Authority seeds Islamic hedge funds on Al Safi Trust platform, www.cpifinancial.net, 19.6.2008.
(97) Prendendo, ad esempio, il processo di autorizzazione in Gran Bretagna della Islamic Bank of Britain (IBB) ha richiesto 18-24 mesi per essere completato, ma le "lesson learnt" sono state rilevanti. La prima di queste è relativa al concetto di "deposito". In Gran Bretagna, un deposito è "una somma di moneta pagata il cui rimborso avviene su richiesta o in circostanze stabilite tra le parti". Esiste una regolamentazione dei depositi ed una tutela del depositante. La proposta originaria da parte della IBB di "deposito" è stato in termini di PLS (mudarabah), principio in base al quale il cliente condivide i rischi di guadagno e di perdita sul capitale originario. Il rilievo, al riguardo, da parte della Financial Services Authority (FSA) è stato relativo alla "certezza del rimborso del capitale versato", condizione indispensabile per l’Authority britannica. Il compromesso tra le parti è stato raggiunto garantendo, nella fase precontrattuale, il diritto al rimborso pieno ai depositanti presso la IBB (
così da essere FSA-compliant), consentendo successivamente la modifica volontaria del regime di tutela del deposito su basi religiose, optando per il rimborso secondo criteri PLS. Nel caso italiano, il problema della tutela dei risparmiatori che non pongono il profitto al centro delle proprie decisioni di investimento è stato già considerato in seno all’Autorità di vigilanza nazionale con riguardo alle iniziative di banca etica e alle offerte di prodotti di risparmio etico. La soluzione, pur riconoscendo la legittimità di tali preferenze, è stata quella di non acconsentire deroghe nell’applicazione della normativa in tema di intermediazione finanziaria che possano tradursi in una tutela "differenziata" degli interessi ai quali è preposta la vigilanza. Cfr. Donato, Freni (2006).

(98) Nell’ottica di un approccio "know-your-customer".
(99) Gli azionisti di FEB includono enti e soggetti individuali (tutti con quote inferiori al 10%) del Bahrain, dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, della Libia e di altri Paesi della regione del Medio Oriente e Nord Africa. La composizione del capitale si riflette sul Consiglio di Amministrazione, principalmente composto da rappresentanti emiratini (Abu Dhabi Water and Electricity Authority, Dubai Investments, Tasmeem, Emirates Islamic Bank), sauditi (Corral Group e Al Jabr Trading Co.), libici (Libyan Investment Authority) e del Bahrein (Capital Management House/Bahrain Islamic Bank, Gulf Finance House, Khaleeji Commercial Bank). Cfr. First Energy Bank gets licence from Central Bank of Bahrain, www.cpifinancial.net, 23.6.2008. Settori di investimento di FEB sono l’upstream ed il downstream sia di petrolio sia di gas, il trasporto di idrocarburi, la petrolchimica, l’energia elettrica ed il settore idrico. Cfr. Energy boom spurs Islamic banking interest, New Horizon, 1.4.2008.
(100) Le divisioni iniziano in seno alla dottrina: esistono, infatti, nel mondo islamico cinque scuole giuridiche (quattro sunnite e una sciita), cui si fa riferimento. Questo fa sì che, ad esempio, nella stessa area del Golfo ci siano differenze significative nell’interpretazione dei precetti religiosi, applicata all’economia e alla finanza.
(101) Cfr. Mohamad Bakkar, Islamic Banking in Italy: Regulatory issues, Studio Petrucci & Associati, 17.3.2008
(102) Cfr. Mohammed Amin, The taxation of Islamic finance in major western countries, pwc.blogs.com, 26.4.2007.
(103) Per fare un esempio, tratto dal sito web dell’Associazione per lo Sviluppo di Strumenti Alternativi e di Innovazione Finanziaria (www.assaif.org), gli sviluppi più importanti per lo sviluppo del mutuo casa islamico nei sistemi occidentali sono il frutto di una serie di cambiamenti normativi fondamentali che hanno interessato gli Stati Uniti (lettere interpretative dell’Office of the Comptroller of the Currency n° 806 del 17 ottobre 1997 e n° 867 del 1 giugno 1999 e autorizzazioni del 1999 e 2000) e la Gran Bretagna con il gruppo di lavoro sugli islamic mortgages organizzato dalla Banca di Inghilterra. In Australia e Canada sono, invece, state utilizzate le leggi sulle società cooperative.
(104) L’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI) è stata costituita in base all’Accordo di Associazione firmato dalle Istituzioni Finanziarie Islamiche il 26 Febbraio 1990, in Algeria. È stata registrata il 27 Marzo 1991 in Bahrain come un organismo indipendente privato senza scopo di lucro. L’AAOIFI è responsabile per lo sviluppo della contabilità, dell’auditing, dell’etica, della governance, e gli standard Shariah-compliant per l’industria bancaria e finanziaria islamica. L’AAOIFI è sostenuta da oltre 160 membri istituzionali da oltre 40 Paesi. Ha sede in Bahrain.
(105) L’IFSB, con sede in Kuala Lumpur (Malaysia), opera dal 2003 nell’istituzione di standard internazionali Shariah-compliant con l’obiettivo di assicurare solidità e stabilità dell’industria dei servizi finanziari islamici (banking, capital market ed assicurazioni). L’attività dell’IFSB è complementare a quella del Basel Committee, dell’International Organization of Securities Commissions (IOSCO) e dell’International Association of Insurance Supervisors, nello svolgimento di funzioni di "regolatore" per le istituzioni finanziarie islamiche. Cfr. Donato, Freni (2006)
(106) I "Consigli della Shariah" (Shariah Board) sono composti da stimati studiosi della religione islamica ("ulama") esperti anche di materie economiche e finanziarie. Questi consigli esaminano, nel dettaglio, le offerte finanziarie da collocare per stabilire la loro conformità ai precetti islamici. In caso positivo, emettono una fatwa di approvazione, comprovando la transazione come "halal" (permessa).
(107) Il documento tenta un’omologazione dell’islamic finance ai requisiti previsti dall’Accordo Basilea II: dove le previsioni sono compatibili con i principi della Shariah vale quanto stabilito dal Comitato di Basilea, mentre su tutti gli aspetti relativi ai profili caratteristici, vale quanto stabilito dall’IFSB.
(108) Il documento individua 15 principi per il perfezionamento di procedure di risk management nelle banche islamiche. L’approccio adottatosi basa su una considerazione olistica dei rischi propri dell’attività bancaria prevalente e dei rischi propri della vasta tipologia di contratti offerti da una banca islamica. I principi sono stati raggruppati con riferimento a sei differenti categorie di rischi: rischio di credito, equity investment risk, rischio operativo, rischio di mercato, rischio di liquidità, e rate of return risk (impatto potenziale dei fattori di mercato sul tasso di rendimento degli investimenti rispetto al rendimento atteso per i detentori di strumenti di investimento).
(109) Cfr. Roula Khalaf, Islamic bonds hit by religious concerns, Financial Times, 6.2.2008 e www.aaoifi.com/aaoifi_sb_sukuk_Feb2008_Eng.pdf per la complessa risoluzione sull’argomento espressa dallo Shariah Board dell’AAOIFI.
(110) Cfr. Islam: Intercultural training for BPM staff, www.ansamed.info, 12.6.2008.
(111) Le strette linee guida imposte dai precetti islamici stanno imponendo alle banche ed alle società di investimento l’introduzione di una nuova figura dirigenziale, il Chief Shariah Officer, il cui unico lavoro è assicurare il rispetto della Legge islamica, consentendo di attrarre investitori musulmani.
(112) I dividendi possono comprendere importi attribuibili, ai fini della Shariah, a reddito da interessi ottenuto o ricevuto dalle società sottostanti in cui si investe, nonché a debiti fruttiferi. L’ammontare di dividendi così attribuiti sarà calcolato in conformità con i criteri della Shariah, e costituirà oggetto di donazione annuale ad istituti di beneficenza (charity), ad assoluta discrezione degli Amministratori. Dal momento che il reddito da dividendi ricevuto dal Fondo viene accumulato al di fuori del capitale, la donazione non ha effetti sul valore patrimoniale netto del Fondo. Il regime fiscale del Fondo è soggetto alla tassa annuale di abbonamento ed alle ritenute alla fonte sui proventi di origine estera. Cfr. www.am.bnpparibas.it.
(113) La Banca Centrale del Bahrein (Central Bank of Bahrain, CBB) sta per lanciare uno strumento finanziario islamico finalizzato ad agevolare la gestione della liquidità Shariah-compliant. L’Islamic Sukuk Liquidity Instrument (ISLI) è stato sviluppato congiuntamente tra CBB ed LMC (Liquidity Management Centre), organizzazione con sede in Bahrein che fornisce localizzazione di asset, strutturazione e capacità di market making. L’ISLI è stato disegnato per rendere le istituzioni finanziarie, sia convenzionali sia islamiche, in grado di accedere a liquidità a breve termine contro Ijarah Sukuk, emessi dalla CBB. Gli Shariah Board di CBB e LMC ne hanno certificato la conformità religiosa. Cfr. Mike Gallagher, CBB set to launch key Islamic financial instrument, www.cpifinancial.net, 11.6.2008.
(114) Cfr. Donato, Freni (2006).
(115) Italy to get an Islamic bank, www.newhorizon-islamicbanking.com (2008).
(116) Cfr. Wilson (2007).

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