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Per Aspera ad Veritatem N.17 maggio-agosto 2000
Numero speciale
dedicato all'Unità d'Italia
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Riciclaggio ed usura - con interventi di: Francesco CERRETA, Pier Luigi DELL'OSSO, Francesco Saverio POLELLA, Renato RIGHETTI
In quale modo il riciclaggio si collega alla criminalità organizzata e qual è, secondo la vostra esperienza, la portata del fenomeno?

Cerreta - La lotta al crimine organizzato tende, ormai da tempo, a focalizzare la sua attenzione sul contesto economico, in cui la variabile più interessante è data dal profitto. Il fenomeno della criminalità organizzata è infatti connotato da una complessità del tutto peculiare ed è intrinsecamente correlato alla realtà economica.
Come hanno evidenziato numerose attività investigative, infatti, gli ingenti profitti derivanti dalle attività illecite vengono investiti in attività legali connotate da caratteristiche di elevata remuneratività ovvero in attività che consentono l'acquisizione del controllo di interi settori economici.

Dell'Osso - È noto, in tema di criminalità organizzata, che la finalità essenziale, esclusiva, assorbente dei relativi delitti è quella di conseguire il massimo profitto, l'illecito arricchimento. In proposito, l'esperienza insegna che - a tutte le latitudini, in qualunque epoca storica ed in ogni forma di ordinamento - il massimo profitto si consegue quando si riesce a privare, a depurare del marchio di origine criminale le ricchezze illecite. In sostanza l'illecito arricchimento raggiunge il suo culmine quando diventa fruibile a tutti gli effetti, quando il crimine organizzato riesce a trasformare i proventi ricavati dalle sue illecite attività - racket delle estorsioni, sequestro di persona a scopo di estorsione, traffico di droga, di armi e quant'altro - in beni privi del marchio di origine criminale o, meglio ancora, quando riesce ad infrangere la barriera dell'economia legale; quando, in ultima analisi, l'economia criminale si fonde e si confonde con l'economia legale.

Righetti - È sicuramente complicato riuscire ad individuare quello che è lo spessore, soprattutto il volume, oltre che le vie di accesso e poi le successive movimentazioni, del cosiddetto "denaro sporco" nei circuiti finanziari. Si tratta comunque di un fenomeno che - secondo le parole usate da Frattini nel corso di una Conferenza a Londra - assume un rilievo preoccupante sotto il profilo della dimensione. Adesso si parla di cifre percentuali, perché si sono avuti degli studi in merito in seno ad Organismi internazionali, tuttavia è molto difficile arrivare ad una stima precisa dei flussi di denaro riciclati. Infatti, mentre è innegabile che si tratti di un fenomeno di vastissime proporzioni, d'altra parte francamente non riesco a capire come si possa quantificare - non dico con esattezza ma anche solo a livello estimativo - di quante centinaia di miliardi all'anno si tratti. Anche perché, quando si parla di stime, in fondo si parte sempre dalla droga sequestrata; ogni volta che viene diffusa una cifra se si va ad approfondire si nota che si tratta di un moltiplicatore applicato ai sequestri di droga.


Qual è l'impatto che un fenomeno di portata così vasta può avere a livello sociale ed economico?

Righetti - Evidentemente l'aggressione alla struttura economico-finanziaria di un Paese rappresenta una minaccia che può addirittura rendere instabile la democrazia e può veramente rappresentare un'arma destabilizzante in mano ad un potenziale nemico. Certo qui parliamo di potenziali nemici ed al momento non sono in grado di dire se queste minacce possano concretizzarsi.

Dell'Osso - Sviluppando il tema, mi preme segnalare all'attenzione un punto, che ritengo fondamentale. Il fenomeno del riciclaggio pone seriamente in pericolo la stabilità dell'ordine economico, che viene in qualche modo minato, proprio per l'immissione sul mercato, nei circuiti finanziari, di flussi enormi di denaro, che non obbediscono alle regole di mercato se non in maniera estremamente approssimativa e solo, per così dire, in seconda, in terza o quarta battuta.
In effetti, nel momento in cui tali flussi di denaro vengono immessi sul mercato, si hanno di mira altri fini che non quelli di un investimento corretto ed in sintonia con l'ordine economico: si ha, in particolare, di mira la conversione dei proventi criminali in beni ed attività economiche ripuliti della loro origine delittuosa, il che rappresenta precisamente l'obiettivo l'in sé del riciclaggio. Si capisce allora come si operi al di fuori delle regole del libero mercato, della concorrenza, del corretto rapporto costi/benefici, ossia al di fuori del rispetto dell'ordine economico; e come divenga altissimo il rischio di profondo inquinamento, se non di implosione, di tale ordine economico.


Quale influsso avrà sulla circolazione di denaro sporco l'entrata in vigore della Moneta Unica Europea?

Dell'Osso - Il momento - in effetti si tratta di più momenti - di passaggio dalle valute nazionali alla divisa unica europea indubbiamente porterà cospicui cambiamenti, con tutti i rischi connessi a tale passaggio, che rappresenta una sorta di svolta epocale: un tema sul quale si registrano diverse scuole di pensiero, più o meno preoccupate. Mi pare comunque innegabile che occorrerà che tutti i soggetti impegnati sul fronte dell'intelligence finanziaria in funzione antiriciclaggio, abbiano piena ed adeguata contezza dei pericoli connessi all'evento, dei rischi e delle implicazioni legati a questo mutamento storico nella circolazione monetaria europea. Ed indubbiamente, nel momento in cui ci sarà l'esigenza di trasformare e convertire in moneta unica le monete nazionali, si apriranno, per ciò stesso, degli spazi particolari per coloro che riciclano e che, quindi, convertono, sostituiscono; si delineeranno, cioè, delle possibilità, delle opportunità particolari, se non delle potenziali zone franche, che sarà bene fare oggetto di profonda attenzione, di adeguato monitoraggio da parte di chi opera sul fronte antiriciclaggio.


Quali sono i principali canali che utilizza la criminalità organizzata per "lavare" il denaro sporco?

Cerreta - L'attività finalizzata al riciclaggio dei capitali può assumere forme e metodi diversi ed i casi sinora individuati hanno evidenziato il ricorso a tecniche invero raffinate e sempre più sofisticate anche mediante l'utilizzo di strumenti finanziari complessi.
Sicuramente una parte della liquidità rientra nel circuito illegale per sostenere l'operatività delle organizzazioni nelle medesime attività illecite con le quali sono state prodotte.
La parte più consistente, invece, viene immessa nei circuiti dell'economia legale, attraverso la realizzazione di investimenti nel settore immobiliare oppure mediante l'acquisizione di attività commerciali; anche le attività del settore finanziario e creditizio sono spesso oggetto di operazioni finalizzate al riciclaggio che, generalmente, viene realizzato da organizzazioni esterne ed estranee al delitto principale.
Si è riscontrato, ad esempio, che spesso le organizzazioni, attraverso la costituzione di società di comodo, operano attestando i capitali illeciti in Paesi di transito, utilizzando, poi, tali società per effettuare fittizie "triangolazioni" di merci o di denaro, talvolta anche con passaggi successivi con altre società al fine di impedire la ricostruzione del flusso di denaro. Successivamente i capitali ripuliti vengono immessi nei circuiti legali e quindi trasferiti nei Paesi di interesse.


In tale ambito svolge evidentemente un ruolo di primo piano l'intermediazione bancaria, potreste meglio definire tale ruolo?

Cerreta - Da sempre i canali bancari, anche in ragione dell'esistenza dell'omonimo segreto, sono tra i più utilizzati per le operazioni di riciclaggio; anche con l'attenuazione dei vincoli derivanti dall'applicazione di quest'ultimo istituto, le Aziende del settore garantiscono comunque particolari cautele e vincoli di riservatezza alla clientela.
In tale ambito il riciclaggio è favorito dalla possibilità di effettuare operazioni all'apparenza semplici ma altamente efficaci che, essendo incentrate sulla realizzazione di numerosi passaggi fittizi dei fondi, rendono quanto mai difficoltosa la ricostruzione delle movimentazioni effettuate.
L'accensione di conti correnti intestati a prestanome, il deposito su libretti al portatore, l'acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni sono tra le operazioni utilizzate più frequentemente.
Ma anche il trasferimento da un conto all'altro operato con versamenti di contante, magari precedentemente prelevato da altri conti, oppure il pagamento di fatture relative a forniture di servizi pubblici od anche la conversione di banconote di piccolo taglio in taglio maggiore ben si prestano al riciclaggio.


Fra i canali privilegiati del riciclaggio rientra anche l'usura?

Polella - Certamente l'usura è da considerarsi un ulteriore canale privilegiato del riciclaggio. Questa merita particolare attenzione non solo in quanto fenomeno in grande espansione ed in grado di compromettere il tessuto economico di ampie aree del Paese, ma soprattutto, per le strette correlazioni con il riciclaggio nei confronti del quale può porsi con valenza strumentale.
Spesso infatti le vittime dell'usura sono imprenditori, piccoli o medi commercianti, ai quali, se non sono più in grado di far fronte al debito, si impone la cessione dell'attività commerciale o di una quota di essa.
In questo modo le organizzazioni criminali riciclano denaro sporco per acquisire attività imprenditoriali lecite, la cui gestione a cura del mafioso-imprenditore, che spesso si avvale di metodi intimidatori e finanziamenti a costo zero per l'ulteriore reimpiego di proventi illeciti, inquina il tessuto economico ledendo i principi del mercato, quali la competitività e la concorrenza.

Righetti - È difficile capire se l'usura venga prima o dopo il riciclaggio. In realtà in alcuni casi l'usura è un sistema per riciclare, infatti le organizzazioni criminali, quando dispongono di una cospicua cifra in contanti, preferiscono ricorrere a prestiti usurai attraverso proprie ramificazioni. Questo significa che, senza passare attraverso il sistema finanziario, questi soldi non spendibili, una volta prestati ad un commerciante, diventano automaticamente spendibili, dato che quando costui li impiegherà nessuno penserà che siano soldi sporchi.

Il riciclaggio avviene perché, a fronte di quel prestito, i riciclatori ottengono mezzi di pagamento - cambiali, assegni post-datati - ed in seguito possono o rientrare del credito, ottenendo indietro dal commerciante denaro pulito maggiorato degli interessi, oppure, in caso di insolvibilità nel restituire il prestito, intervengono direttamente nell'acquisizione dell'azienda o dell'attività del commerciante, come prima evidenziava il Gen. Polella. In tutti e due i modi, anche se il secondo è il preferito dalla criminalità organizzata, questi riciclatori riescono a trasformare il loro denaro sporco in ricchezza pulita e riescono al contempo a guadagnare, ricavando un utile, che in genere non si ottiene con le altre tecniche di riciclaggio, che anzi presentano dei costi.


Potete brevemente illustrarci la normativa attualmente in vigore, a livello nazionale, in materia di riciclaggio?

Dell'Osso - Di riciclaggio in senso tecnico-giuridico si parla da relativamente poco tempo.
È del marzo 1978 l'introduzione nel nostro ordinamento di una specifica disposizione penale - prevista dall'art. 648 bis del codice penale - che successivamente è stata modificata nel marzo 1990 e poi ancora riscritta nell'agosto 1993 con la legge di ratifica ed esecuzione della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990. Il riciclaggio che il Legislatore ha tecnicamente focalizzato ricomprende ogni attività finalizzata, in modo diretto o mediato o intermediato, a sostituire o trasferire denaro, beni o altre attività provenienti da delitti non colposi ed ogni operazione compiuta in relazione ad essi, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa. È da osservare come il Legislatore italiano avesse dapprima concepito il reato di riciclaggio come quell'attività di sostituzione, di trasferimento, di intermediazione - appena richiamata - correlata esclusivamente ad un ben circoscritto numero di reati presupposti, in particolare quelli tipici della criminalità organizzata, quali l'estorsione, il sequestro di persona a scopo d'estorsione, l'associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, etc.. Di conseguenza, in siffatta ottica normativa, se il denaro, i beni e le altre utilità provenivano da altri reati che non facessero parte della ristrettissima cerchia di reati tipici della criminalità organizzata, venivano a mancare i presupposti per configurare tecnicamente il reato di riciclaggio. Su tale formulazione normativa il legislatore è poi intervenuto, eliminando l'accentuata restrizione, talché nell'attuale sistemazione reati presupposti della fattispecie di riciclaggio possono essere tutti i delitti, ad esclusione di quelli colposi. Ciò significa che, per esempio, mentre nel precedente assetto normativo per chi avesse sostituito o trasferito denaro provento di usura non poteva tecnicamente configurarsi il riciclaggio, attualmente invece un'attività siffatta rientra in tale fattispecie. E naturalmente il discorso non riguarda solo il provento di usura, ma ogni altra fattispecie di delitto non colposo, come le frodi fiscali, i reati societari e così via.

Cerreta - C'è da precisare in proposito che l'odierna versione del 648 bis risente delle innovazioni apportate con la legge 9 agosto 1993, n. 328, di ratifica della Convenzione di Strasburgo del Consiglio d'Europa, avente ad oggetto il riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di denaro (Strasburgo, 8 novembre 1990).
Pertanto, in ottemperanza a quanto sottoscritto aderendo alla citata Convenzione, con la legge 328/93 si è proceduto ad apprestare i necessari correttivi al testo dell'art. 648 bis con l'introduzione delle seguenti varianti: l'ambito dei reati presupposto del reato di riciclaggio è stato esteso a tutti i delitti non colposi, come illustrava prima il dott. Dell'Osso; inoltre al concetto di sostituzione del denaro, beni ed altre utilità economiche è stato affiancato quello di trasferimento delle medesime cose; infine l'inserimento, quale elemento caratterizzante, di un'azione (il compimento di qualsiasi operazione volta ad ostacolare l'individuazione della provenienza delittuosa dei proventi) in luogo di un evento (e cioè l'effettiva formazione dell'ostacolo).

Polella - Altra normativa tesa ad arginare il pericolo di infiltrazioni di denaro di provenienza illecita nel tessuto economico del Paese è da ritenersi la legge 310 del 12 agosto 1993, concernente "Norme per la trasparenza nella cessione di partecipazioni e nella composizione della base sociale delle società di capitali nonché nella cessione di esercizi commerciali e nei trasferimenti di proprietà dei suoli". Due gli elementi caratterizzanti la nuova disciplina: l'obbligo di pubblicità per il trasferimento di quote di S.r.l. ed il coinvolgimento dei notai in funzione di coadiutori delle strutture statali nell'opera di prevenzione e repressione della criminalità finanziaria.


Valutate positivamente il coinvolgimento di alcune categorie professionali nella lotta al fenomeno del riciclaggio?

Dell'Osso - Il Legislatore italiano, agli inizi degli anni 90 - sulla scorta di una sensibilità nazionale crescente, ma soprattutto in forza di direttive ed orientamenti che andavano maturando a livello internazionale, particolarmente in seno all'Unione Europea - ha deciso di imboccare una strada che fino a quel momento non era stata mai percorsa: la scelta non solo di valersi, per il contrasto al riciclaggio, della tradizionale attività di ricerca degli addetti ai lavori in senso stretto, ma anche di esigere uno specifico apporto proveniente, per così dire, ab externo. In sostanza, ha preso piede la convinzione che la battaglia contro il riciclaggio richiedesse, per essere vincente, un quid pluris rispetto agli strumenti tradizionali dell'investigazione, agli input che si colgono all'interno di una ricerca investigativa. Si è, così, ritenuto che, per innescare un trend proficuo e significativamente concludente nel contrasto al riciclaggio, occorresse ottenere l'apporto di soggetti qualificati, esterni rispetto al settore degli investigatori: soggetti qualificati individuati nelle categorie degli intermediari finanziari. Ed in tema, l'associazione di idee richiama subito il sistema bancario, che rappresenta la gran parte degli intermediari finanziari, ma non ne esaurisce certo la categoria. L'amministrazione postale, ad esempio, quando fa intermediazione finanziaria, rientra, appunto in tale categoria; e vi rientrano, del pari, le compagnie assicuratrici, allorché svolgono attività riconducibile ai paradigmi dell'intermediazione finanziaria. Il Legislatore ha, dunque, richiesto a tali categorie che, in virtù della natura dell'attività svolta, appaiono destinate naturaliter ad interagire con l'apparato istituzionale preposto al contrasto del riciclaggio, di fornire tutta una serie di input conoscitivi ed informativi, dei quali esse vengono normalmente in possesso. Ed occorre subito sottolineare come all'inizio un tale discorso non sia stato di facile impatto, essendo non certo trascurabile la difficoltà, anche culturale, di coniugare l'attività di intermediazione finanziaria con quella di intelligence antiriciclaggio. V'è stata la necessità di spiegare e di far comprendere agli interlocutori il tipo di apporto richiesto e la sua necessità, rimarcando che esso non equivaleva ad assimilare per qualche verso l'operatore bancario ad una sorta di agente di polizia giudiziaria. E d'altro canto, solo da una consapevole percezione della necessità - per così dire, ontologica - di una sinergia siffatta poteva e può venire un apporto effettivo, significativo, concludente; un apporto scaturente, in ultima analisi, dall'intima convinzione che la stabilità dell'ordine economico sia, oltre che un valore in sé, un interesse di tutti e degli stessi intermediari finanziari in primo luogo.

Righetti - In proposito posso affermare che lo stesso mondo bancario sta mostrando un crescente interesse per lo studio e l'analisi delle movimentazioni dei capitali frutto di attività illecite.


Gli intermediari finanziari, una volta rilevata l'operazione sospetta, a chi devono darne segnalazione?

Dell'Osso - Il sistema in vigore prima del decreto legislativo del maggio 1997 - di cui parlerò tra poco - prevedeva che gli intermediari finanziari, rilevata l'operazione ritenuta sospetta - alla luce di un decalogo predisposto dalla Banca d'Italia e contenente l'indicazione di una serie di tipologie di operazioni, all'insegna di uno sforzo di oggettivizzazione degli elementi di sospetto - la segnalassero alla Questura competente. Si delineava, così, un numero di destinatari non piccolo, con il rischio immanente - che l'esperienza ha confermato - di una trattazione eterogenea e scarsamente produttiva, mancando tanto più la previsione e l'organizzazione di una sistematica analisi tecnico-finanziaria delle operazioni segnalate. Nel maggio del 1997 il legislatore è intervenuto - anche su input sovranazionale ed in particolare europeo - con una nuova normativa contenuta in un decreto legislativo, che ha ribadito i concetti di base, ma ha significativamente innovato le modalità operative di trattazione delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette. La normativa in questione, infatti, ha tenuto fermi i principi già delineati, ribadendo l'esigenza di richiedere al sistema degli intermediari finanziari un apporto qualificato, ma ha cercato di fare buon governo dell'esperienza, per molti versi inconcludente degli anni precedenti, puntando a razionalizzare - con la centralizzazione e la trattazione sistematica, omogenea e professionale del flusso informativo - un sistema che non aveva dato risultati. Ed a ben vedere, trattandosi di segnalazioni di operazioni finanziarie, sarebbe stato ragionevole ab initio prevedere l'esigenza di indirizzarle ad un destinatario che fosse professionalmente in grado di svolgere un'analisi finanziaria, cioè di inquadrare e cercare di comprendere senso, natura e finalità di quelle operazioni. Tale soggetto è stato individuato dal legislatore del 1997 nell'Ufficio Italiano dei Cambi, cui sono state, a partire dal settembre di tale anno, indirizzate tutte le segnalazioni.


Oltre agli operatori finanziari quali sono gli altri soggetti coinvolti nella lotta al riciclaggio e quindi tenuti a segnalare operazioni sospette all'Ufficio Italiano dei Cambi?

Dell'Osso - Occorre in proposito richiamare all'attenzione il recente decreto legislativo del settembre 1999, con il quale il legislatore è ulteriormente intervenuto - uniformandosi ancora una volta ad un trend delineatosi a livello europeo e non solo europeo - per allargare il novero di categorie destinatarie dell'obbligo di rilevazione e segnalazione delle operazioni sospette. In forza di tale normativa, sono state chiamate ad interagire sul fronte del contrasto al riciclaggio altre categorie professionali, che si sono aggiunte agli intermediari finanziari: così, ad esempio, gli operatori del settore orafo, gli antiquari, i gestori di case da gioco, i vettori di valori e via dicendo. Mancano ancora le norme regolamentari e d'attuazione del decreto, che dunque non è allo stato operativo. Ed occorrerà che - analogamente a quanto fatto a suo tempo con il decalogo ed il decalogo bis della Banca d'Italia per gli intermediari finanziari - si individuino precisi ed univoci parametri di orientamento, in modo tale che, in presenza di operazioni di determinate tipologie, il singolo obbligato possa adeguatamente rilevarle e segnalarle all'Ufficio Italiano dei Cambi. L'obiettivo è naturalmente quello di restringere al massimo e rendere sempre più impercorribili le vie del riciclaggio.


Considerato che la lotta al riciclaggio si rivela, a tutte le latitudini ed in tutti i tempi, molto difficile e molto poco pagante, qual è l'apporto che in tale ambito hanno fornito i collaboratori di giustizia?

Dell'Osso - La lotta al riciclaggio rappresenta il momento centrale dell'azione di contrasto ad ogni forma di devianza criminale ed in particolare alla criminalità organizzata, ma al contempo rappresenta il fronte di gran lunga più difficile nell'ambito di tale contrasto: ciò dipende da plurimi fattori, compreso il ritardo culturale nell'inquadramento del fenomeno, che troppo a lungo - e per vero in tutti i paesi - non è stato percepito con adeguata sensibilità e tempestività. E tuttavia sarebbe in qualche modo semplicistico e riduttivo attribuire a siffatte carenze il fatto che sul versante antiriciclaggio i risultati siano difficili da conseguire e risultino meno significativi di quelli ottenuti sul fronte dell'azione finalizzata a disarticolare le strutture di stampo mafioso. Si deve, infatti, considerare che l'attività antiriciclaggio porta con sé particolari difficoltà oggettive, perché una cosa è combattere una struttura criminale e neutralizzare i suoi componenti, altra cosa è inquadrare ed individuare le relative ricchezze criminali, ricostruirne l'iter, la storia, i percorsi. È ancor più difficile poi riuscire a neutralizzarle, a sterilizzarle, per così dire, a confiscarle, giacché un flusso di denaro di per sé è assai più arduo da ricostruire e fotografare nelle sue varie fasi, soprattutto con riferimento alle sue origini ed alla serie di passaggi iniziali, di quanto possa esserlo il complesso di vicende delittuose di un gruppo di soggetti dedito alla criminalità organizzata. E l'esperienza in proposito ha evidenziato - con una valenza che riguarda sostanzialmente tutti i paesi - che gli strumenti di investigazione tradizionale, anche quelli che in tempi recenti si sono rivelati particolarmente utili nell'economia della lotta alla criminalità di stampo mafioso, come, per esempio, i collaboratori di giustizia, non si rivelano sufficienti e decisivi sul fronte del riciclaggio. Le ragioni di ciò sono molteplici. In primo luogo, non è certo detto - e non è, intuitivamente, ragionevole - che in una struttura di criminalità organizzata tutti i componenti conoscano i risvolti che attengono alla finanza soprattutto quelli di livello più sofisticato, più raffinato. In secondo luogo, se c'è un argomento del quale si è meno propensi a parlare, è proprio quello che concerne gli aspetti finanziari, la gestione delle risorse economiche. Ed è per questo che, del tutto a proposito, il dibattito in materia si è sempre più appuntato sulla esigenza, anche normativamente espressa, che l'apporto del collaboratore di giustizia debba essere completo ed esauriente sotto tutti i profili, in particolare con riferimento ai risvolti patrimoniali e finanziari. E tuttavia non ci si deve nascondere che nel settore specifico del riciclaggio l'apporto che giustamente si pretende e che deve venire dai collaboratori di giustizia potrebbe non essere sufficiente, potrebbe cioè non garantire lo stesso livello di risultati che il fenomeno della collaborazione ha contribuito a far conseguire nella disarticolazione delle strutture mafiose, riguardo alle quali molti sanno molto. Per quanto concerne, invece, le operazioni economico-finanziarie di sofisticata architettura, quelle tecnicamente non banali, ragionevolmente non tutti ne hanno compiuta contezza, anche perché talvolta occorre un patrimonio conoscitivo - se non un qualche background tecnico - che non tutti possono avere. Sono tante, dunque, le ragioni che richiedono un potenziamento affatto particolare delle risorse e degli strumenti sul fronte della lotta al riciclaggio, che richiedono quel già richiamato quid pluris rispetto agli altri versanti. E soltanto nel momento in cui si saranno segnati dei punti assolutamente significativi, sotto il profilo qualitativo non meno che quantitativo, su tale fronte, solo allora si potrà dire di essere sulla strada della soluzione vincente contro la criminalità di stampo mafioso. Occorre allora potenziare gli sforzi in direzione dell'aggressione e della sterilizzazione delle ricchezze criminali, in direzione di interventi-barriera in grado di evitare che l'economia criminale inquini profondamente l'economia legale, che addirittura "si faccia" economia legale. E nel perseguire siffatto obiettivo fondamentale, è necessario tenere adeguatamente conto anche della recente realtà delle nuove mafie di matrice straniera operanti nel nostro paese: un fronte assai delicato, sul quale i tempi più recenti hanno cominciato a far registrare passi in avanti nella nostra esperienza investigativa e giudiziaria.


Quali sono le tecniche e gli strumenti investigativi più avanzati ed efficaci per cercare di arginare il fenomeno?

Polella - Come dirigente del Reparto Investigazioni Preventive della D.I.A. posso affermare che le investigazioni preventive costituiscono un utile strumento, che si sviluppa anche sul versante del contrasto al reimpiego dei capitali illecitamente acquisiti.
Formano oggetto delle attività di investigazione, secondo l'art. 3 comma 2 della Legge 410/1991, le connotazioni strutturali, le articolazioni ed i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali, gli obiettivi e le modalità operative di dette organizzazioni, nonché ogni altra manifestazione delittuosa alle stesse riconducibili.
Le investigazioni preventive vengono espletate, a differenza delle investigazioni giudiziarie, in assenza di qualsivoglia notizia di reato e, in genere, non hanno quindi, quale destinatario finale l'Autorità Giudiziaria. Esse sono volte ad analizzare i contorni strutturali ed operativi delle varie forme di criminalità organizzata, nazionale o di importazione, presenti in Italia e ad individuare, ove possibile, sia i settori di prevedibile aggressione, al fine di poter indirizzare tempestivamente le attività di contrasto, che le attività criminali che, pur in essere, non si sono ancora manifestate all'attenzione repressiva delle Forze dell'ordine perché realizzate in settori e/o con modalità ed obiettivi non palesi.
Appare evidente che per espletare siffatta attività è di primaria importanza l'individuazione delle fonti in grado di fornire le informazioni più adatte.
Accanto alle attività di reperimento delle fonti e di analisi dei dati da esse acquisibili, nell'espletamento delle investigazioni preventive è possibile fare anche ricorso ad alcuni poteri delegati in via permanente o delegabili di volta in volta al Direttore della D.I.A. da parte del Ministro dell'Interno.
Fra questi i più importanti sono la possibilità di richiedere intercettazioni preventive di comunicazioni telefoniche e di comunicazioni tra presenti; la possibilità di richiedere ai Tribunali territorialmente competenti di applicare delle misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti di persone per le quali sussistono indizi per reati di mafia; la possibilità di accesso ed accertamenti presso Banche, Istituti di Credito ed intermediari finanziari per verificare una supposta sussistenza di un possibile pericolo di infiltrazione mafiosa.
In definitiva quindi per "investigazioni preventive" si intende il complesso coordinato di attività finalizzate ad offrire, tanto alle Forze di Polizia che a coloro che sono chiamati a compiere scelte di politica criminale, conoscenze utili per esplicare, nei rispettivi ambiti, una più efficace e mirata azione di contrasto al crimine organizzato e a porre in essere direttamente, nei contesti sopra descritti, azioni preventive su persone e patrimoni sospetti.


Qual è l'uso che si fa dello strumento della denuncia per identificare le operazioni sospette?

Righetti - Occorre ricordare che il riciclaggio è un fenomeno mostruoso per combattere il quale bisogna utilizzare tutte le armi. Per questo noi ci serviamo della "delazione", nel senso non cattivo del termine, bensì nel senso della denuncia che un soggetto fa del suo cliente e che rappresenta una buona base per identificare le operazioni sospette.
Abbiamo pertanto inserito questo meccanismo dell'operazione sospetta, ma esiste anche la possibilità per l'Ufficio Italiano dei Cambi di chiedere una serie di dati che naturalmente non sono quelli cospicui che noi chiediamo alle banche, ma pur tuttavia a noi sembrano significativi. È evidente che i rapporti, il feeling, l'esperienza comune che abbiamo con il mondo finanziario ci consente di individuare immediatamente gli indici di anomalia che possono portarci ad individuare fattispecie di riciclaggio; così pure, rispetto a questi soggetti finanziari, non è difficilissimo, anche in virtù della nostra precedente esperienza in materia di controllo dei cambi, arrivare ad individuare ciò che è sospetto dal punto di vista del riciclaggio.
Per quanto ci riguarda ci troviamo in un sistema che punta sulla collaborazione delle Autorità di vigilanza di settore - la Banca d'Italia per le banche, la Consob per le società di intermediazione immobiliare, l'Isvap per le assicurazioni. Ci muoviamo, pertanto, in base alle informazioni che riceviamo, naturalmente sulla base di una modulistica. Si tratta di un software che è stato distribuito a suo tempo, per cui, a differenza di quanto avveniva prima con le Questure, noi non vogliamo una informazione destrutturata, bensì desideriamo che una Banca, per prima cosa, ci dica qual è l'operazione sospetta, ma poi ci parli anche dell'operatività del soggetto, indispensabile poiché intendiamo sviluppare un'analisi finanziaria.
In alcuni casi riceviamo delle segnalazioni sulla base delle quali non possiamo far nulla perché si fondano solo su un sospetto; ad esempio ci segnalano che un certo soggetto, pur non disponendo apparentemente di consistenti mezzi di sussistenza e non svolgendo alcuna attività, ha versato trenta milioni in banca. In casi del genere, come è facile capire, non è possibile svolgere nessun tipo di analisi finanziaria e di indagine e quindi, non avendo poteri di archiviazione, si procede a trasferire il caso precisando che l'Ufficio non può procedere oltre.


Attraverso quali canali l'Ufficio Italiano dei Cambi riceve informazioni in maniera sistematica e come vengono poi utilizzati tali dati?

Righetti - Tenete presente che noi abbiamo un'altra competenza molto importante che è quella delle analisi sui dati aggregati. Quindi, al momento, i canali attraverso i quali noi riceviamo informazioni o per lo meno riceviamo informazioni in maniera sistematica sono due: uno è quello attivato dalla stessa Banca che segnala l'operazione sospetta, l'altro è quello che la legge impone alla Banca chiedendogli di inviarci i dati aggregati. Si tratta di dati che non sono necessariamente "sospetti", bensì di dati che noi abbiamo ritenuto di dover conoscere e che arrivano periodicamente al nostro Ufficio raggruppati secondo degli indici che ci sono sembrati utili per segnalare o mettere in risalto alcuni fenomeni collegati all'attività di riciclaggio. Questi dati vengono sottoposti ad analisi sulla base di formule che abbiamo costruito nel tempo e da questo tipo di analisi escono fuori delle fattispecie riconducibili in linea di ipotesi a fatti di riciclaggio, in quanto non spiegabili in base a logiche economiche.
Ma noi abbiamo fatto qualcosa di più con la cosiddetta "terza via" rispetto a quanto indica la legge. Per quanto mi riguarda ho sempre considerato insufficiente e riduttivo lavorare solo sulla "delazione" bancaria e sulla possibilità di individuare complesse fenomenologie attraverso difficilissime formulazioni statistico-attuariali, probabilmente perché ho un'esperienza fondamentalmente giuridica. Infatti, pur comprendendo l'importanza dell'analisi finanziaria, statistica ed informatica, di cui sono stato uno dei promotori, mi rendo conto che, alla fine, se un modello di riciclaggio me lo invento da solo sulla scorta delle operazioni sospette più significative, trovando delle caratteristiche comuni, questo non significa automaticamente attivare uno strumento di contrasto, agire subito sul sistema.
Per quanto ci riguarda, invece, la forza nostra è proprio questa: individuare un modello di riciclaggio e applicarlo al sistema, come vedremo in seguito. Tuttavia il modello di riciclaggio non viene individuato solo perché sono state passate al setaccio le operazioni sospette più significative ma anche perché, come è avvenuto di recente, si è proceduto ad eliminare una gran massa di dati aggregati che non significavano nulla, procedendo a limitare il più possibile le aggregazioni e cercando di incrementare il grado di analiticità.


Potrebbe illustrare quali sono i tipi di modelli che utilizza l'Ufficio Italiano dei Cambi per identificare le operazioni sospette?

Righetti - Posso solo fare degli esempi: abbiamo fatto delle ottime analisi sui bonifici perché i bonifici sono fittiziamente aggregati mentre in realtà hanno una sola causale. Quindi se io voglio sapere qualcosa a livello bancario, addirittura riguardo alla dipendenza interessata dal bonifico, posso ricostruire tutto. Diversa la situazione per quanto riguarda i certificati di deposito che vengono segnalati in una causale aggregata insieme alle obbligazioni, alle azioni e quindi sono praticamente inutilizzati. Pertanto abbiamo proceduto a separarli; una complessiva riforma dei dati aggregati, voluta da noi, è in via di formalizzazione mediante un'apposita normativa di cui siamo in attesa. Siamo comunque arrivati a questo: da una parte abbiamo le operazioni sospette, dall'altra finalmente delle indicazioni serie, sfruttabili, che provengono dal sistema bancario, infine resta questa terza strada che è quella che ci permette, sulla base di informazioni in nostro possesso, di ricostruire schemi operativi e modelli di comportamento da applicare a tutto il sistema.
Come possiamo fare esplodere tale strumento? Attualmente possiamo mettere a parte di tali operazioni tutti i rappresentanti delle singole aziende e delle banche, nell'ambito del rapporto che abbiamo con loro. Una delle prime cose che abbiamo chiesto a queste strutture è quella di indicarci quale è la persona responsabile del settore operazioni sospette o comunque del contrasto al riciclaggio in modo tale da instaurare con tali soggetti un colloquio franco, che va al di là degli obblighi freddi della legge.
Sia io che i miei collaboratori spesso riusciamo ad ottenere una serie di informazioni che completano la nostra visione delle cose ed allora, secondo una prassi abbastanza recente, quando abbiamo in mano un modello, scriviamo una lettera riservata a questi soggetti - sono sette/ottocento, uno in ogni banca - perché la banca, a sua volta, appunti la propria attenzione su quella operatività. A quel punto la banca si trova in una situazione abbastanza complicata in cui non può fingere di ignorare un fenomeno - considerato che gli è stato illustrato da noi e visto che esistono comunque indicatori che segnalano l'anomalia. Ad esempio, se si tratta di un fenomeno riconducibile all'utilizzo del contante, gli indicatori mostreranno una strana movimentazione nella zona interessata; una banca non può non accorgersene, pena la contestazione di omessa segnalazione.


Come funzionano questi modelli per quanto riguarda i prestiti usurai?

Righetti - Per quanto ci riguarda abbiamo individuato tutte le caratteristiche di un conto utilizzato da un usuraio ed adesso le stiamo introducendo nei sistemi in modo che anche la banca disattenta, se ricorrono queste caratteristiche, possa rendersene conto e segnalarci il caso.
Evidentemente se le banche si attengono a questi parametri e ci segnalano tutti i casi che si riscontrano presso le loro filiali ritengo che, in questo modo, l'usura potrebbe essere ben combattuta. D'altra parte non sarebbe credibile colui che, operando in banca, andasse a dire ad un ispettore che non si era accorto di questi segnali. Tra l'altro abbiamo messo a fuoco queste caratteristiche proprio prendendo spunto dalle operazioni sospette che alcune banche ci hanno segnalato come possibili casi d'usura perché il profilo economico del soggetto non era in linea con la sua operatività. Quando poi ci siamo messi a frugare sono uscite fuori altre caratteristiche che, messe tutte insieme, illustrano il profilo dell'usuraio, ossia un soggetto che ha un'attività enorme sul conto ma non effettua mai un'attività finanziaria con quel conto e se deve acquistare un'obbligazione si rivolge ad un'altra banca. Una circostanza certamente sospetta è anche quella in cui un soggetto versa spesso assegni ma rimane sempre in pareggio nel saldo, caratteristica che abbiamo trovato nel 6% delle segnalazioni che hanno riguardato casi di usura e, come prima dicevo, l'usura generalmente è l'anticamera del riciclaggio.


L'intelligence ha un ruolo crescente nella lotta al fenomeno del riciclaggio. Al riguardo potete dire la vostra opinione su quali siano gli aspetti che maggiormente possono interessare l'intelligence in materia di operazioni finanziarie sospette?

Dell'Osso - Proprio per la capacità di implosione, di inquinamento straordinario che ha il riciclaggio - il quale può avere grandi ripercussioni anche di tipo istituzionale, mette conto rimarcarlo, in una collettività organizzativamente ed economicamente complessa - l'intelligence economico-finanziaria in materia di riciclaggio si delinea, a mio avviso, come momento di particolare importanza nel contesto complessivo di una seria attività di intelligence. E, d'altro canto, posto che in questa materia v'è assoluta esigenza di un apporto corale, come si è per più versi sottolineato, ben si comprende l'importanza della fase dell'intelligence, proprio perché si tratta del momento nel quale si possono cogliere i sentori, gli indizi, le avvisaglie, dal punto di vista investigativo o preinvestigativo, di quel fenomeno estremamente complesso che è il riciclaggio. Gli antichi romani, fotografando in qualche modo una realtà millenaria, dicevano che pecunia non olet, intendendo sottolineare che una somma di denaro, sia che provenga da un soggetto virtuoso sia che provenga da un criminale, rappresenta oggettivamente sempre e solo una somma di denaro. D'altra parte, l'operazione finanziaria posta in essere dall'imprenditore che opera legalmente e rispetta le leggi si presenta analoga, appare assimilabile, dal punto di vista della sua valenza tecnico-finanziaria, a quella che fa l'esponente di un gruppo criminale. Tuttavia, se si evita di fermarsi alla superficie, all'apparenza e si esamina approfonditamente, si giunge alla conclusione non essere vero che pecunia non olet; il denaro, al contrario, olet. Ed aggiungerei che non solo il denaro "ha odore", ma anche le operazioni finanziarie attraverso le quali il denaro si muove, si veicola, hanno odore, olent. Il denaro ha odore, ha sapore - per troppi fin troppo - ed ha anche colore, nel senso che "fotografa" determinati momenti e passaggi; ma direi soprattutto - e chiedo venia per l'immagine figurata, che adopero volutamente per sottolineare il concetto - che il denaro ha una sorprendente capacità aggiuntiva: quella che io chiamo capacità di parola. Certamente non si tratta di quel suono che articoliamo con la lingua, dando fiato attraverso le corde vocali; tuttavia il denaro ha facoltà di dire, di raccontare, di svelare. Un collaboratore di giustizia può ricostruire spaccati criminali, disvelare dall'interno interi scenari, vicende delittuose dispiegatesi per decenni; nondimeno può non sapere o non volere illustrare una particolare serie di esperienze relative ad operazioni economiche, valutarie, finanziarie. Un flusso finanziario non ha lo stesso limite. Ed invero le operazioni finanziarie, bancarie, societarie - quanto più sofisticate esse siano, quanto più si siano dispiegate attraverso diversi paesi ed in più momenti storici, attraverso forme raffinatissime di architettura finanziaria - tanto più sono, a mio avviso, capaci di dire, di svelare al meglio scenari di criminalità: e ciò, in termini ben più eloquenti e concludenti di quanto possa fare un collaboratore di giustizia, dotato di capacità di parola. Il problema vero, a ben vedere, non è se tali operazioni abbiano - sempre in senso figurato - capacità di parola, di rivelazione, ma se vi sia qualcuno che abbia capacità di ascolto: se ci sia, in altri termini, chi possa, voglia e sappia sentire, interrogare, ricostruire, tradurre quanto di rivelatore del malaffare talune operazioni finanziarie portano con sé, in corpore, per così dire.

Righetti - A proposito di intelligence intendo fare riferimento ad alcune affermazioni, a mio avviso condivisibilissime, di una personalità di alto rilievo istituzionale, che ha una particolare competenza in materia di intelligence. Questa personalità recentemente sottolineava come, proprio in questo settore, accanto alle tematiche tradizionali - quali lo spionaggio industriale, la criminalità organizzata di stampo mafioso ed il terrorismo politico - stiano emergendo nuovi fenomeni preoccupanti, quali, ad esempio, il carattere transnazionale di molte organizzazioni, la minore rilevanza dei confini fisici tra gli Stati rispetto alle transazioni economiche, nonché l'affiancamento del crimine politico a quello economico. Tutte queste componenti nel loro insieme minacciano di favorire l'infiltrazione massiccia proprio di capitali illeciti nei settori sani dell'economia di un Paese.
Per quanto mi riguarda sono fautore di uno strettissimo contatto con l'intelligence, e, secondo quanto afferma giustamente anche Frattini e tutti coloro che si occupano di questi problemi, oggi l'intelligence ha fra le sue principali funzioni quella di contrastare questo tipo di minaccia; essa attraverso l'attacco al sistema economico finanziario di un Paese, specie se fragile come il nostro, può portare alla sua destabilizzazione. Al riguardo ho l'impressione che in altri Paesi, come gli Stati Uniti, far saltare il sistema economico finanziario sarebbe certamente più complicato, non si saprebbe neanche da che parte cominciare.
Da noi forse è più facile far saltare un sistema finanziario che un palazzo considerato che il nostro sistema economico-finanziario non è così solido. A ciò si aggiunga che siamo in una delicata fase di transizione verso l'integrazione, forse la più pericolosa. Indubbiamente poiché non poggiamo su una base solida, consolidata, il nostro sistema finanziario si presenta abbastanza aggredibile.


I vostri rispettivi Organismi giocano un ruolo di primo piano nel contrasto al fenomeno. Potete meglio precisare i ruoli dei vostri Uffici?

Dell'Osso - Può essere utile una breve disamina del ruolo che hanno i vari interlocutori istituzionali nel meccanismo disegnato dalla normativa in materia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette. L'Ufficio Italiano dei Cambi è il destinatario dell'intero flusso delle segnalazioni; esso riceve tale flusso e sottopone ad esame ciascuna operazione sospetta segnalata, ossia la analizza sotto il profilo tecnico-finanziario. L'Ufficio Italiano dei Cambi pone in essere, in sostanza, una intelligence specialistica, di tipo tecnico-finanziario avanzato, analizzando la tipologia dell'operazione, inquadrandone la genesi, interpretandone le possibili finalità economiche e così via, ma non è chiamato ad effettuare una cernita, per così dire, delle operazioni stesse, il suo compito essendo appunto quello di analizzarle tutte e di far proseguire il flusso informativo, ulteriormente arricchito. Tutte le segnalazioni pervenute, corredate dalla analisi tecnico-finanziaria dell'UIC, proseguono così il loro corso, con la trasmissione parallela alla Direzione Investigativa Antimafia ed al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria. Tali strutture, ciascuna per un verso specifico, sono in grado di esaminare le operazioni sospette sotto il profilo non più dell'analisi tecnico-finanziaria in senso stretto, bensì dell'analisi di tipo preinvestigativo: la DIA con particolare riferimento agli aspetti di criminalità organizzata, il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria con particolare riferimento agli aspetti valutari. Allorché dalle analisi così compiute emergano specifici profili di reato, si procede ovviamente all'inoltro della comunicazione della notitia criminis all'Autorità Giudiziaria competente. Poiché, peraltro, la gran parte dei casi di operazioni sospette segnalate non presenta inizialmente profili di notitia criminis in senso tecnico-giuridico, ma rappresenta esclusivamente materia sospetta, per così dire, il Legislatore ha stabilito che tutte le segnalazioni aventi attinenza alla criminalità organizzata, una volta che siano arricchite dell'analisi della DIA e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, vengano immediatamente comunicate al Procuratore nazionale antimafia, il cui ufficio ha una struttura predisposta ad hoc, del cui coordinamento mi occupo io stesso. La Procura Nazionale riceve, dunque, le informative delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette attinenti alla criminalità organizzata e provvede ad attivare - nell'ambito delle sue facoltà di coordinamento e di impulso sul territorio nazionale in materia di criminalità organizzata - gli organi e gli uffici interessati: fra questi, specie quando l'approfondimento abbia portato a qualcosa di prossimo ad una notitia criminis, in primo luogo le Procure distrettuali antimafia, oppure le Procure ordinarie allorché i profili del riciclaggio non si delineino all'evidenza connotati dall'aggravante dello scopo di mafia e non siano tecnicamente connessi a reati di criminalità organizzata. Tale sistema complessivo, che ho appena richiamato, è in atto dal settembre 1997, così come stabilito dal decreto legislativo del maggio di quell'anno, per cui l'esperienza operativa disponibile riguarda ancora pochi anni.

Polella - Desidero precisare che nei riguardi del fenomeno del reimpiego dei capitali di illecita provenienza, la D.I.A. realizza un articolato contrasto sia con investigazioni giudiziarie che con investigazioni preventive.
Chi vi parla dirige il Reparto Investigazioni Preventive; queste ultime, che rappresentano la novità introdotta dal Legislatore con la legge istitutiva della D.I.A., si sviluppano anche sul versante del contrasto al reimpiego dei capitali illecitamente acquisiti.
Per quanto riguarda più specificamente le azioni preventive su persone e patrimoni sospetti è stato, fra l'altro, conferito al Direttore della D.I.A. il potere - esercitabile su tutto il territorio nazionale - di richiedere misure di prevenzione patrimoniali e personali ai Tribunali competenti. Elemento fondamentale ai fini dell'applicabilità di misure di prevenzione è la sussistenza di indizi in ordine all'appartenenza del soggetto ad un'organizzazione di tipo mafioso. Le indagini patrimoniali svolte nei confronti di soggetti per i quali sono stati già raccolti sufficienti indizi circa l'appartenenza ad un'organizzazione di tipo mafioso riguardano ai sensi dell'art. 2 bis della legge 575/65, il tenore di vita, le disponibilità finanziarie e più in generale la consistenza patrimoniale del soggetto.
La metodologia di lavoro sottesa alle indagini patrimoniali inerisce sia all'aspetto statico della ricchezza che all'aspetto dinamico delle fonti di produzione riguardando l'intero patrimonio, ivi compresi i beni immateriali ed i diritti con contenuto patrimoniale, e l'attività economica esercitata. Le indagini sono finalizzate all'eventuale provvedimento di sequestro dei beni costituenti il frutto di attività illecite, nonché di sospensione di licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, abilitazioni ed erogazioni varie.


L'Ufficio Italiano dei Cambi come si rapporta con le Agenzie antiriciclaggio di altri Paesi e qual è la differenza con il loro modo di operare?

Righetti - Noi siamo un'Agenzia antiriciclaggio riconosciuta ufficialmente tanto che rappresentiamo l'Italia nel gruppo Egmont - il nome è quello di un Palazzo dove si riuniscono tutte queste agenzie F.I.U., ossia Financial Intelligence United.
Inizialmente questo ruolo era attribuito ai colleghi della Guardia di Finanza, poi, individuate le varie funzioni, si è deciso che l'Agenzia vera e propria fosse l'Ufficio Italiano dei Cambi che, tuttavia, possiede un carattere esclusivamente finanziario. Tanto per darvi un'idea di questo mondo, tenete presente che le Agenzie antiriciclaggio che possono essere collocate nell'area amministrativa piuttosto che in quella investigativa, sono una realtà comunque diffusissima, soprattutto nei Paesi con un certo grado di industrializzazione quali i Paesi occidentali, ed hanno come funzione fondamentale quella di colloquiare tra di loro scambiandosi informazioni sensibili in materia di contrasto del riciclaggio.



In che modo collaborano fra loro i diversi Organismi preposti alla lotta al riciclaggio?

Righetti - Proprio le dimensioni e la pericolosità assunta dal fenomeno dovrebbero servire a sollecitare un'integrazione tra le varie forze preposte a combattere il fenomeno ed in proposito ci si può chiedere perché in Italia ci sia questa anomalia, ossia l'assenza di una cosiddetta cabina di regìa unica che raccolga, così come avviene in altri Paesi, ad esempio in Francia, esponenti dei Servizi, della Polizia, della Magistratura e della Banca Centrale. È chiaro che tutto questo - ed è un discorso che ha un profilo anche politico - presuppone la modifica di una cornice normativa che attualmente non ne consente l'esistenza.
Per quanto ci riguarda, come Ufficio Italiano dei Cambi, non ci limitiamo ad inviare tutte le segnalazioni di operazioni sospette agli Organismi rappresentati dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della G.d.F. e dalla D.I.A.. Intendo dire che il nostro rapporto non si limita al fatto che, passato un mese, inviamo relazioni su queste operazioni, ma consiste in un colloquio costante con le Forze di Polizia incaricate di contrastare il riciclaggio, come è costante il rapporto che abbiamo con la maggior parte delle Procure interessate a questo fenomeno. Probabilmente questo rappresenta l'unico modo per colmare o comunque attenuare una lacuna del nostro ordinamento. In proposito, tenuto conto della nostra natura, spesso mi chiedo se sia possibile un assetto diverso e cosa succederebbe se, inserendo nell'ambito di quella che è l'attuale Agenzia elementi estranei alla Banca Centrale, dovessimo fare i conti con un tipo di vigilanza diversa da quella che è attualmente condotta dal Ministro del Tesoro e che poi si limita all'invio di una relazione periodica da parte nostra.


La cooperazione fra i diversi Paesi gioca un ruolo crescente nella lotta al fenomeno del riciclaggio, potete illustrarci la vostra esperienza in materia?

Righetti - La cooperazione purtroppo non è sempre delle migliori anche perché, fatta eccezione per un certo nucleo di Paesi, in genere ci confrontiamo con Paesi che a parole dichiarano di voler cooperare in questo tipo di attività, dall'altra poi si comportano in maniera completamente diversa.

Dell'Osso - Convengo sulla constatazione che la cooperazione internazionale risulta particolarmente complessa in materia di riciclaggio, anche perché, quando si tratta di economia, di denaro, di risvolti finanziari, ciascun paese ha non solo il proprio ordinamento, le proprie regole, le proprie priorità ma ha anche, evidentemente, l'interesse ad attivare ed attirare flussi di capitali, che rappresentano e significano ricchezza. Da qui la prima spiegazione del motivo per cui è risultato assai difficile, per decenni, imbastire adeguate forme di collaborazione internazionale. Solo da alcuni anni - e mi richiamo, in particolare, alla Convenzione di Strasburgo in materia di riciclaggio, alle esperienze in atto all'interno dell'Unione Europea, alla Rete Giudiziaria Europea, in cui rappresento la Procura Nazionale, e così via - si sono create la cultura e le sensibilità necessarie per comprendere che i flussi di ricchezze criminali, se per un verso possono in superficie apparire portatori di qualche benessere, per altro decisivo verso, avendo insita la capacità di turbare o addirittura di sconvolgere un sistema economico, sono effettivi portatori di disordine economico e, in ultima analisi, causa di enorme danno non solo in termini sociali ma anche squisitamente economici.

(*) Testo tratto dagli incontri svoltisi nell'ambito di un seminario di aggiornamento su "Aspetti dell'intelligence economica" che ha avuto luogo a Roma dall'1 al 4 febbraio 2000 presso la scuola di Addestramento del SISDe.