Virus importati, virus creati: un rischio a due facce |
Giuseppe IPPOLITO, Emanuele NICASTRI |
Il rischio di bioterrorismo è diventato di attualità. Le malattie emergenti e riemergenti sono parte integrante della patologia infettiva generale e sono causate da agenti infettivi identificati negli ultimi venti anni o da agenti già noti in precedenza di cui si è osservato un importante aumento dei casi negli ultimi anni. Parte di essi potrebbe essere utilizzata a fini terroristici sfruttando la trasmissione dell’agente infettante mediante aerosol di particelle microbiche o mediante il contatto diretto ed indiretto. foto ansa delle patologie; inoltre se scendiamo ancora più in dettaglio valutando la ricerca sanitaria nelle malattie infettive ci accorgiamo che il “gap “ è di 1 a 99: cioè, tra il 1975 ed il 1976 solo 13 farmaci sono stati licenziati per queste patologie a fronte di circa 1233 nuovi farmaci totali (circa1%). La speranza è che sfruttando l’onda lunga della ricerca sul bioterrorismo si possa proporre una ricerca clinica di tipo duale cioè che sposti l’attenzione anche verso quelle masse di diseredati che si potrebbero giovare di farmaci e cure di patologie infettive presenti nei paesi poveri ma considerate come emergenti e riemergenti nei paesi ricchi. Le infezioni emergenti e riemergenti L’elemento comune di molti agenti infettivi che causano le infezioni emergenti o riemergenti è quello di essere virus ad RNA a singola elica: il SARS-coronavirus, HIV, HCV, le febbri emorragiche tra cui Ebola, e la West Nile, tra gli altri, appartengono tutti a questa classe. Tali virus sono intrinsecamente caratterizzati dall’elevato numero di mutazioni genomiche (²10-5) che, in assenza di meccanismi di riparazione/correzione, possono produrre strutture proteiche tali da rendere il virus stesso capace di adattarsi ad un nuovo ospite: ecco il razionale per il salto di specie dal serbatoio animale all’uomo. È questo il caso della recente epidemia di Severe Acute Respiratory Sindrome – SARS, la prima malattia trasmissibile del XXI secolo. È causata dal nuovo coronavirus umano, recentemente isolato da felini e roditori. Sembra che questa infezione sia stata causata dal salto di specie di questo nuovo virus da un roditore presente nel sud della Cina, lo zibetto, le cui carni sono ampiamente utilizzate ed apprezzate nella cucina cinese. L’esemplificazione classica del salto di specie è rappresentata dal virus influenzale “A” che periodicamente sviluppa elaborati meccanismi di riassortimento genetico, chiamati antigenic shift, tra virus influenzale umano ed aviario. Tale antigenic shift ha portato alle pandemie influenzali del 1888, 1918, 1957 and 1968 (7,8). Prima del 1997, erano però stati segnalati pochi casi di influenza aviaria nell’uomo (cioè senza riassorbimento genetico con un virus influenzale umano); al contrario, a partire da quella data i casi umani di influenza aviaria sono diventati sempre più frequenti: l’epidemia del 1997 da virus influenzale aviario H5N1, l’epidemia del 2003 da H7N7 in Olanda, sino alla recente epidemia dei primi mesi del 2004 da H5N1 in Vietnam e Tailandia (grafico). Il timore che nell’uomo o in un animale intermedio (il maiale, ad esempio) co-infetto con virus influenzale aviario ed umano si potesse assistere ad un riassortimento di materiale genetico è stato certamente elevato; la nuova ondata epidemica aviaria da H5N1 attualmente in corso in Asia fa supporre che la minaccia di una nuova pandemia influenzale possa ugualmente ripresentarsi nel prossimo autunno-inverno. Cambiamenti ecologici L’analisi degli effetti del clima sull’incidenza delle malattie infettive aumenterà certamente i legami esistenti tra scienze ambientali e sanità pubblica. La piovosità annuale e le temperature medie, ad esempio, sono parametri importanti nella demarcazione di ambienti bioclimatici all’interno dei quali descrivere l’incidenza di molte malattie infettive. Ad esempio, Thomas Mann ambienta il suo romanzo “La Montagna Incantata” nel sanatorio svizzero di Davos, in quanto il bacillo tubercolare è un microorganismo aerobio obbligato che sopravvive stentatamente in alta quota a basse pressioni parziali di ossigeno. I parametri climatici hanno effetti significativi anche sull’efficienza della trasmissione da ospite a vettore e viceversa. Il tasso di sviluppo dei parassiti correla direttamente con la temperatura, aumentandone in tal modo la capacità di trasmissione. Ad esempio, le temperature tra 20° e 30°C e l’umidità al di sopra del 60% forniscono condizioni ottimali affinché le zanzare possano incubare e trasmettere i parassiti che causano la malaria. Attualmente, il virus della dengue viene trasmesso nei tropici solo tra il 30° nord e il 20° sud di latitudine ma la tendenza al riscaldamento del pianeta può spostare il vettore e la distribuzione dell’infezione dengue a latitudini diverse anche a noi più familiari. L’area del bacino mediterraneo, ove l’Aedes albobticus, la zanzara tigre, vettore alternativo del virus della Dengue, è stata recentemente introdotta, potrebbe essere interessata da questo fenomeno nei prossimi anni. Cambiamenti demografici e immigrazioni I movimenti di masse di popolazioni umane sono state un fattore importante nella storia della diffusione delle malattie infettive. Nel 1998, erano stati calcolati 22 milioni di rifugiati e 25 milioni di profughi in tutto il mondo. Gli esempi più lampanti sono stati forse l’esplorazione e la colonizzazione delle Americhe da parte degli Europei e la successiva importazione di schiavi dall’Africa che ha portato, con sé infezioni come l’influenza, la malaria, il morbillo, il vaiolo, la scarlattina o la febbre gialla. Nei paesi europei, gli stranieri – soprattutto lavoratori immigrati – sono responsabili tra il 4 ed il 50% dei casi di tubercolosi del 1992, e l’incidenza di malattie infettive tra gli stranieri è da due a venti volte più alta che quella registrata tra le popolazioni del luogo. È importante sottolineare come la tipologia più comune dell’emigrante sia quella di essere giovane, maschio e sano e l’incidenza di malattie infettive dell’emigrante nel paese ospite aumenta significativamente quando le condizioni sociosanitarie in cui vive degradano. Le scienze demografiche sono estremamente utili ed avranno sempre più influenza sullo studio delle infezioni emergenti e riemergenti. Nel 1990, solo il 5% della popolazione mondiale viveva in città con più di 100.000 abitanti. Si stima che nel 2025, il 61% dell’umanità, o più di 5 miliardi di persone vivranno in città. In passato, l’isolamento geografico impediva che un episodio isolato di colera, febbre gialla, peste od ebola diventasse un’epidemia. Questo tipo di protezione non esiste più. Le barriere che impedivano la circolazione di agenti infettivi stanno scomparendo rapidamente e nuovi metodi di trasmissione di agenti infettivi stanno facendo la loro apparizione sul mondo. L’esempio del volo Hong-Kong Pechino del 15 marzo 2003 con a bordo numerosi casi di SARS è la più chiara esemplificazione della circolazione microbica nel mondo globale. Carenze delle infrastrutture di Salute Pubblica Una delle più grandi epidemie trasmesse per via orofecale è avvenuta a Milwaukee, Wisconsin, Stati Uniti nel 1993. Più del 52% della popolazione dell’aerea sud del Milwaukee “Water Works”, l’acquedotto cittadino, fu colpita dalla diarrea. Nonostante molta gente fosse malata, fu solo l’impatto sul basket professionistico (Milwaukee perse contro Miami a causa della diarrea da cryptosporidium) risvegliò l’interesse dell’opinione pubblica. Solo successivamente fu valutato il profondo impatto clinico di tale epidemia: l’82% di individui con infezione da HIV colpiti, tra di essi 59% di letalità! A causa della sua alta resistenza al cloro il cryiptosporidium minaccia ogni risorsa d’acqua mondiale. Conclusioni Anche in futuro ci saranno delle epidemie. Cambiamenti antropologici, sociali e climatici, migrazione e mobilità forniranno ai microbi inaspettate opportunità per produrre epidemie. Ma la maggior parte delle malattie infettive di oggi può essere prevenuta e curata con basilari provvedimenti di salute pubblica; la maggior parte dei 15 milioni di morti per malattie infettive dello scorso anno si sarebbe potuta evitare. È giunto il momento per uno sforzo globale per raccogliere conoscenze multidisciplinari e ampie risorse finanziarie per ridurre, controllare e possibilmente eradicare le malattie infettive e parassitarie che da sempre hanno colpito la nostra specie. Approfondimenti bibliografici M. Burnet – D.O. White, Natural history of infectious diseases, London: Cambridge University Press, 1962; Centers for diseases Control and Prevention, Aedes albopticus introduction into continental Africa, 1991, MMWR, 1991, 40:115-121; R.R. Colwell – J.A. Patz, Climate, Infectious Disease and Health. An Interdisciplinary Perspective, Ame- rican Academy of Microbiology, 1998, Washington DC, 2000, <http://www.asmusa.org/acasrc/pdfs/climate.pdf>, last access 1 June 2000; A. 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