GNOSIS
Rivista italiana
diintelligence
Agenzia Informazioni
e Sicurezza Interna
» ABBONAMENTI

» CONTATTI

» DIREZIONE

» AISI





» INDICE AUTORI

Italiano Tutte le lingue Cerca i titoli o i testi con
GNOSIS 1/2004
A come anarchia
in tutte le sue anime


articolo redazionale

L’analisi si propone di ripercorrere a grandi linee la storia più recente dell’anarchismo in Italia, attraverso le parole e le iniziative dei suoi esponenti più rappresentativi, approfondendo al contempo i principi che costituiscono il patrimonio fondante dell’ideologia anarchica.


La “Federazione Anarchica Informale – Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini”

Nel periodo dicembre 2003/gennaio 2004, l’invio di plichi esplosivi al Presidente della Commissione Europea, Prof. Romano Prodi, e a esponenti e rappresentanze dell’Unione sancisce l’avvio di una campagna di lotta contro il nuovo ordine europeolanciata dalla neocostituita “Federazione Anarchica Informale – Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini (occasionalmente spettacolare)”, con l’adesione delle sigle più note del panorama eversivo di matrice anarchica, già responsabili di diverse ed eclatanti azioni in Italia e all’estero.
Le “Cellule contro il Capitale, il Carcere, i suoi Carcerieri e le sue Celle”, la stessa “Cooperativa Artigiana”, la “Brigata 20 luglio” e “Solidarietà Internazionale”, in una sorta di ‘bozza programmatica’, allegata al messaggio di rivendicazione, illustrano i tratti distintivi del nuovo organismo, che si propone di aggregare singole persone o gruppi ideologicamente affini accomunati dalle pratiche di attacco al dominio, i quali si incontrano nel solo momento specifico dell’azione e della sua preparazione.
Ci troviamo di fronte, quindi, ad una Federazione, struttura orizzontale e non verticistica, di matrice anarchica, in radicale opposizione aqualunque cancro marxista, sirena incantatrice che incita alla liberazione degli oppressi… per sostituire un dominio ad un altro, in cui il tipo di relazione tra soggetti è Informale, finalizzato, cioè, esclusivamente all’attuazione di un’iniziativa.
Per entrare a far parte della federazione occorre riconoscersi nell’inderogabile principio della solidarietà rivoluzionaria, intesa come azione armata, attacco a strutture e uomini responsabili della detenzione del compagno, e aderire alle cosiddette campagne rivoluzionarie, compiendo azioni che, seppure attuate secondo modalità e tempi propri, si inseriscano in campagne di lotta prestabilite.
L’immagine di questa organizzazione elastica, che opera all’insegna di una sostanziale ‘libertà d’azione’ dei singoli soggetti rivoluzionari, accomunati esclusivamente da un legame di natura solidaristica, in che misura corrisponde effettivamente al patrimonio ideologico anarchico, così come ci è stato tramandato dai suoi esponenti più autorevoli?


Bonanno e la lotta contro l’attività repressiva dello Stato

Le linee ideologiche, politiche e operative fondanti l’attività del movimento anarco-insurrezionalista sono rintracciabili nella produzione teorica di Alfredo Maria Bonanno (1) , teorizzatore dell’uso della violenza rivoluzionariainel quadro di una strategia di attacco allo Stato.
Il nr. 18 (novembre-dicembre 1977) della rivista bimestrale “Anarchismo” (2) , di cui Bonanno è direttore responsabile, riporta un brano illuminante per ciò che riguarda le finalità del movimento: Siamo per la distruzione dello Stato, ciò significa che siamo per la distruzione fisica (non verbale) di quelle istituzioni e di quelle persone che lo Stato rappresentano e realizzano. Siamo contro i poliziotti, contro i magistrati, contro i burocrati, contro i sindacalisti, contro i padroni. Non siamo soltanto contro il controllo poliziesco, contro la giustizia borghese, contro la tecnoburocrazia, contro il sindacalismo, contro il capitalismo; siamo proprio in forma concreta contro quelle persone e quelle cose che, nella realtà di tutti i giorni, quelle forme ideologiche realizzano, facendole diventare strumenti di repressione.
È proprio l’attività repressiva dello Stato a costituire il tema centrale delle iniziative e della propaganda del movimento, connotata da un atteggiamento di vittimismo giudiziario tendente a evidenziare presunti pregiudizi ed abusi nell’operato delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, con l’asserita complicità dei mass-media.
Nell’opuscolo di Bonanno intitolato “Carcere e lotte dei detenuti” (3) , l’apparato penitenziario viene definito un’istituzione totale, il luogo in cui l’individuo, privato della propria dignità, è soggetto ad un processo di costante e progressiva spersonalizzazione, che gli preclude per il futuro qualsiasi tipo di reinserimento nella comunità sociale.
La campagna contestativa non lascia spazi al dialogo, ritenuto funzionale ed organico al potere di omologazione del sistema, rispetto al quale occorre replicare con l’azione diretta e distruttiva nella prospettiva di annientare il potere coercitivo: La miglior soluzione possibile – e in fondo la sola praticabile – per quel che riguarda il carcere è la sua completa distruzione.
Ma il carcere è solo il riflesso di una società civile che comunque ci controlla, ci sorveglia e ci obbliga a scelte che nulla hanno a che vedere con le nostre inclinazioni e i nostri desideri più autentici. Il carcere è parte integrante di un sistema statale che se ne serve come strumento per la salvaguardia dei propri equilibri, la cosiddetta ‘pace sociale’: ne è quindi una parte integrante, ma solo una parte. Limitarsi alla distruzione del carcere non è sufficiente, occorre andare alla radice di un potere che ne permette l’esistenza, in breve, occorre abbattere il sistema capitalistico nelle sue varie forme.


Bonanno e la lotta contro i simboli del progresso capitalista

Bonanno parte da una serie di obiettivi minimi, strutture del dominio sparse sul territorio riferibili al progresso capitalista, elencate in dettaglio sulle pagine di “Anarchismo” e del supplemento “ProvocAzione”, incentrato sostanzialmente su questioni di carattere antimilitarista e ambientalista, con particolare attenzione alla lotta contro le centrali nucleari: Sosteniamo gli interventi diretti… sarebbero da privilegiarsi le strutture minimali e ciò perché proprio su queste strutture si basa la diffusione nel territorio del capitale… che si identificano in: cavi, fili, condotti, tubi, centraline, antenne, tralicci, pali, centri di smistamento, centri di ricerca, ecc.. .
Nel nr. 55 (dicembre 1986) della rivista, poi, sedicenti “Operatori Rivoluzionari” forniscono minuziose istruzioni per sabotare un traliccio dell’ENEL.
E in questa logica si collocano coerentemente le campagne di ecoterrorismo contro tralicci ENEL, ripetitori televisivi e di telefonia mobile compiuti nell’Alta Versilia tra il 1987 ed il 1992, in Toscana tra il 21 e 22 gennaio 2003, in segno di solidarietà con l’ecoterrorista elvetico Marco Camenisch (4) , e, nel primo semestre del 2004, nel viterbese, nel pesarese ed in provincia di Sondrio.
Tante singole azioni, dunque, che si inseriscono in un più ampio progetto globale di sovvertimento sociale, compiute da gruppi di affinità, unità autogestite composte da pochissimi elementi, che nascono in virtù di situazioni contingenti ed operano fuori da ogni forma organizzata di coordinamento.
La scelta degli obiettivi, pur demandata, nello specifico, all’autonomia di ogni singolo gruppo, viene indirizzata dalle campagne propagandistiche svolte sulle pubblicazioni d’area o in relazione a circostanze significative per il movimento (ad es. strutture giudiziarie in occasione di processi al movimento, Forze dell’Ordine in seguito ad arresti di militanti, obiettivi del capitalismo durante dimostrazioni di piazza etc.).


Il ‘Black Bloc’

L’espressione più evidente e attuale di tale strategia può essere individuata nelle componenti anarcoidi del movimento antiglobal, identificate dai media con il termine di ‘black bloc’, che simboleggiano un fenomeno di aggregazione temporanea di singoli soggetti e/o gruppi di affinità, i quali si riuniscono con finalità aggressive in occasione di determinate manifestazioni di protesta, con obiettivi limitati nel tempo e diversi da gruppo a gruppo.
L’ideologia di riferimento del ‘black-bloc’ riflette gli aspetti maggiormente significativi dell’impianto libertario oltranzista, basato su un profondo disprezzo verso i valori e i simboli della società borghese, considerati del tutto inconciliabili con la libertà ed il benessere del singolo individuo.
In un “Comunicato di una sezione del Blocco Nero di Seattle” (5) , si legge: Noi riaffermiamo che la distruzione di proprietà non è un’azione violenta, a meno che non ci perda la vita qualcuno o qualcuno ne abbia danno (fisico). Secondo questa definizione la proprietà privata – specialmente la proprietà privata delle multinazionali (chiaro) – è in se stessa infinitamente più violenta di ogni azione rivolta contro di essa… Con il “distruggere” la proprietà privata, noi ne convertiamo il suo limitato valore e ne espandiamo il valore d’uso. Una vetrata di un megastore diventa una fessura attraverso la quale passa una ventata di aria fresca nell’atmosfera oppressiva di un ipermercato... .
Un disprezzo che si traduce, quindi, nell’uso della violenza contro le grandi proprietà (banche, multinazionali, supermercati, etc.), giudicato funzionale ad eliminare la violenza e l’oppressione del sistema capitalistico, e nell’opposizione violenta alle Forze dell’ordine, considerate servi assassini del potere preposti a reprimere la lotta del movimento.


L’organizzazione clandestina

Si tratta di una militanza che viene condotta su un doppio livello, palese e occulto (gli stessi militanti partecipano alle manifestazioni e poi si riuniscono in gruppi di affinità per compiere le operazioni), e in conformità al principio di corrispondenza tra teoria e prassi, già applicato dallo stesso Bonanno all’interno del gruppo eversivo anarco-comunista “Azione Rivoluzionaria”, che, a partire dal 1976, si è reso responsabile di numerose azioni terroristiche nel centro-nord.


foto ansa

Tale principio è ampiamente illustrato in un “Contributo per un progetto rivoluzionario libertario”, redatto da “Azione Rivoluzionaria” per “Anarchismo” (6) , nel quadro di un’analisi dei compiti prioritari spettanti alle organizzazioni combattenti per istituire un collegamento tra la guerriglia in fabbrica e la lotta antiistituzionale, laddove si afferma che nell’organizzazione clandestina… si saldano teoricamente e praticamente i nuclei che vanno a svilupparsi in fabbrica e quelli attivi nel territorio, contro i servizi essenziali del capitale, le banche, le immobiliari, i massmedia, le caserme, le carceri.
Alle obiezioni mosse da più parti dell’Autonomia, secondo cui un’organizzazione di questo tipo rischia di creare guerriglieri di professione che operano in totale scollamento dal resto del movimento, precludendo così ogni possibilità di far crescere l’autorganizzazione delle lotte, possibile solo vivendo la vita di tutti gli altri e con loro arrivare alla lotta armata,gli autori oppongono la creazione e la diffusione dei cosiddetti nuclei di contropotere, definiti piccoli nuclei che lavorano autonomamente nelle diverse situazioni, combattono, intervengono, difendono, sono parte del lavoro politico di massa,che riconoscono nella struttura organizzativa clandestina il loro anello di raccordo.


La “Federazione Anarchica Italiana” (F.A.I.)

Le tesi oltranziste portate avanti da Bonanno e dal gruppo gravitante intorno ai periodici “Anarchismo” e “ProvocAzione” sono all’origine di una presa di distanza da parte dell’organizzazione anarchica storica “Federazione Anarchica Italiana” (F.A.I.), che non ne condivide gli obiettivi e le metodologie di lotta.
La spaccatura si fa evidente in occasione del Convegno della F.A.I. a Bologna (maggio 1987), sul tema “Dualismo organizzativo”, incentrato sul problema dell’insurrezionalismo come elemento connotante l’ideologia anarchica, quando l’ala più oltranzista accusa la “Federazione” di aver abbandonato le teorie anarchiche in favore di una sterile socialdemocrazia.
Nel 1988, poi, in risposta ad un comunicato in cui alcune componenti moderate del movimento libertario, tra cui la F.A.I. e il circolo “Ponte della Ghisolfa” di Milano, prendono le distanze da tre attacchi antinucleari compiuti dagli anarchici il 13 aprile nel capoluogo lombardo, la redazione milanese di “Anarchismo e di “ProvocAzione” puntualizza quanto segue: Noi riconosciamo tali azioni antinucleari come anarchiche e insurrezionaliste e solidarizziamo apertamente con i compagni che le hanno messe in atto, in coerenza con quanto da sempre sosteniamo sulla necessità della pratica degli obiettivi diffusi sul territorio e dell’attacco radicale contro la tecnologia dell’atomo… riteniamo queste pratiche di sabotaggio utili a far crescere la coscienza degli sfruttati in senso rivoluzionario… continueremo a sostenere coerentemente e con dignità queste posizioni e tutto quanto i compagni faranno in questa direzione.. senza alcun timore, come si conviene a degli anarchici rivoluzionari non addomesticati, ma in lotta contro lo Stato e il capitale, non abbiamo paura di affrontare a viso aperto la repressione.
La “Federazione Anarchica Italiana”, che si costituisce nel settembre 1945 durante un congresso nazionale anarchico a Carrara, alla teoria insurrezionale come pratica rivoluzionaria per l’abbattimento dello Stato democratico oppone il metodo del gradualismo rivoluzionario, in base al quale l’obiettivo finale della destrutturazione del potere viene perseguito attraverso un graduale inserimento nelle diverse lotte sociali suscettibili di aggregare le istanze delle classi sfruttate e oppresse.
La struttura organizzativa della F.A.I. si configura come un insieme di organismi autonomi, situati in tutto il territorio nazionale e legati tra loro da una intesa federativa, nonché da una serie di commissioni ad hoc su tematiche di tradizionale interesse dell’area libertaria, quali l’antimilitarismo, l’anticlericalismo, le politiche sociali e del mondo del lavoro.
Queste ultime, in particolare, hanno assunto sempre maggior rilievo negli ultimi tempi con la progressiva perdita di rappresentatività dei sindacati tradizionali e la sostanziale identità operativa fra le recenti lotte spontanee di alcuni comparti lavorativi e la prassi anarchica dell’azione diretta.
In occasione del XXIV Congresso della F.A.I., svoltosi a Imola (BO) nel gennaio 2003, nel ribadire la validità dello sciopero generale come strumento di lotta per trasformare in modo radicale la società, è stato criticato l’operato delle gerarchie vecchie e nuove nell’organizzazione delle lotte dei lavoratori, sottolineando la necessità dell’unità sindacale a partire dalle strutture del sindacalismo di base.
L’autorganizzazione di base dei lavoratori e delle masse popolari, infatti, rappresenterebbe la viaverso l’insurrezione reale, cioè la trasformazione radicale dello stato presente delle cose in senso egualitario e libertario.


Insurrezione e rivoluzione

Ma in cosa consiste l’insurrezione reale? Perché gli anarchici più che alla rivoluzione guardano all’insurrezione come mezzo per eliminare tutti i mali causati dalla società capitalistica?
Nella bozza redatta da Bonanno in vista di alcune conferenze da tenere in Grecia nel 1993, presso il Politecnico di Atene e presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tessalonica (7) , compare un paragrafo dedicato alla “Organizzazione rivoluzionaria anarchica insurrezionale” – O.R.A.I., da lui teorizzata, in cui vengono illustrati i tratti distintivi di un’organizzazione di matrice anarchica.
Bonanno, innanzitutto, tiene a specificare che l’aggettivo rivoluzionaria contenuto nella sigla è inesatto e che l’imprecisione è dovuta alla difficoltà di tradurre dall’italiano in greco il termine informale, che più propriamente si adatta ad una formazione di impronta libertaria, priva di quei rigidi organigrammi e parametri immutabili nel tempo, propri della ‘banda armata’.
La ‘banda armata’ di derivazione marxista, la sirena incantatrice che incita alla liberazione degli oppressi… per sostituire un dominio ad un altrotanto odiata dalla “Federazione Anarchica Informale”…
Ciò che caratterizza una struttura insurrezionalista, spiega Bonanno, è che il suo ambito di intervento è sempre strettamente correlato alle lotte specifiche che le classi subalterne portano avanti nel quotidiano per migliorare le proprie condizioni di vita sotto il profilo economico, sociale o ambientale, ed è finalizzato a veicolare situazioni reali di disagio verso uno sbocco insurrezionale di massa.
Questo processo viene illustrato molto chiaramente nel primo numero (settembre-dicembre 2003) della “Rivista antiautoritaria “NIHIL” (8) , curata dall’anarco-insurrezionalista sardo Costantino Cavalleri (9) , dove si afferma che: L’insurrezione generalizzata può scaturire dall’intervento costante di entità rivoluzionarie, presenti nel territorio, come tali riconosciute e formalmente e informalmente operanti, anche in modo visibile, che riescono a penetrare ed essere parte (qualitativamente e non necessariamente in termini quantitativo-numerici) attiva e credibile nel sociale.
Partecipazione attiva, dunque, alle lotte per la casa, per il lavoro, per l’aumento del salario, contro la guerra, contro lo sfruttamento delle risorse naturali… tanti piccoli fuochi, sparsi un po’ ovunque, che innescano l’incendio finale!
Ne sono esempi concreti la partecipazione degli anarchici all’occupazione della cava di Muros (SS), come parte della mobilitazione di protesta contro la concessione, ad opera della Regione Autonoma della Sardegna, dell’impianto minerario per l’estrazione del caolino, considerata causa di danni alla salute della popolazione locale e di depauperamento delle risorse naturali nell’isola; la grande attenzione dell’antagonismo isolano per le campagne contestative contro l’attività del poligono interforze di San Lorenzo (CA), utilizzato anche per sperimentazioni missilistiche, cui vengono imputati i numerosi casi di leucemia e alterazioni genetiche riscontrati tra militari e abitanti della zona; o ancora la protesta contro la base americana nell’arcipelago de La Maddalena (SS).


Cavalleri e la questione sarda

In Sardegna, del resto, il contesto sociale è storicamente caratterizzato da senso di isolamento e di malessere nei confronti dello Stato italiano, recepito quale Stato colonizzatore responsabile della oppressione culturale ed economica dell’isola. E ciò ha alimentato forme radicali di antagonismo, agendo come ‘collante’ tra spinte separatiste ed ideologie anarchiche e marxiste-leniniste, non esenti da contaminazioni con elementi politicizzati della criminalità sarda, ‘specializzati’ in sequestri di persona.
In relazione al sequestro e all’assassinio di Mirella Silocchi (luglio-dicembre 1989), ad esempio, sono state processualmente accertate responsabilità di elementi anarco-insurrezionalisti, tra i quali Francesco Porcu (10) e Gregorian Garagin (già militante di gruppi terroristici armeni) (11) .
Inoltre, l’ostile diffidenza verso lo Stato e le sue espressioni più significative, che costituisce un aspetto fondante del patrimonio ideale di matrice anarchica, ha favorito la progressiva crescita del movimento anarco-insurrezionalista locale, che più volte ha tentato di proporsi come punto di riferimento di tutte quelle forze che intendono lottare contro il potere centrale.
E così Cavalleri, dalle pagine del suo “Su Gazetinu de sa luta kontras a sas presones” (12) , pubblicizza il libro autobiografico di Antonio Soru (13) e divulga il pensiero politico di Matteo Boe (14) , pubblicando una sua lettera dal titolo “Per il Fronte di Liberazione Nazionale Sardo – Dalla lotta contro le galere all’assalto dell’imperialismo”, in cui l’autore auspica la costituzione di un fronte che sappia coniugare istanze separatiste, ambientaliste ed antimilitariste, precisando che: Le vittime non siamo solo noi carcerati… ma anche chi si vede espropriato di enormi fette del proprio territorio per la creazione di parchi, chi deve subire servitù militari…”
E sempre Cavalleri, nell’estate 2002, cura la pubblicazione di un ‘numero unico’ dal titolo “Zornale pro su Fruntene de Liberatzione Natzionale Sardu – ARREXINIS – RAIKINAS – RADICI”, in cui rilancia la proposta di un Fronte tra singoli soggetti, gruppi o formazioni dell’antagonismo isolano che, pur essendo di diversa matrice ideologica, vogliano aderirvi come entità rivoluzionaria anticapitalista ed antimperialista, con il fine dell’autodeterminazione del popolo sardo.
A questo riguardo, l’anarchico sardo specifica che l’obiettivo centrale dei rispettivi programmi di lotta al sistema è costituito dalle politiche colonialiste delle Istituzioni centrali e attribuisce priorità assoluta all’azione rispetto a sterili dibattiti teorici e ideologici, rimarcando che, nell’ottica insurrezionalista, la prassi della lotta armata non costituisce in sé la panacea dei mali sociali ma, per avere una sua validità, deve essere ancorata all’interno delle mobilitazioni delle fasce sociali più deboli.


Gli anarchici e le avanguardie armate

È il leitmotiv che permea gran parte dell’opera di Bonanno - il quale, peraltro, in “Anarchismo” e “ProvocAzione” ha sempre dato ampio spazio ai contributi di Cavalleri sul fenomeno Sardegna – e che nel tempo ha ulteriormente acutizzato quel divario insuperabile tra la pratica della lotta armata inserita all’interno di una strategia di stampo anarchico e la strategia lottarmatista delle tradizionali avanguardie combattenti, quest’ultima considerata dagli anarchici totalmente inaccessibile alle masse e del tutto avulsa da un contesto di lotta reale.
Si tratta di un problema strettamente connesso alla questione delle avanguardie, propria delle organizzazioni strutturate secondo i tradizionali parametri di stampo brigatista, verso le quali gli anarchici nutrono un profondo e ‘genetico’ disprezzo, per la loro pretesa di porsi al di sopra delle masse e di guidarle verso la rivoluzione.
Gli anarchici non si considerano avanguardia di nessuno, rifiutano qualsiasi tipo di gerarchia o ‘potere decisionale’ che provenga dall’alto e la loro lotta è parte integrante della mobilitazione di massa.
Qualche analogia, in questo senso, potrebbe sussistere con le tesi ispirate alla c.d. ‘seconda posizione’ delle Brigate Rosse (15) , fondate sull’imprescindibilità del dialogo con le masse, l’avversione al militarismo fine a se stesso ed un uso più ragionato, ‘politico’, delle armi, che prevede azioni di basso profilo ad alto contenuto simbolico, vale a dire la propaganda armata (anche le azioni dirette degli anarchici privilegiano il valore simbolico dell’azione rispetto alla successiva rivendicazione politica).
L’irriducibile odio verso le avanguardie di tipo militarista è chiaramente percepibile dalle parole di Bonanno nella sua “Autodifesa al processo di Roma per banda armata, etc.” (16) : Non è tanto che la mia immacolata coscienza di anarchico sia turbata dal fatto che qualcuno ha detto che potrei essere capo di una organizzazione, quanto che si possa pensare che tutto quello per cui ho combattuto negli ultimi trent’anni della mia vita sia riconducibile a una striminzita, miserabile, ristretta condizione di banda armata. È questo che mi muove molto di più allo sdegno. Una banda armata è cosa troppo piccola per racchiudere il mio desiderio di libertà, il mio desiderio di sconvolgere l’esistente.
Ed è lo stesso odio che muove gli anarchici di Rovereto (TN), subito dopo l’omicidio Biagi, a giustificare l’azione B.R. contro il comune nemico di classe, prendendo, al contempo, le distanze dalla formazione brigatista, accusata di mirare esclusivamente al potere ed al dominio, in veste di direttivo e coscienza dello scontro sociale: …la società divisa in classi non può passare attraverso il controllo di uno Stato, anche se questo Stato si chiama Operaio (17) .


I Barbari di Crisso e Odoteo

D’altronde è da questi ambienti che hanno origine le più recenti ed incisive contestazioni a tutte le ideologie di derivazione marxista-leninista, raccolte nell’opuscolo “Barbari – L’insorgenza disordinata” (18) , redatto da “Crisso e Odoteo” (19) .
Il testo, redatto con largo uso di argomentazioni di carattere storico e filosofico, consiste in una critica puntuale e articolata, nell’ottica anarchica, del volume di A. Negri e M. Hardt “Impero”, definito fabbrica ontologica e macchina linguistica del nuovo soggetto europeo rappresentato dal movimento ‘no-global’, con particolare riferimento all’area dei ‘Disobbedienti’.
Gli autori sostengono che, dopo la caduta del muro di Berlino (1989), l’Impero, ormai privo di nemici esterni, si trova a dover salvaguardare la propria esistenza di fronte a pericoli che nascono all’interno dei suoi stessi confini ad opera di quei sudditi che, restii a sottomettersi alle regole di omologazione del sistema, fomentano guerre civili e conflitti sociali suscettibili di turbarne gli equilibri.
Per contrastare tali minacce l’Impero, da un lato mantiene intatta la sua funzione repressiva, conferendo alle operazioni belliche la nuova veste di operazioni di polizia e, dall’altro, si serve di emissari (Negri e Hardt) che, mediante la solita stantia e spuntata arma intimidatoria del terrorismo intellettuale, tentano di porsi come forza di mediazione fra le tensioni sovversive e le esigenze dell’ordine sociale, portando i movimenti nell’alveo istituzionale.


foto ansa

Lo scopo dei due emissari è quello di mettere le lotte al servizio del potere, sottraendo qualsivoglia spazio di rivolta autonoma, come emerge con chiarezza anche dagli interventi strumentali compiuti nei più significativi ambiti di contestazione della sinistra antagonista, quali la globalizzazione, l’ambientalismo, il mondo del lavoro e l’immigrazione: Non è l’Impero, attraverso l’esercizio del potere, ma sono i sudditi, con le loro lotte contro il potere dell’Impero, a creare il mondo che ci circonda.
Negate le modalità contestative che si limitano ad una non-collaborazione ai progetti del nemico (ad esempio l’astensione dal voto, la diserzione, il boicottaggio delle multinazionali, etc.), gli autori proclamano che l’Impero va distrutto. Non riorganizzato, riorientato, ridefinito, rimodellato – ma annientato fin nelle fondamenta e a tale scopo auspicano l’avvento dei barbari, fautori dell’azione che nasce in un contesto insurrezionale: Che le orde barbariche vadano all’assalto, autonomamente, nei modi che decideranno, e che dopo il loro passaggio non cresca più un parlamento, un istituto di credito, un supermercato, una caserma, una fabbrica...
E torniamo alla “Federazione Anarchica Informale” che conclude il suo volantino di rivendicazione con l’invito a:
Attaccare e distruggere i responsabili di repressione e sfruttamento!
Attaccare e distruggere carceri, banche, tribunali e caserme!
La rivolta è riproducibile e contagiosa!
Guerra sociale contro Stato e capitale!


(1) Il 20 aprile 2004, la Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna, emessa il 1° febbraio 2003 dalla Corte di Assise d’Appello di Roma nel quadro del procedimento penale relativo all’Organizzazione Rivoluzionaria Anarco-Insurrezionalista – O.R.A.I., a 6 anni di reclusione ed al pagamento di una multa per i reati di propaganda ed apologia sovversiva, concorso in rapina aggravata e violazione della legge sulle armi.
(2) Autorizzazione del Tribunale di Catania n. 434 del 14.1.1975
(3) Edito nel giugno 2000 a cura delle “Edizioni Anarchismo” - Catania.
(4) Camenisch è stato estradato in Svizzera nell’aprile 2002, dopo aver scontato 12 anni di reclusione in Italia per tentato omicidio e per alcuni attentati ai danni di tralicci ENEL, compiuti in Toscana tra il 1989 ed il 1991. Il 4 giugno 2004 è stato condannato dalla Corte d’Assise di Zurigo a 17 anni di reclusione per omicidio.
(5) Tratto da “Tactical Media Crew” <tactical@tmcrew.org>.
(6) Nr. 25 (gennaio-febbraio 1979).
(7)I testi sono raccolti in “Nuove svolte del capitalismo”, edito nell’aprile 1999 a cura delle “Edizioni Anarchismo” – Catania.
(8) Supplemento “Quadrimestrale di dibattito, analisi, approfondimenti storici, teorici, metodologici” al bollettino “Anarkiviu”, autorizzato con reg. n. 18/89 del Tribunale di Cagliari.
(9) Figura di spicco degli ambienti isolani, Cavalleri è molto attivo nel campo dell’editoria e della pubblicistica d’area, incentrata, in particolare, su tematiche legate al settore carcerario, all’indipendentismo ed a questioni locali di carattere ambientale.
(10) Il 1° febbraio 2003 è stato condannato alla pena dell’ergastolo dalla Corte d’Assise di Appello di Roma per i reati di associazione sovversiva e banda armata, nel quadro del citato procedimento penale relativo all’“O.R.A.I.”. La sentenza è stata confermata il 20 aprile 2004 dalla Corte di Cassazione.
(11) È stato condannato alla pena di 30 anni di reclusione per i reati di associazione sovversiva e banda armata nel quadro del medesimo procedimento penale. Anche questa condanna è stata confermata il 20 aprile 2004 dalla Corte di Cassazione.
(12) Nr. 2 (luglio-agosto 2001). Il periodico viene edito come supplemento al citato bollettino “Anarkiviu”.
(13) Coinvolto nel sequestro dell’imprenditore milanese Marzio Ostini, conclusosi con l’uccisione dell’ostaggio, è stato arrestato nel 1988 e condannato all’ergastolo.
(14) Esponente di spicco della criminalità sarda, è rinchiuso nel carcere di Spoleto (PG) per reati connessi al sequestro di persona.
(15) Espressione coniata per definire la corrente ‘movimentista’ delle B.R.,, che faceva capo a Giovanni Senzani.
(16) Edito nell’aprile 2000 a cura delle “Edizioni Anarchismo” – Catania.
(17) Nr. 12 (aprile 2002) della pubblicazione “Adesso-Foglio di critica sociale” – C.P. 45 -Rovereto (TN).
(18) Pubblicato nel 2002 a cura delle “Edizioni NN” - Catania.
(19) Pseudonimi di Massimo Passamani, leader dell’area anarchica di Rovereto (TN) e Andrea Ventrella, figura di rilievo dell’area anarchica torinese.(1) Il 20 aprile 2004, la Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna, emessa il 1° febbraio 2003 dalla Corte di Assise d’Appello di Roma nel quadro del procedimento penale relativo all’Organizzazione Rivoluzionaria Anarco-Insurrezionalista – O.R.A.I., a 6 anni di reclusione ed al pagamento di una multa per i reati di propaganda ed apologia sovversiva, concorso in rapina aggravata e violazione della legge sulle armi.

© AGENZIA INFORMAZIONI E SICUREZZA INTERNA