Prima di affrontare i problemi posti dai nuovi rischi è necessario definire l'area geografica di interesse. Riguardo a quella del Mediterraneo, l'autore preferisce una definizione più ampia rispetto a quella corrente, in cui i paesi coinvolti nel processo di Barcellona, sponsorizzato dalla UE, rappresentano una larga componente (27 paesi effettivamente), ma non include l'intera area. Così questo documento considererà come Regione Mediterranea l'area inclusa dagli stretti di Gibilterra, del Bosforo, di Kerch, di Bab el Mandeb, di Hormuz e dal Canale di Suez.
Questo significa che il Mar Nero verrà considerato come un'estensione del Mediterraneo, mentre il Mar Rosso e il Golfo Persico sono connessi al Mediterraneo non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello storico e politico. Naturalmente quest'area può essere suddivisa in quattro subregioni più piccole: Europa Occidentale, Balcani/Mar Nero, Medio Oriente/Mar Rosso, Maghreb. (1)
Le ragioni per vedere come un insieme quest'area generalmente considerata assai frammentata a livello politico ed economico sono:
- i rischi transnazionali e le entità non statuali non badano alle barriere politico-geografiche e usano i mari come un mezzo di comunicazione, invece di considerarli una barriera piuttosto inefficace;
- l'interdipendenza è un fenomeno che tocca tanto le relazioni positive quanto quelle negative;
- un'efficace politica di cooperazione nell'area dovrebbe evitare di tracciare delle grandi frontiere, considerando che, mentre i governi ed i loro interessi possono essere differenti, lo spazio geopolitico è generalmente comune.
Nell'ambito della letteratura strategica euro-americana dopo il 1989 c'è stata una serie di studi che hanno tentato di ridefinire in diversi modi la natura e l'ampiezza dei cambiamenti che riguardavano la sicurezza tradizionale. (2) Il fatto è che tutti i problemi di sicurezza che noi riteniamo nuovi sono invece vecchissimi in altri continenti, e, per di più, in altre parti della Regione Mediterranea sono rimasti generalmente gli stessi.
Una rapida occhiata ai libri di storia dimostra che la violenza ed i disordini civili, gli squilibri demografici e le migrazioni, la scarsezza di risorse e materie prime, il degrado ambientale, il terrorismo internazionale ed il crimine organizzato transnazionale, sono nella maggior parte dei casi fenomeni comuni nei quasi quattro millenni che hanno preceduto la nostra era (il terrorismo internazionale divenne molto più frequente a partire dal XIX secolo grazie all'evoluzione dei movimenti politici e della tecnologia). Quanto abbiamo detto è ugualmente vero per molte aree che non furono direttamente influenzate dalla stabilizzazione della Guerra Fredda. Il Medio Oriente ne è un chiaro esempio e gli eventi tragici in Libano sono addirittura paradigmatici.
Perciò, sarebbe molto più semplice e giusto dire che noi, nell'emisfero nord, dominato a lungo dalla Guerra Fredda, stiamo riscoprendo la sicurezza tradizionale, una sicurezza che per sua natura è multidimensionale, per la quale soggetti ed ambiti sono cambiati rispetto al passato.
Questo apparente ritorno al passato si può spiegare abbastanza bene se si tiene presente il legame che esiste tra politica e grande strategia. Infatti, se noi abbiamo presenti le maggiori definizioni del concetto di grande strategia, vedremo che in questo ambito la vecchie divisioni della Guerra Fredda tra sicurezza vera e propria (cioè la sicurezza esterna e militare nei rapporti tra stati) e sicurezza interna, o altri concetti più nuovi, non fu mai applicata. (3)
Naturalmente un'obiezione politica immediata all'uso di un concetto di sicurezza più ampio è che, se potenzialmente qualunque problema riguarda la sicurezza, allora la risposta della politica potrebbe divenire implicitamente sempre di più ‘militarizzata'. Ad un livello più intellettuale, questa obiezione è unita a quella del rischio di ‘inflazione del concetto', secondo la quale il progressivo allargamento del concetto di sicurezza metterebbe a repentaglio la sua coerenza concettuale interna.
La risposta a simili obiezioni è duplice: da un lato un concetto più allargato di sicurezza non implica affatto l'adozione di risposte più limitate, al contrario; dall'altro andrebbe ricordato che proprio durante la Guerra Fredda il concetto di sicurezza fu particolarmente ‘deflazionato' solo in una parte del globo. Ovviamente, il concetto di sicurezza multidimensionale è un concetto definito politicamente, ma è un concetto utile in questi decenni perché può permettere d'inquadrare concettualmente le molteplici sfide cui sono sottoposti società e governi, indeboliti da una difficile transizione. (4)
Una volta che si concorda sul fatto che la sicurezza multidimensionale ha una dimensione oggettiva, accettabile politicamente ed operativamente, resta ancora da vedere se tutti i rischi di sicurezza non tradizionali possono veramente essere considerati sfide alla sicurezza di un paese oppure no.
In linea di principio, una volta che un capo politico ha deciso che un particolare problema è importante per la sicurezza del suo paese, questo dovrebbe bastare come definizione operativa, tuttavia questo elemento arbitrario è compensato da alcuni fattori che sono meno soggettivi. Da un punto di vista pratico, ci sono alcuni aspetti della sicurezza non tradizionale che implicano chiaramente l'uso della violenza, e quindi permettono collegamenti più facili con una concezione tradizionale della sicurezza, cioè: la violenza e le insurrezioni civili, il terrorismo internazionale, il crimine transnazionale organizzato, il traffico illegale di sostanze stupefacenti. Per quel che riguarda altri rischi, come per esempio l'immigrazione illegale, sono disponibili altri mezzi piuttosto che la forza, anzi i mezzi economici, politici, diplomatici, sociali e culturali sembrano essere in prima istanza più costo-efficaci.
In questo articolo noi considereremo principalmente tre nuovi rischi: il crimine transnazionale organizzato, il traffico illegale di stupefacenti ed il terrorismo internazionale. L'esclusione di altri rischi sopra menzionati deriva dal fatto che o possono essere considerati più affrontabili in prima istanza con altri mezzi rispetto all'uso della forza, oppure perché si tratta di rischi i cui effetti immediati sono molto più localizzati. Comunque il fatto di aver delimitato le sfide transnazionali alla sicurezza non ci esime dal fornire una definizione dei tre rischi in sé (5) .
Studiosi, giuristi e forze di polizia continuano ad essere in disaccordo sulla definizione di crimine organizzato transnazionale. Tuttavia, ci sono quattro elementi che definiscono il crimine organizzato e sui quali la grande maggioranza degli autori è d'accordo: l'esistenza di una gerarchia stabile ed organizzata; l'acquisizione di profitti attraverso il crimine; l'uso della forza e dell'intimidazione; ed il ricorso alla corruzione per mantenere l'impunità.
Questo articolo si servirà della definizione adottata nel 1993 dal Gruppo ad hoc sul crimine organizzato dell'Unione Europea, poi presentata al Consiglio dell'UE: "Il crimine organizzato è presente ogni qual volta due o più persone sono coinvolte in un progetto criminale condiviso, per un periodo di tempo prolungato o indeterminato, allo scopo di ottenere potere e profitti, e nel quale progetto sono assegnati al singolo partecipante dei compiti da svolgere all'interno dell'organizzazione: 1) attraverso l'uso di attività commerciali o connesse al commercio; 2) servendosi della violenza o dell'intimidazione; 3) influenzando il mondo politico, dei media o la magistratura, attraverso il controllo di un determinato territorio, se necessario, allo scopo di commettere i crimini pianificati, crimini che, da un punto di vista collettivo o individuale, devono essere considerati crimini gravi". (6) Questa definizione non è ancora comune nell'ambito dell'UE, ma rappresenta un importante progresso.
A questa definizione venne allegata una tavola di undici caratteristiche da usare nella preparazione di rapporti sul crimine organizzato in ambito UE e per individuare più facilmente questo fenomeno a livello internazionale. Queste undici caratteristiche sono: 1) collaborazione tra più di due persone; 2) tra le quali c'è una divisione dei compiti; 3) che operano per un periodo di tempo lungo o indeterminato; 4) che operano nell'ambito di una certa disciplina ed un determinato controllo; 5) sono sospettati di crimini gravi; 6) operano a livello internazionale; 7) usano la violenza od altri mezzi di intimidazione; 8) usano strutture commerciali o pseudocommerciali; 9) riciclano denaro; 10) esercitano la loro influenza sulla politica, sui media, sulla pubblica amministrazione o in campo economico; 11) ricercano profitto e potere. Se un gruppo criminale presenta almeno sei di queste caratteristiche, tra le quali è necessario che ci siano la prima, la quinta e la undecima, può essere considerato impegnato in attività di crimine organizzato. (7)
Per quello che riguarda il traffico illegale di stupefacenti, l'articolo userà semplicemente la dizione traffico di stupefacenti. Non ci soffermeremo nel corso del dibattito su quali dovrebbero essere considerate sostanze stupefacenti illegali o su quale sarebbe la migliore strategia per combattere questa piaga. Esso considererà illegali quelle sostanze che sono considerate come tali dalla maggioranza dei governi dell'UE, sapendo che alcune importanti eccezioni nella pratica giuridica o nelle effettive priorità di ordine pubblico in alcuni paesi possono creare problemi politici e difficoltà di applicazione, come dimostra il caso olandese. (8)
Il terrorismo internazionale è un fenomeno non meno controverso rispetto ai due precedenti per quel che riguarda le definizioni giuridiche ed operative, a dispetto di un notevole incremento nella cooperazione in quest'ultimo decennio. (9)
Probabilmente le definizioni meglio conosciute sono quelle impiegate dal Dipartimento di Stato statunitense: (10)
- "Il termine ‘terrorismo' significa violenza premeditata, motivata politicamente, esercitata contro bersagli non combattenti (11) da gruppi subnazionali o da agenti clandestini, in genere allo scopo di influenzare un determinato pubblico.
- Il termine ‘terrorismo internazionale' indica un terrorismo che coinvolge i cittadini o il territorio di più di un paese.
- Il termine ‘gruppo terrorista' implica ogni gruppo che pratica o che ha in seno sottogruppi significativi che praticano il terrorismo internazionale".
Dal canto suo l'articolo adotterà la definizione proposta da L.R. Beres, che si serve del duplice criterio della giusta causa e dei giusti mezzi per distinguere tra il legittimo ricorso alla violenza insurrezionale e quello illegale al terrorismo. (12) Come si è visto per il caso dell'estradizione di Öcalan dall'Italia verso la Germania, si può sempre discutere sulla giusta causa che motiva la violenza politica (13) , ma i giusti mezzi sono definiti abbastanza chiaramente dalla legge internazionale sia per le forze regolari che per quelle irregolari. Il terrorismo è perciò illegale perché non soddisfa il criterio dei giusti mezzi, cioè ogni qual volta l'uso della forza sia indiscriminato, sproporzionato e/o al di là dei limiti della necessità militare internazionalmente codificati. Il gruppo che viola queste norme, può essere colpevole di crimini di guerra e persino di crimini contro l'umanità. (14)
Il termine di terrorismo internazionale richiede poi un ulteriore chiarimento. A livello di uso nell'opinione pubblica si tratta di un termine piuttosto impreciso che copre azioni differenti per inaccettabilità politica e morale. Questo articolo propone sette differenti tipi di situazioni terroristiche o paraterroristiche:
(1) terrorismo interno, terrorismo endemico e guerra civile; (15)
(2) conseguenze internazionali del terrorismo interno/endemico e della guerra civile; (16)
(3) ripercussioni internazionali del terrorismo interno/endemico e della guerra civile; (17)
(4) sostegno internazionale al terrorismo interno/endemico od alla guerra civile; (18)
(5) sponsorizzazione governativa internazionale al terrorismo interno/endemico e della guerra civile; (19)
(6) terrorismo internazionale vero e proprio. In questo caso si intende che un'azione terroristica viene condotta da cittadini di un dato paese contro paesi terzi in cui non è in corso uno scontro civile e/o contro cittadini che non si trovano in una zona di disordini civili o in paesi adiacenti ad essa; (20)
(7) operazioni clandestine. Sotto questa denominazione ricadono gli assassinii decisi a livello governativo ai danni di particolari individui le cui attività politiche o di ricerca militare sono considerate pericolose o perché vengono scelti come vittime per una rappresaglia. (21)
Nel dibattito politico internazionale esiste anche un'altra categoria concettuale chiamata ‘terrorismo di stato', definita come la situazione in cui uno stato legittima il terrorismo oppure permette ai propri organi di commettere atti terroristici. Secondo l'autore, questo concetto, nonostante sia impiegato ripetutamente, non aiuta molto nel chiarire la natura del terrorismo internazionale. Se uno prende il caso della legittimazione del terrorismo in sé per sé, si tratta di una posizione politica esecrabile, che tuttavia non può essere considerata un vero e proprio atto terroristico. Se invece si intende l'impiego di operazioni terroristiche da parte di organi di stato, allora è una situazione che ricade, nella maggioranza dei casi, o nella categoria della sponsorizzazione governativa o in quella delle operazioni clandestine.
Sembra più logico pensare che solo nel contesto di una situazione di terrorismo endemico si possa considerare il terrorismo di stato come il metodo con il quale un governo (o una parte di esso) crea dei gruppi clandestini i cui assassinii indiscriminati o mirati possano essere ufficialmente sconfessati. In ogni caso, il terrorismo di stato o indebolisce il valore della legalità all'interno di un determinato paese, oppure nel medio termine crea delle forti frizioni con il resto della comunità internazionale. (22) Inoltre, il terrorismo di stato non dovrebbe essere confuso con il terrore di stato, cioè l'uso di uccisioni di massa sancite legalmente oppure illegali, della tortura, di varie forme di carcere duro, di cattura di ostaggi o deportazioni. Il governi che usano il terrore di stato rivendicano apertamente i loro misfatti. (23)
L'articolo comincerà ad analizzare quelle che considera le due minacce maggiori tra le sfide transnazionali alla sicurezza: il crimine organizzato transnazionale ed il traffico di stupefacenti. Entrambe vanno considerate congiuntamente poiché le reti di produzione e di smercio della droga richiedono la presenza di organizzazioni criminali. Il crimine organizzato può esistere senza traffico di droga, mentre l'opposto non è vero; tuttavia le droghe possono essere considerate un moltiplicatore di forza e di criminalità non solo per dei gruppi criminali, ma anche per dei gruppi di guerriglieri e terroristi.
Il crimine organizzato transnazionale, specialmente in combinazione con il traffico di stupefacenti, è una vera e propria minaccia per i governi e per le società della Regione Mediterranea per le seguenti ragioni:
a) Le vittime uccise o menomate dalle droghe o durante scontri criminali non sono soltanto delle perdite umane, ma rappresentano un guadagno economico diretto o indiretto per degli attori pericolosi, che sfidano l'autorità dello stato e della legge al di là delle frontiere. Pochi governi e poche opinioni pubbliche accetterebbero simili livelli di perdite umane durante operazioni di pace, attacchi militari o terroristici. Stiamo parlando di cifre pari a 16 morti al giorno nel 1996 nei paesi dell'area Schengen, apparentemente una delle zone meglio protette del globo. (24) Purtroppo molti cittadini e uomini politici mantengono l'opinione sciagurata che i morti per droga siano un affare interno da accettare con lo stesso fatalismo con cui si accettano gli incidenti automobilistici. Le conseguenze della pericolosa combinazione tra crimine e droga sono ovviamente diverse da paese a paese nella regione, ma l'esperienza dimostra che i paesi di transito diventano nella maggior parte dei casi anche paesi di consumo, con tutte le naturali conseguenze.
b) Le risorse economiche generate dal crimine organizzato e dal traffico di stupefacenti sono impiegate direttamente e liberamente per destabilizzare la società, il sistema politico, l'amministrazione e l'economia del paese affetto. La potenza dei mezzi finanziari a disposizione delle organizzazioni criminali non può essere sottovalutata, poiché è lo strumento che ne facilita l'accesso all'influenza politica ed al potere. Il crimine organizzato transnazionale è un affare multimiliardario in dollari: secondo il ‘World Drug Report' dell'UNDCP, il solo traffico di stupefacenti crea un fatturato annuo di 400 miliardi di dollari, pari all'8% dell'export totale globale. (25) Gli effetti che ne derivano sono: la pax mafiosa, la distruzione dei valori democratici e liberali, la corruzione, il riciclaggio di denaro e l'infiltrazione delle imprese sane. Anche in quei paesi dove i regimi politici non sono democratici, non bisognerebbe sottovalutare gli effetti corrosivi che hanno le strutture parallele di potere mafioso. Il caso dell'Unione Sovietica mostra che le strutture del crimine organizzato non furono mai pienamente integrate nel sistema e che, anche quando vi furono delle cooptazioni, esse produssero tali inefficienze, ingiustizie e lotte di potere illegale, da mettere a rischio anche le leggi e la logica del regime stesso. (26) Tali circostanze potrebbero avere effetti potenzialmente pericolosi nelle transizioni che all'inizio di questo secolo devono essere affrontate da alcuni dei regimi nei Balcani e nel Medio Oriente e da alcuni stati in fallimento nel Corno d'Africa.
c) Le reti transnazionali, create e sostenute da questa combinazione, a danno vanno dell'integrità territoriale di uno stato sia alle frontiere che al suo interno. Ogni qual volta il crimine organizzato controlla un'area, il crimine organizzato transnazionale ha libero accesso, mentre alle forze dell'ordine l'ingresso è interdetto o la loro azione è in ogni caso inefficace. Queste aree, chiamate anche zone grigie, sono praticamente al di fuori della sovranità di stato. Sfortunatamente aree grigie sono presenti in molti paesi della Regione Mediterranea. (27)
d) In aggiunta ai problemi sperimentati dai paesi dell'Europa Occidentale, molti paesi nel resto della Regione rischiano di diventare partner internazionali meno affidabili perché il crimine organizzato ed il traffico di stupefacenti minano le loro strutture, anche se qualche volta essi possono considerarsi solo paesi di transito per la droga. In un tale contesto la stabilità della Russia e Ucraina possono essere messe significativamente in dubbio con evidenti ripercussioni a livello politico ed economico, non ultimo nel foro del G8, nel quale si svolge un importante lavoro di coordinamento contro questi rischi. (28)
e) L'evoluzione di questi fenomeni che non è affatto terminata e potrebbe comportare in futuro pericoli ancora maggiori. Secondo alcuni analisti statunitensi c'è la possibilità già da oggi che entrambi i fenomeni evolvano verso forme di crimine organizzato sistemico, caratterizzato da una crescente alleanza tra organizzazioni criminali russe, cinesi, italiane, giapponesi ed americane, ed una narcoindustria pienamente sviluppata. (29) Tra il 1991 ed il 1993 sono avvenuti una serie di ‘vertici' criminali, cui hanno partecipato esponenti di Cosa Nostra e di organizzazioni criminali russe. Gli effetti di questi vertici sono stati immediatamente avvertibili nell'ultimo lustro del XX secolo.
Infatti si potrebbe facilmente dimenticare che la Regione Mediterranea è la sede di cinque grandi costellazioni di crimine transnazionale organizzato:
- i gruppi italiani (Camorra, Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, e Nuova Sacra Corona Unita - NSCU);
- i gruppi criminali organizzati russi e georgiani; (30)
- i clan della maffya turca e curda. (31)
In aggiunta a questi grandi gruppi, ce ne sono altri relativamente più piccoli ma non meno pericolosi e virulenti in: Albania, Bulgaria, Francia, Israele, Libano, Spagna, ex-Jugoslavia. A questi paesi è naturale aggiungere Malta, Monaco e Cipro come centri che offrono dei servizi bancari off-shore e degli incentivi fiscali, una naturale attrazione per giri di riciclaggio del denaro.
La lista di questi paesi è solo indicativa e non si dovrebbe concentrare affrettatamente l'attenzione solo su queste zone geografiche, perché si perderebbero le formidabili interconnessioni tra questi gruppi e l'insieme della Regione Mediterranea, l'Europa e il mondo.
Una prima dimostrazione del fatto che il fenomeno del crimine organizzato debba essere visto a livello strategico è data dalle operazioni di tentata falsificazione e riciclaggio durante la fase di passaggio dalle valute nazionali a quella dell'Euro. (32) Ovviamente non si tratterà di qualche operazione segreta del tipo Spectre, molto peggio, sarà la somma di accordi flessibili tra alcune componenti sofisticate di organizzazioni criminali maggiori e minori, che sfrutteranno opportunisticamente questa grande occasione con le loro capacità a livello regionale e globale.
Il danno potenziale di questa gigantesca frode ai danni della fiducia della pubblica opinione e del mercato potrebbe essere assai considerevole. Basterebbe immaginare lo scenario in cui qualche potente gruppo criminale organizzato russo abbia interessi convergenti con gruppi aggressivi neonazionalisti russi per minare la fiducia nella futura integrazione in Europa dei paesi dell'Europa Centrale e orientale. Gli effetti dell'integrazione nella NATO verrebbero tarpati, dimostrandone la sostanziale inutilità, mentre la politica, la società e l'economia di quei paesi verrebbero ulteriormente infiltrate da diverse organizzazioni criminali. A simili rischi si può aggiungere facilmente quello della distorsione del mercato dell'oro, perché tutte le grandi organizzazioni criminali stanno cominciando ad usare l'oro come mezzo di riciclaggio che non lascia tracce.
Inevitabilmente la geografia dei gruppi criminali modificherà le attuali mappe geopolitiche, perché in alcuni casi il crimine transnazionale organizzato è capace di modificare la natura stessa del governo. Secondo l'Observatoire Geopolitique des Drogues (OGD), nella Regione Mediterranea la Russia, le repubbliche dell'ex-Unione Sovietica (Georgia, Moldavia, Ucraina nel nostro caso) e della Turchia sono i paesi dove maggiori sono i pericoli della connivenza tra organi di stato e gruppi criminali. (33)
Con l'avvertenza che non è nostra intenzione sostituire al vecchio sovietico il nuovo nemico russo, poiché le mafie occidentali sono assolutamente pronte a collaborare con i mafiosniky russi ogni volta che riescono a risolvere le loro dispute di potere e di denaro, noi indicheremo alcune importanti implicazioni strategiche date dal crimine organizzato russo e georgiano prima di passare ad altri casi. Lasceremo alla fine la trattazione dei gruppi turchi e curdi, quando tratteremo la commistione tra crimine organizzato, traffico di droga e terrorismo.
La fine del regime sovietico segnò la trasformazione del crimine organizzato da un tipo in versione ‘totalitaria' a un tipo in versione ‘libero mercato'. Mentre durante il regime sovietico il crimine organizzato era meno visibile (e anche molto meno importante) nel mondo occidentale, esso era tuttavia talmente presente da essere capace di minare porzioni significative dello stato sovietico. Non ci deve sorprendere il fatto che problemi di ‘mafya' esistessero in Azerbaijan, Georgia, Kazachistan, Uzbechistan, già a partire dagli anni '60, '70 ed '80 del secolo scorso, costringendo la leadership di Mosca a rimpiazzare gli alti papaveri locali del partito corrotti e criminali. Questi a loro volta, non senza qualche ragione, si lamentavano del fatto che i boss mafiosi di Mosca conducessero una competizione sleale.
Con la liberalizzazione del regime e la sua caduta, anche il crimine organizzato si è liberalizzato. Il salto di qualità della prima generazione di crimine organizzato transnazionale ex-sovietico è dovuto a questi fattori:
- una forte coesione tra i diversi livelli di crimine organizzato ed i gruppi etnici al suo interno;
- un livello di istruzione più alto (molti dei boss avevano titoli di scuola media superiore o lauree universitarie);
- il duro addestramento ricevuto dai criminali della prima generazione post-perestroyka nei gulag del regime sovietico;
- l'ingresso nelle organizzazioni criminali di ufficiali superiori militari e dei servizi segreti ben addestrati;
- la collusione da lunga data con settori corrotti dell'élite di potere;
- il lungo collasso del vecchio sistema giudiziario e di polizia;
- la globalizzazione dell'economia legale ed illegale;
- la diffusa povertà, che colpiva e colpisce anche classi relativamente agiate;
- la lenta ricostruzione di valori alternativi morali e sociali dopo lo svanire della vecchia ideologia;
- la duratura mancanza di sistemi trasparenti ed efficaci per raccogliere le tasse, per effettuare transazioni bancarie ed operazioni di dogana;
- l'interesse politico occidentale nell'aiutare lo sviluppo dell'economia russa senza farsi troppe domande, per molti anni, sulla destinazione dei fondi e sull'arrivo in Europa d'investimenti russi. (34)
Questa situazione ha serie conseguenze per la stabilità della Regione Mediterranea e dell'Europa partendo da fenomeni come: l'esistenza di regimi criminali in Crimea, Transnistria e di altre zone colpite da disordini civili ed alti tassi di emigrazione illegale (nel nostro caso la Georgia); il sorgere e l'affermarsi del terrorismo criminale in Russia e Ucraina; lo spaccio e la produzione di droga nel Caucaso del Nord, nei porti del Mar Nero, in Ucraina, a Mosca, a San Pietroburgo; le grandi operazioni di contrabbando nel Caucaso del Nord ed in Ucraina; le grandi frodi bancarie ed i grandi riciclaggi di denaro nelle grandi città russe; l'importante penetrazione economica nei paesi dell'Europa Centrale ed Orientale e gli importanti investimenti nell'economia legale dei paesi dell'Europa Occidentale. (35)
I grandi affari criminali di questi gruppi sono: l'estorsione, il contrabbando di articoli occidentali e di antichità dell'Europa Orientale, il traffico di droga (spesso finanziato con la contraffazione di compact disk di musica e software), (36) il contrabbando di armi, la prostituzione ed il gioco d'azzardo. Stime ufficiali russe calcolano al 30-40% la massa di beni importati di contrabbando, mentre per quel che riguarda la droga sono state sequestrate 30 tonnellate nei primi nove mesi del 1999. (37)
Recentemente si è visto il nuovo inquietante fenomeno dell'esportazione di tecnologie essenziali per la proliferazione di armi di distruzione di massa verso paesi sensibili come l'India, l'Iran e la Siria, da parte di gruppi criminali, entità quasi governative o militari corrotte, che possono sfuggire al diretto controllo del governo. (38) Questo fenomeno è assai più credibile dell'ipotesi che gruppi criminali organizzati russi possono esportare armi o componenti nucleari verso paesi proliferanti. Ciò significa che, per quanto la situazione non lasci spazio alla compiacenza, gli schemi di proliferazione di queste entità dimostrano che esse preferiscono condurre qualche affare illegale e lucroso, piuttosto che rischiare una vendita unica di componenti ed armi con conseguenze imprevedibili.
La diffusione di questi gruppi avviene su scala veramente globale, poiché i paesi più colpiti sono: Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e USA. (39) Tutti i paesi dell'Europa Centrale e Orientale sono affetti da queste penetrazioni a differenti livelli e con essi anche paesi come Austria, Grecia, Israele, Italia, Spagna e Turchia. Da molto tempo vi sono commistioni significative con altri grandi gruppi organizzati criminali a livello mondiale.
In questo quadro Israele è un paese interessante perché ha sperimentato in modo particolare gli effetti delle diaspore criminali, oltre a quelli delle organizzazioni criminali locali che erano attive nel traffico di droga già dagli anni '80. La massiccia immigrazione di ebrei dall'ex-Unione Sovietica non poteva impedire evidentemente l'arrivo degli elementi del crimine organizzato sovietico. Si sospetta che le attività di questi gruppi abbiano rapidamente influenzato lo svolgimento dell'attività politica nel paese. Sarà interessante vedere se le risultanze giudiziarie degli scandali di corruzione politica, scoppiati a cavallo tra il 1999 ed il 2000, riveleranno anche infiltrazioni mafiose.
Da lungo tempo l'Italia è stata sinonimo di crimine organizzato, ma nell'ultimo decennio l'evoluzione di esso è stata molto differente da quella dei paesi dell'ex-Unione Sovietica. (40) Anche qui la Guerra Fredda aveva favorito le collusioni tra la mafia ed un sistema politico che apparentemente non poteva godere, per ragioni di sicurezza strategica, di una normale competizione tra partiti al governo e partiti all'opposizione. La corruzione aveva invaso un numero significativo di istituzioni governative sia a livello centrale che a livello locale, mentre in diverse regioni il crimine organizzato era protetto da una sostanziale impunità.
La fine di quel periodo, sia in termini politici che in termini giudiziari (attraverso quell'operazione chiamata Mani Pulite), ha aperto scenari differenti da quelli precedenti che vedevano una costante avanzata del crimine organizzato nelle regioni dell'Italia del Sud, appoggiata dal traffico di droga e dal crimine finanziario nel centro e nel nord della penisola.
In questo senso, indipendentemente dai risultati giudiziari, il processo dell'ex Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, ha avuto notevole rilievo sia politico che psicologico perché ha discusso a fondo le connessioni tra potere politico e potere mafioso di una lunga stagione. Resta da vedere se la società e la politica italiane sapranno mettere a frutto, attraverso una fattiva lotta antimafia ed un adeguato costume politico-amministrativo, i risultati delle indagini di un ventennio. (41)
Infatti i risultati ottenuti non significano che la lotta contro il crimine organizzato sia finita: da un lato la capitale della Sicilia, Palermo, gode di una nuova fiducia in se stessa ed i siciliani sono molto più impegnati nella lotta contro la mafia rispetto al passato, ma dall'altra parte i clan mafiosi hanno ancora un forte potere in altre città e possono disporre di ricchezze e risorse considerevoli. La loro presenza è segnalata in paesi distanti come la Germania, la Polonia e la Repubblica Ceca. (42)
Cosa Nostra è stata duramente colpita dall'abile uso dei pentiti, combinato con tecniche aggressive d'investigazione, ma se l'importanza della cosca dei Corleonesi è stata ridotta, altre famiglie hanno abbassato il loro profilo per continuare i loro traffici criminali. Specialmente per quello che riguarda le estorsioni, la presa di Cosa Nostra non sembra essere diminuita ed il riciclaggio di denaro genera ulteriori grandi profitti. È anche vero che il relativo indebolimento di Cosa Nostra favorisce una certa anarchia criminale che a sua volta crea ulteriori problemi alle forze di polizia. Tra gli interstizi del potere di Cosa Nostra, gruppi organizzati come le Stidde (stelle) o gruppi più piccoli di "giovani turchi" hanno tentato di stabilire la loro influenza con spietata violenza. (43)
Un simile fenomeno di relativa disintegrazione si può osservare anche all'interno della Camorra, che per la prima volta ha visto l'uso di autobombe e di razzi controcarro nelle sue guerre intestine. Tuttavia la Camorra ha registrato una ripresa dei suoi traffici con il contrabbando di sigarette in provenienza dall'Adriatico, battezzato nel 1999 "il mare di tutte le mafie" . (44)
La 'Ndrangheta calabrese appare invece molto meno penetrabile, il suo controllo sulla regione è particolarmente forte e la sua influenza nell'oscuro mondo dei rapimenti professionali è notevole. Solo una serie di arresti condotti alla metà del febbraio del 1999 in collegamento con il rapimento Sgarella ha aperto una prima falla nel suo potere criminale, che comunque sta estendendo i suoi tentacoli in Germania. Bisogna anche considerare che la ‘Ndrangheta subisce una forte concorrenza dei clan albanesi e kosovari in una serie di traffici criminali. (45)
Infine la Nuova SCU ha perso i suoi boss della prima generazione, ma ha ricevuto ulteriore impulso dai collegamenti al di là dell'Adriatico con i gruppi organizzati criminali albanesi e kosovari. Bisogna anche tener presente che questo gruppo non è il solo nella Puglia; al contrario vi sono mafie meno conosciute, ma anche più pericolose, che prosperano nella parte settentrionale della regione. (46)
L'Italia, dopo avere internazionalizzato le connessioni delle proprie mafie, Cosa Nostra e Camorra, sta adesso sperimentando la globalizzazione nel campo della criminalità. L'evento più visibile è l'irruzione dei gruppi criminali organizzati albanesi, kosovari, dall'ex-Jugoslavia, turchi e russi nel mercato criminale italiano. Il flusso di immigrati illegali e di prostitute (in entrambi i casi si sarebbero in passato chiamati più correttamente schiavi) dall'Albania, dai paesi dell'Europa Centrale ed Orientale, dalle zone curde, dal Nord Africa, dalla Nigeria, dalle Filippine, dalla Turchia, ed i loro effetti sociali hanno generato un acceso dibattito politico anche nei primi due mesi del 1999.
Negli ultimi nove anni la geografia criminale della città di Milano è passata da una situazione di coesistenza dei vecchi gruppi criminali organizzati pugliesi, calabresi, napoletani e siciliani, ad una dove si è assistito all'ingresso prepotente di sei grandi gang, cinque kosovare ed una croata. (47)
La recente campagna aerea nel Kosovo (giugno 1999) ha fornito un potente impulso soprattutto al traffico di esseri umani, spesso associato a quello di droga ed armi, quest'ultimo facente parte della catena logistica dell'UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo). La mafia albanese ha ampliato le su attività verso la Francia per tentare di infiltrare circa 250-500 kosovari alla settimana nel Regno Unito, mentre i prezzi per il passaggio in Italia variano dai 500 ai 1.200 dollari per persona, tenendo conto che ci sono circa 2.750 arrivi al mese. (48) Nonostante vigorose smentite da parte dell'UCK fonti dell'intelligence americane, britanniche e italiane, della NATO, della Europol, del BKA, della polizia svedese e della polizia ceca sono d'accordo su questo tipo di valutazione. In aggiunta al rischio del traffico di droga, rapporti del Mossad israeliano avvisano che dei gruppi di islamisti estremisti provenienti dall'Afghanistan, dall'Iran e dallo Yemen stanno per infiltrare l'UCK e che questo esercito ha ricevuto fondi considerevoli da Osama ben Laden. (49)
Il problema delle profonde infiltrazioni all'interno dell'amministrazione e dell'economia turche da parte del crimine organizzato locale non è nuovo (già negli anni ‘60 il governo statunitense dovette esercitare energiche pressioni perché Ankara distruggesse le coltivazioni di papavero da oppio), ma questo problema ha acquistato una nuova dimensione internazionale con la caduta del governo guidato dal premier Mesut Yilmaz e con il caso Öcalan.
La caduta di quella coalizione politica ha messo in evidenza il pericolo che il crimine organizzato pone alla stabilità di importanti alleati. I primi segnali di pericolo risalgono al novembre 1996 quando un incidente d'auto nel villaggio di Süsürlük rivelò all'opinione pubblica che un boss della mafia, che lavorava per i servizi segreti turchi, un politico curdo ed un alto funzionario della polizia stavano viaggiando nella stessa macchina, carica di armi e di droga. Ulteriori indagini ordinate dall'allora nuovo Primo Ministro, Mesut Yilmaz, giunsero alla conclusione che gruppi criminali organizzati, che esercitavano il narcotraffico ed erano collegati ad alcuni settori del governo, erano responsabili di circa duemila omicidi.
Successive rivelazioni sul fatto che la vendita di due grandi banche turche a partecipazione statale e di due quotidiani erano state interessate dalle infiltrazioni del crimine organizzato e sul fatto che sia il Premier che il Ministro dell'Economia erano a conoscenza della circostanza e che, ciò nonostante, avessero dato il loro appoggio alla vendita, furono la causa diretta della caduta del governo lo scorso novembre 1998.
Tale desolante situazione fu confermata un mese più tardi dalle dichiarazioni esplosive di un brillante alto funzionario della polizia antidroga, che spiegò come il Capo della Polizia di Istanbul, il suo Vice ed il Capo della Polizia turca furono corrotti. Cinque mesi più tardi lo scandalo delle intercettazioni telefoniche Telekulak (orecchio al telefono) rivelò che uno dei criminali più ricercati, Mahmud Yildirim "Yesil", aveva contatti telefonici regolari con il segretariato del Premier, del Presidente della Repubblica, del Segretario Generale del Consiglio Nazionale per la Sicurezza, del Comandante Generale della Jandarma, dell'accademia militare e del Servizio di intelligence della polizia. Indagini successive rivelarono anche che figure chiave del gruppo di intercettatori Telekulak erano collegate a Yesil, a sua volta pesantemente coinvolto nello scandalo di Süsürlük. (50)
Oltre che nel tradizionale traffico di armi e di droga, i gruppi turchi e curdi sono molto attivi nel traffico di esseri umani. Ironicamente i gruppi albano-kosovari sembrano aver sostituito quelli turchi in parti notevoli del mercato della droga, più precisamente nel segmento di smercio sino ai 5 kg di droga. (51)
Il caso Öcalan aggiunge una dimensione ulteriore all'importanza internazionale del crimine organizzato transnazionale, ma l'articolo ne tratterà più tardi quando si esaminerà la trasformazione del terrorismo ed i suoi legami con il traffico di droga.
Per riassumere il quadro strategico tracciato sinora per quello che riguarda le grandi costellazioni del crimine organizzato, la Regione Mediterranea è caratterizzata da tre centri di gravità, situati in Italia, Russia e Turchia.
Il fatto che alcuni di essi siano membri della NATO non è particolarmente rilevante per gli effetti che tale partecipazione potrà avere sulla qualità del loro buongoverno e sulla prevenzione e repressione del crimine organizzato.
Questo dato di fatto dovrebbe esser tenuto presente specialmente adesso che la NATO si è allargata e ha celebrato il suo cinquantennale: l'argomento propugnato dai politici dell'Europa centrale ed orientale a favore del loro ingresso nella NATO al fine di "occidentalizzare" i loro paesi è puramente politico e non può avere alcuna validità al di là del campo della difesa. L'allargamento dell'UE potrebbe offrire un aiuto maggiore per fronteggiare queste piaghe, soprattutto per il fatto che i suoi requisiti e parametri sono più rigorosi, tuttavia richiederà un tempo maggiore per raccogliere il necessario consenso politico.
In tutti e tre i centri di gravità ci sono alcuni gruppi criminali organizzati che hanno una portata transnazionale notevole: Cosa Nostra da settant'anni almeno, i gruppi turchi e curdi da almeno trent'anni. I gruppi russi e georgiani sono più giovani nella scena internazionale, ma sono stati fulminei nel diffondersi, grazie anche all'attiva cooperazione di altri gruppi criminali organizzati nei paesi d'arrivo. Le connessioni del traffico di droga dimostreranno come è complessa la rete di alleanze e di collaborazioni opportunistiche.
Nel frattempo è utile ricordare rapidamente alcuni delle principali connessioni internazionali tra i grandi gruppi criminali transnazionali.
I Cartelli colombiani usano l'Europa come un'importante area di riciclaggio, soprattutto nei settori del turismo, dell'intrattenimento e del gioco d'azzardo. La Spagna viene usata come il punto di transito principale per la droga in direzione della Germania, dell'Italia, dei Paesi Bassi e della Russia. I paesi dell'Europa Centrale e Orientale vengono usati come passaggi verso l'Europa Occidentale. Tutti i grandi gruppi criminali organizzati italiani hanno rapporti con i Cartelli, la cui realtà si è evoluta verso organizzazioni molto più decentrate e flessibili.
I gruppi criminali organizzati russi hanno preso di mira i paesi dell'Europa meridionale come la Francia, l'Italia e Israele (oltre all'Austria, all'Irlanda del Nord, alla Finlandia, alla Germania, alla Svizzera ed al Regno Unito).
Le Triadi cinesi, dopo aver scelto i Paesi Bassi come loro prima testa di ponte, hanno ampliato le loro attività verso l'Italia e la Francia, mentre nel resto dell'Europa sono presenti in Belgio, Germania, Regno Unito. (52)
Se si vogliono guardare i rapporti dal lato delle organizzazioni criminali italiane, possiamo trovare che gruppi provenienti dal Brasile, Egitto, Tunisia e dall'ex-Jugoslavia sono in contatto con Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta. A sua volta Cosa Nostra si è specializzata nei contatti con organizzazioni argentine, cilene, israeliane, giordane, marocchine, polacche e siriane. La Camorra ha legami con gruppi argentini, colombiani, giordani, somali ed uruguaiani, mentre la ‘Ndrangheta ha appoggi da alleati in Cile, nella Repubblica Ceca, nella Repubblica Dominicana, in Israele, in Polonia, in Romania, in Slovacchia ed in Turchia. (53)
La fine della Guerra Fredda ha avuto effetti differenti su questi tre centri di gravità. In Italia ha aiutato a spezzare vecchie connivenze e ad indebolire significativamente i vecchi gruppi e famiglie dominanti. In Turchia non sembra aver modificato molto la situazione preesistente, per quanto l'aumento della pubblicità e della pressione da parte dei paesi alleati potrebbe aiutare a cambiare le cose col passare degli anni. In Russia e Georgia la fine della Guerra Fredda ha tolto quasi ogni freno.
Mentre in queste tre aree vi è una significativa concentrazione di poteri criminali, bisognerebbe evitare di dipingere un quadro a tinte forti arrivando alla conclusione che il bacino mediterraneo centrale e orientale è infestato dalla mafia, mentre il restante territorio è relativamente al sicuro. Ogni qual volta ci sono traffici di droga e riciclaggi, si può essere sicuri che il crimine organizzato è all'opera e che i suoi nefasti effetti politici e sociali sono presenti, anche se non sono riportati dai media.
Un rapido sguardo a situazioni relativamente meno gravi può essere istruttivo. Un primo indicatore della presenza di mafie sono gli stati che sono andati in fallimento più o meno gravemente nell'ultimo decennio: Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Albania. Tutti questi paesi hanno sperimentato o continuano a sperimentare governi che possono essere corrotti e nei quali l'ordine pubblico non è sempre assicurato.
Il Libano è stato uno dei primi casi in cui il traffico di droga divenne un mezzo di finanziamento normale per diverse milizie, mentre altre preferivano il contrabbando su larga scala ed i rapimenti. Questi fenomeni ebbero un'influenza corruttrice sulla Siria, le cui forze militari e le cui unità di intelligence furono fortemente coinvolte nella guerra e nella successiva pacificazione. La produzione ed il traffico di droga rimangono ancora un fattore importante nella vita politica libanese e siriana, anche se hanno poi subito dei significativi cambiamenti. Le coltivazioni di papavero da oppio sono scomparse, per essere sostituite dalla cannabis e da raffinerie di eroina. Fra i centri di smistamento il porto di Beirut mantiene un ruolo molto marginale, ma i porti di Jieh, Damour e Tripoli conservano il loro ruolo, nuovi porti, poi, sono stati sviluppati vicino alla frontiera israeliana (Byblos, Batroun ed Enn Naqoura). Il Libano è un importante centro di smistamento per le consegne di droga in direzione di Tel Aviv, Damasco (per proseguire poi verso Cipro e Grecia), Al Riyadh (via Amman) ed in direzione di Istanbul. (54)
La Somalia, dopo il fallimento delle politiche occidentali che hanno improntato lo svolgimento delle missioni dell'ONU, è diventato un importante punto di transito per il traffico di droga. Il khat è al tempo stesso il più importante genere di merce ed una grave piaga sociale. Verso la fine degli anni '90 sembra che gran parte del traffico di droga sia stato controllato dal signore della guerra Osman Atto, che era precedentemente il vice di Aidid. Inoltre, dopo un calo di attività dovuto alla morte del signore della guerra Mohammad Farrah Aidid, la pirateria continua ad infestare le acque somale, manifestandosi con attacchi condotti anche a colpi di mortaio e di razzi controcarro per fermare le navi.
L'intera vicenda delle guerre nella ex-Jugoslavia rimane incomprensibile se non si tiene conto del profondo livello di corruzione presente nella maggior parte dei regimi locali, indipendentemente dalla circostanza che alcuni di essi vengano aiutati dai paesi occidentali. In molti casi le milizie più sanguinarie sono state reclutate direttamente dal sottobosco del crimine organizzato, spesso generate come club di calcio o tifoserie violente, simbiosi poi talvolta mantenuta. La valle della Neretva era ed è una regione in cui viene coltivata la canapa indiana, mentre da più di un decennio l'insieme della regione è nota alle forze di polizia come il Corridoio o la Rotta Balcanica (nel 1995 l'80% dell'eroina confiscata in Europa Occidentale è passata da quella zona, mentre nel 1998 sono stati confiscati 8.112 chili di eroina). Sin dal 1988 l'Interpol ha avvertito tutti i governi sull'importanza di questa rotta, che rappresenta il tratto terminale del collegamento tra i paesi produttori dell'Asia sud-occidentale/orientale con i paesi consumatori dell'Europa. Essa partiva dalla Turchia (attraverso Ankara ed Istanbul) attraverso la Bulgaria e la Jugoslavia verso l'Italia e l'Austria. Il tracciato modificato dalle guerre in Bosnia era: Turchia, Grecia, FYROM, Albania (porti di Durazzo-Dürres, Valona-Vlöres, Särände).
Nel 1999 il punto nodale tra Asia ed Europa resta Istanbul, mentre le tappe intermedie preferite sono la Repubblica Ceca e la Slovacchia, verso il mercato principale tedesco, i Paesi Bassi, la Svizzera ed i paesi scandinavi. La variante marittima viene usata in misura crescente, servendosi dei porti di Istanbul, Samsun e Trabzon (Trapezunte o Trebisonda) in Turchia verso quello rumeno di Costanza. Il tracciato di questo corridoio è cambiato a causa della guerra, ma non è cambiata la sua importanza. Sempre nel 1999 le fonti specialistiche riportano che i trafficanti evitano l'Albania e il Kosovo, passando invece attraverso l'Ungheria (l'80% del traffico di eroina è controllato dai kosovari, secondo fonti della polizia ungherese).
Infine, sempre riguardo alla connessione tra guerre e grande criminalità, le massicce contraffazioni di marchi tedeschi, valuta di riferimento nell'area, effettuate per finanziare i costi delle guerre di dissoluzione della Jugoslavia, rappresentano una prova generale della progettata falsificazione di massa dell'Euro. (55)
La presenza della SFOR è riuscita a bloccare il conflitto aperto ed ha costretto in gran parte le milizie ad assumere un profilo relativamente più basso, ma deve essere assolutamente chiaro che la sua presenza non ha avuto effetti rilevanti, almeno sino a metà ottobre 1999, nel tagliare i legami criminali tra élites politiche, milizie armate e crimine organizzato. Anzi esiste il fondato timore che una parte sostanziale dei fondi per la ricostruzione vengano controllati dalle mafie locali. Alcune iniziative delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea hanno cominciato ad affrontare con molta prudenza il problema, ma sono fortemente ostacolate da intrinseci limiti diplomatici e da una generale mancanza di cooperazione tra le differenti entità della Federazione Bosniaca. (56)
Più recentemente, superando le passate dispute sul cosiddetto mission creep (la modifica strisciante di una missione), (57) le forze armate della SFOR hanno intrapreso l'operazione Westar a Mostar contro una simbiosi tra gruppi paramilitari organizzati, operazioni criminali organizzate ed operazioni di destabilizzazione politica anti-Dayton, all'epoca Tudjman, con il coinvolgimento del HIS (Servizio d'Intelligence Croato) e del SNS (Servizio Intelligence Croato-Bosniaco). (58) Un altro contributo fondamentale è stato fornito dalla MSU (Multinational Specialised Unit - Unità Multinazionale Specializzata), guidata e prevalentemente formata da Carabinieri.
Da quando gli italiani nel 1997, alla guida di una coalizione di paesi europei "able and willing" (disposti e capaci ad intervenire), si sono mossi per aiutare con l'operazione Alba il governo locale a ripristinare la legge e l'ordine, l'Albania è diventata il classico esempio di come il crimine organizzato transnazionale possa diventare una reale minaccia per la sicurezza. Tale forma di crimine ha innanzitutto creato, con la bancarotta delle "piramidi finanziarie", l'incubo della nascita di una repubblica criminale appena al di là del Mare Adriatico, dedita al sistematico dirottamento degli aiuti verso la malavita. (59) In secondo luogo, essa ha continuato a sfruttare la disperazione degli emigranti clandestini, impiegando molti di essi nella prostituzione femminile e giovanile. In terzo luogo, essa ha creato e mantenuto nel nord e nel sud del paese delle aree grigie che sono, rispettivamente, la fonte di alimentazione della guerra nel Kosovo ed il fattore del mantenimento di un flusso di droga, schiavi, armi da guerra (il 50% di tutte le confische italiane che avvengono in Puglia, la regione di fronte all'Albania) e sigarette attraverso l'Adriatico. Per quello che riguarda le droghe, esse erano precedentemente importate, mentre ora cominciano ad essere prodotte in loco. Si tratta in gran parte di cannabis, che comincia a fare concorrenza all'hashish libanese per qualità e convenienza; tuttavia, sotto la supervisione di membri di Cosa Nostra e dei Cartelli colombiani, sono state iniziate coltivazioni sperimentali di coca nelle aspre montagne della regione. Inoltre, vi sono diverse indicazioni del fatto che gruppi mafiosi locali abbiano cominciato a far funzionare raffinerie di morfina. Il medesimo paese, insieme al Montenegro, è il punto di partenza per le operazioni di riciclaggio effettuate dalla Nuova Sacra Corona Unita, con ramificazioni verso la Russia e la Romania, in aggiunta alle tradizionali attività di contrabbando. (60)
Un tipo di zona grigia molto meno discussa, ma non per questo meno importante, è dato dall'isola della Corsica, infestata da un tipo di mafia quasi dimenticata dagli analisti internazionali. La storia della Corsica come base per il crimine transnazionale organizzato comincia, attraverso una serie di secessioni, con una trasformazione graduale che parte da un movimento terrorista nazionalista per arrivare ad un insieme di gruppi criminali organizzati, come li ha definiti il presidente francese Jacques Chirac. (61) Egli è stato il primo Presidente francese ad ammettere apertamente l'esistenza del problema, fino ad allora considerato un affare interno, per lo più taciuto da una serie di governi di differente colore politico.
Come capita spesso per le regioni insulari, la Corsica è stata per decenni una delle regioni economicamente più depresse e socialmente più arretrate dello stato centralizzato francese. Dopo la fine della seconda guerra mondiale sono sorti dei movimenti nazionali, che chiedevano maggiori risorse a favore dell'isola e la secessione dalla Francia, seguendo la tradizione di opposizione al dominio della capitale da parte delle regioni periferiche, come emerso durante gli sconvolgimenti della Rivoluzione Francese. La situazione fu peggiorata quando gli ex coloni francesi d'Algeria (i cosiddetti pieds noirs-piedi neri) furono trasferiti nell'isola dopo la fine della guerra di decolonizzazione in quel paese. Tuttavia alla fine degli anni ‘60 il fervore rivoluzionario aveva ceduto il passo ad un sistema diffuso e organizzato di estorsioni, dissimulato a malapena sotto il velo dei vecchi ideali. La classe politica francese pensò che fosse più facile blandire il movimento secessionista con riduzioni fiscali, privilegi, contributi allo sviluppo e tolleranza verso la creazione di una struttura di potere parallela.
Il tacito patto era che la Francia godesse di una sovranità nominale più o meno visibile sull'isola e che in cambio i corsi appoggiassero in vario modo i partiti al potere, mentre al tempo stesso promuovevano i propri gruppi di interesse. In linea di principio, la strategia di "comprare" un movimento indipendentista non è sbagliata di per sé, ma se si applica la misura degli incentivi economici senza una chiara divisione legale dei poteri, sostenendola con adeguate sanzioni, si rischia di aggravare il problema, senza parlare del fatto che qualche volta perfino la logica economica degli aiuti finisce per non avere senso. (62)
E sino alla fine del 1996, gli attentati dinamitardi a scopo intimidatorio venivano eseguiti in modo da ridurre le perdite, ma alla fine del 1997 fu assassinato il prefetto Jean-Claude Erignac, chiaro gesto di sfida allo stato francese. Come ogni paese che deve fronteggiare forme di crimine organizzato che controllano il territorio, la Francia ha le sue comprensibili difficoltà nel restaurare la legge e l'ordine sull'isola. (63)
Tra le difficoltà bisogna anche comprendere la tentazione di rispondere alla diffusa illegalità ed al terrorismo criminale o politico con mezzi ai margini della legge o con investigazioni affrettate. Dal marzo al maggio 1999 la Corsica è stata testimone: del ritorno degli attentati dinamitardi del FNLC-Canal historique (Front National de Liberation de Corse), della reclusione del prefetto Bernard Bonnet, successore di Erignac, insieme al suo Capo di Gabinetto e di tre gendarmi con l'accusa di aver organizzato un attentato incendiario in un ristorante per catturare gli assassini del prefetto Erignac. (64)
Quest'ultimo evento ha dimostrato che la mancanza di serietà dei gruppi violenti nazionalisti era percepita in modo tale da una parte dei militanti politici della base, che un piccolo gruppo di nazionalisti puri, duri e senza macchia, ha deciso di commettere un omicidio politico di alto profilo in modo da costringere, attraverso la prevista repressione francese, gli altri movimenti nazionalisti ad essere politicamente coerenti.
Per concludere, deve essere chiaro che il crimine organizzato corso non è qualcosa da considerare limitato all'interno dell'isola. I gruppi corsi hanno infiltrato a vari livelli le forze di polizia francesi, hanno collegamenti con il crimine locale e transnazionale presente nella Francia meridionale e, come altri gruppi in altri paesi, sono responsabili di gravi frodi nel settore degli aiuti strutturali e dei fondi di sostegno agricolo della Comunità Europea. (65)
La Spagna è anche un'altra base interessante e poco menzionata per il crimine transnazionale organizzato. Le sue organizzazioni locali, anche se mancano della forte immagine di altre, sono molto attive nel traffico di droga, nel contrabbando di tabacco, nel traffico di essere umani, nei collegamenti con organizzazioni transnazionali di prostituzione, nelle attività di pirateria informatica e nel riciclaggio di denaro sporco. Parte del problema deriva dalle zone grigie che in parte si snodano lungo la frontiera franco-spagnola - create dai terroristi per le attività di estorsione dell'ETA - e in parte si focalizzano sulla difficoltà di coordinare le azioni di polizia nell'area di Gibilterra, a causa della differente giurisdizione cui è sottoposta la colonia britannica. Le organizzazioni criminali spagnole hanno collegamenti con organizzazioni colombiane, brasiliane, bulgare, olandesi, francesi, italiane, marocchine, nigeriane, polacche, portoghesi, russe, turche e venezuelane. (66)
La produzione di droga nella regione mediterranea riguarda le seguenti aree geografiche, distribuite per tipo di droga: (67)
- per la cannabis, il Marocco e la Russia (produttori maggiori); l'Albania (molto di recente), il Libano e l'ex-Jugoslavia (produttori minori);
- per le ATS (Amphetamine Type Stimulants - stimolanti di tipo amfetaminico), l'Europa Occidentale (gruppo delle droghe del tipo ecstasy) e CSI (metamfetamine ed efedrone).
Il traffico di droga, invece, rivela i seguenti flussi:
- eroina, l'Afghanistan (68) ha rimpiazzato il Triangolo d'Oro come maggior produttore, il 40% di tutte le confische di eroina nel mondo vengono compiute in Europa (sia occidentale che orientale). La droga segue tre possibili rotte: 1) Asia Centrale, Russia; 2) Asia Centrale, Caucaso, Turchia, Corridoio Balcanico; 3) Iran, Turchia (impiegata molto di meno a causa delle rigorose politiche antidroga iraniane). Circa il 20-10% potrebbe venire invece attraverso il Pakistan, la Somalia, la Nigeria e i Paesi Bassi o la Spagna. Va messo in evidenza che la Russia ha dato un contributo significativo per effettuare la connessione globale tra le due grandi aree di produzione prima piuttosto separate: il Triangolo d'Oro e la Mezzaluna d'Oro. (69)
- La cocaina, viene largamente prodotta dalla Colombia (la Bolivia ed il Perù svolgono un ruolo minore), l'Europa (occidentale e orientale) è un mercato con una tendenza in ascesa (effettivamente il 10% di tutte le confische globali avvengono in questa zona geografica). Paesi Bassi e Spagna sono, invece, i principali centri di entrata europei, le rotte del traffico aereo e marittimo collegano i paesi produttori sia direttamente o attraverso la rotta Brasile-Africa Occidentale o attraverso la rotta dell'Africa Australe. Un'altra possibile rotta, secondo l'Interpol, sarebbe quella che passa direttamente attraverso la Russia per raggiungere i mercati europei.
- La cannabis, prodotta nei paesi citati, più Pakistan, Kazakihstan e Kyrgyzstan (Colombia, Cambogia e Tailandia sono produttori minori, ma di crescente importanza). Tra i paesi che, nel loro insieme, sono al tempo stesso importanti punti di transito e produttori per i mercati europei citiamo: Congo, Ghana, Kenya, Malawi, Nigeria, Sud Africa e Tanzania.
Se volessimo fare un riassunto alla fine di questo paragrafo, potremmo dire che la geografia del crimine organizzato e del traffico di droga nella Regione Mediterranea è caratterizzata da:
- tre centri di gravità per quel che riguarda le grandi organizzazioni transnazionali criminali, cioè Italia, Russia e Turchia;
- 21 zone regionali di supporto, come l'Albania, la Croazia, la Bulgaria, il Djibouti, l'Egitto, l'Italia, la Francia, l'ex-Jugoslavia, la Macedonia (FYROM), la Georgia, la Grecia, Israele, la Giordania, il Libano, il Marocco, la Romania, la Slovenia, la Somalia, la Spagna, la Siria, la Tunisia;
- due stati che rischiano di andare in fallimento strutturale (cioè l'ex-Jugoslavia e la Russia), e nove che hanno sperimentato a vari livelli un tale fallimento (Algeria, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Eritrea, Macedonia, Georgia, Libano, Montenegro, Slovenia, Somalia);
- quattro isole che hanno importanti zone grigie e differenti gradi di controllo o collegamento esercitati dal crimine organizzato (Corsica, Cipro, Sardegna e Sicilia);
- due grandi produttori di droga (Marocco e Russia) e tre minori (Albania, Libano ed ex-Jugoslavia);
- tre grandi rotte di traffico della droga, cioè la Rotta Atlantica, il Corridoio Balcanico, la Russia;
- tre grandi paesi d'entrata europea del traffico di droga, cioè Russia, Spagna e Turchia;
- tre grandi rotte marittime per il traffico di schiavi (1. Marocco-Spagna; 2. Tunisia-Italia; 3. Albania-Italia) e quattro importanti percorsi terrestri (1. Sarajevo-Croazia-Slovenia-Italia o Austria; 2. Istanbul-Ucraina-Polonia-Germania oppure Istanbul-Romania-Ungheria-Slovacchia-Repubblica Ceca; 3. Istanbul-Grecia-Macedonia (FYROM)-Italia o Austria; 4. Russia-Finlandia); (70)
- tre grandi centri regionali di finanza off-shore, cioè Cipro, Malta, Monaco;
- la presenza di gruppi criminali organizzati cinesi, colombiani, giapponesi e la relativa assenza di quelli nordamericani e messicani;
- la presenza dominante di droghe come la cannabis e l'eroina ma anche di ATS, con spaccio di cocaina in aumento. (71)
Come in altri settori della politica e dell'economia, la fine del controllo governativo e della manipolazione esercitati sui movimenti di guerriglia durante la Guerra Fredda, ha prodotto deregulation e delocalizzazione, solo che in questo caso si assiste alla deregulation delle guerriglie ed alla delocalizzazione delle loro logistiche. La deregulation del terrorismo include la sua privatizzazione, i suoi legami con organizzazioni criminali e, soprattutto a livello locale, la sua estensione come pratica da parte delle organizzazioni criminali stesse. La delocalizzazione è sinonimo di globalizzazione. Queste tre caratteristiche relativamente nuove pongono un problema diretto agli stati in termini di diffusione del potere. La privatizzazione del terrorismo è facilmente rappresentata dalla figura del milionario Osama ben Laden.
I conflitti civili ricevono il loro impulso principale dall'economia di guerra piuttosto che dalle ideologie e dalla lotta politica, il che conduce ad una "degenerazione" dei movimenti armati, coinvolgendoli sempre più nel circolo vizioso dello sfruttamento criminale delle risorse locali. Al di là del problema delle possibili alleanze tattiche con gruppi criminali, la caratteristica più preoccupante è data dal fatto che i movimenti armati acquisiscono sempre più caratteristiche di tipo mafioso proprio perché si impegnano maggiormente nel traffico di stupefacenti. Lo svantaggio per questi movimenti è che perderanno, a lungo termine, la loro legittimazione agli occhi delle popolazioni dominate perché le loro pratiche mafiose corroderanno la loro credibilità politica anche se offriranno i mezzi per un "consenso" di scambio. Le dinamiche di questa partecipazione al crimine sono illustrate dai tre seguenti livelli di coinvolgimento:
- tassa locale sulle coltivazioni illecite,
- coinvolgimento nelle reti commerciali,
- sviluppo di reti internazionali. (72)
Attraverso il primo sistema è possibile la creazione di milizie private piuttosto consistenti (a livello di brigata). Il secondo livello fa seguito al primo, generalmente attraverso una tassa sul traffico di droga. Il livello finale è stato sviluppato dalle milizie cristiano-libanesi durante la guerra civile, dalla TTLE (a partire dalla metà degli anni ottanta), dalle organizzazioni albanesi in Kosovo e dai militanti curdi del PKK. Proprio il caso del capo del PKK Abdullah Öcalan (il Vendicatore, soprannominato dai suoi seguaci Apo-Zio) è una vivida illustrazione del tipo di trasformazioni che attraversa il terrorismo.
Nel 1978 egli fondò il PKK su una base ideologica marxista-leninista e cominciò ad eliminare le formazioni nazionaliste curde rivali (KUK). Nel 1980 il colpo di stato dei generali turchi scatenò una persecuzione sistematica contro tutti gli altri gruppi filocurdi, sia moderati che estremisti. Fuggito dalla Turchia, egli cominciò ad addestrare i suoi combattenti nel 1972 in piena guerra civile libanese. Nel 1974 egli cominciò una vera e propria campagna di guerriglia nella Turchia sudorientale, la quale alla metà del 1999 causò 31.000 morti (17.878 ribelli, 4.660 civili, 3.835 soldati, 247 poliziotti, 1.218 guardie delle forze di autodifesa contadine).
Aiuti e santuari gli furono forniti da Iran, Iraq, Siria - che avevano interessi a creare problemi alla Turchia - dall'URSS - per ragioni politiche e geopolitiche - e anche dalla Grecia - impegnata in una lunga faida con Ankara sino a tre mesi fa. Ne risultò una organizzazione molto strutturata, con un nucleo duro di 10-15.000 militanti (tra i quali anche alcuni terroristi tedeschi della RAF), capace di controllare effettivamente notevoli porzioni della diaspora curda e dotata di numerose associazioni culturali, un movimento islamista, un parlamento curdo in esilio, alcuni quotidiani, una catena televisiva ed un'ala politica (il HADEP). Mentre all'inizio i costi erano stati sostenuti dall'assistenza straniera, col passare del tempo le estorsioni sistematiche ed il traffico di droga cominciarono gradualmente a rimpinguare le finanze del PKK. (73)
Öcalan, non solo si servì delle pratiche sanguinose terroristiche e soppresse spietatamente in patria e all'estero persino i dissidenti politici (il crimine per il quale i giudici tedeschi lo ricercavano) ma, a differenza di Arafat, Mandela o dell'IRA, egli si servì delle sue postazioni lungo la frontiera turca per facilitare il passaggio di droghe verso i mercati dell'Europa occidentale. Così la guerra condotta nella Turchia sud-orientale non sarebbe logisticamente comprensibile, se non si tenesse presente la dimensione del contrabbando di stupefacenti e le ampie complicità in quel traffico. Questo aspetto costituisce anche la dimensione politica nascosta intorno alla quale si gioca il futuro degli estremisti in entrambi i campi. L'inizio della fine, preparato dalle terribili campagne turche di controguerriglia, cominciò con la cessazione della protezione siriana, un segno ambiguo della residua influenza dello stato come sponsor del terrorismo.
A livello politico, solo l'esito finale del processo di Öcalan ci dirà se c'è stato un accordo segreto tra Apo e i generali turchi a favore di una futura soluzione federalista. Sembra che uno degli obiettivi del capo terrorista curdo sia stato quello di proseguire le aperture politiche del 1993 a favore di un ‘cessate il fuoco' e della ricerca di una qualche soluzione politica, ma resta da vedere se tutti comandanti del PKK osserveranno la tregua o se qualche parte dell'organizzazione si trasformerà in una scheggia impazzita. Un'altra importante variabile è rappresentata dal risultato finale del processo di Imrali: da un lato il PKK, dopo la sua sconfitta come forza convenzionale di guerriglia, potrebbe continuare la sua lotta come movimento di guerriglia urbana, dall'altra, se Öcalan sarà giustiziato la lotta per la sua successione si aprirà, mentre se resterà in vita non si può escludere la trasformazione del PKK in un'organizzazione politica. Nell'ottobre 1999 non ci sono stati significativi soprassalti del PKK, anche se fonti dell'intelligence turca parlavano di continuazione delle attività di addestramento, infiltrazione e crimine organizzato. Sul piano politico, il 2000 ha portato la candidatura ufficiale della Turchia in coincidenza con la sospensione della condanna a morte di Öcalan. (74)
Un'altra figura di terrorista molto interessante e discussa è sicuramente quella di Osama ben Laden. In passato ben Laden aveva attivamente collaborato con la CIA in Afghanistan, ma cambiò idea all'arrivo delle truppe americane in Arabia Saudita, arrivo considerato sacrilego. La sua fortuna di 300 milioni di dollari ha permesso la creazione di diversi campi di addestramento per terroristi in Afghanistan, Pakistan, Yemen e Somalia, con una rete di 3.000-5.000 affiliati, raccolti sotto il nome di Al Qaeda (la Base). Egli è sospettato di aver organizzato l'uccisione di diciotto rangers americani a Mogadiscio, l'attentato dinamitardo a Dahran (25-26 giugno 1996) e di essere coinvolto nei due attentati dinamitardi di Nairobi e di Dar Es-Salaam (7 agosto 1998), anche se, almeno per questi due crimini, le prove contro di lui sembrano abbastanza deboli alla data dell'aprile 1999. Tuttavia, nella seconda metà del 1999 dati giudiziari e d'intelligence hanno rivelato un'estesa rete di ditte, associazioni mondiali caritatevoli e militanti di vario livello che sostengono l'azione di una figura di contropotere carismatica, tra cui il sostegno alle forze di guerriglia nella seconda guerra di Cecenia. (75)
Proprio tale aspetto meno spettacolare, ma non meno importante, della trasformazione del terrorismo, risulta dall'esistenza di varie reti di associazioni private religiose, che sono capaci di supportare reti terroristiche a basso costo, le quali a loro volta possono accettare l'appoggio da parte di uno stato, ma non hanno la necessità di dipenderne. (76) L'indipendenza dai governi è reale, ma non dovrebbe essere esagerata. L'iniziativa privata, nonostante sia riuscita a mettere insieme la maggior parte dei mezzi necessari per una campagna terroristica internazionale, non sembra essere stata capace di condurne una sul modello di quelle degli anni sessanta e settanta. È possibile sostenere la tesi che soltanto il sistematico appoggio offerto dagli stati durante la Guerra Fredda permise di condurre queste campagne. Diverse valutazioni di intelligence nel 1998 indicarono che il gruppo terroristico francese Kelkal era stato indotto ad usare mezzi rudimentali non solo per evitare di essere scoperto da parte degli investigatori, ma anche perché è molto difficile ottenere materiale sofisticato. La stessa cosa sembra accadere persino in Algeria, dove i gruppi del GIA sono costretti a impiantare produzioni rudimentali di armi, anziché affidarsi a efficaci reti logistiche all'estero. Il nome stesso non indica un gruppo rigidamente organizzato, è solo un'etichetta, che copre una nebulosa terroristica, le cui kataeb (compagnie) controllano ciascuna il proprio territorio, gestiscono ciascuna le proprie estorsioni e traffici e si combattono tra loro altrettanto ferocemente come fanno contro le forze del governo.
La geografia del terrorismo nella Regione Mediterranea si può riassumere in questo modo:
- 20 paesi che presentano situazioni di terrorismo interno, endemico o di guerra civile, ispirate da motivazioni nazionalistiche o etniche (Spagna, Israele, Grecia, ex-Jugoslavia, Macedonia (FYROM), Turchia, Iran, Iraq, Russia) o da motivazioni politiche e religiose (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Iran, Iraq, Djibouti, Arabia Saudita, Bahrain);
- 3 paesi colpiti dal terrorismo internazionale (Francia, Arabia Saudita, Yemen);
- 5 paesi indicati come stati che appoggiano il terrorismo internazionale (Libia, Sudan, Siria, Iraq, Iran);
- 11 stati ed un'autorità territoriale che violano seriamente i diritti umani a vari livelli nel corso delle operazioni antiterroristiche (Algeria, Libia, Tunisia, Egitto, Israele,Territori dell'Autorità Palestinese, Arabia Saudita, Iran, Bahrain, Turchia, ex-Juogoslavia). (77)
Se noi ci serviamo della definizione di terrorismo internazionale data prima, la Regione Mediterranea è caratterizzata dall'apparentemente contraddittoria presenza: di un vasto movimento di islamismo estremista, della maggioranza dei paesi designati dagli Stati Uniti come sponsor del terrorismo, da alcuni dei più importanti terroristi e tuttavia essa è anche contraddistinta da un numero bassissimo di vittime, specie se messo a confronto con la quantità di bersagli potenziali nell'intera area e nei paesi rivieraschi dell'Europa occidentale. Infatti, secondo i dati pubblicati dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, il numero delle vittime è stato estremamente basso nel 1998 e, se si applicano i criteri di questa ricerca ai casi di vittime dei paesi mediterranei e degli altri cittadini europei, si riscontra che il fenomeno ha una rilevanza bassissima. Solo 11 persone delle 106 attaccate erano effettivamente vittime del terrorismo internazionale in senso stretto, mentre ulteriori 30 (inclusi 8 dispersi) sono state uccise da terrorismo locale o nel teatro del conflitto o in un paese ad esso adiacente. (78)
Tipo 2 - Implicazioni internazionali
Totale delle persone coinvolte 106
Totale delle persone rapite 82
40 cittadini di paesi mediterranei
33 rilasciati
3 di sorte incerta (80)
1 ferito
3 uccisi
42 cittadini di restanti paesi europei
19 rilasciati
9 liberati dalle forze di sicurezza
5 di sorte incerta
2 feriti
7 uccisi (81)
Tipo 3 - Ripercussioni internazionali
Totale delle persone uccise 12
12 cittadini di paesi mediterranei (82)
Tipo 6 - Terrorismo internazionale
Totale delle persone coinvolte 12
1 cittadino di paese mediterraneo ucciso
11 cittadini dei restanti paesi europei
1 ucciso (83)
10 feriti
Una delle contraddizioni più stridenti è stata la ricorrente notizia di una grande offensiva terroristica irachena, possibilmente con l'aiuto di Abu Nidal o di Osama Ben Laden. È utile ricordare che già prima della Guerra del Golfo fu lanciato l'allarme sulla presunta armata terroristica di Saddam, per poi vedere che non successe nulla. Sicuramente efficaci misure preventive, adottate senza troppa pubblicità hanno avuto il loro effetto, ma anche altri fattori possono avere inciso. (84)
Il primo fattore è l'indebolimento delle correnti estremistiche islamiste, che sfruttano il rinascimento religioso islamico e particolarmente le sue varianti integraliste. L'Arabia Saudita ha promosso almeno sin dal 1980 la sua variante di fondamentalismo wahabbita, esportandola non solo verso l'Afghanistan, ma anche in direzione di Algeria, Tunisia ed altri paesi dove è riuscita ad esercitare la sua influenza. La presenza di soldati infedeli occidentali sul sacro suolo dell'Arabia Saudita, la cui monarchia è legittimata proprio dal suo ruolo di protettrice dei luoghi santi musulmani, ha fortemente indebolito il prestigio dei sauditi. In alcuni casi, a questa circostanza si è sommato il taglio dei fondi verso i gruppi estremistici che avevano sostenuto la causa dell'Iraq nel 1991. Inoltre il movimento islamista conservatore ha fallito perché non è riuscito ad affrontare i bisogni rivoluzionari espressi dalle diverse società. La riforma agraria, per esempio, era completamente e palesemente assente dai loro programmi elettorali, mentre questi movimenti credevano che un Piano Marshall per il Medio Oriente li avrebbe aiutati nel raggiungimento dei loro obiettivi.
D'altro canto le forze secolari hanno cominciato a rompere la loro ambigua relazione con i gruppi islamisti integralisti in una serie di paesi. Infatti questi gruppi erano stati appoggiati per combattere contro altri oppositori politici (in alcuni stati si trattava di forze di sinistra, in altri di gruppi palestinesi). Al tempo stesso l'impetuosa ascesa delle correnti religiose nel dibattito politico ha costretto un numero maggiore di partiti secolari sulla difensiva. Alcuni analisti hanno notato che, a partire da un certo momento storico, due leader del Medio Oriente hanno cominciato ad attirare con forza l'attenzione della comunità internazionale, soprattutto degli Stati Uniti, sui pericoli dell'estremismo islamista. Con la creazione di un nuovo nemico, Hosni Mubarak e Izthak Rabin riuscirono: ad ottenere l'appoggio o la neutralità internazionale, a riacquistare importanza rispetto ai loro oppositori armati (al Jamaa al Islamiyya, Fratelli Mussulmani, Hamas, al Jihad ) e liquidarli senza troppe critiche internazionali. (85)
Il secondo fattore, già menzionato, è la riduzione dell'appoggio che certi stati hanno fornito al terrorismo, rispetto ai giorni della Guerra Fredda. L'effetto di questa riduzione e la paura della diffusione dell'islamismo estremista hanno anche indotto molti stati arabi a sottoscrivere gli stessi principi politici di fondo nella lotta antiterrorista, il che, a sua volta, ha permesso di ottenere una migliore cooperazione internazionale tra i paesi della Regione Mediterranea. (86)
Ed infine non si dovrebbe dimenticare che il terrorismo non è una scelta vincente in molti paesi importanti di tale area. Attraverso mezzi democratici o dispotici, la battaglia contro il terrorismo si sta vincendo lentamente, ma con sicurezza in Algeria, Spagna, Egitto, Turchia, e anche nelle petromonarchie che sembravano molto più fragili sembra che, per ora, il terrorismo sia alla fine un rischio piuttosto limitato. (87)
Parlando del terrorismo internazionale bisogna anche considerare il futuro della sua evoluzione, specialmente in connessione all'uso di armi di distruzione di massa e dell'information warfare. Il dibattito sulla possibilità che un gruppo terrorista impieghi armi biologiche o chimiche ha acquistato maggiore importanza attraverso le ripetute dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Clinton in merito a questo possibile rischio.
Certamente l'attacco chimico a Tokyo, condotto dalla setta Aum Shinrikyo, ha lasciato una profonda impressione nell'animo dei decisori e delle forze di polizia, tanto più che non si dovrebbero trarre conclusioni compiacenti dal fatto che allora quella setta non sia riuscita ad ottenere armi biologiche. Il terrorismo nucleare, specialmente nella sua rozza variante con ordigni atti a disperdere particelle radioattive (RDD-Radiological Dispersion Devices), resta una eventualità realistica, e perciò tutte le misure preventive volte a ridurre i rischi per la popolazione civile sono opportune e dovrebbero essere prese in considerazione anche dai governi europei, senza però esagerare con scenari irrealisticamente apocalittici. (88)
Ciò detto, bisognerebbe riconoscere che la maggioranza dei gruppi terroristici non ha bisogno di affrontare i rischi e le possibili pesanti ritorsioni che si accompagnano all'uso di armi di distruzione di massa, perché mezzi molto più semplici sono sufficienti per raggiungere il loro scopo. Inoltre, solo un numero limitato dei gruppi presenta quel profilo di culture di purificazione mondiale e di isolamento, che può indurre ad usare mezzi estremi, senza tenere in conto alcun fattore politico.
Il cosiddetto cyberterrorismo è già una realtà con la quale la società dell'informazione aperta deve imparare a convivere, anche se nessun attacco di questo tipo, per quanto spettacolare, ha sinora ottenuto effetti paragonabili a quelli di assassinii ed attentati dinamitardi tradizionali, anche gli attacchi contro i computer della NATO durante la guerra nel Kossovo, infatti, non hanno avuto alcun risultato significativo. Maggiore impatto psicologico e commerciale hanno avuto gli attacchi cibernetici negli USA ed in Europa contro alcuni grandi siti commerciali (7-10/2/2000), ma, anche in questo caso, mentre vi è stato un forte impegno dell'FBI, vi sono stati importanti dibattiti sulla sicurezza del commercio elettronico e sulla necessità di maggior cooperazione tra fornitori di servizi, il peso politico di questi attentati, verificatisi nel mese di febbraio, di matrice non ancora chiara, non è paragonabile a quello di un normale attentato. (89)
Tornando ai temi meno esotici, un rischio molto più probabile si profila attraverso i legami tra terrorismo e gruppi criminali. Si tratta di un problema che non è nuovo nella storia, ma il modo in cui questi legami sono attualmente coltivati è differente, come dimostra il caso della Francia. A partire dal 1994 la frontiera tra militanti islamisti e criminali è diventata incerta, a causa della crescente compenetrazione tra i due ambienti. Gli esperti dell'antiterrorismo francese evidenziano le seguenti caratteristiche dei nuovi gruppi emergenti: si saldano attorno ad una figura di "intellettuale" o ad un membro che ha preso parte alla guerra dell'Afghanistan o della Bosnia; sono già composti da persone socialmente emarginate; tendono a creare una sorta di controcultura internazionalista servendosi dell'islamismo come strumento ideologico antisistema; tale islamismo è proposto da alcune moschee, associazioni culturali e da gruppi che operano all'interno delle prigioni. Il processo contro i commandos del GIA, che hanno operato a Lilla, Lione e Parigi, dimostra chiaramente questa tendenza. (90)
La diffusione di metodi terroristici all'interno dei gruppi criminali organizzati è un fenomeno particolarmente noto in Colombia, dove i Cartelli della droga di Cali e Medellin hanno impiegato frequentemente autobombe per condurre attacchi indiscriminati. In Europa il fenomeno è ancora piuttosto limitato: tre attacchi di Cosa Nostra in Italia (1994) ed un attacco del crimine organizzato russo a Mosca (11 novembre 1996), mentre una serie di clamorosi attentati dinamitardi nel 1999, durante la seconda guerra di Cecenia, non sono ancora di chiara matrice. Tuttavia due casi in India ed in Italia hanno mostrato i segni inquietanti del potenziale esplosivo che la manipolazione simultanea di gruppi criminali organizzati e di tecniche terroristiche possono esprimere nello sviluppo del terrorismo endemico. (91)
Per concludere l'analisi dei nuovi rischi nell'area, bisogna ricordarsi del fatto che il caso di Aum Shinrikyo ha anche evidenziato la possibilità che alcune sette rappresentino un rischio per i governi democratici sia con azioni violente (includendo anche i suicidi di massa) o, ancor peggio, con infiltrazioni occulte a livello politico ed economico, con rischi per la destabilizzazione delle fondamenta stesse della democrazia.
I problemi rappresentati da alcuni tipi di sette non risiedono soltanto nei loro ideali antidemocratici e nei mezzi usati da questi gruppi, ma anche nei loro specifici crimini contro la persona umana (lavaggio del cervello, violenza carnale, percosse, estrema pressione fisica e psicologica) e a livello economico (estorsione, evasione fiscale, riciclaggio di denaro, corruzione). Per un'ironia degli eventi, mentre le regioni del Mediterraneo meridionale hanno maggiori problemi con l'estremismo religioso, le regioni del Mediterraneo settentrionale e quelle più ricche hanno maggiori problemi legati alle sette. (92)
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(1) La subregione Europea occidentale comprende: Portogallo, Spagna, Francia, Italia. La subregione Balcani/Mar Nero comprende: Slovenia, Croazia, RFJ, Federazione della Bosnia-Herzegovina, FYROM, Albania, Grecia, Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Russia, Georgia, Turchia, (l'Ungheria funge da ponte verso la Mitteleuropa). La subregione Medio Oriente/Mar Rosso include: Siria, Libano, Giordania, Iraq, Iran, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Yemen, Djibouti, Somalia, Eritrea, Sudan, Egitto, Israele, Territori Palestinesi. La subregione del Maghreb è rappresentata dal classico quartetto: Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, mentre la Mauritania ne fa parte dal punto di vista politico.
(2) Per una rapida rassegna delle differenti teorie ed una buona bibliografia, vedi Paul B. Stares (ed.), The new security agenda, A global Survey, JCIE, Tokyo-New York, 1998. Oltre al capitolo North America (Florini-Simmons), vedi per l'area interessata anche i capitoli FSU (Medvedev), Western Europe (Politi) e Middle East (Shehadi).
(3) Vedi (ed. Trevor N. Dupuy et al.), International Military and Defense Encyclopedia, Brassey's, Washington-New York, 1993; Edward N. Luttwak, Strategy, The logic of war and peace, Belknap Press, Harvard University Press, Cambridge MA, London, 1987, p. 180. Per quel che riguarda l'articolo, vengono usate le definizioni di Henry H. Kissinger (la strategia è la modalità con cui una società si assicura il proprio futuro); di Basil H. Liddell Hart (la grande strategia è l'elemento di guida e di coordinamento di tutte le risorse di una nazione o di un'alleanza per raggiungere gli obiettivi politici stabiliti); di Edward Luttwak (‘la grande strategia è il più alto livello d'interazione tra parti capaci d'impiegare una forza non sottoposta a leggi nei loro reciproci rapporti') e di Helmuth Schmidt (la grande strategia come armonizzazione tra paesi occidentali delle politiche nazionali in materia di economia e sicurezza, dato che nessun paese può ottenere la sicurezza da solo).
(4) Cfr. anche Barry Buzan, Rethinking security after the Cold War, Cooperation and Conflict, Sage Publications, vol. 32 (1), pp. 5-28 per una considerazione analitica della questione.
(5) Per una rassegna delle differenti definizioni cfr.: W. Hagan, Organized crime continuum: a further specification of a new conceptual model, in Criminal Justice Review, 1983, p. 8, laddove egli enumera ben tredici differenti condizioni per l'attività criminosa organizzata, a loro volta definite da quindici autori, giungendo all'individuazione di undici elementi che possono essere inclusi nel concetto di crimine organizzato; Didier Bigo, Pertinence et limites de la notion de crime organisé, in Relations internationales et stratégiques, 20, Hiver 1995, pp. 134-8; Gianluca Fiorentini and Sam Peltzman (eds.), The economics of organized crime (Cambridge: Cambridge University Press, 1995), pp. 1-30; Pierre Tremblay et Maurice Cusson, Marchés criminels transnationaux et analyse stratégique, in Marcel Leclerc (ed.), La criminalité organisée, La Documentation Française, 1996, Paris, pp. 19-42.
(6) Ad Hoc Group on Organised Crime, Report on the situation of organised crime in EU, 1993. Questa definizione ha ormai rimpiazzato gradualmente quella precedente dell'OIPC-Interpol, in uso sin dal 1988.
(7) Per una più approfondita discussione dei rischi transnazionali di sicurezza vedi anche Alessandro Politi, Nouveau risques et sécurité europeénne, Cahier de Chaillot nr. 29, IES-UEO, Octobre 1997, Paris, pp. 4-11. Il paper è anche in versione inglese.
(8) Tuttavia, secondo il ministro della Giustizia Winnie Sordrager, il 50% dell'hashish confiscato nei Paesi Bassi arriva da Francia e Belgio, mentre l'80% dell'eroina ritrovata arriva dalla Germania e dai paesi balcanici. Vedi Associated Press (in seguito AP), Rotterdam, 22/4/1997. Peraltro le autorità olandesi sono premute da più parti per ridurre la massiccia produzione di ecstasy, che sembra essere stata de facto tollerata per un certo periodo; cfr. Marco Evers, Laboranten der Underwelt, in Der Spiegel, 24/1999, 14/6/1999, pp. 212-214. Il BKA (Bundeskriminalamt - Ufficio Federale Criminale) stima che il 90-99% delle pillole di ecstasy confiscate in Germania sono di origine olandese.
(9) Per una succinta rassegna delle definizioni di terrorismo, cfr. Louis René Beres, The meaning of terrorism for the military commander, Comparative Strategy, vol. 14, no. 3, July-September 1995 (Basingstoke: Taylor & Francis, 1995), pp. 287-99; Paul Wilkinson, Terrorist Targets and Tactics: New risks to World Order, in Alison Jamieson (ed.), Terrorism and Drug Trafficking in the 1990s (Aldershot: Dartmouth Publishing Co., 1994), p. 179; Alain Joxe, Un concept fourre-tout: le terrorisme, in Le Monde diplomatique, avril 1996, pp. 6-7; Vittorfranco S. Pisano, Contemporary terrorism and the West, in Occidente, 4/8/1994, p. 28-29.
(10) US Department of State, Patterns of Global Terrorism: 1995, Office of the Coordinator for Counterterrorism, Washington, April 1996 (Ambassador Philip C. Wilcox, Jr., Coordinator for Counterterrorism). La definizione è tratta dal Title 22 of the United States Code, Section 2656f(d) e dal 1983 viene impiegata a fini statistici ed analitici.
(11) Lo US Department of State specifica che il termine ‘non combattente' va interpretato in modo da includere, oltre ai civili, anche i militari che al momento dell'attacco siano disarmati e/o fuori servizio. Vengono considerati atti di terrorismo anche gli attacchi a personale o installazioni militari quando non esiste nel territorio uno stato di guerra.
(12) Vedi L. R. Beres, op. cit. Il principio della giusta causa sostiene che un'insurrezione può esercitare misure di mantenimento della legge nel quadro delle leggi internazionali. Questa tesi è deducibile dall'esistenza di un consolidato regime dei diritti umani nella legislazione internazionale e dalla connessa assenza di un meccanismo centrale per mantenere il rispetto di tale regime. Esso è codificato, tra l'altro, nel Report of the Ad Hoc Committee on International Terrorism, UN GAOR, 29th sess., supp. no. 28, at 1, UN Doc. A/9028 (1973); vedasi inoltre l'Article 7 of the UN General Assembly's 1974 Definition of Aggression. Article 7 si riferisce alla Declaration on Principles of International Law Concerning Friendly Relations and Cooperation Among States del 24 ottobre 1970. Il criterio dei giusti mezzi è stato applicato nella politica internazionale ad attori non-statuali dall'Article 3, il quale è in comune con le quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, e dai due protocolli di dette convenzioni. Il Protocollo I applica la legge umanitaria internazionale a conflitti combattuti in nome dell'autodeterminazione. Preso atto che alcuni conflitti non erano contemplati dal Protocollo, la Diplomatic Conference on the Reaffirmation and Development of International Humanitarian Law Applicable in Armed Conflicts (terminata il 10 giugno 1977), fece in modo che le forze irregolari venissero completamente incluse nel sistema legale. Il Protocollo II riguarda la protezione delle vittime di conflitti armati non-internazionali. In questo modo esso è applicabile nel territorio di uno stato durante un conflitto tra le forze armate di quel paese e forze armate dissidenti.
(13) Anche se per il caso Öcalan è stato piuttosto sconcertante vedere come alcuni politici italiani e tedeschi ignorassero il fatto che il capo del PKK era seriamente coinvolto nel traffico di stupefacenti, una circostanza piuttosto difficile da spiegare alla luce di motivazioni politiche e libertarie.
(14) Un importante precedente è stato stabilito con la tentata indagine dell'ONU sui massacri presumibilmente commessi dal nuovo presidente della Repubblica Democratica del Congo, Laurent Desire Kabila. Sarebbe stato difficile distinguere dove finissero le responsabilità del capo di una guerriglia e dove cominciassero quelle del presidente di una nuova repubblica, ma in ogni caso sarebbe stato legalmente responsabile di quegli atti. Un caso invece concretizzatosi di recente è stata l'incriminazione del Presidente della RFJ, Slobodan Milosevic, da parte del Tribunale Criminale Internazionale per la ex-Jugoslavia (giugno 1999). Parte dell'incriminazione riguarda proprio la responsabilità per l'uso di truppe irregolari, a loro volta resesi responsabili di atrocità.
(15) Cioè quando attaccanti autoctoni attaccano costantemente con diversi mezzi (uccisione, ferimento, rapimento, ecc.) i loro concittadini all'interno dello stesso paese. Le differenti denominazioni riflettono crescenti livelli di violenza. Esempi di terrorismo endemico possono essere visti in Irlanda del Nord o Spagna, mentre in Algeria è in corso una guerra civile, sia pure in forma decrescente, secondo i dati del febbraio 2000.
(16) Cittadini di un altro paese sono presi di mira con i mezzi citati in un'area affetta da terrorismo locale, in genere terrorismo endemico. Per esempio se un cittadino dell'Unione Europea muore in un attentato dinamitardo contro un autobus a Tel Aviv.
(17) Cittadini di un altro paese vengono attaccati in un'area adiacente a quella affetta da terrorismo endemico oppure cittadini di un paese affetto da terrorismo, attaccati in una zona adiacente. Per esempio, guardie di frontiera tunisine attaccate da terroristi algerini oppure cittadini iraniani attaccati in Pachistan.
(18) Appoggio fornito, in diversi modi da attori non-statuali o da governi su base occasionale, a gruppi armati o terroristici o ai loro organi politici palesi, i quali agiscano in un teatro dove è in corso il terrorismo endemico od una guerra civile. Ad esempio, certe reti di associazioni caritatevoli islamiche oppure le azioni di raccolta fondi negli USA a favore dell'IRA.
(19) Appoggio decisivo e/o continuativo da parte di governi a gruppi armati o di terroristi, i quali agiscono nel teatro in cui è in corso il conflitto, come per esempio il sostegno fornito da Siria ed Iran agli Hezb'allah in Libano. Questa categoria include tutte le manipolazioni di gruppi armati o terroristici compiute da servizi d'intelligence. Se un gruppo armato o terrorista ha le basi in un determinato paese, questo fatto va considerato come sponsorizzazione, non come un semplice sostegno.
(20) Esso può ricevere sostegno internazionale o sponsorizzazione statale, includendo nuovamente tutte le manipolazioni citate. Questo terrorismo può essere perpetrato: a sostegno di un conflitto terrorista endemico (per esempio, gli attacchi del PKK in Europa occidentale); a sostegno di una lotta politica più ampia a livello politico, ideologico o religioso (la bomba fatta esplodere il 23 dicembre 1995 nell'ufficio del console onorario del Perù, rivendicata successivamente dalle AIZ, Cellule Anti-Imperialiste - l'organizzazione succeduta alla RAF); oppure in funzione di strumento in un conflitto indiretto tra stati.
(21) In questo articolo le operazioni clandestine hanno un significato molto più ristretto, in quanto normalmente molte delle manipolazioni da parte di agenzie d'intelligence, da noi elencate nelle categorie 5 e 6, ricadono in questo ambito. Operazioni clandestine possono essere le rappresaglie francesi dopo l'attentato dinamitardo contro il proprio contingente a Beirut nel 1986, o gli assassini di dissidenti, sponsorizzati dall'Iran.
(22) Questo sembra essere il caso di numerosi "squadroni della morte" nell'America Latina durante la Guerra Fredda, di una serie di attentati dinamitardi in Italia alla fine degli anni '60 sino alla metà degli anni '70 oppure dei GAL (Gruppi Antiterroristi di Liberazione). Va notato che, anche all'interno di un paese non democratico, la creazione di gruppi terroristici clandestini offusca le responsabilità delle esistenti catene di comando ed il controllo da parte delle varie costellazioni politiche ufficiali, come si può vedere in Algeria con effetti terribili sulla popolazione e sullo stato.
(23) Esempi di terrore di stato si possono riscontrare nei regimi nazista, sovietico, maoista o pinochettista.
(24) Durante il 1991 i casi di morte per overdose di eroina furono 4.843, su un gruppo di appena otto paesi dell'area Schengen. L'aumento medio annuo di morti, anche tenendo conto di fluttuazioni statistiche, è calcolabile in 600-700 morti. Cfr. Marie-Christine Dupuis, Stupéfiants, prix, profits, PUF, Paris, 1996, p. 139. Riguardo agli USA, nel 1995 i morti per overdose erano 8.400 contro 530.000 ricoveri d'urgenza in ospedale dovuti ad assunzione di sostanze stupefacenti; (ed. H. Binnendijk and P. Clawson), Strategic Assessment 1994, Institute for National Strategic Studies, National Defense University, Washington, 1997, pp. 202-203.
(25) Stephen Fidler and Jimmy Burns, Illicit drugs trade is put at $400bn, FT, 26/6/1997, p.4. Secondo il World Bank Atlas 1994, The World Bank 1994, questa stima deve essere messa in relazione ad un fatturato annuo di riciclaggio del denaro di almeno un trilione di dollari.
(26) Vedi Alessandro Politi, Russian organised crime and European security, in European Commission, Reinhardt Rummel and Sabine Weyand (eds.), Illicit trade and organised crime - New threats to economic security?, European Union External Relations (DG-1) - SWP, Luxembourg, 1998, pp. 39-46.
(27) Vedi Bertrand Gallet, La grande criminalité organisée, facteur de déstabilisation mondiale?, in Relations internationales et stratégiques, Grande criminalité organisée: dessous et enjeux, nr. 20, Hiver 1995, pp. 95-98. Il relatore della Loi de programmation militaire 1991-1993 all'Assemblée Nationale francese parlava di ‘zone grigie' definite come ‘régions devenues inaccessibles et hostiles à toute pénétration, où aucun gouvernement n'est en mesure de faire appliquer les règles minimales du droit'. In genere le zone grigie sono luoghi dove è in corso una guerra civile (Afghanistan, le regioni frontaliere di Birmania e Tailandia), dove lo scontro politico armato e la violazione delle leggi sono il mezzo normale per controllare ogni tipo di traffico (Valle della Beqa'a, Cordigliera Andina, la regione cinese dello Xinjang, alcune zone dell'Albania settentrionale e meridionale). Ma la stessa qualifica possono avere zone: dove lo stato nazionale è scomparso (ex-Jugoslavia durante la guerra, Somalia); dove dominano guerriglieri, milizie private e trafficanti di droga (giungle o altro territorio difficilmente accessibile); le periferie senza legge delle megalopoli del terzo mondo e quelle di un buon numero di città del mondo industrializzato. Cfr. Xavier Raufer, The new post-Cold War terrorist threats, in Democracy & Security, Issue 7, May 1996, GIRIS/IGRIS. Un'ulteriore classificazione prevede la distinzione tra: zone grigie, territori caotici e giungle di cemento. Territorio caotici sono quelli lungo le differenti frontiere di antichi imperi ed all'incrocio di diverse culture, abbandonati a se stessi ed alla loro cronica instabilità (Asia Centrale, Caucaso, ex-Jugoslavia). Giungle di cemento si trovano in ogni megalopoli e nelle baraccopoli di esse (Cairo, Istanbul, Karachi, Lagos, Lima, Los Angeles, Rio de Janeiro). Cfr. anche VV AA, CHEAr, GRR nr. 12, Défense et sécurité à l'horizon 2000, Nouveaux défis, nouveaux moyens, Paris, September 1995, pp. 35-27.
(28) Vedi anche VV AA, Transnational Crime: A New Security Threat? in IISS, Strategic Survey 1994/95, Oxford Press, London 1995, pp. 25-33.
(29) James Holden-Rhodes, intervento al seminario ‘New risks and European security', WEU-ISS, 28- 29/11/1997, Paris.
(30) Questo quadro deve tener presente l'ascesa del potere dei gruppi criminali ucraini. Il ministro degli Interni Ladislav Pittner informa che il cosiddetto sindacato criminale ucraino ha superato la cifra di 20.000 membri nel mondo. La sua attività comprende i settori bancario, assicurativo, alcuni grandi opere pubbliche, parti del settore alberghiero e dei casinò all'estero ed alcuni grandi club sportivi stranieri; Slovakia 1 Radio, 7/6/1999. Un ulteriore indicatore della virulenza del fenomeno si può misurare dalle operazioni di polizia che hanno portato, tra l'altro, alla confisca di 728 chili di esplosivo, 907 granate, 21 lanciagranate e 16 mitragliatrici ed alla soluzione di circa 33.000 crimini connessi ad operazioni di droga. Cfr. dichiarazioni del ministro degli Interni, Yuriy Kravchenko, Unian, 16/10.
(31) Secondo stime recenti, la Camorra è composta da 132 famiglie, Cosa Nostra da 130-186 cosche, la 'Ndrangheta da 150 'ndrine, la NSCU da 51 famiglie, i gruppi russi dovrebbero essere circa 12.000, 300 dei quali con una statura internazionale (inclusi quelli georgiani), mentre i grandi clan turco-curdi dovrebbero essere 10-12. Cfr. F. Rizzi, L'oro, ultima frontiera del crimine, Il Messaggero, 24/9/1998. Secondo altre fonti, sono attivi in Russia più di 6.000 gruppi criminali e più di 150 società criminali, mentre in Ucraina sono presenti circa 400 gruppi criminali. Vedi Paul B. Stares, op. cit., Sergei Medvedev, Former Soviet Union, p. 89.
(32) Cfr. BKA sieht mit Unbehagen der Einführung des Euro entgegen, in Frankfurter Allgemeine (further FAZ), 20/11/1998; 700 Flüchtlinge kommen über die Adria nach Italien, FAZ, 28/12/1998; John Mason, Organised crime licks its lips over forgeries, Financial Times (further FT), 9/1/1999; John Mason, Criminals will profit from Euro, FT, 20/1/1999; Mafia prints millions of counterfeit Euros, The Telegraph, 31/1/1999, www.telegraph.co.uk:80/et (31/1/1999); Mafia stava falsificando euro, RAI TV, 26/2/1999. L'ultima notizia si riferisce al primo sequestro da parte della polizia a Palermo di una stamperia completamente attrezzata. L'operazione è stata possibile grazie ad informazioni fornite dal SISDE, il Servizio d'intelligence interno.
(33) Vedi, Mafias y Estados son cómplices, según el Observatorio de la Droga, El Pais (on AFP source), 16/10/1998. Va tenuta presente la possibilità di serie infiltrazioni del crimine organizzato anche nei centri finanziari off-shore già citati. Cfr. IASOC, Criminal Organizations, Organised crime: the international report, Cyprus, (on Reuters source), www.acsp.uic.edu/iasoc/crim_org/vol10_4/art_0g.htm (23/9/1998); Peter Scherer, Russen-Mafia unterstüzt Moskauer Spione, Die Welt, 29/5/1999, www.diewelt.de/990529/0529de32358.htm (stessa data). Questo articolo, che cita fonti del tedesco BfV (Budesamt für Verfassungschutz - Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione), sottolinea il fatto che i Servizi d'intelligence russi, sia civili che militari, si servono di gruppi criminali organizzati per aiuti finanziari e per consegne occulte di armi a paesi in guerra in cambio di protezione dalla polizia, documenti contraffatti e protezione delle rotte di contrabbando.
(34) Cfr. Alessandro Politi, op. cit., pp. 45-46.
(35) Vedi Paul B. Stares, op. cit., Sergei Medvedev, Former Soviet Union, table 1., pp. 84-85; Phil Reeves, Russian spies running protection rackets, The Independent, 18/11/1998; Meurtre à Saint-Petersbourg, Le Monde, 24/11/1998; Massimo Calabresi, The East mafia, Time, 30/11/1998; Alain Lallemand, Mafia russe: l'Europe du crime, Le Point, 19-26/12/1998; Nicolas Bannister, Terror threat to business, The Guardian, 29/12/1998.
(36) Cfr. James Meikle, Buying pirate Cds finances drug traffic, The Guardian, 11/6/1999, www.newsunlimited.co.uk/uk_news/story/0,3606,57325,00.htm (medesima data). Altri paesi mediterranei dove si pratica ampiamente la contraffazione di CD sono Bulgaria, Israele e Ucraina.
(37) Cfr. Itar-Tass 15/10/1999 su dichiarazioni del presidente del Comitato di Stato sulle Dogane, Mikhail Vanin; Itar-Tass, 18/10 /1999 su dichiarazioni del capo del Centro di cooperazione interdipartimentale nella lotta al narcotraffico, Vladimir Ibraghimov.
(38) Vedi AP, 9/2/1999, un dispaccio che menziona un rapporto declassificato CIA al Congresso sulla proliferazione di armi NBC. E' abbastanza interessante notare che l'altro paese citato sia la Cina, un altro importante centro di attività criminali organizzate. Sulla corruzione ed i reati militari economici in Russia, il Ten. Gen. Yuri Demin, Procuratore Capo militare, afferma che dal 1993: il numero degli ufficiali coinvolti è aumentato del 600%, il numero di casi di corruzione individuati è aumentato dell'82%, mentre il numero dei reati militari è aumentato del 7%; cfr. Itar-Tass 7/10/1999.
(39) Cfr. Paul B. Stares, op. cit., Sergei Medvedev, Former Soviet Union, p. 89, in cui si riporta un'audizione dell'ex-direttore della CIA, John Deutsch. Il medesimo alto funzionario stima che la presenza di gruppi organizzati criminali dell'ex-URSS è stata segnalata in circa 30 paesi nel 1994 ed in 50 nel 1996.
(40) Cosa Nostra in Sicilia, nonostante l'energica repressione fascista sotto il prefetto Mori, non fu mai sradicata; la Camorra, dopo la II GM è stata una caratteristica costante dell'hinterland napoletano e della Campania, mentre la 'Ndrangheta è divenuta più visibile negli anni '70. La SCU in Puglia è stata invece un innesto della Camorra su realtà criminali locali assai poco organizzate nella prima metà degli anni '80.
(41) Cfr. KB, Staatsanwalt fordert 15 Jahre Haft für Andreotti, Süddeutsche Zeitung, 9/4/199; Tana de Zulueta, Andreotti's friends or foes, Italy Daily, 12/5/1999.
(42) Cfr. Klaus Bachmann, Dreiländereck im Griff der Mafia, Polens Polizei ermittelt bei sich selbst, Die Presse, 18/5/1999, www.diepresse.at/presse.taf. (stessa data).
(43) Vedi Yves Cornu, Palerme la fréquentable, Le Point, 6/3/1999, pp. 71-74; Rose-Marie Borngässer, Italiens Mafia wäscht täglich 1,8 Milliarden Mark, Die Welt, 30/3/1999, idem/990330/0330vm01.htm; Francis kennedy, Woman Mafia boss arrested, The Independent, 13/4/1999, www.independent.co.uk/stories/B1304914.html; Barry James, Over Sicily, the Mafia casts a grim, persistent shadow, IHT, 13/5/1999, pp. 5. Il riciclaggio di denaro che prima avveniva a Cipro, in Svezia e Svizzera, sembra invece essersi concentrato di più nella Isole Cayman e Bahamas. La Confcommercio ha dichiarato il 27/3/1999 che per il 1995 il riciclaggio all'interno dell'UE era stimato a 200 miliardi di Euro, con l'Italia che da sola rappresenta una quota di 50 miliardi di Euro.(44) Vedi Richard Heuzé, La dérive terroriste a Naples, Le Figaro, 5/10/1998. Ciò spiega a sua volta perché nel 1998 sono stati commessi circa 400 omicidi a Napoli, mentre a Palermo si sono contati solo cinque morti (cfr. Cornu, nota precedente e AFP, nota 45).
(45) Alessandra Sgarella è un'imprenditrice milanese, la cui prigionia, durata 200 giorni, terminò nel 1998. Non è ancora chiaro se il riscatto di più di 2 milioni di Euro ($2,4 million) sia stato pagato o no. Vedi anche AFP, Razzia gegen Mafiosi in Hessen und Bayern, Süddeutsche Zeitung, 27/5/1999.
(46) Per esempio, le forze dell'ordine, nonostante ripetuti arresti, stanno ancora lottando contro la potente narcomafia di Cerignola (Puglia settentrionale). Il suo potere era tale da poter vietare lo spaccio di droga nella città, permettendolo invece nei villaggi vicini. La Nuova SCU ha ricevuto un forte impulso dal contrabbando di tabacchi dal Montenegro, mettendosi in proprio e ad un livello pari delle organizzazioni balcaniche. I profitti sono del 200%, con uno sconto sui tabacchi legali del 55-44% con mercati in Italia, Spagna e UK. Cfr. Crisis caused by Adriatic smugglers, immigrants to hit EU agenda, AFP, 14/10/1999.
(47) Vedi Dominique Dunglas, Italie, les negriers de l'Adriatique, Le Point, 14/12/1998; Alberto Berticelli & Marco Dal Flor, Ancora sangue a Milano, altri due morti, Il Corriere della Sera (in seguito Corsera), 10/1/1999; Rose-Marie Borngässer, Albaner haben die Mafia längst verdrängt, Die Welt, 11/1/1999; Richard Owen, Immigrants take blame for crime wave in Milan, The Times, 12/1/1999; Kerstin Becker, Gangster führen einen Seekrieg in der Adria, Die Welt, 12/1/1999; Paul Betts, Murder now the fashion in Italy's fashion capital, FT, 12/1/1999; Hans-Jürgen Schlamp, Operation Schwarzer Mann, Der Spiegel, 4/1999, 25/1/1999; Eva M. Kallinger, Konkurrenz für die Mafia, 4/1999, Focus, 25/1/1999; Peter Münch, Unglücke ohne Zeugen, Süddeutsche Zeitung, 15/1/1999.
(48) Per quello che concerne il traffico di schiavi, vedi Adam Sage, British lorries used to smuggle refugees, The Sunday Times, 2/4/1999, www.sunday- times.co.uk:80/news/pa...tim.99/04/02/tmfgnkos01007.html?2051816 (same date); Stefan Wagstyl, Immigrant smugglers cash in on turmoil, FT, 17/4/1999; Julia Ferguson, For smugglers, refugees are preferred clients, Italy Daily, 27/4/1999; Richard Heuzé, Les nouveaux damnés de la mer, Le Figaro, 17/5/1999; Carol J. Williams, Desperate Kosovo refugees are preyed on by smugglers - and worse, IHT, 25/5/1999; Patrick Saint-Paul, Le traficks se multiplient, Le Figaro, 26/5/1999, p. 1; Isabelle Lasserre, Le sale travail des "rabatteurs", Le Figaro, 26/5/1999, p. 1.
(49) Riguardo al traffico di armi e droga, cfr. Roger Boyes and Drake Wright, Drug money linked to the Kosovo rebels, The Times, 24/3/1999; Gordon Thomas, Israels Geheimdienst warnt vor Bedrohung durch UCK, Die Welt, 10/6/1999.
(50) Nicole Pope, La multiplication des scandales politico-mafieux menace le Premier Ministre turc, Le Monde, 12/11/1998; Marc Semo, Le pouvoir turc gangrené par la mafia, Libération, 19/11/1998; BC, Ministerpräsident Yilmaz durch Misßtrauensvotum gestürzt, FAZ, 26/11/1998; Wolfgang Koydl, Der Mann der Zuviel wußte, Süddeutsche Zeitung, 17/12/1998. Per l'affaire Telekulak si vedano i tre articoli nel periodo 8-9-11/6/1999, pubblicati dalla Süddeutsche Zeitung a firma di Wolfgang Kodyl and KY; TDN, 18/5/1999.
(51) Vedi Alexandra de Montbrial, L'empire des mafias, Le Nouvel Observateur, 11/11/1998; Jason Bennetto, Gangs smuggle 4.000 migrants in a month to UK, The Independent, 29/12/1998; MWE, Die Meisten Opfer kommen aus Polen, FAZ, 8/1/1999, Die Welt, 1/3/1999 www.welt.de/daten/1999/03/01/0301vm61980.htx, su fonti BKA.
(52) Una delle loro specializzazioni è il traffico di connazionali cinesi in schiavitù verso la Germania, usata come principale ingresso, seguendo una rotta via Mosca, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l'Ungheria, la Polonia, la Slovenia, la Bulgaria e la Romania. Il 1999 ha portato novità nel campo dello sviluppo del traffico di eroina da parte della triade K 14 a Parigi, cfr. Pierre-Antoine Souchard, le trafic d'heroïne de la triade chinoise K 14, Le Figaro, 30/3/1999.
(53) Vedasi Camera dei Deputati, Rapporto sulla criminalità organizzata (anno 1996), presentato dal Ministro dell'Interno (Napolitano), Atti Parlamentari XIII Legislatura, doc. XXXVIII-bis, n. 2, Stab. Tipografici Carlo Colombo, Roma, 1/9/1997, pp. 375-440.
(54) Cfr. Shrinking Crops and Multiplying Networks, La Dépêche Internationale des Drogues, n° 46, August 1995, (www.ogd@ogd.org, 22/2/1999). Non è dato sapere se Rifa'at el Assad fosse anche coinvolto in questi traffici, ma è accertato che possedesse aree ed installazioni portuali illegali a Latakia, ora fatte demolire dal presidente Hafez el Assad, cfr. Syrian government cracks down on illegal activities, Arabic News, 21/10/1999.
(55) Cfr. Alison Jamieson, Background and characteristics of the world illicit drug traffic, Alison Jamieson (ed.), Terrorism and Drug Trafficking in the 1990s (Aldershot: Dartmouth Publishing Co., 1994), pp. 69-109; Vladimiro Odinzov, Droga e prostituzione nel dopoguerra bosniaco, in La Repubblica, 29/1/1996, p. 10; Alessandro Politi, op. cit., p. 22; Nicololas Mikletic, Trafics et crimes dans les Balkans, PUF, Paris, 1998; Camera dei Deputati, op. cit., p. 436; La drogue detournée vers la Hongrie, Liberation, 25/5/1999 www.liberation.fr/quotidien/semaine/990525marg.html; Die Welt, 1/3/1999 www.welt.de/daten/1999/03/01/0301vm61980.htx, su fonti BKA.
(56) La UN International Police Task Force (IPTF) ha il compito di assistere le forze dell'ordine locali nella lotta al crimine, ma non ha poteri di PG, con evidenti conseguenze. Il Customs and Fiscal Assistance Office (CAFAO), sponsorizzato dall'UE, è riuscito a far partire una cooperazione tra la Republika Srpska e la Federazione Croato-Mussulmana allo scopo di fermare il contrabbando organizzato dalle mafie locali, le quali sfruttano le scappatoie legali che sussistono tra le legislazioni delle due entità bosniache. Non si sa quanto la cooperazione resisterà alle pressioni politiche, ma le recenti operazioni anticrimine SFOR ed il cambio di regime in Croazia possono essere fattori positivi. Cfr. Kevin Done, Former Bosnian foes unite to crack down on customs fraud, FT, 15/10/1998.
(57) Secondo i teorici del mission creep, le forze armate non potevano e non dovevano svolgere compiti di polizia e di ordine pubblico perché non addestrate, perché questo compito sottraeva capacità di combattimento e perché non era democraticamente appropriato. E' concezione da Guerra Fredda, pur rimanendo rispettabile il principio politico e democratico della divisione dei compiti tra forze armate e forze di polizia. La tradizione militare vede queste forze da sempre impiegate in compiti di grande polizia, quando quella ordinaria non è in grado di operare. Alcuni esempi passati e recenti: la lotta alla pirateria, quella al brigantaggio, quella contro il terrorismo alto-atesino, l'EVIS, le BR e l'IRA. La cosa importante è che la minaccia sia affrontata con regole politiche, legali ed operative appropriate, poiché è chiaro che se lo stato perde il controllo di un territorio, qualcun altro lo conquisterà.
(58) NATO Raids Bosnia Gangs, NYT, 16/10/1999; Paul Taylor, Croatian security services exposed in Bosnia raid, Reuters, 10/11/1999; News Release, Information seized in Mostar operation confirms Anti-Dayton activities, NATO-SFOR, 17/12/1999. Tra le attività d'interesse, oltre a quelle più specificamente d'intelligence, si annoverano: contraffazione di carte di credito e debito, riciclaggio, vendita organizzata di pornografia, manipolazione dell'associazione ‘formalmente' di veterani e di invalidi di guerra HVIDRA a scopi di banda armata, ligia al HDZ ed impiegabile in attacchi a profughi di ritorno.
(59) La dimostrazione di come sia difficile la situazione è convincentemente fornita dallo scandalo della missione Arcobaleno, scoppiato in tutta la sua forza nel gennaio 2000. Arcobaleno è stata la missione di aiuti umanitari lanciata alla fine del marzo 1999, subito dopo l'inizio del conflitto del Kosovo, ed il suo scopo era di aiutare i profughi kosovari in Albania, sia per evitare ulteriori arrivi illegali in Italia, sia per sostenere nell'emergenza la fragile struttura socio-economica albanese. Rispetto alle esitazioni della NATO, che solo in un secondo momento e su pressione italiana, si è resa conto dell'importanza strategica del problema dei profughi in quel paese, la missione Arcobaleno è stata di comprovata utilità, ma, oltre alle possibili malversazioni da dimostrare in sede giudiziaria, ha messo in luce un contesto operativo umanitario che doveva fare continuamente i conti con un contesto di alta mafiosità, non dissimile, se non più grave, rispetto a quello, per esempio, siciliano.
(60) Vedi Christophe Cornevin, Réfugiées et prostituées, Le Figaro, 2/3/1999; En albanie, la mafia fait main basse sur l'aide étrangère, Liberation, 19/4/1999, idem/990419lunc.html (stessa data); Au Monénégro, les trafiquants se préparent, Liberation, 27/4/1999, idem/990427marg.html (stessa data); Gerold Büchner, Albanische Mafiosi - "gefährlicher als der Krieg", Süddeutsche Zeitung, 29/4/1999; Christophe Châtelot, Les "scafistes" d'Albanie contrôlent le "trafic de marchandise humaine", Le Monde, 12/6/1999. Il Montenegro rischia sempre più di svilupparsi come un'entità fortemente infiltrata da mafie. L'ammontare del contrabbando di tabacchi è stimato dai funzionari locali a $40 milioni annui (Lit. 80 miliardi), su un totale di $100 milioni di denaro fuori dai circuiti bancari e di $750 milioni al massimo di PIL stimato. Cfr. Steven Erlanger, Montenegrins See Split With Serbia, NYT, 18/10/1999; A Month of Parallel Currency in Montenegro, AIM, 7/12.
(61) Andrew Jack, When nationalist struggles give way to banditry, in Weekend FT, 10-11/8/1996, pp. I-II e VV AA, Les dossiers du Canard enchaîné, La Corse démasquée, nr. 60, Juillet 1995, Paris.
(62) Un rapporto governativo all'Assemblea Nazionale francese ha pubblicato la conclusione che, p.e. la zona franca creata dal precedente governo Juppé non ha avuto alcun effetto al fine di stimolare la crescita economica o di attirare nuove imprese dal continente, cfr. La zone franche de Corse a surtout alimenté la trésorerie des entreprises, Le Monde, 10/6/1999.
(63) Pascal Istorza & Dominique Versini, La Cuncolta perd son leader, Le Point, 6/10/1998; Franck Johannes, Perquisitions autour de la Cuncolta, Libération, 14/10/1998; Jacques Follorou, Le juge Bruguière a établi un lien entre un nationaliste corse et un ancien policier, Le Monde, 29-10-1998; Santoni, Libéré, un desaveu de la méthode Bruguière, Libération, 11-11-1998: Pascal Ceaux, La police judiciaire supçonne Mathieu Filidori, Le Monde, 15/1/1999; Jacques Folloroux, Rivalités et conflits ont retardé l'enquête sur l'assassinat de M. Erignac, Le Monde, 15/1/1999; Paul Silvani, M. Chevènement reprend sa croisade en faveur de l'instauration de l'Etat de droit en Corse, Le Monde, 18/1/1999; Corse: Bruguière tente la piste intello, Libération, 20/11/1998.
(64) Cfr. Pierre Leoni, Corse: la fin de la trêve, Le Figaro, 23/3/1999; Michel Codaccioni, Le FNLC-canal historique revedique onze attentats en Corse, Le Monde, 15/4/1999; D.R., Nationalistes et élus corses relancent le débat sur l'autonomie, Le Monde, 12/5/1999; Corse: la gendarmerie sur le gril, Libération, 27/4/1999, idem/990427mars.html (same date); Deux rapports critiquent les relations entre M. Bonnet et la gendarmerie, Le Monde, 10/5/1999; David Dufresne and Franck Johannes, La solitude du préfet Bonnet, Libération, 8/5/1999, idem/990508.html (same date); Jacques Follorou, Corse: au coeur du mystère Bonnet, 11/5/1999, p. 1; L.C., F.L. and J.-M. P. L'homme qui a traqué les assassins du préfet Erignac, L'Express, 27/5/1999; François Caviglioli, Corse, les secrets d'une enquête high-tech, Le Nouvel Observateur, 28/5/1999; Désormais, le chef incontesté du commando est Alain Ferrandi, Le Monde, 28/5/1999; Franck Johannes, Corse: le hors-piste agricole de Mario, Libération, 10/6/1999, idem/990610jeus.html
(stessa data).
(65) J.-A. R., Des pratiques de blanchiment, Le Figaro, 3/6/1999.
(66) Vedi J.Y., Más de 60 detenidos en la desarticulación de una red de narcotraficantes, El Pais, 29/10/1998; Jose Diaz de Tuesta, España se situa come terce pais de Europa en pirateria informatica, El Pais, 4/11/1998; Juan Arias & Jesus Duva, Mafias españoles y rusas controla el trafico de prostitutas brasileñas, segun un informe, El Pais, 10/11/1998; Le boom de la contrabande de cigarettes en Europe, Libération, 29/12/1998; J.A. Rodriguez/S.F. Fuertes, Interceptada e Colomba una carga química para elaborar 60.000 kilos de cocaína, El Pais, 16/4/1999, www.elpais.es/p/d/19990416/espana/cocaina.htm (same date); Jesús Duva, Una red introducía a través de Cuta y Melilla mujeres nigeriana para prostituirlas, El Pais, 16/4/1999, idem/19990420/espana/ceuta.htm (same date); P.O., Un nuevo hallazgo eleva a 442 los kilos de heroína incautados a la banda de ‘El Francés', El Pais, 16/4/1999, idem/19990429/espana/droga.htm (stessa data).
(67) Vedi UNDCP, Information Sheet nr. 2, www.undcp.org/undcp/gass/info2.htm (23/9/1998).
(68) Con il contributo del Pakistan e, ad un livello più basso, dei vicini paesi dell'Asia Centrale: Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakihstan, Kyrgyzstan, Tadjikistan.
(69) Rispettivamente Afghanistan, Iran, Pakistan e Birmania, Laos, Tailandia.
(70) Vedi Europe's smuggled masses, The Economist, 22/2/1999.
(71) Non bisogna però dimenticare che la droga khat viene largamente usata in zone della Penisola Arabica e del Mar Rosso. Una variante sintetica (Methcathinone), conosciuta nello spaccio come ‘Cat', ha cominciato ad essere prodotta. Sino al 1997, il khat non era una sostanza sottoposta a controllo internazionale, nonostante la DEA abbia scelto di elencarla tra le sostanze proibite, seppure non sempre in modo coerente.
(72) Cfr. Alain Labrousse et Michel Koutouzis, Géopolitique et Géostratégies des Drogues, Economica, 1996 Paris, pp. 28-30.
(73) Vedasi Felix Kurz & Georg Mascolo, Besonders mutige Kämpfer, Der Spiegel, 9/11/1998; Portrait: world's most wanted, The Guardian, 25/11/1998; Von der alten PKK is wenig übriggeblieben, FAZ, 27/11/1998; Marie Jego, L'implacable ascension du Parti des travailleurs du Kurdistan, Le Monde, 4/12/1998; Nemo Aziz, Öcalan ist die Antwort auf die türkische Kurdenpolitik, FAZ, 29/12/1998; Hans Leyendecker, Mord auf persönliche Anweisung, Süddeutsche Zeitung, 18/1/1999. Fonti della Cancelleria tedesca, tuttavia, affermano che il PKK non è direttamente coinvolto nel traffico di droga, ma preleva i profitti dai connazionali che partecipano al traffico attraverso una "tassa rivoluzionaria". (Intervista in background con l'autore, L'Aja, 10/3/1999).
(74) Evangelos Antonaros, Nicht alle PKK-Kader schwören der Gewalt ab, Die Welt, 10/11/1998; See Marie Jego, Abdullah Öcalan aurait récemment négocié "une solution politique" avec les généraux turcs, 10/12/1998; Michael Evans, Britain fears new terrorist attacks, The Times, 17/2/1999; Caroline Emcke, Annette Grossbongart, Udo Ludwig, Georg Mascolo, Blutrache für Apo, Der Spiegel, 8/9, 22/2/1999; Ley, Deutschland droht neuer Terror durch PKK, Süddeutsche Zeitung, 22/2/1999; Paul Limbach and Jürgen Marks, Die PKK wird zur Stadtguerilla, Focus, 12/1999, 22/3/1999; Hans Leyendecker, Nach dem Prozeß wird nichts so sein wie vorher, Süddeutsche Zeitung, 11/6/1999; Military Training Is Continuing In Camps In Iraq, Iran, Armenia And Greece, Anadolu, 7/10/1999.
(75) Vedi Magdi Allam, Il miliardario di Allah e l'esercito del terrorismo, La Repubblica, 27/6/1996, p. 4, e Guido Olimpio, L'impazienza di Sonny e la tela di ragno, Corsera, 6/8/1996, p. 7; James Walsh, Osama ben Laden, Time, 22/12/1998; Tim Weiner, US case against bin Laden in embassies blasts seems to rest on ideas, NYT, 13/4/1999. Per quello che riguarda le finanze di ben Laden, fonti più recenti indicano che solo una parte dei famosi $300-250 milioni siano effettivamente in suo controllo. Tuttavia a favore dei mujahedeen ceceni, da parte sua e di altri ricchi sostenitori, sarebbero arrivati un totale di $55 milioni, cfr Chechnya's Criminal Faces, Itar-Tass, 1/10/1999 e What Bin Laden Did on His Summer Vacation, Time, 1-6/12/1999.
(76) Aaron Karp, The demise of the Middle East arms race, in The Washington Quarterly, vol. 18, nr. 4, Autumn 1995, CSIS, Washington, 1995.
(77) Amnesty International Report 1998.
(78) US Department of State, Patterns of Global Terrorism: 1998, Office of the Coordinator for Counterterrorism, Washington, April 1999.
(79) US DoS, op. cit., dati rielaborati dall'Autore.
(80) Per una uccisione le motivazioni politiche sono dubbie, ed è più probabile l'ipotesi di un movente di crimine comune.
(81) Nuovamente, per una uccisione le motivazioni politiche sono dubbie.
(82) Dieci dei quali marocchini e due iraniani.
(83) è un caso dubbio poiché il governo ugandese ritiene che i responsabili siano i locali guerriglieri dell'ADF (Allied Democratic Forces).
(84) Si veda Saddam + Ben Laden?, Newsweek, 5/1/199; James Risen, Master terrorist is believed to be in Iraq, IHT, 28/1/1999; Gerold Büchner, Groß-vater des Krieges, Süddeutsche Zeitung, 29/1/1999; Vernon Loeb, Has the US blunted bin Laden?, Washington Post, 17/2/1999; Bin Laden was stopped seven times, USA Today, 24/2/1999.
(85) Bisogna però anche valutare il fatto che i bombardamenti statunitensi contro Osama Ben Laden hanno avuto effetti politici del tutto negativi: il prestigio di Ben Laden, già molto alto per la sua aspra critica alla corruzione tra i governi arabi, è stato ulteriormente accresciuto nel mondo arabo ed islamico. Cfr. Tim Weiner, In Islamic world Bin Laden's esteem rises, The NY Times, 8/2/1999.
(86) è vero che i paesi arabi mantengono l'eccezione che la lotta di liberazione dei palestinesi contro l'occupazione israeliana non può essere definita terrorismo, ma non si può tralasciare la possibilità che, a tempo debito, il criterio dei giusti fini/giusti mezzi possa, e debba essere applicato ad entrambi i contendenti di quella terra. Alcuni passi, come la messa in discussione di alcune tecniche d'interrogatorio "forti" da parte della Corte Suprema israeliana oppure la sostanziale limitazione degli attacchi ad obiettivi civili da parte degli Hezb'Allah in Libano, possono essere ritenuti incoraggianti.
(87) Secondo alcuni analisti, Hamas è attualmente una forza irrilevante e la brigata Izzeddin al Qassem dovrebbe avere una forza di circa sei persone. Cfr. anche Christophe Ayad, Un an après Louxor, le chaos islamiste, Libération, 17/11/1998; Christophe Ayad, Yémen: assaut contre le Jihad, Libération, 30/12/1998; Patrick Cockburn and Gary Finn, Yemen seeks extradition of militant London imam, The Independent, 26/1/1999; José Garçon, Algerie: l'adieu aux armes de l'AIS, Libération, 7/6/1999, idem/990607/lunh.html (same day). L. Gomez & L. Galan, HB reclama en Roma y Londres una negociacion politica con ETA, El Pais, 11/11/1998; Luis. R. Aizpeolea, Aznar admitio que el comunicado de ETA "abre la esperanza de una paz definitiva", El Pais, 23/12/1998; Grâce pour les islamistes en Egypte, Libération, 27/4/1999; Jesús Duva, ETA debate un documento sobre una eventual tregua "permanente" para después del J-13, El Pais, 12/5/1999; L.R.A., Aznar reconoce que el Gobierno se reunió con la dirección de ETA a mediados de mayo, El Pais, 8/6/1999. Andrebbe ricordato che tutte le petromonarchie del Golfo erano considerate molto vulnerabili alla sovversione sciita, ma che in effetti sin dal 1980 non si è più verificata alcun'altra rivoluzione sul modello iraniano. Cfr. anche Islamism: Spirit of resistance, FT, 17/9/1999.
(88) Cfr. Alessandro Politi, Terrorism, domestic and international ramification: a European perspective, ed anche Richard A. Falkenrath, Nuclear, biological and chemical terrorism: understanding the threat, both in James Brown (ed.), New horizons and new strategies in arms control, Sandia National Laboratories, Albuquerque, 1999, pp. 257-258 and 193-243 rispettivamente; James L. Ford, Radiological Dispersal Devices, Strategic Forum, INSS, nr. 136, March 1998; C.D., La diplomatie obscure des cyberterroristes, Le Figaro, 14/1/1999; Judith Miller & William J. Broad, Clinton describes terrorism threat for 21st century, The NY Times, 22/1/1999; AP, Doctors may be key to bioterrorism; The NY Times, 17/2/1999; Daniel S. Greeberg, Bioterrorism panic rises, but is it truly justified?, IHT, 20/3/1999; Jonathan B. Tucker, Bioterrorism Is the Least of Our Worries, NYT, 16/10/1999.
(89) Nel medesimo periodo si sono verificati alcuni poco pubblicizzati attacchi propagandistici a server di pubblica informazione della NATO, ma con una chiara matrice politica islamista.
(90) Hervé Gattegno and Erich Inciyan, Depuis 1994, la frontière entre militants islamistes et délinquants est devenue incertaine et perméable, in Le Monde, 4/4/1996, p. 11; Acacio Pereira, Le réseau islamiste responsable des attentats de 1995 est jugé à Paris, e, Les trois principaux prévenus du procès, Le Monde, 1/6/1999, p. 1. Il gruppo Shalabi, smantellato nel 1994, mescolava strettamente crimine organizzato, traffico di droga ed islamismo.
(91) Nel primo caso (12/3/1993) Bombay lamentò 320 morti e più di 1.200 feriti a causa di un attacco dinamitardo concentrato, condotto da un gruppo mafioso indiano, presuntamente ingaggiato dai servizi segreti pachistani; vedi CHEAr, op. cit., p. 36-37. Nel secondo un'agenzia criminale multiservizi pare sia stata coinvolta in una serie di attentati terroristici anche se l'allora Vice Capo della Polizia, Gianni De Gennaro, escludeva il collegamento; cfr. Giuseppe D'Avanzo, Nicoletti e i ‘ragazzi' della Magliana, in La Repubblica, 30/5/1996, p. 17.
(92) Vedi Pablo Ordaz, Mas de 100.000 españoles viven atrapados en las redes de 200 sectas destructivas, El Pais, 11/11/1998; Ross Dunn, Millennium suicide sect found in Israel, The Times, 24/11/1998; Ph. Br. & E. In., L'Eglise de scientologie reste sous la menace d'un nouveau procès, e, Un service de reinseignement organisè de façon quasi militaire, Le Monde, 16/12/1998; Nikolaus Nowak, Spanien is beunruigt über den Vormarsch der Sekten, Die Welt, 19/1/1999.
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