Il "trade-off" tra competitività e sicurezza economica Costi ed opportunità della finanza islamica in Italia |
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Più che competere, le imprese costituiscono partnership basate sul principio del profìt-loss sharing (PLS), tramite il quale il rischio di impresa viene condiviso. Lo schema del profit-loss sharing è applicato sia alle operazioni di provvista e di gestione del risparmio, sia nell’ambito degli impieghi. Dal lato della raccolta, pur non potendovi essere una remunerazione convenzionalmente pattuita, alla fine di ogni anno finanziario e a discrezione della banca, i clienti che hanno aperto conti correnti di una determinata entità possono essere ricompensati con doni in natura (hadiyya), con piccole donazioni (hiba), con alcune condizioni privilegiate nell’accesso al credito (tamwil) per l’acquisto di beni di consumo durevoli o strumentali. Come conseguenza teorica della generale applicazione del principio partecipativo e della conseguente idea di rischio che influenza tutta l’attività bancaria islamica, non è teoricamente consentita alcuna forma di garanzia sul capitale depositato (48). Dal lato degli impieghi, il finanziamento può assumere le seguenti forme (49): - prestiti sintetici (debt-based), realizzati con accordi di vendita-riacquisto di asset, o di vendita di asset detenuti da terzi per conto del debitore (back-to-back). Salam e Murabahah sono tipologie di prestito sintetico; - contratti di lease (asset-based), realizzati con un accordi di vendita-riacquisto in leasing (lease operativo) o mediante lease di asset acquisiti da terze parti con obbligazione al riacquisto (lease finanziario). Ijarah è una tipologia di lease; - contratti profit-loss sharing (PLS, equity-based), nei quali solitamente una banca fornisce il finanziamento e l’imprenditore tempo e sforzo. Al termine di un periodo predeterminato, in caso di profitto, questo viene ripartito nella proporzione stabilita, mentre se ci sono perdite, queste vengono assunte in carico dalla banca (a meno che non vi sia stata una palese negligenza da parte dell’imprenditore). Mudarabah e Musharakah sono contratti PLS. La struttura contrattuale della maggior parte dei prodotti finanziari islamici (sia dal lato della raccolta sia dal lato degli impieghi) fa riferimento a sette caratterizzazioni generali (50): - musharakah è un accordo di partnership tra banca e cliente in cui il capitale è conferito congiuntamente (in termini di beni o liquidità) e suddiviso in azioni. Il profit-sharing ratio dell’operazione viene deciso al momento della stipula dell’accordo. In caso di perdita, la ripartizione è funzione delle quote di partecipazione;
- mudarabah è una partnership in cui un partner (rabb-ul-mal) apporta capitale e altri (mudarib) apportano il management. Il partner investitore non partecipa alla gestione d’impresa, e può vincolare la transazione solo richiedendo che i fondi siano investiti in un business specifico (c.d. mudarabah ristretto). Con il mudarabah, la parte che subisce interamente l’onere delle perdite economiche è il finanziatore, mentre l’imprenditore risponde solo con la perdita del proprio tempo e del proprio sforzo. Viceversa, in caso di utile, questo viene ripartito tra l’imprenditore ed il finanziatore secondo quote prestabilite.
Mentre il contratto mudarabah può essere paragonato a una società in accomandita, il contratto musharakah è assimilabile ad una joint venture dove l’apporto di capitale da parte dell’imprenditore gli consente di rivendicare una maggiore quota di profitto rispetto al mudarabah(51) (Tabella 2)(52).
- murabahah È una tipologia di contratto che opera in due fasi: a. un cliente chiede ad una banca di acquistare a pronti per suo conto un determinato bene, promettendo di riacquistarlo a termine dalla banca stessa. La promessa è una condizione non vincolante dalla quale il cliente può recedere (a spese della banca); b. dopo aver detenuto il bene per un periodo di tempo sufficiente ad assumersi il rischio dell’acquisto, la banca lo rivende al cliente ad un prezzo prestabilito dato dal suo costo (il prezzo di acquisto) aumentato di un margine di profitto (mark-up) predeterminato. Un importante requisito da rispettare è la netta distinzione tra le due transazioni che lo compongono. Un contratto murabahah può riguardare (i) l’accordo di vendita-riacquisto di un asset detenuto dal debitore ("negative short sale") oppure (ii) l’acquisto da parte del prestatore di un asset tangibile da una terza parte per conto del debitore ("back-to-back sale"). Il caso più comune riguarda il finanziamento commerciale a breve termine (short-term trade), spesso richiesto per coprire il gap temporale tra la fatturazione e il pagamento di una transazione. L’indebitamento (che si determina dalla differenza tra contratto di acquisto e contratto di rivendita di un asset, esistente o futuro) è limitato dal prezzo di acquisto dell’asset sottostante.
Essendo murabahah un contratto di vendita, e non di prestito, deve onorare tutti i requisiti di validità previsti, quali: * esistenza del bene. L’oggetto del contratto non deve essere disponibile in futuro (da produrre o da coltivare); * proprietà del bene da parte del venditore al momento della transazione; * la vendita non deve essere condizionata; * valore del bene stabilito in maniera certa al momento della transazione (ciò si pone in contrasto rispetto all’uso del trading su index future nella finanza islamica); - salam è un contratto di vendita a termine (forward) con pagamento a pronti (spot). Rappresenta un’eccezione alla condizione di "piena disponibilità del bene oggetto della transazione", essenziale per la validità di un contratto di vendita. Il compratore è rabb-us-salam e il venditore è muslam ilaih(53). Le condizioni perché una transazione salam possa aver luogo sono: * il pagamento del prezzo deve essere completo e spot; * il bene oggetto della transazione deve essere specificato in qualità e quantità; * momento e luogo della consegna devono essere definiti; * non sono ammesse contropartite in beni (non vale per il baratto);
- istisnã Si applica ai beni prodotti su commessa, ai contratti forward relativi a beni manufatti, al finanziamento di attività di costruzione e manifatturiere, al finanziamento immobiliare, ed al finanziamento di beni la cui produzione è ad elevato impiego di capitale (capital-intensive). Consente sia il pagamento spot con consegna differita sia il differimento del pagamento e della consegna. Le differenze tra salam ed sono essenzialmente riconducibili alle seguenti: * salam può essere usato per quasi tutti i tipi di beni (esclusi oro, argento e valute). Istisnã può essere usato solo per beni manufatti, che richiedono una produzione; * il prezzo nel contratto salam è sempre spot (a pronti), mentre il prezzo nel contratto istisnã può essere anche forward (a termine); * il pagamento in una transazione salam è sempre completo, mentre nel caso di istisnã può essere anche rateale; * nei contratti salam non sussiste la rescissione unilaterale, al contrario di istisnã; * la data di consegna è fissa in salam e variabile in istisnã; * il materiale e la manufattura possono essere fissate dal compratore solo nell’istisnã, al contrario del salam.
- ijarah comunemente nota come leasing. La connotazione del contratto ijarah nella giurisprudenza islamica è relativa alla locazione di asset e proprietà immobiliari, acquistando un usufrutto mediante pagamento di un premio (reward). La finanza islamica fa ampio uso della tipologia contrattuale di ijarah, in particolare, tra le banche le quali si servono del leasing islamico per garantirsi la disponibilità di diversi tipi di asset (attrezzature, macchinari, autoveicoli)(54). I requisiti del contratto ijãrah sono: * un valore utile per il bene oggetto del contratto; * la proprietà dell’asset in capo al locatore, il quale concede all’utilizzatore il diritto ad usare l’asset a fronte del pagamento di un canone periodico, determinato nella fase iniziale del contratto; * le passività relative alla proprietà dell’asset in capo al locatore, mentre quelle collegate all’uso a carico dell’utilizzatore; * la definizione certa del periodo di lease; * nel caso di asset a proprietà congiunta, la ripartizione del canone di locazione in base alla partecipazione alla proprietà dell’asset; * l’inizio del periodo di lease in corrispondenza della consegna materiale dell’asset, oggetto della transazione, e non dell’uso dello stesso. Il contratto ijãrah può essere relativo anche ad un impiego futuro dell’asset, a condizione che il pagamento del canone inizi solo dopo la consegna dell’asset oggetto della transazione(55).
Il contratto ijarah trova ampia applicazione nell’aviazione civile e può essere combinato con fonti di finanziamento convenzionali e con il finanziamento di società di credito all’esportazione (come nel caso dell’emissione Emirates del 2001(56)). Nei casi di lease a lungo termine la banca può applicare canoni variabili, basati su un incremento percentuale costante dopo un certo periodo di tempo, sulla rinegoziazione periodica delle condizioni contrattuali (dividendo, per la circostanza, il contratto in più periodi), oppure ancorandoli ad un tasso di riferimento (di inflazione o di interesse)(57). Nel caso di contratti ijãrah ad elevato valore, la banca può emettere certificates rappresentativi di quote fisse di partecipazione, in modo da suddividere proporzionalmente il canone di locazione tra i detentori dei certificati stessi. è importante precisare che l’islamic banking non rappresenta un’industria senza scopi di lucro. In alcuni casi è addirittura emerso come il profit rate di un finanziamento di una banca islamica sia risultato più elevato del tasso di interesse applicato da una banca convenzionale. Questo aspetto non deve essere visto come un elemento di distorsione rispetto a quanto affermato in precedenza. Semplicemente risponde ad una logica di mercato alla quale anche le banche islamiche devono far fronte, pur nel rispetto dei principi religiosi. Nella Tabella 3, un sunto della contrattualistica esaminata.
Il mercato dei sukuk La proibizione di un tasso d’interesse crea difficoltà per le banche islamiche nella gestione della liquidità a causa dell’assenza di un mercato interbancario Shariah-compliant , unita all’impossibilità di investire nei titoli convenzionali a breve scadenza e a basso rischio (quali i titoli di Stato). La soluzione offerta per il rifinanziamento delle banche islamiche è rappresentata dall’ultima tipologia di contratti islamici, i sukûk (58), spesso definiti come “obbligazioni islamiche” (anche se una traduzione più accurata del termine arabo sarebbe "certificati azionari di investimento islamico") emessi dallo Stato o da altre amministrazioni pubbliche mediante lo schema della cartolarizzazione di beni pubblici. I sukûk sono titoli di debito Shariah-compliant , garantiti dall’esistenza di asset sottostanti, a reddito stabile (fisso o a variabilità definita)(59). I sukuk appartengono alla categoria dei titoli garantiti da attività (c.d. Asset-Backed Securities , ABS), ma, diversamente dalle strutture convenzionali di ABS, richiedono una presenza di asset tangibili, in proprietà o in usufrutto, ma non in debito. I sukuk rappresentano, dunque, un diritto di proprietà sull’asset sottostante, diritto che prende forma tramite la cartolarizzazione dell’asset stesso, la cui proprietà viene suddivisa in unità di uguale valore e incorporata nei certificati sukuk . L’unitarietà del rapporto fa sì che mentre i detentori di obbligazioni convenzionali non condividono le perdite dell’emittente, i detentori di sukuk condividono sia i profitti (generati dagli asset sottostanti, o dai proventi di una loro eventuale liquidazione) sia le perdite(60). Il mercato dei sukuk è in fortissima crescita. Secondo i dati dell’Islamic Finance Information Service (IFIS), nel 2007 sono stati emessi 206 sukuk per quasi 47 miliardi di dollari e nel 2008 altri 44 per 2,4 miliardi (61). L’agenzia di rating Moody’s ha stimato per il 2010 un volume complessivo di 200 miliardi di dollari (62). Nel 2007, 50 transazioni sukuk sono state realizzate nel Golfo Persico, di cui 28 in Bahrain, 12 negli Emirati Arabi Uniti, cinque in Arabia Saudita, quattro in Kuwait ed una in Qatar. Originariamente il mercato dei sukuk era di dominio degli Stati sovrani (Malaysia, Qatar, Pakistan e Bahrein), dopo la loro legittimazione da parte della Fiqh Academy dell’Organization of the Islamic Conference nel Febbraio 1988. Più di recente, anche aziende private hanno cominciato ad utilizzare il mercato dei sukuk (63). La maggior parte delle emissioni di sukuk si basa sulla costituzione di uno Special Purpose Vehicle (SPV)(64) per acquisire asset ed emettere titoli di debito rappresentativi del valore dell’asset . Il valore del sukuk rimane pertanto sempre agganciato al valore dell’asset sottostante. Come esempio di strutturazione viene proposto (a lato) il caso del Global Sukuk emesso dal Qatar nel 2003.
L’Accounting and Auditing Organisation of Islamic Financial Institutions (AAOIFI) ha emesso gli standard per 14 tipi di sukuk, raggruppabili in categorie che richiamano i contratti finanziari esaminati in precedenza: - Musharakah Sukuk, a cui appartengono quasi la metà dei sukuk emessi tra il 2004 e il 2006; -Ijarah Sukuk, un’esempio del quale è l’emissione avvenuta il 31 luglio 2004 sul listino della Borsa di Lussemburgo di 100 milioni di euro da parte dello Stato federale della Sassonia-Anhalt (65). La scadenza del sukuk è cinque anni con un rendimento variabile basato sull’EURIBOR semestrale + 1 punto base. Gestore capofila è stata Citigroup, assistita da Kuwait Finance House. Lo Shariah Board di City Islamic Investment Bank ha certificato la conformità con i dettami religiosi. La garanzia fornita dall’intera federazione della Germania ha consentito al sukuk di ricevere il rating di -AAA da Fitch e di -AA da Standard&Poor’s. L’asset sottostante è costituito da un certo numero di edifici di proprietà del Ministero delle Finanze, dati in usufrutto per 100 anni alla fondazione olandese Stichting (66), utilizzata come SPV, che, a sua volta, lo ha rilocato per cinque anni al Ministero. La rendita (variabile calcolata secondo il parametro di riferimento per il periodo di cinque anni) rappresenta il beneficio per i detentori del certificato; - Istisna Sukuk, un esempio del quale è il sukuk Durrat (valore pari a 120 milioni di dollari), emesso dal Bahrain, a parziale finanziamento del progetto statale (del valore di 1,2 miliardi di dollari) per la creazione di strutture di lusso per il divertimento e il turismo (67). La società responsabile del progetto Durrat, Khaleej Al Bharain BSC, è di proprietà congiunta del Governo del Bahrain e della Kuwait Finance House. La scadenza del sukuk è a cinque anni e la rendita è trimestrale. Il prezzo dell’emissione è stato fissato ad un valore pari a (LIBOR trimestrale + 125 punti base). L’organizzatore e l’agente collocatore per la raccolta di fondi è stato il Liquidity Management Centre (LMC), con sede nel Bahrain. L’International Islamic Financial Market, con sede nel Bahrain, ha svolto funzioni di Shariah advisor. Il sukuk è quotato nella Borsa Valori del Bahrain(68); - Murabahah Sukuk, su cui è basato il Sukuk Bithaman al Ajil, popolare in Malaysia (69); - Mudarabah Sukuk; - Salam Sukuk, molto utilizzato in Bahrain come sostituto dei titoli di Stato. Nella Tabella 4 si elencano le dieci emissioni di sukuk più rilevanti in base alla loro dimensione (70) .
Il settore sukuk non è confinato a Paesi nel mondo musulmano, né è di dominio esclusivo delle istituzioni finanziarie islamiche. Sempre più sukuk, infatti, vengono strutturati e collegati ad asset residenti nel Regno Unito, nell’Europa continentale e negli Stati Uniti, grazie ad emittenti non islamici interessati a trarre vantaggio dalla maggiore liquidità presente nel mondo islamico. La diversificazione del rischio offerta dai contratti islamici, rispetto ai sistemi finanziari convenzionali, è tra i principali fattori di attrazione. Alcune analisi, infatti, hanno mostrato che la presenza in portafoglio di questi strumenti riduce di circa un terzo il value-at-risk(71) rispetto ad un portafoglio composto solo da obbligazioni convenzionali(72). La forte diffusione dei sukuk ha reso importante poter disporre di piattaforme diffuse di trading Shariah-compliant. La Borsa di Dubai (Dubai Financial Market, DFM), ad esempio, ha iniziato ad operare nel dicembre 2006 come la prima Borsa Valori al mondo interamente Shariah-compliant. Per disporre di questo requisito la piattaforma borsistica si è rivolta solo a società interamente Shariah-compliant, consentendo l’accesso alle negoziazioni anche a società non completamente Corano-compatibili a condizione che pagassero una tassa speciale di "purificazione"(73). La “purezza” islamica (Tazkiya) della Borsa di Dubai è stata approvata dallo Shariah Board dell’AAIOFI(74). Inoltre, per fornire agli investitori un riferimento di performance dei prezzi di sukuk internazionali e di obbligazioni convenzionali mediorientali, da ottobre 2007, Hong Kong and Shanghai Banking Corporation (HSBC) e Dubai International Financial Exchange (DIFX) hanno avviato un nuovo gruppo di indici(75), concentrati su tre categorie (sukuk internazionali, obbligazioni convenzionali mediorientali ed aggregato Medio Oriente). Gli indici includono oltre 100 emissioni da Paesi del Medio Oriente (dal 31 Dicembre 2004), di dimensione almeno pari a 100 milioni di dollari. Prospettive: opportunità e rischi La finanza Shariah-compliant non è un fenomeno di nicchia. In Medio Oriente e nei Paesi a forte componente islamica, la sua dimensione è in forte crescita rappresentando un riferimento non solo finanziario, ma soprattutto strutturale ed etico. Standard&Poor’s ha stimato nel 2007 l’esistenza nel mondo di asset finanziari Shariah-compliant pari a circa 500 miliardi di dollari. Una stima più estesa è quella dell’International Finance Services di Londra che, già alla fine del 2006, valutava gli asset mondiali Shariah-compliant in 531 miliardi di dollari. Di quest’ultimo ammontare, il 75% era nella disponibilità di banche commerciali islamiche (397 miliardi di dollari), il 13% nella disponibilità di banche di investimento (66 miliardi di dollari), ed il restante da suddividere tra emissioni di obbligazioni islamiche (sukuk, 44 miliardi di dollari), investimenti in fondi azionari ed altri strumenti finanziari extra-bilancio (14 miliardi di dollari) ed asset assicurativi islamici (takaful(76), 10 miliardi di dollari). Una rilevazione di The Banker(77) ha fornito, poi, un’indicazione in termini di composizione dell’industria dei servizi finanziari islamici. Alla fine del 2006, il Paese leader nella detenzione di asset Shariah-compliant era l’Iran, seguito da Arabia Saudita e Malaysia (Tabella 5).
Come si evince dalla tabella, l’industria si mantiene concentrata soprattutto nella regione mediorientale. L’eccezione europea è la Gran Bretagna. La cifra complessiva di 525 istituzioni finanziarie islamiche rilevate da The Banker comprende 292 banche (sia pienamente islamiche sia ibride, ossia con islamic windows separate dedicate alla vendita di prodotti finanziari islamici(78)), 115 tra banche di investimento e società finanziarie islamiche, e 118 compagnie di assicurazione. Isolando una graduatoria delle prime 15 banche islamiche al mondo (Tabella 6), le banche iraniane occupano sei dei primi 15 posti.
Dati gli elenchi della Tabella 5 e della Tabella 6 sorgono due considerazioni. La prima riguarda la Cina, Paese a forte tasso di crescita economica nonché origine e destinazione di consistenti investimenti esteri (dapprima diretti, recentemente anche finanziari). La Cina è anche il Paese il cui consumo di energia cresce a ritmi superiori a qualsiasi altro al mondo. Per questo, una relazione più stretta con i Paesi del Golfo è strategica per Pechino, ed in tal senso anche l’interesse per la finanza Shariah-compliant, nella prospettiva che, in futuro, ogni contratto stipulato con questi Paesi potrebbe essere basato sul rispetto dei dettami religiosi dell’Islam. Dal 2006 sono iniziati i primi investimenti Shariah-compliant in Cina: la Shamil Bank, con sede in Bahrein, ha lanciato il suo Shamil China Realty Mudarabah (con una dotazione pari a 100 milioni di dollari), primo fondo immobiliare islamico dedicato a investimenti nel mercato immobiliare cinese; DWS Investments, branca di Deutsche Bank specializzata in fondi comuni a carattere globale, ha lanciato la sua prima famiglia di fondi comuni di investimento Shariah-compliant; Al Rajhi Investments ha introdotto il proprio Shariah Investment Fund nel mercato cinese, in partnership con China Resources, conglomerato statale dominante nel mercato immobiliare cinese. Recentemente Mayfair Pacific Asset Management(con sede ad Hong Kong ed esperienze pregresse di investimento sull’area Pacifico) ha creato il Mayfair Islamic Greater China Segregated Portfolio, fondo comune Shariah-compliant (domiciliato alle Cayman Islands) da 300 milioni di dollari principalmente rivolto agli indici del Dow Jones Islamic Market, e geografi camente orientato verso la regione della Grande Cina (area comprendente i territori amministrati dalla Cina, inclusi Hong Kong e Macao, nonché il territorio di Taiwan).(79) Amministratore e Custode del fondo è Deutsche Bank, Ernst & Young è il revisore e la malaysiana ZI Shariah Advisory Services è Shariah agent. Questa esperienza, come altre che seguiranno, forniranno indicazioni su quanto sia possibile utilizzare il fertile mercato cinese, considerato il grande interesse che Pechino rivolge verso il mercato della finanza islamica. La seconda considerazione riguarda la Gran Bretagna. La sua leadership tra i Paesi occidentali nell’industria mondiale della finanza islamica non rappresenta, infatti, un fenomeno casuale. Nel tempo, il Governo di Londra ha consentito alla comunità musulmana (circa il 3% del totale) l’accesso a servizi finanziari offerti da banche nazionali, coerenti con i precetti religiosi della Shariah(80). Fin dai primi anni 2000, la strategia impostata da Londra si è orientata verso: - il rafforzamento della competitività della City mediante il consolidamento della posizione del Regno Unito di gateway globale per la finanza islamica(81); - la creazione di un "equo terreno di confronto" (level playing field) per la finanza Shariah-compliant sul mercato britannico, nei settori bancari retail(82) e wholesale. Funzionale a questo obiettivo è stata l’introduzione di modifiche fiscali e legislative per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo della finanza islamica, quali gli sgravi introdotti con il Finance Act del 2003 per prevenire una doppia imposizione sui mutui ipotecari islamici(83), le misure di armonizzazione del trattamento fiscale dei prodotti islamici a quello dei prodotti finanziari convenzionali introdotte dai Finance Act del 2005 e del 2006, nonché una prima ipotesi di fiscalità per la creazione di un mercato interno di sukuk introdotta con il Finance Act del 2007. A livello di policy governativa, in seno all’HM Treasury britannico è stato istituito l’Islamic Finance Experts Group (IFEG). Questo gruppo di lavoro rappresenta un esempio di rilevanza mondiale nella trattazione della materia, coinvolgendo al suo interno membri del Parlamento, enti statali, importanti banche d’investimento, banche islamiche autorizzate, società di consulenza internazionale, enti di ricerca in materia, rappresentanti della collettività musulmana, rappresentanti dell’industria dei servizi finanziari.
Il primo obiettivo che l’IFEG si è posto è stata la valutazione della fattibilità di un’emissione da parte dell’HM Treasury di sukuk denominati in sterline, in termini di opzioni di emissione, parametri, benefici potenziali per la City finanziaria e per gli investitori privati, integrazione con la politica di gestione del debito pubblico, dimensione e natura della domanda potenziale, costi potenziali e caratteristiche di rischio, esperienze di altri emittenti di sukuk. Il 19 maggio 2008 Kitty Ussher, Sottosegretario al Tesoro britannico, ha confermato l’intenzione del Governo di Londra di emettere sukuk, al fine di raccogliere liquidità dalla Comunità musulmana, inviando al contempo un forte messaggio di integrazione(84). L’8 giugno scorso il Governo britannico ha diffuso gli esiti di una consultazione relativa al progetto di emissione di sukuk(85). Il Sottosegretario Ussher ha affermato che, pur non avendo ancora fissato una scadenza certa, si è prossimi alla concretizzazione del piano di raccolta. Entro la fine del 2008, il Governo di Londra pubblicherà un paper di aggiornamento della strategia britannica in materia di finanza islamica, sia per il settore statale sia per l’industria privata. L’equilibrio tra rischi e vantaggi risiede in alcune scelte riguardanti: - la scadenza del sukuk: Londra opterebbe per un "bill-like"sukuk (scadenza inferiore ad un anno) piuttosto che per un "bond-like"sukuk (scadenza tra 5-10 anni), in quanto una struttura a breve consentirebbe una piena integrazione con la struttura del Treasury bill convenzionale (a 1, 3 e 6 mesi); - la struttura contrattuale: la preferenza di Londra è rivolta verso un contratto Ijarah(86); - l’ammontare dell’emissione: l’orien- tamento di Londra è arrivare a 2 miliardi di sterline (poco meno di 4 miliardi di dollari). Un aspetto di rilievo è dato dalla futura accettabilità del sukuk governativo come garanzia collaterale nelle operazioni di mercato aperto effettuate dalla Bank of England. Le previsioni della City sono per un rating AAA(87) con l’obiettivo non solo di attrarre flussi di capitale dai Paesi arabi, bensì di stabilire un benchmark da utilizzare come pricing base per future emissioni corporate di sukuk sulla piazza di Londra(88). Intanto, cinque istituti di credito interamente islamici hanno già ottenuto l’autorizzazione dalla Financial Services Authority (FSA) ad operare sul territorio britannico. Questi sono la Islamic Bank of Britain (IBB), che ha avviato le proprie operazioni nel settore retail nel 2004(89), la European Islamic Investment Bank, autorizzata per il settore wholesale nel 2006, la Bank of London and the Middle East, autorizzata anch’essa per il settore wholesale nel 2007(90), la European Finance House, autorizzata nel Gennaio 2008 e la Gatehouse Bank, autorizzata nell’Aprile 2008. La FSA ha anche autorizzato un hedge fund islamico, lo Sharia-equity Opportunity Fund (realizzato dalla statunitense Meyer Capital) e nel settore delle assicurazioni nel Maggio 2008 ha autorizzato l’operatività di Principle Insurance, la prima compagnia assicurativa islamica (takaful provider). Una componente fondamentale nella strategia di Londra di espansione della finanza islamica è stata, dunque, l’integrazione con il sistema bancario convenzionale, che rappresenta il maggiore problema soprattutto in aree geografiche tradizionalmente di religione diversa. In ogni strategia di integrazione una delle criticità più rilevanti è costituita dall’armonizzazione dei rischi tipici di gestione. Generalmente le banche islamiche fronteggiano gli stessi rischi degli istituti finanziari operanti nel sistema convenzionale (il rischio legato alle insolvenze - credit risk, il rischio legato alle fluttuazioni del prezzo delle materie prime - commodity risk, il rischio connesso alla gestione della liquidità del sistema - liquidity risk, il rischio di mercato - market risk, i rischi legali e regolamentari - legal and regulatory risk), nonché altri derivanti dal principio di condivisione del rischio (moral hazard) e dalla conformità ai precetti religiosi (shariah risk ). Tralasciando i rischi più comuni, ci si può soffermare su quelli più specifici del sistema bancario-finanziario Shariah-compliant, partendo dal rischio di "azione nascosta" (moral hazard) che rappresenta uno degli aspetti collegati al modus operandi dell’intermediario finanziario. Nella "relazione di agenzia" (nota in economia come "problema agente/principale") l’agente, lavorando per conto di un principale, può perseguire interessi diversi da quelli del suo committente e porre in essere comportamenti opportunistici a danno del principale. In un contratto di tipo PLS, la presenza di asimmetria informativa determina un duplice rischio di "azione nascosta": - tra l’agente (l’imprenditore) e il principale (la banca). Mentre nella fase pre-contrattuale l’imprenditore è incentivato a mantenersi trasparente per ottenere i fondi richiesti, nel corso dell’attività di impresa può subentrare il rischio di sub-reporting (in particolare, in assenza di clausole di incentivo nel contratto) per nascondere un utilizzo inefficiente (o addirittura illegale) dei fondi ricevuti. Poiché l’utile della banca islamica è direttamente proporzionale al risultato dell’attività legata ai progetti finanziati, i manager dovranno anche monitorare con attenzione l’attività sottostante i prestiti erogati; - tra l’agente (i manager della banca) e il principale (i clienti della banca)(91). La sostituzione del tasso d’interesse con il meccanismo di PLS crea un incentivo per il cliente di una banca islamica nel monitorare il comportamento dei manager in quanto il primo può vedere aumentato (o decurtato) il suo deposito in base ai profitti (o alle perdite) realizzati dal secondo. Ciò al contrario del cliente tipico della banca occidentale il quale, a meno di grossi fallimenti del sistema, ha la garanzia del proprio capitale e la remunerazione ad un tasso prefissato, indipendentemente dal risultato economico conseguito dalla banca nel periodo di riferimento(92). Vi è poi un rischio tipico della finanza islamica, il rischio di non conformità con le regole della Shariah (shariah risk). Questo può creare seri danni reputazionali, che possono indurre un deflusso di fondi da parte di investitori islamici, causando fallimenti e rischi sistemici. Con riferimento alle caratteristiche tipiche dell’attivo patrimoniale di una banca islamica, l’obbligo di rispetto dei vincoli imposti dalla Shariah si sostanzia nell’imposizione di criteri essenzialmente negativi (filtro di primo livello: divieto di investire in taluni settori) ed onerosi ratio di bilancio (filtro di secondo livello: il passivo non deve eccedere un terzo degli asset totali). Tale prassi restringe l’universo degli investimenti con conseguenze sia micro (minor grado di diversificazione del portafoglio) sia macro (in termini del ruolo delle banche nello sviluppo del sistema economico)(93). I prodotti dell’ingegneria finanziaria strutturata, che caratterizzano il sistema finanziario convenzionale, sono ad elevato shariah risk. Questo restringe i margini per l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi
Lo Shariah Board di quest’ultima si occuperà della certificazione della conformità alla Legge Islamica, mentre Barclays Capital sarà prime broker e distributore dei prodotti strutturati di Al Safi Trust. Le altre investment firm autorizzate da DMCCA per il lancio dei cinque hedge fund sono BlackRock, Ospraie Management, Tocqueville Asset Management, Lucas Capit al Management, Zweig-DiMenna International Managers(96). Prospettive ed opportunità in Italia L’assenza in Italia di esperienze concrete in tema di istituzioni finanziarie islamiche rende astratta una valutazione delle opportunità e dei rischi legati all’introduzione di una banca islamica. Questo ostacolo può essere parzialmente rimosso osservando esperienze vissute nella cornice normativa comunitaria in considerazione del fatto che la disciplina europea sui servizi finanziari ha, di fatto, creato un mercato unico anche per l’industria bancaria islamica. La verifica di una potenziale compatibilità tra regole della Shariah e ordinamento italiano può giovarsi dell’esperienza della Gran Bretagna che dimostra come la costituzione di una banca islamica sia possibile in un contesto dove si applicano alle banche regole di vigilanza derivate dalle direttive comunitarie. Vanno considerati, però, tempi di apprendimento commisurati alle difficoltà che il problema introduce. Forzare i tempi potrebbe risultare alquanto dannoso per il sistema nel suo complesso(97). L’introduzione della finanza islamica non è solo maggiore competitività. Un tale processo, infatti, ha anche riflessi sulla sicurezza economica interna. La gestione della relazione inversa (trade-off) tra competitività e sicurezza economica (Tabella 7) richiede un approccio istituzionale olistico (ossia che contempli aspetti di vigilanza bancaria-finanziaria, ed aspetti economici e sociali), per i quali un intervento governativo potrebbe assicurare una maggiore copertura. Un approccio, dunque, simile a quello britannico dell’Islamic Finance Expert Group britannico (istituito in seno all’HM Treasury), dove interessi diversi, anche contrapposti, possano trovare un loro equilibrio ed una loro compensazione.
Nella considerazione della relazione inversa tra competitività e sicurezza economica, tra gli aspetti di incremento competitivo, vi sono il maggiore investimento estero complessivo; una maggiore (e maggiormente osservabile) raccolta bancaria dei fondi originati dalla Comunità islamica in Italia(98); un maggiore (e migliore) impiego degli stessi fondi tramitati dal sistema bancario nazionale verso l’investimento diretto arabo in Italia; le potenziali sinergie (in termini di esperienze, di conoscenza e di strumenti) con altre esperienze europee (soprattutto Francia e Gran Bretagna); la maggiore capacità di internazionalizzazione delle imprese, in particolare rivolta verso i Paesi a religione islamica, grazie ad un supporto "esperto" del sistema bancario-finanziario nazionale. Un esempio importante dell’internazionalizzazione riguarda il vantaggio competitivo in un settore fondamentale dell’economia, quale quello dell’energia, che una conoscenza delle caratteristiche della finanza islamica potrebbe garantire. Investimenti arabi Shariah-compliant nel settore sono già in fase di avvio a livello mondiale e dall’aprile 2008 è presente anche la prima banca Shariah-compliant dedicata al settore dell’energia, First Energy Bank (FEB). Il 24 giugno scorso la Banca Centrale del Bahrain ha fornito una licenza per lo svolgimento di attività wholesale, ed attualmente sono in atto le fasi costitutive e di raccolta del patrimonio (dai previsti 750 milioni si potrebbe arrivare ad un miliardo di dollari)(99). Tra gli aspetti di tutela della sicurezza economica che richiedono un’attenta e costante vigilanza da parte degli organismi preposti; forti costi di apprendimento della materia; la protezione da una competizione potenziale non trasparente nella raccolta bancaria da parte di altre esperienze europee; la copertura di rischi tipici (Shariah risk, moral hazard); l’assenza sia di un tribunale di ultima istanza (100) sia di un prestatore Shariah-compliant di ultima istanza; la preoccupazione relativa ai requisiti patrimoniali necessari in occasione della procedura autorizzativa. In un interessante studio, Mohamad Bakkar (101) ha considerato le principali sfide che l’Italia si trova a dover affrontare nell’introduzione e nell’uso di strumenti di finanza islamica. I fattori critici sono stati individuati nei seguenti: - regolamentazione e tassazione. Esempi di regime autorizzativo e fiscale per le banche islamiche sono già presenti in alcuni Paesi europei (Gran Bretagna, Svizzera, Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi) (102) e negli Stati Uniti. In gran parte, l’impostazione è basata sulla tassazione dell’aspetto economico delle transazioni, mentre nel solo sistema britannico è l’aspetto giuridico delle transazioni a guidare il trattamento fiscale applicato. In molti casi, comunque, le transazioni di finanza islamica avvengono mediante un semplice adattamento della legislazione esistente(103). Questo rende la qualità e la trasparenza del financial reporting nell’industria finanziaria islamica differente significativamente tra giurisdizioni, ed inadeguata per l’assenza di una standardizzazione con i principi contabili internazionali. Organismi regolatori islamici internazionali, quali l’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions -AAOIFI -(104), l’Islamic Financial Services Board - IFSB -(105) e gli Shariah boards interni alle imprese (106), hanno elaborato standard, due dei quali sono stati definiti nel 2006 (Capital Adequacy(107) e Guiding Principles of Risk Management(108)); - funzione di controllo bancario islamico (Shariah Governance). I principi fondamentali sottostanti i prodotti finanziari islamici, pur con un vasto consenso legato al loro contenuto formale, restano interpretati in maniera differente ed utilizzati nella pratica in maniera altrettanto diversa. Secondo Moody’s (2008) la carenza di standard (tecnica e contrattuale) rappresenta un notevole ostacolo allo sviluppo della finanza islamica, sia come modello di investimento sia in termini di finanziamento alternativo. Peraltro, anche le differenti vedute da parte di diversi Shariah Board alimentano l’incertezza: una transazione può essere accettata da un Consiglio ma rifiutata da un altro. Due esempi delle conseguenze di una carenza di standard sono rappresentati dall’importante dibattito sulla "purezza" dei sukuk, sviluppato da una critica espressa nel 2007 dallo Sheikh Muhammad Taqi Usmani, Presidente dello Shariah Standard Council dell’AAOIFI, eminente studioso indiano di origine deobandi, appartenente alla Scuola Hanafi pachistana, che ha suscitato effetti negativi nell’industria dei sukuk, al punto tale da sospendere la realizzazione di molte transazioni in attesa che la questione religiosa trovasse una soluzione (109), nonché dalla fatwa negativa espressa nel 2007 dal religioso Mohammed al-Ossaimi contro alcuni investimenti effettuati dalla Kingdom Holding del Principe saudita Alwaleed bin Talal, e contro l’Offerta Pubblica Iniziale realizzata nel 2006 dalla saudita Red Sea Housing Services Co., sussidiaria del Dabbagh Group di Jeddah; - formazione e addestramento sull’Islam del management bancario. Esiste una forte carenza di qualificazione nel settore, non solo a livello di studiosi, ma anche di operatori dell’industria dei servizi finanziari. Un’interessante iniziativa di formazione, al riguardo, è quella della Banca Popolare di Milano (BPM) che ha previsto, in collaborazione con l’Accademia di Studi Interreligiosi di Milano, un ciclo di formazione da Settembre 2008 per il proprio staff. L’obiettivo è l’approfondimento di tematiche interculturali, con particolare riferimento all’Islam. Inizialmente, il format dei corsi sarà dedicato ai manager, per poi estendersi successivamente ai dipendenti, e spazierà da tematiche prettamente religiose (come il significato del velo) a tematiche economiche (come l’islamic banking) (110); - concorrenza con le banche convenzionali. Le transazioni finanziarie Shariah-compliant riguardano sia mercati convenzionali globali sia mercati islamici regionali o locali. In tali contesti sono rilevanti: * nei confronti di clienti musulmani, il rispetto dei precetti religiosi e la garanzia di riservatezza; * nei confronti di clienti non musulmani, il rendimento comparato dei prodotti Shariah-compliant rispetto ai prodotti di finanza convenzionale. Obiettivo della nuova generazione di prodotti finanziari islamici è, dunque, garantire rendimenti competitivi Shariah-compliant, dunque, rispondendo ad un fabbisogno etico, confessionale (111), ma anche di profitto, affermandosi nel confronto con la finanza convenzionale. Un esempio di espressione di capacità competitiva Shariah-compliant è il BNP Paribas Islamic Equities Optimiser, unico fondo comune di investimento Shariah-compliant autorizzato in Italia. Nel prospetto semplificato di Febbraio 2006, il Fondo, di diritto lussemburghese, si dice essere "offerto indifferentemente ad investitori islamici e non islamici". Pur riconoscendo che "non è ammesso che il Fondo paghi o riceva interessi", si ritengono possibili "la riscossione ed il pagamento di dividendi da titoli azionari" (112); - canali di trasferimento di liquidità e fondi tra banche convenzionali e banche islamiche. Sono molteplici i fattori che rendono problematica la gestione della liquidità in una banca islamica: l’eccessiva dipendenza dai conti correnti per la loro disponibilità liquida; le restrizioni esistenti sulla rinegoziazione del debito; l’assenza di un mercato di strumenti di rifinanziamento Shariah-compliant; l’assenza di un "prestatore di ultima istanza" islamico (113). Riassumendo graficamente: L’apertura di una banca islamica in Italia è, dunque, possibile ma a condizione che vengano rispettate le regole e i controlli richiesti in caso di costituzione di una nuova banca o di stabilimento di una succursale di banca straniera. Un requisito specifico, rispetto a quelli tradizionali previsti dalla legge italiana, è la chiara definizione del ruolo e delle responsabilità dello Shariah Board, al quale non dovranno essere attribuite funzioni legate alla gestione ed al controllo (114). Esistono altre due strade per svolgere attività di islamic banking in Italia: a. l’apertura di una succursale di una banca islamica di un Paese extra-comunitario, il cui procedimento autorizzativo è in gran parte simile a quello previsto per la costituzione di una nuova banca islamica; b. la presenza di una succursale di una banca islamica già costituita in un Paese comunitario, la cui procedura autorizzativa si basa sui principi comunitari del "passaporto europeo" e del "riconoscimento della vigilanza sulla casa-madre", limitandosi a richiedere la notificazione da parte dell’Autorità di vigilanza del Paese di origine.
Un’ipotesi di applicazione del meccanismo comunitario del "passaporto europeo" è quella della britannica European Islamic Investment Bank (EIIB), la quale, avente sede legale in Gran Bretagna, intenderebbe stabilirsi, o prestare i suoi servizi, in Italia (115). Relativamente ad una tale ipotesi, nella prassi consolidata le Autorità di vigilanza non consentono ad una banca appena costituita di espandersi immediatamente all’estero, per ragioni attinenti alla stabilità e alla sana e prudente gestione della banca costituita. Solo il consolidamento di una banca islamica in un Paese dell’Unione Europea, sotto tutti i profili tecnici al pari di ogni altra, può consentirne l’espansione in altri Paesi senza che le Autorità di vigilanza degli Stati membri ospitanti possano avere motivo di opporsi. Conclusioni La progressiva crescita del mercato finanziario islamico va analizzata da un duplice punto di vista: per il musulmano, è legata all’attrattiva della liceità etico-religiosa della prassi bancaria e finanziaria, nonché alla possibilità di sostenere, con il proprio contributo, il recupero e l’affermazione di principi islamici nel contesto economico contemporaneo; per il Paese che offre prodotti rispettosi delle regole della Shariah , è connessa alla possibilità di usufruire di un accesso privilegiato alla domanda aggregata Shariah -compliant, attualmente riferita ai Paesi del Golfo o del Sud-Est asiatico, in futuro da riferirsi principalmente alla popolazione islamica residente in Europa (116). L’esaltazione del profilo religioso-ideologico volto a consolidare quote di mercato non sembra, però, sempre accompagnata da un adeguato livello di tutela effettiva e di trasparenza, importante, invece, nel verificare la reale capacità competitiva delle banche islamiche, qualora si rivolgano ad una clientela diversa da quella musulmana. Il mondo arabo ha sempre dimostrato grande attenzione nei confronti dell’economia italiana, come documentano diversi investimenti di rilievo. Per l’Italia aprirsi alla finanza islamica rappresenta un’opportunità di business che richiede, al contempo, sia l’approfondimento di bisogni di tipo etico e religioso, sia un’interazione con la Comunità islamica nazionale che non può prescindere da una conoscenza della sua composizione e delle sue esigenze etiche, prima ancora che economiche e finanziarie. L’attenzione nei confronti della liquidità, effettiva e potenziale, originata dalla Comunità islamica non può concretizzarsi solo in soluzioni di repressione. Laddove possibile, va, piuttosto, avviata una più complessa (ma duratura) soluzione di prevenzione, mirata all’integrazione di questa liquidità nel sistema economico-finanziario interno. Gli aspetti positivi del binomio "maggiore raccolta di liquidità dalla Comunità musulmana/forte messaggio di integrazione sociale" alla base della strategia di Londra, Berlino, Parigi, Amsterdam, dovrebbero essere colti anche dall’Italia. Va, però, mantenuta l’attenzione anche agli aspetti economici e sociali. Nel parlare di "integrazione bancaria", ad esempio, vi è un "problema" culturale non indifferente da tenere in considerazione: mentre nel caso di clienti islamici, i principi religiosi valgono sia nel profitto sia nella perdita, nel caso di una clientela non musulmana, l’abitudine a schemi bancari tipici occidentali potrebbe creare difficoltà nel comprendere gli aspetti distintivi della banca islamica in caso di esito negativo degli investimenti. Analogamente, la grande incertezza che permea l’introduzione di contratti finanziari islamici nella prassi comune bancaria italiana va affrontata anche in termini di tutela sia degli aspetti di sicurezza economica e finanziaria, sia degli aspetti scientifici ed industriali. Laddove la contrattualistica islamica possa diventare uno strumento di finanziamento allo sviluppo di questi settori, infatti, la poca conoscenza della materia aprirebbe a distorsioni nel "normale comportamento" degli operatori coinvolti. Una gestione, rispettosa e prospettica, è, dunque, necessaria non solo a livello normativo, ma soprattutto a livello sistemico e sociale (nella protezione dei suoi riflessi inerenti la religione) anche mediante strumenti di prevenzione, ossia di intelligence, ritenuti più convenienti. 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(1) La società libica Oilinvest (di diritto olandese, controllata dalla National Oil Corporation libica e dalla LAFICO) è proprietaria di una partecipazione nella Tamoil Italia Spa.
(2) Cfr. Carlo Festa, Risanamento e Aedes sondano gli sceicchi, Il Sole 24 Ore Plus 24, 31.5.2008. (3) Il fondo di investimento del Qatar, Barwa Real Estate, sarebbe in trattative con Monte Paschi Siena per l’acquisto dell’immobile sito in Via dei Normanni a Roma, 36.000 m2 con affaccio sul Colosseo. (4) Cfr. Alfredo Sessa, Il sultano dell’Oman attracca in Puglia, Il Sole 24 Ore, 21.5.2008. In precedenza il 16 maggio il Presidente della Provincia di Bari, Vincenzo Divella, ha incontrato l’Ambasciatore in Italia del Sultanato dell’Oman, Said Nasser Al-Harthy, per illustrare il quadro socio-economico del territorio barese. Cfr. Antonio Scotti, Vendola invitato a cena dal sultano dell’Oman, www.barilive.it, 23.5.2008. (5) L’UAB comprende più di 300 istituzioni bancarie e finanziarie arabe, e rappresenta il più grande consorzio bancario e finanziario nella regione, nonché il portavoce della comunità bancaria araba. I membri dell’UAB si dividono in membri attivi (tutte le istituzioni finanziarie e bancarie, arabe e arabo-straniere) e membri osservatori (Banche centrali arabe, associazioni bancarie arabe e istituzioni finanziarie arabo-straniere nelle quali la presenza araba è minore del 51% ma maggiore del 25%). Cfr. www.uabonline.org. (6) Cfr. Claudio Tucci, Nel 2008 in Italia la prima banca islamica, Il Sole 24 Ore, 25.9.2007. (7) L’Islam si basa su tre elementi: Aqidah (Fede e Credo); Akhlaq (Moralità ed Etica); Shariah (Pratiche e Attività). Quest’ultima è la legge divina come rivelata dal Corano e dalla Sunnah. La Shariah si compone in due insiemi di regole: Ibadah (riguarda la pratica obbligatoria di preghiera), e Muamalat (riguarda gli aspetti di vita quotidiana ulteriori rispetto agli obblighi dell’Ibadah). Parte della Muamalat è relativa ai comportamenti da tenere nell’economia e nella finanza. Se la Shariah è la Legge islamica, Fiqh è la sua interpretazione. La gerarchia delle fonti nel diritto islamico prevede: a. il Corano (testo di Allah), fonte primaria per la comprensione delle leggi di Dio; b. la Sunnah (parole o atti del Profeta), fonte secondaria basata su quanto è stato trasmesso dal Profeta Maometto tramite le sue Parole (la loro funzione è trasmettere la legge come principio, nonché assicurare guida morale), Atti (che hanno un contenuto legale) e Tacite Approvazioni (equivalgono al silenzio-assenso del Profeta sulle azioni svolte in Sua presenza o delle quali il Profeta era a conoscenza); c. Ijma’ (Consenso), consta nel consenso su una regola di diritto islamico da parte di giuristi indipendenti (mujtahids) appartenenti alla Ummah del Profeta Maometto, dopo la sua morte, in un determinato periodo; d. Qiyas (Analogia), attribuzione di validità legale ad un fatto di vita quotidiana, rilevato nei testi del Corano o della Sunnah, o ijma’ su un caso la cui validità legale non derivi da queste fonti, ma da illah, ossia da una razionalità sottostante la regola legale; e. Ijtihad (Interpretazione), un esercizio di studio e ricerca che conduce ad un accordo comune, allorquando vi sia una soluzione innovativa ad un problema proposta da uno o più ricercatori, e successivamente questa venga condivisa da tutti. (8) Il retail banking fa riferimento all’attività bancaria svolta nei confronti di clienti privati (conti correnti, mutui ipotecari, prestiti personali, carte di debito e di credito). (9) Il wholesale banking fa riferimento a servizi forniti dall’industria bancaria a medie e grandi aziende, investitori e developers immobiliari, clienti statali ed istituzionali e clienti commerciali rilevanti a livello internazionale (fondi pensione ed enti statali). Le attività svolte riguardano l’underwriting, il market making, la consulenza, fusioni e acquisizioni ed il fund management. (10) Il memorandum di collaborazione tra ABI e UAB prevede la creazione di alcuni comitati tecnici ristretti per lo studio delle differenze nel funzionamento dei due sistemi bancari (convenzionale ed islamico) e nelle opportunità di sviluppo di business congiunti. (11) Cfr. Tucci (2007). Il nuovo veicolo finanziario (costituito come Società per azioni di diritto italiano) avrebbe Al-Baraka Group (ABG) come azionista di maggioranza (60% del capitale), mentre per il rimanente 40% si starebbe cercando un partner italiano. Se dovesse mancare la disponibilità, ABG entrerebbe con l’intero pacchetto azionario. Cfr. Sbarca a Roma la banca islamica, Il Sole 24 Ore, 16.4.2008. (12) Nel presente lavoro, i termini "banca islamica" ed "istituzione finanziaria islamica" sono utilizzati in maniera intercambiabile per far riferimento ad istituzioni finanziarie operanti in Paesi dove tutte le transazioni finanziarie sono impostate secondo i precetti della religione islamica, così come ad istituzioni specializzate e "islamic windows" di banche convenzionali che offrono prodotti finanziari islamici in Paesi dove coesistono sistemi convenzionali e Shariah-compliant. (13) Per attività finanziaria (asset) Shariah-compliant si intende quella in regola con i dettami della Shariah, e certificata da un Consiglio di autorità religiose (Shariah Board) nella sua correttezza rispetto ai dettami del Corano. (14) Cfr. Standard&Poor’s (2008). (15) Per una visione di sicurezza nazionale delle strategie dei fondi sovrani di investimento, cfr. Fondi Sovrani e Sovranità Nazionale, Gnosis, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna, n. 1 (2008). (16) Questa espansione sta riguardando anche il Continente africano. Di particolare rilievo, la partnership tra sudafricana Investec Asset Management e la saudita Jadwa Investment nell’avvio del primo fondo Shariah-compliant diretto ai mercati azionari africani. Shariah-advisor del fondo è la società di investimento saudita, mentre a Investec sono attribuite le strategie di stock selection relative al portafoglio. (17) Tutti i 27 stati membri dell’Unione Europea saranno membri dell’UPM. A essi si aggiungeranno i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, oltre alla Giordania e alla Mauritania. (18) Dei circa dodici settori d’intervento proposti dalla Francia come terreno d’azione per la futura Unione per il Mediterraneo, la Commissione ha invitato a concentrarsi solo su tre grandi aree: infrastrutture (in particolare, autostrade del mare e collegamento autostradale attraverso tutto il Maghreb, dalla Mauritania alla Libia); il disinquinamento del Mediterraneo; il piano solare mediterraneo (in applicazione di una decisione dei Ministri dell’Energia). (19) "This government’s objective is to make France more competitive and one aspect of that is Islamic finance". Cfr. Shyamantha Asokan, French aiming for Paris to be islamic finance centre, Financial Times, 14.5.2008. (20) Di particolare rilievo la recente partnership in Libano (per la quale è in corso il procedimento di approvazione da parte della Banque du Liban) tra BNP Paribas ed Emirates Lebanon Bank (ELB, sussidiaria libanese, interamente controllata, di Bank of Sharjah). Gli accordi prevedono l’incorporazione da parte di Emirates Lebanon Bank (già Banque de la Bekaa) delle attività della filiale libanese di BNP Intercontinentale (BNPI), sussidiaria interamente controllata di BNP Paribas. La nuova composizione di ELB vede una partecipazione all’81% di Bank of Sharjah, mentre BNPI mantiene il 19%. In prospettiva Bank of Sharjah intende offrire fino al 30% del capitale di ELB ad un gruppo selezionato di investitori privati libanesi e dei Paesi del Golfo, con i quali intende realizzare “sinergie eccezionalmente forti". Cfr. BNP Paribas and Bank of Sharjah in Lebanese joint venture, www.cpifinancial.net, 23.6.2008. (21) Recentemente Société Générale ha seguito il rifinanziamento dell’impianto di desalinizzazione Taweelah di Abu Dhabi mediante la sua islamic unit di Dubai assicurando la provvista di 150 milioni di dollari da fonti Shariah-compliant e 390 milioni di dollari da obbligazioni convenzionali e prestiti corporate. Credit Agricole, tramite Calyon, sussidiaria dedicata all’investment banking, è specializzata nel finanziamento sindacato Shariah-compliant. La transazione più importante svolta da Calyon, tramite la sua affiliata saudita Banque Saudi Fransi, ha riguardato un accordo di finanziamento Shariah-compliant da 2,9 miliardi di dollari a beneficio di Mobily, sussidiaria saudita della telefonica emiratina Etisalat dedicata alla telefonia mobile. Non disponendo Calyon di un proprio Shariah Board, la certificazione religiosa dell’operazione è stata fornita da Abu Dhabi Islamic Bank. Cfr. Wilson (2007). (22) Cfr. Wilson (2007). (23) Cfr. Guy Dinmore, Italy-France form "trade axis" to counter emerging nations, Financial Times, 12.6.2008. (24) L’accordo prevede una serie di iniziative congiunte, il cui calendario sarà fissato entro ottobre 2008, l’avvio di due seminari tecnici focalizzati per area geografica, uno relativo ai Paesi del Golfo e l’altro sui Paesi dell’Africa del Nord, e la produzione di un ciclo di pubblicazioni sui diversi sistemi bancari. Cfr. "ABI: accordo con Unione Banche Arabe" su http://www.tuttosullafinanza.com/abi-accordo-banche-arabe.htm. (25) La Comunità musulmana in Italia è composta da 1,2 milioni di cittadini legalmente residenti, circa il 32% dei 3,7 milioni di stranieri residenti nel nostro Paese. A questa cifra vanno aggiunti 100-150mila immigrati irregolari, 50mila cittadini stranieri in attesa della cittadinanza italiana; circa 10mila sono inoltre gli italiani convertiti all’Islam. Dunque, il numero totale di musulmani residenti in Italia è pari a 1,4 milioni. Questa cifra rappresenta circa il 2,3% della popolazione italiana (distribuito in maniera eterogenea, 55% nel nord Italia, 25% nel centro e 20% nel sud), una percentuale inferiore a quella di altri grandi Paesi dell’Unione Europea. La dimensione relativamente ridotta e la giovane età della comunità musulmana nazionale comporta che l’impatto dell’Islam sulla vita pubblica non è ancora significativo. Ma vi sono indicazioni che il trend si sta modificando. (26) Sarebbero più di 500 le strutture distribuite su tutto il territorio nazionale, con una maggiore concentrazione nel polo lombardo-emiliano-veneto. (27) Le attività commerciali sono esercitate sia in maniera "accessoria" in alcuni luoghi di culto (macellerie islamiche, negozi alimentari), sia all’interno degli stessi (mediante la vendita di generi alimentari, libri e audiovisivi islamici), sia mediante cointeressenze dei responsabili in attività commerciali ed imprenditoriali. (28) Nel 2000 il Monte dei Paschi di Siena ha stipulato un accordo con il Centro Islamico Italiano che prevede conti correnti agevolati per gli immigrati di religione musulmana e la devoluzione degli interessi al Centro Islamico. Nel luglio 2004 la Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana ha lanciato il primo deposito privo di interessi ma fruttuoso di premi in natura e rapportati alla giacenza del conto e, più recentemente, il "Mutuo Extragentile" strutturato come un leasing immobiliare con una durata di 20-35 anni al termine del quale il cliente può decidere se riscattare il bene. (29) Sistema informale di trasferimento valutario basato sulla fiducia riposta nei confronti di una rete di agenti fiduciari (money brokers), localizzati principalmente nel Medio Oriente, in Africa ed in Asia. (30) Anche in questo senso vanno considerate le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore (introdotte dal Decreto Legislativo 231 del 21 novembre 2007) con effetti fortemente restrittivi sulle attività di money transfer, definite, dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare del febbraio 2008, come “un sistema bancario alternativo che rischia di mettere in crisi anche quello legale, essendo stati identificati circa 25 mila punti di raccolta di denaro presenti in Italia, dei quali si stima che il 30% (circa 8 mila) siano illegali". (31) Il "distretto o filiera religiosa" (a seconda della tipologia di integrazione) è un sistema di relazioni che caratterizza una sotto-economia islamica (composta da soggetti che seguono i precetti islamici) all’interno del più ampio sistema economico nazionale. Si tratta di un aggregato di imprese che si favoriscono vicendevolmente, con forti riduzioni nei costi di transazione insite nell’esistenza di interrelazioni basate sulla fiducia reciproca. (32) Con riferimento alla Risoluzione ONU 1737/2006, il 16.3.2007, la Banca d’Italia ha disposto l’applicazione alla succursale italiana di Bank Sepah (ex art. 53, comma 3, lettera d, del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) del divieto di intrattenere rapporti con soggetti inseriti nella lista di nominativi, enti e società coinvolti in programmi di proliferazione nucleare emanata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e con soggetti a qualunque titolo agli stessi collegati. Con provvedimento del 26.3.2007, la Banca d’Italia ha disposto la gestione provvisoria della succursale italiana di Bank Sepah ai sensi del combinato disposto degli artt. 76 e 77 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, nominando Commissari il dott. Luciano Di Paolo e il prof. Raffaele Lener. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, 03/2007. Con decreto del 26.5.2007 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta della Banca d’Italia, la succursale italiana di Bank Sepah è stata posta in amministrazione straordinaria, ai sensi degli artt. 77 e 70, comma 1, lett. a), del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, 05/2007. Con decreto del 20.7.2007 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta della Banca d’Italia, è stata disposta la prosecuzione dell’amministrazione straordinaria della succursale italiana di Bank Sepah per la durata ordinaria di un anno dall’emanazione del Decreto Ministeriale del 26.5.2007, che ha disposto l’avvio della procedura per un periodo di sessanta giorni, ai sensi dell’art. 70, comma 5, del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Cfr. Banca d’Italia, Bollettino di Vigilanza, 07/2007. (33) Lo Stato federale tedesco di Sassonia-Anhalt nel 2004 è stato, in Europa, tra i primi emittenti di sukuk, ossia obbligazioni islamiche, per 100 milioni di dollari. Il Ministro delle Finanze della regione tedesca pose alla base della scelta di uno strumento compatibile con la Shariah una duplice motivazione: "Da un lato, per motivi economici. Ci sono investitori là fuori, ed è ragionevole offrire loro un prodotto. Dall’altro, per una questione di cortesia internazionale. Noi vogliamo lanciare un messaggio di rispetto per altre culture che hanno una diversa regolamentazione sugli investimenti". (34) Il 16 luglio 2007 il Ministro delle Finanze olandese Wouter Bos ha annunciato in Parlamento la volontà di incoraggiare l’espansione della finanza islamica nei Paesi Bassi, "in primo luogo, perché l’islamic banking soddisfa una domanda da parte della Comunità musulmana olandese; in secondo luogo, perché rappresenta un’opportunità per il settore finanziario olandese; in terzo luogo, perché porre barriere all’islamic banking nella prospettiva di contrastare il terrorismo avrebbe un effetto controproducente". Cfr. http://www.nisnews.nl/public/170707_1.htm. (35) Dal 2006 è operativa a Ginevra la Faisal Private Bank, prima banca Shariah-compliant in Svizzera. Attualmente la National Bank of Kuwait è in procinto di avviare (insieme ad un partner saudita) una seconda banca. (36) Nel dicembre 2007 Fortis Bank, prima banca belga, ha lanciato il fondo di investimento Shariah-compliant Fortis B Fix 2008 Islamic Index 1, legato all’indice Dow Jones Islamic market Titans 100, sotto la supervisione del DJIM Sharia Supervisory Board e composto da azioni, selezionate dall’indice Dow Jones, che non trattano alcol, tabacco, a rmi,giochi d’azzardo e carne di maiale. (37) L’idea di arbitraggio si collega alla situazione nella quale in un mercato finanziario, in un certo istante, senza assumere alcun rischio, si ha la possibilità di realizzare un guadagno certo (a differenza della speculazione). A parità di fattori, in base alle diverse offerte di "etica" si pongono in essere opportuni portafogli, funzione di un guadagno in termini di moralità e rispetto di precetti religiosi. (38) L’analisi economica neoclassica insegna che il libero funzionamento del mercato conduce ad una allocazione ottimale, in senso paretiano, delle risorse. La scelta tra diversi equilibri pareto-ottimali dipende dal tipo di "funzione di utilità sociale" prescelta dal policy maker, e rimane quindi una scelta indeterminata. In un’economia islamica questa indeterminatezza non c’è perché la funzione di utilità sociale deve essere improntata ai principi della legge islamica. (39) Il significato letterale di riba è "eccesso". La giurisprudenza islamica ha diviso la riba in due tipologie: - Riba al-Naseeyah (anche Riba al-Quran o Riba al-Jahiliyyah). È la forma primaria di riba. È definita come il prodotto di un interesse predeterminato, applicato su un certo capitale preso (o ottenuto) a prestito, per un dato periodo; - Riba al-Fadl (anche Riba al-Hadith o Riba al-Byuoo). La sua proibizione deriva dalla Sunna. è definita come un saldo in eccesso (rispetto al valore nominale della transazione) derivante da uno scambio o da una vendita di beni. Il concetto è applicabile a molti contratti riguardanti materie prime (commodities), laddove al rendimento viene associato uno specifico rischio. (40) "God has permitted trade and prohibited riba." (Surat Al Baqara versetto 275). L’intermediazione bancaria tradizionale tra risparmiatori ed imprese è basata sul deposito bancario dei risparmiatori e sul prestito delle banche alle imprese. Il guadagno intertemporale ottenuto dai depositanti e dalle banche è considerato riba. (41) Le teorie keynesiane, e persino il modello IS-LM, in un sistema economico islamico non funzionano più. Non esiste un tasso di interesse che spieghi le scelte di investimento e la domanda di moneta, che nel modello keynesiano è funzione oltre che del reddito anche dei tassi di interesse e non risente dell’andamento del mercato del credito e dei tassi di interesse. Secondo la Shariah la moneta è solo un mezzo di scambio e non ha valore in sé. (42) Cfr. Iqbal, Mirakhor (2006). (43) Esempi di gharar possono essere, ad esempio, consigliare l’acquisto di azioni di una particolare società, soggetta ad una scalata ostile, sulla base delle aspettative di crescita del prezzo delle azioni stesse; consigliare l’acquisto di un dipinto di un pittore sconosciuto, sulla base di aspettative (non chiare) di futura fama dello stesso; proporre l’acquisto di una casa, senza specificarne, all’atto della proposta, il prezzo. (44) "they ask you about what they should spend (in charity), say, ‘whatever you spend on good’ (let it be first) on your parents, and (then) your close relatives, the orphans, the poor, and the children of the path.’ And, whatever good you do, surely God knows." (Surat Al Baqara versetto 215). (45) La zakat è uno dei cinque pilastri dell’Islam. Gli altri quattro sono la shahada (testimonianza della fede), la salat (preghiera cinque volte al giorno con lo sguardo verso la Mecca), la sawm (astinenza e digiuno durante il Ramadan) e la hajj (pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita). (46) Cfr. Piccinelli (2006). (47) Tratta da Akkizidis e Khandelwal (2008). (48) La mancanza di un espresso obbligo di rimborso dei fondi raccolti presso il pubblico potrebbe rappresentare uno dei principali elementi di "incompatibilità" con la disciplina bancaria europea. Cfr. Piccinelli (2006). (49) Cfr. Jobst (2007). (50) Tutte le applicazioni concrete riportate nei box fanno riferimento a Akkizidis e Khandelwal (2008). (51) Cfr. Dalla Pellegrina (2004). (52) Tratta da Akkizidis e Khandelwal(2008). (53) Il contratto salam è utile nel finanziamento al settore agricolo (attività commerciali, costi operativi e beni capitali). (54) Il locatore è chiamato mu ‘jir, mentre l’utilizzatore è chiamato musta ‘jir. (55) Cfr. Freshfields Bruckhaus Deringer (2006). (56) L’industria dell’aviazione civile è Shari’ah-compliant nei suoi principi fondamentali ed il finanziamento è asset-based. Come Emirates, anche altri vettori (Thai Airways, Syrianair e Royal Brunei Airlines) hanno usufruito di forme di lease islamico per aeromobili di loro interesse. (57) Quest’ultima soluzione è stata oggetto di dibattito tra gli studiosi di finanza islamica. Alle molte critiche all’utilizzo di un benchmark rate (soprattutto, se posto in funzione del tasso di interesse bancario o interbancario, tipo LIBOR), i moderatori hanno proposto una soluzione di compromesso basata sulla definizione di un limite massimo e un limite minimo per la variabilità del canone, tale da rimuovere l’incertezza (gharar) ed assicurare alle parti trasparenza nelle passività contrattuali. (58) Plurale di sakk. (59) La definizione di sukûk fornita dall’AAOIFI è "certificates of equal value representing, after closing subscription, receipt of the value of the certificates and putting it to use as planned, common title to shares and rights in tangible assets, usufructs and services, or equity of a given project or equity of a special investment activity." (60) Cfr. Box e Asaria (2005). Nella moderna giurisprudenza islamica, gli investitori possono ricevere pagamenti periodici grazie ad un’emissione di sukuk, il cui prezzo di riferimento viene stabilito in base al LIBOR. Per questo il prezzo dei sukuk viene frequentemente fissato usando le stesse tecniche di determinazione del prezzo delle obbligazioni convenzionali. (61) Il primo sukuk fu emesso nel 1990 e il secondo dieci anni dopo, nel 2000. Quell’anno, secondo l’IFIS, sono state realizzate solo 3 emissioni, per un totale di 336 milioni di dollari. Tre anni dopo sono aumentate a 37, per un ammontare di 5,7 miliardi. Nel 2006 sono stati emessi invece 199 sukuk, per un valore di 27,17 miliardi. (62) Cfr. Moody’s (2008). (63) Nella strategia di espansione del proprio business in Malaysia, Toyota ha pianificato anche l’emissione di sukuk. Al riguardo, le Autorità finanziarie malaysiane hanno già fornito a UMW Toyota Capital (controllata al 70% dalla nipponica Toyota Financial Services, branca finanziaria di Toyota Motor), con sede in Petaling Jaya (Malaysia), l’autorizzazione ad emettere certificates fino ad 1 miliardo di ringgit (circa 312 milioni di dollari). Toyota già opera nell’industria della finanza islamica malaysiana dal 2005, quando ha iniziato ad offrire prestiti Shariah-compliant, avviando forme di ijarah nell’agosto 2007. Un’emissione di sukuk rappresenterebbe per Toyota la prima forma di provvista secondo la Shariah. CIMB Group, società malaysiana di servizi finanziari, dovrebbe fungere da lead manager nell’emissione. Cfr. Martin Foster, Toyota considers Shariah bond to help Malaysian business, International Herald Tribune, 12.5.2008. (64) Lo Special Purpose Vehicle (SPV) è una società creata appositamente per realizzare una o più operazioni di cartolarizzazione (securitization) cui è demandato il duplice compito di acquisire dall’originator (o cedente) i crediti da cartolarizzare e di emettere successivamente strumenti finanziari rappresentativi dei portafogli ceduti. Mediante uno SPV, infatti, l’originator trasforma contratti di finanziamento non negoziabili in valori mobiliari da collocare presso investitori privati o istituzionali. Il servizio del debito è assicurato dal cash flow derivante dal rimborso di capitale e dagli interessi dei crediti originari. Il collocamento dei titoli viene curato dall’arranger (che può essere un intermediario finanziario o una banca di investimento), il quale seleziona, insieme all’originator, il pacchetto di crediti da cartolarizzare, si occupa della costituzione dello SPV e spesso svolge la funzione di lead manager nel collocamento dei titoli. (65) Cfr. Gassner (2006).(66) La soluzione di istituire una fondazione corrisponde al concetto di waqf , l’equivalente islamico del concetto di trust tipico nel common law. La differenza è che una dotazione religiosa waqf è a tempo indeterminato. L’ente è stato registrato nei Paesi Bassi, visto che la legge tedesca non è ancora pienamente sviluppata in materia di securitization, soprattutto da un punto vista fiscale. (67) Cfr. Gassner (2006). (68) Un Istisna Sukuk non è un titolo negoziabile secondo la Shariah (in quanto l’asset sottostante non esiste ancora). La sua negoziabilità può essere raggiunta con una securitization in pool, considerato che la giurisprudenza islamica contemporanea accetta un titolo come negoziabile a condizione che gli asset tangibili sottostanti rappresentino il 51% del valore di mercato del titolo stesso. I proventi dell’emissione vengono utilizzati dall’emittente per accordi di project financing (risanamento di terreni, sviluppo di infrastrutture). Quando le opere, realizzate secondo ciascun Istisna, vengono completate dall’appaltatore e consegnate al soggetto emittente, l’emittente lo notifica alla società responsabile del progetto e l’infrastruttura viene resa disponibile sulla base di una transazione per acquisto in leasing. Se il sukuk è quotato durante il periodo degli Istisna, gli Istisna esigibili (somme detenute come liquidità) saranno negoziati solo ad un valore alla pari. Qualsiasi apprezzamento o deprezza mento nel valore del sukuk rappresenterà un relativo cambiamento nel valore delle infrastrutture. (69) La struttura del sukuk malese è controversa nell’industria finanziaria islamica. Essa, infatti, corrisponde ad un debito e pertanto non può essere negoziato, se non al valore nominale. (70) Tratta da www.lmcbahrein.com. (71) L’approccio Value-at-Risk misura il rischio di ribasso di una posizione di portafoglio come la perdita massima che può determinarsi ad una data futura predeterminata con una data probabilità dovuta a cambiamenti negativi negli asset rilevanti e nei prezzi delle passività. L’applicazione di questa metodologia alle obbligazioni richiede una decomposizione dei titoli ed una stima di varianze e covarianze dei rendimenti su questi titoli. Formalmente, l’approccio VaR misura la perdita attesa peggiore di un portafoglio valutata nell’arco di un certo periodo di detenzione ad un dato livello di confidenza statistica, nell’ambito di condizioni normali di mercato. VaR è un’espressione del rischio di mercato del portafoglio, rappresentando l’ammontare massimo che può essere perso, durante un periodo di possesso, nell’1% dei casi. Per esempio, il metodo VaR può definire l’1% della probabilità o il 99% del livello di confidenza statistica che un certo ammontare di dollari sarà perso in un dato giorno, mese, an no. (72) Cfr. Cakir, Raei (2007). (73) Cfr. Islamic conversion boosted DFM IPO, archive.gulfnews.com (2006). L’esistenza di una tassa di "purificazione" aiuta nell’espansione delle quotazioni, ma crea un ulteriore problema. Secondo Brad Bourland, Chief Economist della saudita Jadwa Investments, il problema principale dei Paesi del Golfo non è la valutazione dei pagamenti della zakat (2,5%) o della tassa aziendale di "purificazione" (20% su residenti non sauditi e non GCC), ma la loro raccolta. Solo Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno introdotto un meccanismo sistematico per la raccolta. Riyadh ha demandato il compito al Zakat and Income Tax Department del Governo saudita. Cfr. Talal Malik, GCC can rake billions in zakat, income tax, Arabian Business.com, 12.9.2007. Analogamente Abu Dhabi, dal 2003, ha istituito un’agenzia federale indipendente per la raccolta della zakat e della tassa sui redditi imponibili di società petrolifere e banche estere quotate sul Dubai Financial Market e Abu Dhabi Securities Market. (74) Questo significa che, de facto, il Consiglio sharaitico delli’AAIOFI rappresenta l’istanza più alta in materia. (75) Cfr. HSBC and DIFX team up for sukuk index, www.newhorizon-islamicbanking.com (2008). (76) I musulmani non possono utilizzare l’assicurazione convenzionale in quanto contrasta con due fondamenti dell’Islam, il divieto di incertezza (gharar) e di scommessa (maysir) nel contratto. Ad esempio, assicurare una casa equivale a trasferire il rischio ad una compagnia di assicurazione, la quale trasformerà i premi ricevuti in un reddito in assenza del verificarsi dell’evento assicurato. L’assicurazione islamica (takaful) consiste nel versamento di premi (in termini di donazione o contribuzione volontaria) da parte degli assicurati in un fondo comune, la cui gestione è delegata a un terzo, al quale viene pagata una commissione. Secondo il meccanismo contrattuale usato (mudarabah), né l’assicurato, né il gestore assumono alcun rischio singolarmente, ma vi è una condivisione dello stesso da parte dei partecipanti, nel pieno rispetto della Legge islamica. Cfr. David Oakley, Islamic insurer launch marks a first for UK, Financial Times, 2.5.2008. (77) Cfr. Timewell, Di Vanna (2007). (78) Circa il 90% degli asset Shariah-compliant sono concentrati nei bilanci delle istituzioni finanziarie islamiche e di banche convenzionali che offrono prodotti e servizi finanziari mediante "islamic windows", ossia business unit separate ed operanti all’interno della struttura organizzativa della casa madre convenzionale. La soluzione fornita da istituzioni "ibride" (ossia, con Shariah windows) è fondamentale nel consentire alle maggiori istituzioni finanziarie del mondo impegnate nel settore (quali, ad esempio, Citygroup, HSBC e Standard Chartered) di concentrarsi sulla finanza islamica sia nell’area retail (raccolta da risparmiatori) sia wholesale (finanziamento di grandi investitori). In molti Paesi, infatti, solo le banche islamiche monosettoriali hanno il permesso di produrre o vendere i prodotti conformi alla Shariah. (79) Daniel Stanton, First Islamic China fund launched, www.arabianbusiness.com, 15.6.2008. (80) Cfr. Ainley, Hicks, Mashayekhi, Rahman, Ravalia (2007). (81) Negli uffici di Londra della banca britannica Barclays Capital (coadiuvata da Dubai Islamic Bank) sono state preparate le due più importanti emissioni di sukuk, quella da 3,5 miliardi di dollari di Ports, Customs and Free Zone Corporation (PCFC, holding di Dubai Ports World) e quella da 3,52 miliardi di dollari di Nakheel. società di sviluppo immobiliare di Dubai. (82) Il 12 giugno scorso la società finanziaria Alburaq ha avviato, in partnership con Bank of Ireland, il primo prodotto finanziario retail Shariah-compliant alternativo ad un guaranteed equity bond (l’equivalente di un piano di risparmio a capitale garantito, con un rendimento vincolato ad una scadenza prefissata). L’investimento minimo previsto da Alburaq è 500 sterline, depositato presso Bank of Ireland per 5 anni in un conto strutturato nel principio islamico del Wakalah (Agenzia). Alla scadenza il depositante riceverà il rimborso del capitale, insieme ad eventuali guadagni legati ad un paniere di 20 azioni selezionate nel Dow Jones Islamic Titans 100 Index. Cfr. Gemma Westacott, First UK Shariah compliant capital protected savings product, FTAdviser, Financial Times, 12.6.2008. (83) Oggi il mercato dei mutui ipotecari residenziali ammonta a 500 milioni di sterline (+50% solo nel 2006). I prodotti sono offerti nel mercato interno britannico da quattro islamic windows (Alburaq Home Finance, HSBC Amanah, Ahli United Bank ed United National Bank) le quali raccolgono i loro finanziamenti da partner del sistema bancario convenzionale. Questo aspetto ha generato diverse critiche da parte di clienti musulmani preoccup(91) Cfr. Dalla Pellegrina (2004). (92) In questo senso il sistema islamico, invece di affidarsi ad una tutela istituzionale del risparmio, sembra orientato verso una tutela soggettiva di interessi legittimi. (93) Cfr. Porzio (2006). (94) Cfr. Iqbal, Ahmad e Khan (1998). (95) Il primo hedge fund Shariah-compliant è stato creato nel Settembre 2003 dalla Saudi Economic and Development Company (SEDCO), insieme a Permal, gruppo saudita di servizi finanziari. L’investment firm Fostman-Leff di New York è responsabile della gestione del fondo. Per aggirare il divieto di gharar, il prodotto finanziario derivato si è basato sul concetto di "opzioni stipulate" (un compratore fa un pagamento parziale anticipato per la consegna differita di un prodotto, e se decide di non acquistarlo successivamente, il venditore non rimborsa l’anticipo), l’analogia più vicina ad una option. (96) Prossimamente saranno sviluppati anche altri hedge fund, fondi real estate e private equity. Cfr. Dubai Multi Commodities Centre Authority seeds Islamic hedge funds on Al Safi Trust platform, www.cpifinancial.net, 19.6.2008. (97) Prendendo, ad esempio, il processo di autorizzazione in Gran Bretagna della Islamic Bank of Britain (IBB) ha richiesto 18-24 mesi per essere completato, ma le "lesson learnt" sono state rilevanti. La prima di queste è relativa al concetto di "deposito". In Gran Bretagna, un deposito è "una somma di moneta pagata il cui rimborso avviene su richiesta o in circostanze stabilite tra le parti". Esiste una regolamentazione dei depositi ed una tutela del depositante. La proposta originaria da parte della IBB di "deposito" è stato in termini di PLS (mudarabah), principio in base al quale il cliente condivide i rischi di guadagno e di perdita sul capitale originario. Il rilievo, al riguardo, da parte della Financial Services Authority (FSA) è stato relativo alla "certezza del rimborso del capitale versato", condizione indispensabile per l’Authority britannica. Il compromesso tra le parti è stato raggiunto garantendo, nella fase precontrattuale, il diritto al rimborso pieno ai depositanti presso la IBB ( così da essere FSA-compliant), consentendo successivamente la modifica volontaria del regime di tutela del deposito su basi religiose, optando per il rimborso secondo criteri PLS. Nel caso italiano, il problema della tutela dei risparmiatori che non pongono il profitto al centro delle proprie decisioni di investimento è stato già considerato in seno all’Autorità di vigilanza nazionale con riguardo alle iniziative di banca etica e alle offerte di prodotti di risparmio etico. La soluzione, pur riconoscendo la legittimità di tali preferenze, è stata quella di non acconsentire deroghe nell’applicazione della normativa in tema di intermediazione finanziaria che possano tradursi in una tutela "differenziata" degli interessi ai quali è preposta la vigilanza. Cfr. Donato, Freni (2006). (98) Nell’ottica di un approccio "know-your-customer". (99) Gli azionisti di FEB includono enti e soggetti individuali (tutti con quote inferiori al 10%) del Bahrain, dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, della Libia e di altri Paesi della regione del Medio Oriente e Nord Africa. La composizione del capitale si riflette sul Consiglio di Amministrazione, principalmente composto da rappresentanti emiratini (Abu Dhabi Water and Electricity Authority, Dubai Investments, Tasmeem, Emirates Islamic Bank), sauditi (Corral Group e Al Jabr Trading Co.), libici (Libyan Investment Authority) e del Bahrein (Capital Management House/Bahrain Islamic Bank, Gulf Finance House, Khaleeji Commercial Bank). Cfr. First Energy Bank gets licence from Central Bank of Bahrain, www.cpifinancial.net, 23.6.2008. Settori di investimento di FEB sono l’upstream ed il downstream sia di petrolio sia di gas, il trasporto di idrocarburi, la petrolchimica, l’energia elettrica ed il settore idrico. Cfr. Energy boom spurs Islamic banking interest, New Horizon, 1.4.2008. (100) Le divisioni iniziano in seno alla dottrina: esistono, infatti, nel mondo islamico cinque scuole giuridiche (quattro sunnite e una sciita), cui si fa riferimento. Questo fa sì che, ad esempio, nella stessa area del Golfo ci siano differenze significative nell’interpretazione dei precetti religiosi, applicata all’economia e alla finanza. (101) Cfr. Mohamad Bakkar, Islamic Banking in Italy: Regulatory issues, Studio Petrucci & Associati, 17.3.2008 (102) Cfr. Mohammed Amin, The taxation of Islamic finance in major western countries, pwc.blogs.com, 26.4.2007. (103) Per fare un esempio, tratto dal sito web dell’Associazione per lo Sviluppo di Strumenti Alternativi e di Innovazione Finanziaria (www.assaif.org), gli sviluppi più importanti per lo sviluppo del mutuo casa islamico nei sistemi occidentali sono il frutto di una serie di cambiamenti normativi fondamentali che hanno interessato gli Stati Uniti (lettere interpretative dell’Office of the Comptroller of the Currency n° 806 del 17 ottobre 1997 e n° 867 del 1 giugno 1999 e autorizzazioni del 1999 e 2000) e la Gran Bretagna con il gruppo di lavoro sugli islamic mortgages organizzato dalla Banca di Inghilterra. In Australia e Canada sono, invece, state utilizzate le leggi sulle società cooperative. (104) L’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI) è stata costituita in base all’Accordo di Associazione firmato dalle Istituzioni Finanziarie Islamiche il 26 Febbraio 1990, in Algeria. È stata registrata il 27 Marzo 1991 in Bahrain come un organismo indipendente privato senza scopo di lucro. L’AAOIFI è responsabile per lo sviluppo della contabilità, dell’auditing, dell’etica, della governance, e gli standard Shariah-compliant per l’industria bancaria e finanziaria islamica. L’AAOIFI è sostenuta da oltre 160 membri istituzionali da oltre 40 Paesi. Ha sede in Bahrain. (105) L’IFSB, con sede in Kuala Lumpur (Malaysia), opera dal 2003 nell’istituzione di standard internazionali Shariah-compliant con l’obiettivo di assicurare solidità e stabilità dell’industria dei servizi finanziari islamici (banking, capital market ed assicurazioni). L’attività dell’IFSB è complementare a quella del Basel Committee, dell’International Organization of Securities Commissions (IOSCO) e dell’International Association of Insurance Supervisors, nello svolgimento di funzioni di "regolatore" per le istituzioni finanziarie islamiche. Cfr. Donato, Freni (2006) (106) I "Consigli della Shariah" (Shariah Board) sono composti da stimati studiosi della religione islamica ("ulama") esperti anche di materie economiche e finanziarie. Questi consigli esaminano, nel dettaglio, le offerte finanziarie da collocare per stabilire la loro conformità ai precetti islamici. In caso positivo, emettono una fatwa di approvazione, comprovando la transazione come "halal" (permessa). (107) Il documento tenta un’omologazione dell’islamic finance ai requisiti previsti dall’Accordo Basilea II: dove le previsioni sono compatibili con i principi della Shariah vale quanto stabilito dal Comitato di Basilea, mentre su tutti gli aspetti relativi ai profili caratteristici, vale quanto stabilito dall’IFSB. (108) Il documento individua 15 principi per il perfezionamento di procedure di risk management nelle banche islamiche. L’approccio adottatosi basa su una considerazione olistica dei rischi propri dell’attività bancaria prevalente e dei rischi propri della vasta tipologia di contratti offerti da una banca islamica. I principi sono stati raggruppati con riferimento a sei differenti categorie di rischi: rischio di credito, equity investment risk, rischio operativo, rischio di mercato, rischio di liquidità, e rate of return risk (impatto potenziale dei fattori di mercato sul tasso di rendimento degli investimenti rispetto al rendimento atteso per i detentori di strumenti di investimento). (109) Cfr. Roula Khalaf, Islamic bonds hit by religious concerns, Financial Times, 6.2.2008 e www.aaoifi.com/aaoifi_sb_sukuk_Feb2008_Eng.pdf per la complessa risoluzione sull’argomento espressa dallo Shariah Board dell’AAOIFI. (110) Cfr. Islam: Intercultural training for BPM staff, www.ansamed.info, 12.6.2008. (111) Le strette linee guida imposte dai precetti islamici stanno imponendo alle banche ed alle società di investimento l’introduzione di una nuova figura dirigenziale, il Chief Shariah Officer, il cui unico lavoro è assicurare il rispetto della Legge islamica, consentendo di attrarre investitori musulmani. (112) I dividendi possono comprendere importi attribuibili, ai fini della Shariah, a reddito da interessi ottenuto o ricevuto dalle società sottostanti in cui si investe, nonché a debiti fruttiferi. L’ammontare di dividendi così attribuiti sarà calcolato in conformità con i criteri della Shariah, e costituirà oggetto di donazione annuale ad istituti di beneficenza (charity), ad assoluta discrezione degli Amministratori. Dal momento che il reddito da dividendi ricevuto dal Fondo viene accumulato al di fuori del capitale, la donazione non ha effetti sul valore patrimoniale netto del Fondo. Il regime fiscale del Fondo è soggetto alla tassa annuale di abbonamento ed alle ritenute alla fonte sui proventi di origine estera. Cfr. www.am.bnpparibas.it. (113) La Banca Centrale del Bahrein (Central Bank of Bahrain, CBB) sta per lanciare uno strumento finanziario islamico finalizzato ad agevolare la gestione della liquidità Shariah-compliant. L’Islamic Sukuk Liquidity Instrument (ISLI) è stato sviluppato congiuntamente tra CBB ed LMC (Liquidity Management Centre), organizzazione con sede in Bahrein che fornisce localizzazione di asset, strutturazione e capacità di market making. L’ISLI è stato disegnato per rendere le istituzioni finanziarie, sia convenzionali sia islamiche, in grado di accedere a liquidità a breve termine contro Ijarah Sukuk, emessi dalla CBB. Gli Shariah Board di CBB e LMC ne hanno certificato la conformità religiosa. Cfr. Mike Gallagher, CBB set to launch key Islamic financial instrument, www.cpifinancial.net, 11.6.2008. (114) Cfr. Donato, Freni (2006). (115) Italy to get an Islamic bank, www.newhorizon-islamicbanking.com (2008). (116) Cfr. Wilson (2007). |